Un cinghiale selvatico (Sus scrofa) in una foresta della Florida, con una zecca molle (Ornithodoros turicata americanus) in primo piano su una foglia, obiettivo macro 90mm, illuminazione controllata per dettaglio su entrambi i soggetti, sfondo leggermente sfocato per enfatizzare il legame tra i due.

Zecche Molli e Cinghiali Invasivi in Florida: Un Pericolo Nascosto per la Peste Suina Africana

Amici appassionati di scienza e natura, oggi vi porto con me in un’indagine che ha il sapore di un thriller ecologico, ambientato sotto il sole cocente della Florida. Parliamo di un nemico invisibile ma potentissimo, la Peste Suina Africana (PSA), un virus che sta mettendo in ginocchio l’industria suinicola globale. E indovinate un po’? La Florida, con il suo mix unico di commercio internazionale, allevamenti domestici, una massiccia popolazione di cinghiali invasivi e, non da ultimo, la presenza di una particolare specie di zecca molle, si trova in una posizione, diciamo così, “privilegiata” per un potenziale disastro.

Il Contesto: Perché la Florida è Sotto i Riflettori?

La Peste Suina Africana è una malattia emorragica virale che colpisce maiali domestici e selvatici (Sus scrofa) e che ha già fatto sentire pesantemente il suo impatto in Asia sud-orientale e in vaste aree d’Europa. Sebbene la maggior parte della trasmissione avvenga per contatto diretto tra animali o indirettamente tramite prodotti a base di carne infetta o oggetti contaminati, non dobbiamo dimenticare il ruolo delle zecche del genere Ornithodoros. In Africa, dove la PSA è endemica, queste zecche sono parte integrante del ciclo silvestre del virus in diverse specie di suidi selvatici. Pensate che in Europa, queste piccole creature sono state implicate nella ricomparsa locale del virus, addirittura trovate infette anni dopo la rimozione dei maiali malati da una regione!

Ora, torniamo alla Florida. Quest’area è considerata ad alto rischio per l’introduzione della PSA, data la sua vicinanza e i frequenti scambi con nazioni caraibiche dove il virus è recentemente riemerso dopo 40 anni di assenza. A complicare il quadro, ci sono quasi un milione di cinghiali invasivi che scorrazzano liberamente per lo stato. Questi animali sono generalisti, si adattano a vari habitat e diete, e sono onnipresenti nelle foreste e nelle zone umide del sud-est. Se questi cinghiali si infettassero, eradicare la PSA diventerebbe un’impresa titanica, ben più complessa che eliminarla solo dagli allevamenti domestici. Uno scenario, purtroppo, già visto in Europa, dove i cinghiali selvatici europei mantengono un ciclo silvestre del patogeno che si riversa ciclicamente sui maiali domestici e viceversa.

E qui entra in gioco la nostra protagonista “nascosta”: la zecca molle Ornithodoros turicata americanus. Studi di laboratorio hanno già dimostrato che questa specie, presente in Florida, è un vettore competente per la PSA. Questa zecca è considerata ad alto rischio perché è diffusa e tende a nutrirsi su numerose specie di vertebrati. Mentre in Texas la O. turicata vive in vari microhabitat, la sottospecie della Florida, O. t. americanus, sembra avere abitudini diverse: si trova quasi esclusivamente nelle tane delle testuggini gopher (Gopherus polyphemus), che abbondano nelle foreste dell’ecosistema del Golfo. C’è quindi una sovrapposizione di habitat tra il vettore e il suo potenziale ospite suino. Ma sovrapposizione non significa automaticamente contatto. Per creare un rischio reale di ciclo di trasmissione silvestre, la zecca deve effettivamente nutrirsi dei cinghiali.

La Nostra Missione: Sulle Tracce del Contatto Perduto

Ed è qui che la nostra indagine si fa interessante. Per valutare meglio il rischio di trasmissione della PSA mediata da vettori in Florida, abbiamo deciso di documentare il contatto tra i cinghiali invasivi e la nostra zecca O. t. americanus. Come abbiamo fatto? Con un doppio approccio investigativo.

Innanzitutto, abbiamo cercato prove definitive del contatto. Come? Analizzando il contenuto dei pasti di sangue delle zecche. Abbiamo raccolto le zecche dalle tane delle testuggini gopher in tutta la Florida. In laboratorio, abbiamo utilizzato tecniche di biologia molecolare (una reazione a catena della polimerasi in tempo reale, o rtPCR) per rilevare il DNA dei cinghiali nel sangue digerito all’interno delle zecche. Un po’ come fare il test del DNA sulla scena di un crimine, ma in versione “parassitologica”!

In secondo luogo, abbiamo cercato prove potenziali di contatto. Abbiamo ispezionato l’area circostante le tane infestate dalle zecche, cercando segni dell’attività dei cinghiali (come il tipico “grufolamento” del terreno) entro un raggio di 5 metri dall’ingresso della tana. Perché 5 metri? Perché studi precedenti hanno mostrato che una fonte di CO2 (come il respiro di un animale) può attirare le zecche fuori dalle tane fino a quella distanza. E il grufolamento dei cinghiali è un segno inconfondibile nel terreno sabbioso della Florida.

Macro fotografia di una zecca molle Ornithodoros turicata americanus su un frammento di suolo sabbioso, illuminazione controllata per evidenziare i dettagli del suo esoscheletro, obiettivo macro 100mm, high detail, precise focusing.

Abbiamo esaminato ben 591 tane di testuggini gopher in 113 siti sparsi per lo stato. Ogni sito era un’area di 10 km x 10 km scelta per la presenza nota di tane e per essere su suolo pubblico. Le zecche venivano raccolte con un aspiratore per foglie modificato, aspirando il substrato dal primo metro interno delle tane non occupate. Una volta in laboratorio, dopo aver separato le zecche dal terreno, le abbiamo identificate morfologicamente e conservate per l’estrazione del DNA.

Cosa Abbiamo Scoperto? I Risultati Parlano Chiaro

E i risultati? Preparatevi, perché sono piuttosto eloquenti. Su 591 tane esaminate, ben 203 (il 34%) erano infestate dalla zecca O. t. americanus. Abbiamo raccolto un totale di 3066 zecche! La media era di circa 15 zecche per tana, con un picco di 232 in un singolo campione.

Ma la vera domanda era: queste zecche avevano incontrato i cinghiali? Analizzando quasi 3000 zecche provenienti da 193 tane infestate, abbiamo trovato che 12 pool di zecche (provenienti da 11 tane diverse, circa il 6% delle tane infestate analizzate) erano positivi al DNA di cinghiale. Questo significa che quelle zecche avevano effettivamente fatto un pasto di sangue su un cinghiale! Queste tane “positive” erano distribuite in 10 dei 57 siti (il 18%) in cui abbiamo testato le zecche. Un sito aveva addirittura due tane con zecche “positive”. È importante sottolineare che il nostro test molecolare era specifico per il DNA di Sus scrofa e non ha reagito con il DNA di altre 13 specie di vertebrati locali testate per controllo.

Per quanto riguarda i segni di attività dei cinghiali, solo 6 tane su 591 (l’1%) mostravano il tipico grufolamento nelle vicinanze. Di queste, 3 erano tane infestate da zecche. E, cosa ancora più interessante, una di queste tane infestate con segni di grufolamento aveva anche zecche positive al DNA di cinghiale. Un vero e proprio “hotspot” di contatto!

Mettendo insieme i dati del contatto definitivo (DNA nelle zecche) e del contatto potenziale (segni di grufolamento vicino a tane infestate), abbiamo scoperto che 12 dei 61 siti (il 20%) mostravano prove di un’associazione tra cinghiali e zecche molli. La mappa che abbiamo creato (Fig. 2 nello studio originale, che qui non posso mostrarvi ma immaginatevela!) indica chiaramente che questi contatti avvengono in tutta l’area di distribuzione del vettore in Florida.

Implicazioni da Non Sottovalutare: Un Ciclo Silvestre alle Porte?

Cosa ci dice tutto questo? Che il contatto tra i cinghiali invasivi, potenziali serbatoi della PSA, e O. t. americanus, un vettore competente, è misurabile e avviene su una vasta area geografica della Florida. Questo stabilisce una potenziale via di infezione aggiuntiva per la PSA nei cinghiali selvatici dello stato. Comprendere che questo contatto avviene fornisce una base fondamentale per capire il pericolo che le zecche molli rappresentano nell’epidemiologia della PSA.

Certo, il nostro studio ha delle limitazioni. La vita “nidicole” (cioè legata ai nidi/tane) e il breve tempo di pasto delle zecche molli rendono difficile studiarle a fondo. La nostra sorveglianza si è limitata alle tane delle testuggini gopher, il che potrebbe non rappresentare tutti i microhabitat disponibili per le zecche (come porcili o altre strutture vicine ad allevamenti domestici), sottostimando forse il rischio di contatto. Inoltre, il test del DNA che abbiamo usato non distingue tra cinghiali selvatici e maiali domestici, sebbene tutti i nostri siti fossero su terreni pubblici, lontani da allevamenti, quindi presumiamo che i pasti di sangue provenissero da cinghiali invasivi.

Un cinghiale selvatico (Sus scrofa) che grufola nel terreno sabbioso di una foresta di pini della Florida, vicino all'ingresso di una tana di testuggine gopher, teleobiettivo 200mm, luce naturale del tardo pomeriggio, fast shutter speed per catturare il movimento.

La conclusione, però, è piuttosto netta: la Florida è ad alto rischio non solo per l’emergenza della PSA, ma anche per lo stabilirsi di questo patogeno in un ciclo silvestre, qualora il virus venisse introdotto negli USA. La grande popolazione di cinghiali invasivi, la vasta distribuzione di vettori competenti e il contatto misurabile tra questi due attori suggeriscono uno scenario preoccupante.

Guardando al Futuro: Prevenzione e Gestione

Cosa fare, dunque? È chiaro che qualsiasi piano di risposta futura alla PSA dovrà considerare l’inclusione di strategie per il monitoraggio e la gestione sia delle popolazioni di cinghiali che di quelle dei vettori (le nostre amiche zecche), nel caso si verificasse un’epidemia. Non basta concentrarsi solo sugli animali; l’ambiente e i suoi piccoli abitanti giocano un ruolo cruciale.

Insomma, la Florida, con la sua bellezza selvaggia, nasconde anche queste complesse dinamiche ecologiche che potrebbero avere ripercussioni economiche e sanitarie enormi. È un promemoria di come tutto, in natura, sia interconnesso e di come la conoscenza approfondita di queste connessioni sia la nostra migliore arma di difesa.

Fonte: Springer

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