Zolgensma e SMA Avanzata: Quando la Speranza Incontra una Dura Realtà
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento tanto delicato quanto importante: l’atrofia muscolare spinale (SMA) e le nuove terapie geniche. In particolare, ci addentriamo nei risultati, a volte difficili da digerire, di uno studio sull’uso di onasemnogene abeparvovec (meglio conosciuto come Zolgensma) in pazienti con SMA in stadio avanzato. Tenetevi forte, perché quello che è emerso merita una riflessione profonda.
Cos’è l’Atrofia Muscolare Spinale (SMA)?
Prima di tutto, un rapidissimo ripasso. La SMA è una malattia genetica rara, di tipo autosomico recessivo, che colpisce i motoneuroni, le cellule nervose responsabili del controllo dei muscoli. La causa? Una mutazione o delezione nel gene SMN1, che porta a una produzione insufficiente della proteina SMN, fondamentale per la sopravvivenza di questi neuroni. Il risultato è un’ipotonia (scarso tono muscolare), una debolezza muscolare progressiva e la perdita dei riflessi.
Esistono diversi tipi di SMA, classificati in base all’età di esordio e alle tappe motorie raggiunte:
- SMA di Tipo 1: La forma più comune e grave (60-70% dei casi). Esordisce nei primi 6 mesi di vita. Senza trattamento, questi bambini spesso necessitano di ventilazione permanente entro l’anno e, purtroppo, raramente superano i due anni di vita.
- SMA di Tipo 2: Forma intermedia, compare tra i 6 e i 18 mesi. I bambini riescono a stare seduti ma non a camminare autonomamente. Spesso sviluppano complicanze respiratorie e scoliosi.
- Ci sono anche forme più lievi (Tipo 3 e 4), ma oggi ci concentriamo sulle prime due.
La Promessa della Terapia Genica: Onasemnogene Abeparvovec (Zolgensma)
Dal 2016, il panorama della SMA è cambiato radicalmente grazie all’arrivo di terapie mirate. Tra queste, spicca l’onasemnogene abeparvovec (OA), commercializzato come Zolgensma. Si tratta di una terapia genica “one-shot”, somministrata per via endovenosa una sola volta. Utilizza un vettore virale innocuo (AAV9) per consegnare una copia funzionante del gene SMN1 alle cellule del paziente. L’obiettivo è ripristinare la produzione della proteina SMN mancante.
I risultati degli studi clinici, come il famoso STR1VE-US, sono stati incredibilmente incoraggianti: il 91% dei bambini con SMA di tipo 1 trattati è sopravvissuto senza ventilazione permanente a 14 mesi, contro solo il 26% dei pazienti non trattati in studi precedenti. Una vera rivoluzione! L’OA è stato quindi approvato per bambini sotto i 2 anni (o sotto un certo peso, indipendentemente dall’età in alcune regioni) con mutazioni bialleliche nel gene SMN1.
Tuttavia, c’è un “ma”. La maggior parte degli studi si è concentrata su pazienti diagnosticati e trattati precocemente, spesso prima che sviluppassero sintomi gravi o avessero bisogno di supporto respiratorio permanente. Cosa succede, invece, quando la terapia viene somministrata a pazienti già in uno stadio molto avanzato della malattia? Qui le acque si fanno più torbide.
Il Contesto Thailandese: Una Corsa Contro il Tempo
Ed è qui che entra in gioco lo studio di cui parliamo oggi, condotto presso l’Ospedale Siriraj in Thailandia. In Thailandia, la SMA è una malattia neuromuscolare relativamente comune, ma la diagnosi è spesso tardiva. Perché? Mancanza di uno screening neonatale nazionale, accesso limitato ai test genetici (disponibili solo in centri terziari e non coperti dall’assicurazione sanitaria universale). Questo significa che molti bambini arrivano alla diagnosi quando la malattia è già progredita.
Inoltre, le terapie specifiche come l’OA sono state approvate e rese disponibili in Thailandia con un certo ritardo rispetto ad altri paesi, a causa di processi autorizzativi e sfide logistiche. Prima di allora, la gestione si basava solo su cure di supporto (fisioterapia, supporto nutrizionale e respiratorio).
Questo contesto ha creato una situazione particolare: un gruppo di pazienti ha avuto accesso all’OA tramite programmi speciali (Zolgensma Accelerated Access Program e Global Managed Access Program), ma molti di loro erano già in condizioni cliniche molto compromesse.

Lo Studio: Uno Sguardo da Vicino
Lo studio osservazionale ha seguito 8 pazienti trattati con OA tra maggio 2019 e aprile 2022:
- 5 pazienti con SMA di Tipo 1: Età media al trattamento 16.7 mesi (range 6.5–24.9 mesi). Tutti avevano 2 copie del gene SMN2 (un gene “di backup” che produce un po’ di proteina SMN, ma non abbastanza; meno copie si hanno, più grave è la malattia). Crucialmente, tutti questi bambini, prima di ricevere l’OA, necessitavano già di ventilazione invasiva 24 ore su 24 tramite tracheostomia e di supporto alimentare non orale (sondino nasogastrico o gastrostomia). L’età media in cui avevano iniziato ad aver bisogno di questi supporti vitali era di soli 5.1 mesi.
- 3 pazienti con SMA di Tipo 2: Età media al trattamento 20.3 mesi (range 19–31.5 mesi). Tutti avevano 3 copie di SMN2. Nessuno di loro necessitava di supporto respiratorio o alimentare prima della terapia.
I ricercatori hanno monitorato la funzione motoria (usando scale specifiche come CHOP-INTEND, HINE-2, HFMSE), la sopravvivenza e gli eventi avversi. Hanno anche confrontato la sopravvivenza dei pazienti di Tipo 1 con un gruppo storico di 21 pazienti di Tipo 1 non trattati seguiti nello stesso ospedale tra il 2006 e il 2021.
Risultati Sconfortanti per la SMA di Tipo 1 Avanzata
Ed ecco il punto dolente. Nei pazienti con SMA di Tipo 1, già in condizioni molto gravi al momento del trattamento:
- Miglioramenti motori limitati: Tre pazienti su cinque hanno mostrato un leggero miglioramento nei punteggi motori (CHOP-INTEND), soprattutto in movimenti “orizzontali” degli arti (polso, caviglia, ginocchio, anca). Un paziente ha avuto un aumento di 10 punti in 3 mesi. Tuttavia, nessuno ha raggiunto nuove tappe motorie significative (come controllare la testa, rotolare, stare seduto).
- Esito fatale per tutti: Tragicamente, tutti e cinque i pazienti con SMA di Tipo 1 sono deceduti durante il periodo di follow-up. L’età media al decesso è stata di 24.7 mesi. Tre sono morti circa 2.7 mesi dopo la terapia, durante la riduzione graduale del cortisone (prednisolone, dato per gestire la risposta immunitaria al vettore virale). Sono stati trovati a casa senza respiro e cianotici. Un altro è deceduto 8.4 mesi dopo per sospetta sepsi da gastroenterite infettiva, e l’ultimo 21.7 mesi dopo per polmonite comunitaria.
- Nessun miglioramento della sopravvivenza: Confrontando la loro sopravvivenza con quella del gruppo storico di pazienti non trattati, non è emersa una differenza statisticamente significativa. Il tempo mediano al decesso nel gruppo trattato è stato di 24.7 mesi, rispetto ai 13.5 mesi del gruppo storico (ma con un range ampio in entrambi i casi, e il valore p=0.87 indica assenza di significatività statistica).
Questi risultati sono in netto contrasto con quelli visti negli studi su pazienti trattati più precocemente e in condizioni meno gravi. Il quadro che emerge è cupo: in questi bambini con SMA di tipo 1 già dipendenti da ventilazione e alimentazione artificiale, la terapia genica non sembra aver cambiato il corso infausto della malattia, né aver migliorato significativamente la loro funzione motoria.

Un Barlume di Speranza per la SMA di Tipo 2
La storia è diversa per i tre pazienti con SMA di Tipo 2. In questo gruppo, i ricercatori hanno osservato:
- Miglioramenti motori graduali: I punteggi nelle varie scale motorie (CHOP-INTEND, HFMSE, MFM32, RULM) sono aumentati nel tempo.
- Mantenimento e progresso: Tutti hanno mantenuto la capacità di stare seduti autonomamente. Uno di loro ha addirittura iniziato a stare in piedi con supporto 3 mesi dopo la terapia, all’età di 2.6 anni.
- Nessun evento avverso grave: In questo gruppo non si sono verificati eventi avversi seri.
Questo suggerisce che, anche se trattati non prestissimo (età media 20.3 mesi), i pazienti con una forma di SMA meno aggressiva e senza compromissione respiratoria/alimentare grave possono comunque beneficiare della terapia genica.
Effetti Collaterali: Un Quadro Complesso
Come atteso con l’OA, quasi tutti i pazienti hanno sperimentato eventi avversi. L’evento più comune è stata la transaminite, un aumento degli enzimi epatici (AST e ALT). Si sono osservati due picchi: uno tra il 7° e il 14° giorno post-trattamento, e un secondo intorno alla sesta settimana. Fortunatamente, non ci sono stati casi di ittero, problemi di coagulazione, encefalopatia epatica o insufficienza epatica grave. Questi aumenti sono stati gestiti aggiustando la dose di prednisolone.
È stata osservata anche una diminuzione transitoria delle piastrine circa 7 giorni dopo l’infusione, ma senza causare sanguinamenti e con ritorno alla normalità entro la terza settimana. Nessun caso di trombocitopenia grave o microangiopatia trombotica.
Un dato interessante riguarda gli enzimi cardiaci (troponina-I o T). Molti pazienti li avevano già elevati *prima* della terapia, un fenomeno a volte osservato nella SMA anche senza problemi cardiaci evidenti (forse legato al turnover muscolare). Dopo la terapia, ci sono state fluttuazioni, ma senza sintomi clinici o anomalie all’ecocardiogramma.
Gli eventi avversi più gravi, come detto, si sono verificati solo nel gruppo SMA Tipo 1 e includono i 5 decessi e 3 casi di polmonite che hanno richiesto antibiotici endovena. È importante notare che, a causa di credenze culturali, non sono state eseguite autopsie sui bambini deceduti, rendendo impossibile stabilire con certezza se la morte fosse una complicanza diretta della terapia, una conseguenza della progressione naturale della SMA, o dovuta a infezioni intercorrenti (come sospettato in due casi).

Cosa Ci Dice Tutto Questo?
Questo studio, pur con i suoi limiti (piccolo numero di pazienti, assenza di autopsie), lancia un messaggio forte e chiaro: l’efficacia e la sicurezza di onasemnogene abeparvovec potrebbero essere drasticamente ridotte nei pazienti con SMA di Tipo 1 che hanno già raggiunto uno stadio molto avanzato della malattia, in particolare quelli che dipendono da ventilazione invasiva permanente e supporto alimentare.
I modesti miglioramenti motori osservati non si sono tradotti in un cambiamento funzionale significativo né, purtroppo, in un aumento della sopravvivenza rispetto ai dati storici di pazienti non trattati nello stesso contesto. Anzi, tutti i pazienti di questo gruppo sono andati incontro a un esito fatale.
Questo non mette in discussione l’efficacia rivoluzionaria della terapia genica quando somministrata precocemente, come dimostrato dai grandi trial clinici e dall’esperienza in altri paesi. Sottolinea, però, in modo drammatico, l’importanza cruciale della diagnosi precoce e dell’intervento tempestivo. Ogni giorno, ogni settimana persa può fare un’enorme differenza per questi bambini.
Lo studio evidenzia anche le disparità nell’accesso alle cure. Le difficoltà nel sistema sanitario thailandese (mancanza di screening neonatale, accesso limitato ai test e alle terapie) hanno contribuito a creare questa coorte di pazienti trattati “tardi”. È un monito per tutti i sistemi sanitari: per sfruttare appieno il potenziale delle nuove terapie, è fondamentale investire nella diagnosi precoce e garantire un accesso equo e rapido ai trattamenti.
Conclusioni: Cautela e Speranza
In conclusione, i risultati di questo studio thailandese sono un importante campanello d’allarme. Ci dicono che dobbiamo essere molto cauti nell’offrire la terapia genica con OA a pazienti con SMA di Tipo 1 già in fase avanzata e dipendenti da supporti vitali. Il rapporto rischio/beneficio in questa specifica popolazione sembra essere sfavorevole, o quantomeno molto incerto, e richiede un’attenta valutazione caso per caso e un dialogo aperto con le famiglie.
La vera speranza, per la SMA di Tipo 1, risiede nello screening neonatale universale e nel trattamento il più precoce possibile, idealmente prima ancora dell’insorgenza dei sintomi. Solo così potremo forse cambiare davvero la storia naturale di questa malattia devastante. Per i pazienti con forme meno gravi come la Tipo 2, anche un trattamento successivo sembra offrire benefici significativi.
La ricerca continua, e ogni studio, anche quelli con risultati difficili come questo, ci aiuta a capire meglio come usare al meglio queste potenti armi terapeutiche.
Fonte: Springer
