Vulcani d’Australia: Le Storie Millenarie degli Aborigeni Svelano Antiche Eruzioni
Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi in un viaggio affascinante, indietro nel tempo, in un luogo dove le pietre non sono solo mute testimoni, ma narratrici di storie incredibili. Parliamo dell’Australia nordorientale e di come le tradizioni orali degli Aborigeni abbiano conservato per millenni il ricordo di eventi geologici sconvolgenti, come le eruzioni vulcaniche. Pensateci un attimo: prima che la scrittura diventasse il nostro pane quotidiano, come si tramandavano le conoscenze cruciali per la sopravvivenza? Esatto, attraverso la parola, di generazione in generazione.
Storie Impresse nella Memoria Collettiva
In Australia, dove la presenza umana risale a ben 65.000 anni fa, queste storie orali sono un tesoro inestimabile. Non si tratta solo di miti e leggende campate in aria, ma di veri e propri resoconti, a volte incredibilmente dettagliati, di come il paesaggio sia stato trasformato da alluvioni, impatti di meteoriti e, appunto, eruzioni vulcaniche. Immaginatevi i primi coloni europei che, arrivati nel continente, si imbattono in questi racconti e scoprono che gruppi aborigeni, separati da distanze enormi, narrano eventi simili. È la prova vivente di una memoria collettiva antichissima.
Un esempio pazzesco è il ricordo dell’innalzamento del livello del mare, stabilizzatosi circa 7.000 anni fa. Le storie aborigene raccontano di terre sommerse, di penisole trasformate in isole, di migrazioni forzate. E se pensiamo ai vulcani, beh, anche qui le testimonianze non mancano. Eruzioni di lava, piogge di cenere, gas tossici, la formazione di maar (crateri vulcanici nati da esplosioni freatomagmatiche)… tutto è rimasto impresso nelle loro narrazioni.
Il Caso del Vulcano Kinrara e i Gugu Badhun
Concentriamoci ora su una zona specifica: il nord del Queensland, in particolare la Provincia Vulcanica di McBride e l’altopiano di Atherton. Qui, negli ultimi novemila anni, l’attività vulcanica non è mancata. E grazie al lavoro di linguisti ed etnografi, che hanno cercato di preservare lingue in via d’estinzione come il Dyirbal, lo Yidiny e il Gugu Badhun, abbiamo accesso a racconti che descrivono questi fenomeni. Alcune datazioni delle rocce vulcaniche associate a queste storie suggeriscono che questi racconti siano stati tramandati oralmente per un periodo che va dai 5.000 ai 9.000 anni. Parliamo di circa trecento generazioni! Incredibile, vero?
Un protagonista di queste storie è il vulcano Kinrara. La sua ultima eruzione risale a circa 7.000 anni fa (con un margine di ±2000 anni). Questa eruzione, avvenuta dopo un periodo di “sonno” di ben 108.000 anni della Provincia Vulcanica di McBride, fu particolarmente vigorosa. Immaginate una fontana di lava incandescente alta forse 60 metri, visibile a 75 km di distanza! E la colata lavica, sebbene non enorme in volume (circa 1 km³), si estese per ben 66 km, seguendo i letti dei torrenti preesistenti. Quest’area è il cuore della terra dei Gugu Badhun, un popolo aborigeno le cui tradizioni sono intrinsecamente legate a questo evento.
Ho avuto la fortuna, metaforicamente parlando, di “ascoltare” queste storie grazie al lavoro di ricerca che ha coinvolto direttamente gli anziani Gugu Badhun e il Djiman Research Centre. È fondamentale approcciarsi a queste conoscenze con rispetto e collaborazione, perché ci offrono una prospettiva unica.

Durante l’occupazione umana dell’Australia, l’attività vulcanica si è concentrata principalmente in due aree: il Queensland settentrionale e la Newer Volcanics Province (NVP) nel sud. Almeno 14 eruzioni sono avvenute in Australia orientale in questo periodo, di cui sette nel Queensland. Vulcani come Kinrara, Lake Eacham e Quincan sono considerati potenzialmente attivi, dato che le loro ultime eruzioni risalgono a meno di 10.000 anni fa. La formazione di Yidyam (Lake Eacham), ad esempio, è datata ad almeno 9.130 anni fa, mentre i depositi organici più antichi al Mount Quincan risalgono a 7.250 anni fa.
Cinque Racconti dal Cuore del Vulcano
Analizziamo cinque tradizioni orali dei Gugu Badhun che sembrano descrivere proprio l’eruzione del Kinrara e i suoi effetti:
- Numunali e Bubunba: La Creazione di Banganbara (Kinrara)
La storia della creazione dei Gugu Badhun inizia con un conflitto tra Numunali (il piccione bronzato) e Bubunba (il fagiano). L’inseguimento infinito tra queste due figure mitiche alla fine portò la terra a prendere fuoco. Il fagiano, frustrato per non riuscire a catturare il piccione, diede fuoco al paese. Questo incendio, a sua volta, fuse la roccia, dando origine alla montagna vulcanica e alle colate di lava del Kinrara. È affascinante pensare che un evento naturale così potente venga interpretato attraverso la lente di un conflitto tra esseri ancestrali. Questo racconto potrebbe rappresentare il ricordo dell’eruzione iniziale, la formazione del cono e le colate laviche che incendiavano la vegetazione.
- Yamani, il Serpente Arcobaleno, e la Creazione di Djilbalamba
Yamani è il nome Gugu Badhun per il Serpente Arcobaleno, una figura ancestrale comune a molti gruppi aborigeni australiani. Djilbalamba è invece Lamond’s Lagoon, una nota pozza d’acqua. Una storia narra di un uomo avido e distruttivo che sprecava ninfee. Yamani lo inghiottì. Due sciamani tentarono di catturare Yamani, descritto come simile a un’anguilla e velocissimo, tanto da diventare una nuvola di polvere. Lo raggiunsero a Djilbalamba, lo legarono con una liana di palma (loyacane) e lo immobilizzarono. Quando uno stregone lo risvegliò colpendolo, Yamani si dimenò furiosamente, creando con la coda le pozze d’acqua. Questa storia è interpretata come la testimonianza oculare di una delle lunghe colate di lava (Yamani) del Kinrara che raggiunse la Valley of Lagoons. Il dimenarsi della coda spiegherebbe l’origine caotica delle numerose pozze d’acqua della zona. Le colate di lava che si snodano nel paesaggio, magari attraverso tubi lavici sotterranei, ricordano proprio un serpente gigante.
- Il “Tempo Cattivo” e la Polvere Mortale (Muga)
Un altro racconto parla di un “vecchio e cattivo sciamano” che spaccò il terreno e produsse un’enorme quantità di polvere (muga). Questa polvere, forse cenere vulcanica o un riferimento a una nube di gas tossici, si sparse ovunque, causando la morte delle persone o facendole “perdere nella polvere”. Un linguista, Peter Sutton, ricordava che Dick Hoolihan (un uomo Gugu Badhun) gli parlò nel 1970 di un “grande periodo di siccità nel lontano passato, quando c’era una vasta quantità di polvere… forse cenere che cadeva”. Questa potrebbe essere la memoria di una densa nube di cenere e gas, che causava disorientamento e problemi respiratori, simile agli effetti del diossido di zolfo (SO2). Eventi recenti, come l’eruzione dell’Holuhraun in Islanda nel 2014-15, hanno dimostrato come i gas vulcanici possano avere impatti letali anche a grandi distanze.
- Lo Sparviero e l’Istrice: L’Esplosione delle Rocce
In questa storia, uno sparviero è lasciato a guardia di un accampamento. Un istrice arriva e chiede del cibo, ma lo sparviero rifiuta. L’istrice, fingendo di andarsene, ruba un opossum e si rifugia in una fessura tra due rocce. Quando i cacciatori tornano, lo sparviero indica loro il nascondiglio dell’istrice. I cacciatori non riescono a stanarlo, così chiamano due sciamani. Questi, cantando e “facendo i loro rumori”, fanno esplodere improvvisamente le rocce, esponendo l’istrice, che viene poi trafitto dalle lance (spiegando così l’origine dei suoi aculei). Questa tradizione contiene elementi di creazione (gli aculei dell’istrice) ma anche di un’attività geologica esplosiva. Potrebbe essere la fusione di un racconto più antico con il ricordo dell’eruzione del Kinrara, magari di un fianco del vulcano che collassa o di esplosioni freatiche.
- Le Tre Fanciulle e la Tartaruga
Tre fanciulle trovano una tartaruga a pancia in su e iniziano a ridere di lei. Un vecchio gubimari (uomo saggio) le scaccia, ma loro tornano e continuano a deridere la tartaruga. Improvvisamente, la tartaruga si raddrizza e le tre fanciulle sono costrette a correre sotto di essa. Si dice che oggi si possa vedere la lava a forma di tartaruga nella Valley of Lagoons. Questa storia, oltre a fornire una guida morale (non ridere delle sventure altrui), potrebbe essere ispirata da caratteristiche del paesaggio vulcanico, come i lastroni di lava pahoehoe che raffreddandosi formano fratture poligonali simili a gusci di tartaruga, o cavità gassose superficiali che, collassando, creano piccole grotte (tartarughe a pancia in su). Il “raddrizzarsi” della tartaruga potrebbe simboleggiare un evento memorabile legato al vulcanismo.
Un Patrimonio di Conoscenza per il Futuro
Queste cinque storie dei Gugu Badhun sono interpretate come resoconti basati su osservazioni dirette dell’eruzione del Kinrara, avvenuta circa 7.000 anni fa. Ci dimostrano che gli Aborigeni non erano solo acuti osservatori dei cambiamenti catastrofici del paesaggio, ma possedevano anche un quadro interpretativo per spiegarli. Queste narrazioni erano parte integrante di un sistema di gestione del rischio: tramandare il ricordo di questi eventi aumentava le possibilità di sopravvivenza delle generazioni future.
La storia del “tempo cattivo”, ad esempio, è particolarmente istruttiva. Ricorda un periodo di grande siccità e difficoltà, plausibilmente legato al vulcanismo, che portò carestia e sconvolgimenti sociali. Nonostante la prosperità sia poi tornata, il ricordo di quei tempi difficili è rimasto, come monito per il futuro.
Si stima che il “limite della memoria” orale possa arrivare a circa 10.000 anni, il che significa che storie come queste sono state comunicate attraverso circa 400 generazioni senza perdere i dettagli fondamentali. L’Australia, con il suo isolamento e la continuità culturale fino al 1788, rappresenta un contesto ideale per la conservazione di queste memorie antichissime.
È fondamentale, quindi, non liquidare queste tradizioni come semplici “miti”. Esse rappresentano una fonte di conoscenza unica e preziosa, capace di arricchire le nostre indagini scientifiche. Integrare le conoscenze tradizionali con quelle scientifiche occidentali può offrire una comprensione più completa del passato e, soprattutto, può aiutarci a prepararci meglio ai rischi futuri. Anche se in Australia l’attività vulcanica recente è stata isolata, la possibilità di future eruzioni, magari nello Stretto di Bass come suggeriscono alcune progressioni, non va sottovalutata. La consapevolezza pubblica deve iniziare da una comunicazione efficace da parte di geoscienziati e scienziati sociali, valorizzando anche il contributo che queste antiche storie possono dare.
Insomma, queste “storie nella pietra” non sono solo un affascinante sguardo sul passato, ma una lezione continua sulla resilienza umana e sulla profonda connessione tra uomo e ambiente. Un patrimonio che merita di essere ascoltato, rispettato e compreso.

La ricerca continua, e una geocronologia più precisa potrebbe affinare ulteriormente la datazione di questi racconti. Ma al di là dell’approccio scientifico occidentale, è la collaborazione tra ricercatori e custodi indigeni della conoscenza che può svelare appieno i segreti nascosti in queste narrazioni millenarie, aiutandoci a comprendere meglio i rischi vulcanici che, seppur dormienti, esistono ancora in Australia.
Fonte: Springer
