Primo piano di una capra zambiana in un ambiente rurale, con un veterinario sullo sfondo che esamina altri animali. La scena è illuminata dalla luce calda del tardo pomeriggio, catturata con un obiettivo prime 35mm per creare una profondità di campo che mette a fuoco la capra ma mantiene visibile il contesto. I colori sono naturali e caldi, evocando l'atmosfera della ricerca sul campo in Africa. Fotografia realistica.

Zambia: Capre, Pecore e un Mistero Virale – Il Cimurro si Nasconde Dietro la Peste?

Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante nel cuore dell’Africa, precisamente in Zambia, dove ci siamo imbattuti in qualcosa di davvero inaspettato mentre studiavamo la salute dei piccoli ruminanti, come capre e pecore.

Il Contesto: Piccoli Ruminanti e la Minaccia della PPRV

Prima di tutto, lasciatemi dire quanto siano importanti capre e pecore per le comunità locali in Zambia. Non sono solo animali, ma rappresentano una vera e propria ancora di salvezza economica e una fonte cruciale di cibo per tantissime famiglie. La loro salute è, quindi, fondamentale. Una delle grandi minacce che incombe su questi animali è la Peste des Petits Ruminants (PPR), una malattia virale devastante causata dal virus PPRV. Pensate che può arrivare a uccidere fino all’80-100% degli animali in popolazioni mai esposte prima!

Fortunatamente, fino ad oggi, la PPRV non è stata ufficialmente rilevata in Zambia. Ma c’è un “ma”: i paesi vicini come la Tanzania e la Repubblica Democratica del Congo (RDC) ce l’hanno eccome, e con confini spesso “porosi” e movimenti di bestiame non sempre controllati, il rischio che il virus arrivi anche in Zambia è altissimo. Per questo motivo, organizzazioni mondiali come la FAO e la WOAH hanno lanciato un piano globale per eradicare la PPR entro il 2030. E qui entriamo in gioco noi, con la nostra attività di sorveglianza.

La Sorveglianza Inizia: Alla Ricerca di Anticorpi PPRV

Il nostro obiettivo era semplice: cercare tracce del virus PPRV, o meglio, degli anticorpi contro di esso, nel sangue delle capre in diverse zone dello Zambia, sia in allevamenti tradizionali che nei mercati di bestiame. Abbiamo prelevato campioni da quasi 1000 capre negli allevamenti e da oltre 200 piccoli ruminanti nei mercati. Per farlo, abbiamo usato un test molto comune, chiamato c-ELISA, che cerca specifici anticorpi contro la proteina N del virus PPRV.

I primi risultati sono arrivati e… sorpresa! Abbiamo trovato una certa percentuale di animali positivi: circa il 6.44% negli allevamenti e il 3.80% nei mercati. Questi animali positivi erano sparsi in tutte le aree che avevamo visitato. La cosa ci ha messo subito in allerta. Era forse arrivata la PPRV in Zambia senza che nessuno se ne fosse accorto? Nessun allevatore aveva vaccinato i propri animali, e le autorità veterinarie locali confermavano l’assenza di campagne di vaccinazione.

Il Colpo di Scena: Entra in Scena il Cimurro (CDV)

Ma la scienza richiede conferme, soprattutto quando si tratta di diagnosi così importanti. Così, abbiamo deciso di fare un passo in più. Abbiamo selezionato un sottogruppo di campioni (29 per la precisione, scelti tra positivi, dubbi e negativi al primo test) e li abbiamo analizzati con un metodo considerato il “gold standard”: il test di neutralizzazione virale (VNA). Questo test è molto specifico e affidabile.

E qui arriva il vero colpo di scena! Tenetevi forte: nessuno dei 29 campioni è risultato positivo per gli anticorpi PPRV con il test VNA. Zero. Nada.

Ma non è finita qui. Dato che esiste una certa “parentela” tra il virus della PPRV e un altro virus ben noto, il virus del Cimurro dei cani (CDV) – entrambi appartengono alla famiglia dei Morbillivirus – e sapendo che il CDV è molto diffuso in Zambia, ci è venuto un dubbio. E se ci fosse stata una reazione incrociata? Se il test c-ELISA avesse scambiato gli anticorpi contro il CDV per quelli contro la PPRV?

Ricercatori veterinari in Zambia che prelevano campioni di sangue da una capra in un contesto rurale di una fattoria di piccoli allevatori. La scena è illuminata dalla luce naturale del giorno, catturata con un teleobiettivo zoom 100mm per una messa a fuoco precisa sugli animali e sui ricercatori, lasciando lo sfondo leggermente sfocato. Fotografia realistica.

Abbiamo quindi testato lo stesso sottogruppo di campioni anche per la presenza di anticorpi neutralizzanti contro il CDV. Ed ecco la scoperta: ben 13 campioni su 29 (il 45%) sono risultati positivi per il CDV! E la cosa ancora più interessante è che tra questi 13 positivi al CDV, c’erano 11 campioni che erano risultati positivi alla PPRV con il test c-ELISA iniziale. Addirittura, due campioni che erano negativi al c-ELISA per la PPRV sono risultati positivi per il CDV!

Cosa Significa Tutto Questo? Un Bel Grattacapo Diagnostico

Questa scoperta è la prima nel suo genere: trovare anticorpi contro il Cimurro in piccoli ruminanti che erano stati identificati come positivi alla PPRV con un test commerciale. Perché è importante? Perché il test c-ELISA che abbiamo usato mira alla proteina N del virus, e si sa che questa proteina ha delle parti (epitopi) molto simili tra PPRV e CDV. Questo potrebbe portare a reazioni incrociate, ovvero il test “vede” gli anticorpi CDV e li scambia per anticorpi PPRV, dando un risultato falso positivo per la PPR.

Questo è un problema serio, specialmente in paesi come lo Zambia dove il CDV è endemico e la PPRV (forse) non c’è ancora. Rischiamo di dare l’allarme per una malattia che non c’è, basandoci su test che potrebbero essere “ingannati” da un altro virus. Questo ha implicazioni enormi per le strategie di controllo e per il commercio internazionale.

Le Sfide della Ricerca sul Campo

Ora, devo essere onesto. Il nostro studio ha avuto delle limitazioni. A causa di problemi logistici legati alla pandemia di COVID-19, i test VNA sono stati fatti ben tre anni dopo i test c-ELISA. Durante questo periodo, i campioni hanno subito interruzioni di corrente e potenziali cicli di congelamento e scongelamento, oltre a un trattamento termico necessario per la spedizione. Tutto questo *potrebbe* aver danneggiato gli anticorpi PPRV (se mai ci fossero stati), rendendoli non rilevabili dal VNA. Tuttavia, gli anticorpi CDV sono stati rilevati, il che rende la faccenda ancora più intrigante.

Idealmente, avremmo dovuto testare tutti i campioni con entrambi i metodi quasi contemporaneamente, magari aggiungendo anche un altro tipo di ELISA che cerca anticorpi contro un’altra proteina (la H), per avere un quadro più completo. Purtroppo, non è stato possibile.

Guardando al Futuro: Cosa Fare Ora?

Nonostante le limitazioni, i nostri risultati sollevano questioni importantissime. C’è davvero la PPRV in Zambia o stiamo vedendo solo l’ombra del CDV? E quanto è reale questo rischio di cross-reattività con i test diagnostici che usiamo?

È fondamentale continuare la ricerca. Ecco cosa proponiamo:

  • Intensificare la sorveglianza per la PPRV, specialmente nelle aree a rischio (confini, rotte commerciali).
  • Utilizzare sempre test di conferma (come il VNA o ELISA specifici per la proteina H) quando si ottengono risultati positivi con l’ELISA basato sulla proteina N.
  • Affiancare alla ricerca di anticorpi (sierologia) anche la ricerca diretta del virus (con test come la PCR) su animali che mostrano sintomi sospetti.
  • Condurre studi sperimentali per capire meglio l’entità della cross-reattività tra PPRV e CDV nei test diagnostici.

Insomma, il mistero si infittisce. Abbiamo trovato anticorpi contro il Cimurro in capre e pecore zambiane, e questo potrebbe spiegare alcuni risultati “strani” ottenuti durante la sorveglianza per la PPRV. La strada per capire veramente cosa sta succedendo è ancora lunga, ma ogni scoperta ci avvicina alla verità e ci aiuta a proteggere meglio questi animali così preziosi.

Fonte: Springer

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