Volontariato Internazionale in Ungheria: Un’Avventura Che Ti Cambia la Vita (e la Società!)
Ehi, amici! Avete mai pensato di fare le valigie e partire per un’esperienza di volontariato internazionale? Lo so, l’idea è affascinante: scoprire nuove culture, dare una mano concreta e, diciamocelo, mettersi alla prova. Recentemente mi sono imbattuto in uno studio super interessante che ha messo sotto la lente d’ingrandimento proprio questo fenomeno, ma con un focus specifico sull’Ungheria. E le scoperte, ve lo assicuro, fanno riflettere parecchio!
Pare che in Ungheria, un po’ come in altri paesi dell’Europa Centrale e Orientale, il volontariato internazionale sia una “novità” abbastanza recente, con una storia di poco più di vent’anni. Nonostante il crescente supporto politico a livello globale (pensate che il 2001 è stato l’Anno Internazionale dei Volontari per l’ONU e il 2011 l’Anno Europeo del Volontariato per l’UE!), la sua conoscenza e diffusione tra il pubblico ungherese non è ancora capillare. Ed è proprio qui che la ricerca si fa intrigante: come viene percepito? Quali sono le motivazioni, le preoccupazioni e, soprattutto, i benefici visti dagli occhi di chi c’è stato e di chi, invece, ne sa poco o nulla?
Ma cosa spinge davvero a partire? E cosa ci si guadagna?
Una delle prime cose che salta all’occhio è che, nonostante una consapevolezza generale piuttosto bassa, la maggior parte degli ungheresi intervistati (ben 344 persone, tra cui 73 ex-volontari internazionali) è d’accordo con l’ideologia di fondo del volontariato. E questo è già un ottimo punto di partenza, no?
Quando si parla di vantaggi, la crescita personale dei volontari stessi è vista come il beneficio più importante. E come dargli torto? Imparare nuove lingue, sviluppare competenze trasversali come il problem-solving e la comunicazione interculturale, cambiare la propria visione del mondo… sono tesori inestimabili! Pensate che studi internazionali confermano che queste esperienze possono davvero dare una marcia in più anche nella carriera futura e rafforzare l’impegno civico una volta tornati a casa. Addirittura, c’è chi dice che chi fa volontariato è tendenzialmente più felice! Mica male, eh?
Curiosamente, però, pochi intervistati hanno indicato benefici diretti per il paese “donatore” (l’Ungheria, in questo caso) o per la sua economia. Eppure, pensiamoci: volontari che tornano con un bagaglio di esperienze e competenze arricchito non sono forse una risorsa preziosa per la propria società? Contribuiscono a creare una visione di una società migliore, più attenta ai problemi sociali e più incline all’attivismo. Il governo norvegese, ad esempio, supporta attivamente il volontariato internazionale proprio perché crede che i volontari di ritorno contribuiscano fortemente alla cittadinanza globale e all’attivismo sociale.
Le sfide del mestiere: non è sempre una passeggiata
Ovviamente, non è tutto rose e fiori. Chi ha già vissuto quest’esperienza in Ungheria ha raccontato di aver affrontato alcune sfide, principalmente legate alle abitudini culturali locali e a qualche difficoltà nella gestione dei progetti nei paesi ospitanti. Immaginatevi catapultati in una realtà completamente diversa, con norme e comportamenti a cui non siete abituati. Lo “shock culturale” è dietro l’angolo, ma con la giusta preparazione e una buona dose di tolleranza si supera tutto!
La preparazione pre-partenza, infatti, gioca un ruolo cruciale. Circa il 60% dei volontari ungheresi ha partecipato a training specifici, e gli argomenti più apprezzati sono stati proprio quelli sulla sensibilizzazione interculturale e sulla gestione dei conflitti. Sapere come affrontare le differenze, come stabilire un dialogo e conoscere le norme di sicurezza e comportamento locali fa una differenza enorme.
Un altro aspetto interessante è che, in generale, i volontari ungheresi non hanno riportato problemi insormontabili. Forse merito della preparazione, forse di un atteggiamento consapevole, o forse, come suggerisce qualche teoria, semplicemente non amano soffermarsi sugli aspetti negativi. Chissà!
Chi sono i volontari? E chi ne sa di più?
Lo studio ha anche cercato di capire se ci fossero differenze nella percezione del volontariato internazionale tra diversi gruppi di persone. Ebbene sì! È emerso che le donne, i laureati e coloro che avevano già avuto esperienze di volontariato a livello nazionale mostravano una conoscenza e una comprensione significativamente maggiori rispetto ad altri segmenti della popolazione. Questo non sorprende più di tanto, visto che il profilo tipico del volontario internazionale è spesso una donna (60-70%) con un titolo di studio universitario (75-90%).
Interessante notare come l’esperienza di volontariato domestico sembri aprire le porte a una maggiore consapevolezza e a un atteggiamento più positivo verso quello internazionale. Chi ha già “assaggiato” il valore del dare il proprio tempo per una causa, sembra più propenso a considerare un’esperienza oltre confine.
Le motivazioni principali che spingono i giovani ungheresi a partire? Un mix irresistibile di:
- Desiderio di avventura e opportunità di viaggiare
- Voglia di aiutare
- Curiosità culturale
- Sviluppo personale
Queste motivazioni sono molto simili a quelle riscontrate a livello internazionale, confermando che, oltre all’altruismo, le spinte personali giocano un ruolo altrettanto importante.
Cosa ci dice tutto questo sull’Ungheria (e non solo)?
Una delle conclusioni più significative è che, sì, il pubblico ungherese in generale sa ancora poco del volontariato internazionale. Tuttavia, la percezione dei suoi ruoli e benefici è sorprendentemente accurata e in linea con quanto emerge da ricerche internazionali. C’è un terreno fertile, insomma!
Nonostante la relativa scarsità di informazioni, quasi tutti concordano sul fatto che sia la consapevolezza che i benefici del volontariato internazionale dovrebbero essere rafforzati in Ungheria, e che più giovani dovrebbero essere incoraggiati a provare questa esperienza. E come non essere d’accordo?
Il fatto che il volontariato internazionale in Ungheria sia ancora agli inizi, con un numero di volontari che si aggira tra i 500 e i 700 all’anno, significa che c’è un potenziale enorme ancora da sfruttare. Immaginate l’impatto se questi numeri crescessero! Più persone con una mentalità aperta, competenze interculturali e un forte senso civico.
Lo studio suggerisce che i responsabili politici dovrebbero darsi da fare per aumentare la consapevolezza e rendere il volontariato internazionale più popolare. Un’idea potrebbe essere quella di collegarlo più strettamente al volontariato nazionale, che gode già di una reputazione consolidata. Questo potrebbe essere un trampolino di lancio fantastico.
A livello geopolitico, questa crescente attenzione al volontariato internazionale potrebbe segnare un passaggio per i paesi dell’Europa Centrale e Orientale da “ricevitori” di aiuti a “donatori” attivi sulla scena globale. Un cambiamento di prospettiva non da poco!
Insomma, l’avventura del volontariato internazionale in Ungheria è appena iniziata, ma le premesse sono entusiasmanti. È un’esperienza che, come ho sempre sospettato, non solo arricchisce chi parte, ma ha il potenziale per portare benefici tangibili alle comunità ospitanti e, indirettamente, anche alla società da cui i volontari provengono. Un vero e proprio circolo virtuoso che merita di essere conosciuto e sostenuto. E voi, ci fareste un pensierino?
Fonte: Springer