OMERO e i Workflow HCS: La Rivoluzione FAIR nella Giungla dei Dati di Bioimaging!
Amici scienziati e appassionati di bioimmagini, oggi voglio parlarvi di una sfida che conosco bene, una di quelle che ci fa sudare sette camicie ma che, una volta superata, ci regala soddisfazioni immense: la gestione dei dati di High-Content Screening (HCS). Immaginatevi di scattare non una, non cento, ma decine di migliaia di immagini da campioni biologici in un singolo esperimento. È un po’ come cercare di organizzare una biblioteca grande quanto una città, dove ogni libro è un’immagine e ogni scaffale un set di metadati cruciali! L’HCS è una tecnica potentissima, ci permette di studiare i processi biologici su larga scala, ma genera una mole di dati e metadati (immagini, reagenti, protocolli, risultati analitici, fenotipi) che definire “massiccia” è un eufemismo.
Il problema è che tutti questi dati devono essere conservati, collegati tra loro e resi accessibili. Non solo a noi che li abbiamo generati, ma anche ai nostri collaboratori e, idealmente, all’intera comunità scientifica. Solo così possiamo garantire che i nostri risultati siano condivisibili e, soprattutto, riproducibili. Per anni, molti di noi si sono affidati a un approccio basato su file locali: cartelle su cartelle, file di metadati separati dalle immagini, un sistema gerarchico che, diciamocelo, è un invito a nozze per gli errori umani, specialmente quando i numeri crescono a dismisura.
La vecchia scuola: cartelle, file e… mal di testa!
Pensateci: dopo l’acquisizione delle immagini, inizia il balletto manuale. Trasferisci i dati su un repository condiviso. Se hai metadati aggiuntivi (condizioni sperimentali, dettagli del campione), li aggiungi a mano. Poi, per analizzare, peschi i dati da questa postazione e li dai in pasto a software come Fiji o Napari. E se vuoi condividere i risultati su repository pubblici come il BioImage Archive (BIA) o l’Image Data Resource (IDR)? Altro giro, altra corsa manuale. Questo sistema, per quanto familiare, è un campo minato. Gestire migliaia di immagini diventa un incubo, e il rischio di perdere pezzi per strada o di commettere errori è altissimo.
Serviva una soluzione più efficace, una piattaforma dedicata che integrasse i metadati con i dati immagine e supportasse un flusso di lavoro ben definito, riproducibile, per la gestione, l’elaborazione e l’archiviazione dei dati. Ed è qui che entrano in gioco i Workflow Management Systems (WMS) e una star del settore: OMERO.
OMERO: Il nostro faro nella notte dei dati
Se non lo conoscete, OMERO (Open Microscopy Environment Remote Objects) è una piattaforma software open-source progettata specificamente per gestire, visualizzare e analizzare grandi dataset di immagini biologiche. Sviluppato dal consorzio Open Microscopy Environment (OME), OMERO ci offre un repository centralizzato per archiviare immagini e metadati, strumenti per la condivisione collaborativa e funzionalità avanzate per l’elaborazione e l’analisi delle immagini. È come avere un bibliotecario super-efficiente e iper-organizzato a nostra completa disposizione! OMERO collega un database relazionale PostgreSQL, un indice di ricerca basato su Lucene, un repository di immagini basato su filesystem e un datastore tabellare basato su HDF. Supporta una vasta gamma di formati microscopici e si integra con vari strumenti analitici, semplificando enormemente i nostri flussi di lavoro. E la ciliegina sulla torta? La libreria Java Bio-Formats si integra perfettamente con i server OMERO, permettendoci di leggere e scrivere una miriade di formati di file immagine scientifici, convertendoli nello standard aperto OME-TIFF.
Per interagire con OMERO, abbiamo a disposizione strumenti come OMERO.insight (un’applicazione desktop user-friendly) e OMERO.web (un framework per costruire applicazioni web). Pensate che persino l’IDR è una combinazione dell’API standard OMERO.web con funzionalità di ricerca aggiuntive!
I Workflow Management Systems: La bacchetta magica dell’automazione
I workflow sono la spina dorsale dell’analisi di bioimmagini. Ci permettono di monitorare i processi e facilitano l’integrazione dell’elaborazione delle immagini, includendo automaticamente i metadati durante il caricamento. E la cosa fantastica è che possono essere condivisi e riutilizzati tra diversi laboratori, migliorando la riproducibilità a livello internazionale. Esistono diversi WMS, come Galaxy, KNIME, Nextflow o Snakemake, già utilizzati per i workflow di analisi di bioimmagini. Tuttavia, la loro applicazione per la gestione dei dati immagine era ancora poco esplorata.
Nel nostro studio, ci siamo concentrati su Galaxy e KNIME per costruire i nostri flussi di lavoro. Galaxy è una piattaforma robusta e collaborativa per l’analisi dei dati, con un’interfaccia user-friendly. Permette di versionare gli strumenti, annotare i workflow, condividerli e renderli pubblici, aumentando enormemente la FAIRness (Findability, Accessibility, Interoperability, and Reusability) dei nostri processi. Galaxy ha anche un’interfaccia dedicata per l’analisi di immagini, con una suite completa di strumenti. Si integra con CellProfiler, Cellpose, Napari e Jupyter Notebooks, espandendo a dismisura le sue potenzialità.
KNIME (Konstanz Information Miner) è un’altra piattaforma analitica che permette di creare pipeline modulari. Supporta oltre 140 formati di immagine e offre strumenti per pre-elaborazione, segmentazione, estrazione di feature, tracciamento e classificazione. I workflow si progettano localmente e possono essere condivisi su piattaforme cloud come KNIME Community Hub.
Sia Galaxy che KNIME possono utilizzare l’API Python di OMERO. In particolare, la libreria Python ezomero ci semplifica la vita, fornendo funzioni comode per interagire con OMERO. Permette di modificare i workflow, aggiungere passaggi durante il caricamento delle immagini, allegare file e navigare i dati immagine usando tag e coppie Chiave-Valore (KV). Per Galaxy, è stata sviluppata la OMERO-suite per semplificare il trasferimento di dati e metadati in un’istanza OMERO. Con KNIME, basta installare la KNIME Python Integration e configurare un ambiente Conda con ezomero.
Dalla teoria alla pratica: i nostri workflow HCS con OMERO
Abbiamo quindi sviluppato tre workflow per dimostrare come sia possibile passare da un sistema di archiviazione locale basato su file a un framework di gestione dei dati immagine automatizzato e agile, usando OMERO come perno centrale.
Workflow 1: L’ABC dell’upload automatico (Galaxy e KNIME)
Abbiamo creato un workflow generale, sia in Galaxy che in KNIME, per importare i dati in OMERO. Quello per Galaxy si basa su tre strumenti principali della OMERO-suite: OMERO import, OMERO metadata import e OMERO ROI import. L’utente deve solo fornire l’indirizzo del server OMERO, il nome del dataset da creare, i dati da caricare, il file di metadati e un altro dataset contenente le Regioni di Interesse (ROI). Le credenziali per OMERO sono memorizzate in modo sicuro nelle preferenze utente di Galaxy. Il workflow KNIME è simile: l’utente fornisce le credenziali, la cartella delle immagini e i metadati in formato CSV. Tutto viene trasferito al server OMERO usando un nodo Python con codice ezomero. È importante notare che in questo caso le credenziali sono visibili nello script Python, quindi bisogna fare attenzione a mantenerle private!
Workflow 2: Focus sugli embrioni di Zebrafish (KNIME)
Partendo dal Workflow 1 costruito con KNIME, ne abbiamo creato uno specifico per un dataset HCS di embrioni di zebrafish (DZF), acquisito con un sistema VAST e analizzato con il software FishInspector. L’input è una cartella con i dati immagine e un file JSON con le annotazioni delle ROI. Abbiamo aggiunto tre “rami” al workflow originale. Un ramo analizza le coordinate delle ROI dal file JSON, le formatta per ezomero e le carica su OMERO, permettendo di visualizzarle. Questo ramo carica anche il file JSON come allegato all’immagine. Un secondo ramo converte automaticamente il dataset OMERO in piastre per la visualizzazione HCS, leggendo la posizione del pozzetto dal nome del file. Il terzo ramo permette di caricare risultati aggiuntivi (da test o analisi esterne) in formato tabellare, collegandoli all’esperimento di imaging e visualizzandoli in OMERO.table.
Workflow 3: Segmentazione dei nuclei e upload integrato (Galaxy)
Utilizzando Galaxy (con la OMERO-suite installata), abbiamo creato un workflow che combina l’elaborazione dei dati immagine con il caricamento su OMERO. Abbiamo usato un dataset di linee cellulari (DLC) a 2 canali. Il primo passo è stato convertire le immagini in formato OME.TIFF e caricarle su OMERO. Mentre l’upload era in corso, abbiamo usato strumenti Galaxy basati su ImageJ per pre-processare le immagini: equalizzazione dell’istogramma, filtraggio per rimuovere il rumore e normalizzazione. Successivamente, abbiamo applicato il thresholding di Otsu per separare i nuclei dallo sfondo, seguito da un’analisi delle componenti connesse per distinguere i nuclei rilevati. Il risultato finale è stata la creazione di ROI con le loro coordinate, salvate come file tabellari. Queste feature estratte e tutti i risultati sono stati associati al dataset target su OMERO. Le ROI create potevano essere visualizzate in OMERO.viewer e la tabella dei risultati in OMERO.table. Questo ha richiesto una sezione aggiuntiva di “data wrangling” per recuperare dinamicamente gli ID delle immagini da OMERO e associare le ROI prodotte.
Perché tutto questo è importante? FAIR play nella scienza!
Questi workflow automatizzano processi che altrimenti sarebbero manuali, lenti e pieni di rischi. Ma il vero valore aggiunto è che permettono anche a utenti senza competenze di programmazione di creare facilmente flussi di lavoro personalizzati usando strumenti o blocchi di codice riutilizzabili. L’integrazione di OMERO, poi, migliora drasticamente la FAIRness (Findability, Accessibility, Interoperability, Reusability) del nostro framework di gestione dei dati. OMERO permette un’archiviazione strutturata di metadati, immagini e file di risultati, facilitando la condivisione dei dati tra collaboratori e l’accesso remoto da qualsiasi parte del mondo.
Certo, convertire i file all’interno dei WMS può essere più lento per dataset enormi rispetto all’uso nativo di Bio-Formats, ma l’interfaccia user-friendly è un enorme vantaggio. Entrambi i WMS, Galaxy e KNIME, possono essere modificati per ispezionare direttamente i dati da OMERO, o persino per scaricare dati da OMERO o IDR, processarli e ricaricare i risultati.
Uno sguardo al futuro: OME-Zarr e oltre
Il mondo della bioinformatica non si ferma mai. C’è una forte spinta verso i Next Generation File Formats (NGFF), come OME-Zarr, per standardizzare i dati di imaging multiscala e multimodale. E la buona notizia è che Galaxy già supporta il formato Zarr e ha recentemente integrato lo strumento Vizarr, che permette un rendering leggero di immagini OME-Zarr multiscala direttamente nel browser. Ci aspettiamo una più ampia adozione di OME-Zarr man mano che più strumenti lo supporteranno.
Per il futuro, potremmo esplorare altri WMS open source come JIPipe (strettamente integrato con ImageJ/Fiji, ottimo per chi non ha esperienza di programmazione) e Nextflow (costruito per la scalabilità e la parallelizzazione, ideale per dataset enormi e calcolo ad alte prestazioni). Immaginate di poter integrare algoritmi di machine learning per l’analisi automatica delle immagini direttamente in questi workflow! Le possibilità sono infinite.
In conclusione, quello che abbiamo dimostrato è che i WMS come Galaxy e KNIME possono davvero fare la differenza nell’automazione della gestione dei dati per il bioimaging HCS. I nostri workflow non solo facilitano il trasferimento dei dati di imaging e dei metadati sperimentali essenziali in OMERO, ma l’integrazione dell’elaborazione delle immagini in uno strumento come Galaxy migliora anche la riproducibilità delle analisi. Tutto questo, amici miei, non fa che aumentare la FAIRness della gestione dei dati immagine con OMERO e apre nuove, entusiasmanti strade per lo sviluppo e l’applicazione dei WMS nell’analisi delle immagini e nella gestione dei dati di ricerca. Una vera e propria rivoluzione è in atto, e noi siamo pronti a cavalcarla!
Fonte: Springer