Veduta grandangolare di una caotica ma vibrante strada di una megacropoli indiana, sovraffollata di persone, veicoli e negozi. Obiettivo grandangolare 15mm, lunga esposizione per sfumare leggermente il movimento, colori saturi, focus nitido sugli elementi architettonici e umani.

Vivere in Città Fa Male alla Mente? Uno Sguardo Dentro le Megalopoli Indiane

Ah, la città! Luci, opportunità, un ritmo di vita che sembra promettere il mondo. Ma siamo sicuri che sia tutto oro quello che luccica? Io, come tanti, mi sono spesso chiesto cosa si nasconda dietro la facciata scintillante delle nostre metropoli. Ebbene, uno studio recente condotto in una megacittà indiana, la vibrante ma caotica Bangalore, ha provato a scavare un po’ più a fondo, esplorando come la vita urbana influenzi la nostra salute mentale. E i risultati, lasciatemelo dire, fanno riflettere.

Parliamoci chiaro: vivere in città può essere stressante. Ma quali sono esattamente i fattori che ci mettono più sotto pressione? I ricercatori hanno parlato con persone comuni, adulti tra i 30 e i 60 anni che non vivono nelle baraccopoli, per capire le loro esperienze quotidiane. E sapete cosa è emerso? Ci sono dei “mostri” urbani che tornano prepotentemente nei racconti di tutti.

La casa: un sogno che diventa incubo?

Partiamo da un bisogno fondamentale: un tetto sopra la testa. Avere una casa di proprietà, come ha detto un partecipante, “dà più sicurezza di un milione in azioni”. È un’ancora, un punto fermo. Ma a Bangalore, come in tante altre metropoli, comprare casa è un’impresa titanica. I prezzi sono “super-gonfiati”, un vero stress. L’impegno finanziario del mutuo o dell’affitto, sommato a tutte le altre spese e all’incertezza lavorativa, diventa un peso enorme sulla mente.

Molti si sentono costretti a lavorare più duramente, anche controvoglia, solo per pagare le rate o l’affitto. E questo non fa che aumentare lo stress. C’è chi sogna di restare nel proprio quartiere, dove è nato e cresciuto, ma non può permetterselo e deve considerare la periferia, sentendosi impotente e frustrato. “Pensare di andarmene da qui mi disturba”, confessa uno di loro.

E chi vive in affitto? Non se la passa meglio. Incertezza sulla durata del contratto, proprietari che chiedono aumenti esorbitanti o impongono regole restrittive, problemi con l’acqua o il parcheggio… un’ansia continua. La ricerca stessa di una nuova casa diventa stressante, con domande invadenti su abitudini alimentari, religione, lavoro. Insomma, la casa, da rifugio, rischia di diventare una fonte primaria di tensione.

Traffico e trasporti: l’odissea quotidiana

Se c’è una cosa che mette d’accordo quasi tutti gli abitanti delle grandi città, è lo stress legato agli spostamenti. A Bangalore, questo è emerso come uno dei fattori più logoranti. Strade congestionate, ingorghi interminabili, tempi di percorrenza imprevedibili… parole come “irritante”, “doloroso”, “stressante”, “ansioso”, “rischioso” e “frustrante” sono state usate a ripetizione per descrivere questa esperienza.

Il trasporto pubblico? Spesso inadeguato: poche corse, orari inaffidabili, mancanza di collegamenti capillari. Molti finiscono per scegliere casa o la scuola dei figli in base alla vicinanza dei mezzi o per evitare le zone più trafficate. Pensateci: il traffico arriva a influenzare persino le nostre relazioni sociali e il tempo libero, generando fastidio e rinunce.

Una donna ha raccontato di un viaggio di soli 10 km durato tre ore, un’agonia fisica e mentale. Ha confessato di dover pianificare tutto, persino quando bere acqua, per evitare problemi durante gli spostamenti nelle ore di punta. “Sono sicura che questo aggiunga ulteriore stress al mio corpo”, ha ammesso. È pazzesco come una necessità quotidiana possa trasformarsi in una tale fonte di malessere.

Fotografia realistica di una strada trafficata in una metropoli indiana al tramonto, auto e moto bloccate nel traffico, persone stressate sui marciapiedi. Obiettivo zoom 35mm, stile film noir, profondità di campo accentuata.

Il quartiere: oasi o giungla urbana?

Come viviamo il nostro quartiere? L’estetica, l’accesso ai servizi, i rapporti con i vicini, ma anche il traffico, l’inquinamento, la disponibilità di acqua ed elettricità… tutto contribuisce alla nostra soddisfazione (o insoddisfazione). Alcuni partecipanti si sono lamentati della “commercializzazione” delle aree residenziali, che porta folla, rumore, traffico e toglie pace mentale. C’è chi è arrivato a lasciare la propria casa per trasferirsi in affitto in una zona più tranquilla, per il bene della famiglia.

Altri, invece, si sentono “incastrati” in quartieri caotici perché vicini al lavoro o alla scuola dei figli, subendo talvolta anche la derisione di amici e parenti. Un altro aspetto critico è la sicurezza e la possibilità di muoversi a piedi. Marciapiedi inesistenti o invasi da bancarelle e veicoli parcheggiati costringono a camminare per strada, generando paura e ansia, soprattutto per anziani e bambini. “Quando escono da soli sono preoccupato per il traffico”, ha detto un padre.

Sebbene molti si sentano sicuri nel proprio quartiere, la paura della criminalità (furti, scippi, rapimenti) esiste, specialmente per i genitori. E, curiosamente, un’altra fonte d’ansia emersa sono i cani randagi, che scoraggiano i genitori dal far giocare i figli fuori e rendono difficili gli spostamenti a piedi, soprattutto di notte.

Il costo della vita: un’ansia costante

Parliamoci chiaro: vivere in città costa. E a Bangalore, come in molte altre metropoli, il costo della vita è una delle principali fonti di stress. Casa (acquisto o affitto), scuola dei figli, spese mediche, spesa quotidiana, bollette, trasporti… tutto contribuisce a creare un fardello finanziario pesante. Come ha detto qualcuno, la città offre tanto, ma c’è sempre un “costo nascosto inevitabile”.

Queste spese riducono la capacità di risparmio, minando la sicurezza finanziaria futura e generando stress, soprattutto per chi ha prestiti, redditi variabili o lavori precari. La spesa per l’istruzione dei figli è un tasto dolente per molti genitori. La scarsa qualità delle scuole pubbliche spinge verso il privato, ma trovare una scuola buona, accessibile e conveniente è una sfida. Le rette scolastiche “stellari” assorbono una fetta enorme dello stipendio. “Lo stress finanziario principale a Bangalore riguarda le tasse scolastiche dei bambini”, ha ammesso un partecipante. C’è un senso di obbligo e frustrazione nel dover pagare così tanto.

Lo stesso vale per la sanità. I costi esorbitanti delle cure private (spesso una scelta obbligata vista la qualità del pubblico) preoccupano. Un partecipante ha raccontato di sentirsi impotente e in colpa per aver dovuto rimandare la madre anziana al villaggio, non potendo più sostenere le spese mediche in città. Questo stress finanziario cronico, legato alle “seccature quotidiane”, ha un impatto profondo sulla nostra salute fisica e psicologica.

Primo piano macro di monete e banconote indiane sparse su una bolletta o un documento finanziario, illuminazione controllata per evidenziare i dettagli, obiettivo macro 100mm, alta definizione.

Lavoro, stress e (poco) tempo per vivere

Il lavoro in città offre opportunità, ma spesso a caro prezzo. Ritmi serrati, scarso equilibrio tra vita privata e professionale, insicurezza lavorativa e instabilità del reddito sono fattori che minano pesantemente la salute mentale. Orari impegnativi portano a stanchezza, disturbi del sonno e difficoltà a conciliare lavoro e famiglia/vita sociale. “Trovare tempo per la famiglia è difficile!”, si sfoga un lavoratore.

Questo squilibrio è ancora più marcato per le donne, che spesso si destreggiano tra responsabilità domestiche e impegni lavorativi, accumulando livelli di stress elevati. “Lavorare per aziende americane è dura… le chiamate a tarda notte hanno decisamente influito sul mio sonno”, racconta un’impiegata. “L’equilibrio vita-lavoro non è ideale, un giorno dai priorità alla famiglia, un giorno al lavoro. Essendo donna non è come per mio marito”.

L’instabilità del reddito per gli autonomi e l’incertezza del posto per i dipendenti aggiungono un ulteriore carico d’ansia. La paura del licenziamento è sempre dietro l’angolo, rendendo ancora più stressante assumersi impegni a lungo termine, come l’acquisto di una casa. “Il rimborso del prestito è stressante perché la stabilità lavorativa è incerta nel mio settore”, confessa un impiegato IT.

Non solo traffico e affitto: altri stress nascosti

Oltre ai “big five” (casa, traffico, quartiere, costo della vita, lavoro), lo studio ha evidenziato altri fattori di stress:

  • Qualità e quantità dell’acqua: Un problema stressante soprattutto per chi è in affitto o dipende da un’unica fonte, con conflitti che possono sorgere tra inquilini e proprietari.
  • Inquinamento (aria e rumore): Preoccupante per chi ha problemi respiratori e fonte di irritazione e ansia, soprattutto a causa del traffico e della commercializzazione delle aree residenziali.
  • Gestione dei rifiuti solidi: Un problema diffuso che impatta la qualità della vita.
  • Coesione sociale: Avere un buon supporto sociale aiuta, ma la pressione lavorativa rende difficile coltivare relazioni. “Tutti sono impegnati a fare soldi, nessuno vuole relazioni!”, lamenta un partecipante.
  • Accesso alle strutture ricreative: Anche se ci sono opzioni, i costi aggiuntivi, la distanza, il sovraffollamento e la mancanza di tempo limitano la possibilità di usarle, trasformando potenziali “antistress” in ulteriori fonti di stress o sensi di colpa.
  • Governance: Scarsa efficienza dei servizi pubblici (trasporti, istruzione, sanità) e difficoltà nel far sentire la propria voce generano frustrazione.

Cosa ci insegna tutto questo?

Questo studio ci sbatte in faccia una realtà complessa: la nostra salute mentale in città è influenzata da un intreccio di fattori fisici e sociali. Non è solo un problema, ma un sistema di problemi interconnessi. Vivere in città offre vantaggi, certo, ma porta con sé un carico di stress non indifferente che, giorno dopo giorno (pensate alla teoria dello stress cronico!), può logorare il nostro benessere.

La buona notizia? Capire questi meccanismi è il primo passo per cambiare le cose. C’è un bisogno urgente di mettere la salute mentale al centro della pianificazione urbana. Non basta costruire case o strade, bisogna pensare a come questi interventi impattano la vita delle persone. Servono approcci integrati, che coinvolgano diversi settori (urbanistica, trasporti, sanità, lavoro, sociale) e che seguano principi come quelli dell’iniziativa “Salute in tutte le politiche” (HiAP), delle “Città Sane” dell’OMS o dell’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile 11 (città e comunità sostenibili).

Certo, questo studio ha i suoi limiti: è qualitativo, condotto in una sola città e su una specifica fascia d’età. Ma ci offre spunti preziosissimi. In un’India (e in un mondo) sempre più urbanizzata, creare città che non solo permettano di sopravvivere, ma di prosperare mentalmente, è una sfida cruciale. E ricerche come questa sono fondamentali per guidare politiche e pratiche che rendano le nostre città luoghi davvero vivibili e sani per tutti.

Fonte: Springer

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