Mappa stilizzata del continente africano illuminata da punti luminosi che indicano la presenza dei virus West Nile, Encefalite Giapponese e da Zecche. Intorno alla mappa, immagini fotorealistiche di una zanzara Culex e di una zecca Ixodes, con un effetto lente d'ingrandimento che ne evidenzia i dettagli. Sfondo scuro con linee di connessione tra i punti luminosi, stile infografica scientifica, illuminazione drammatica.

Virus Nascosti in Africa: West Nile, Encefalite Giapponese e da Zecche Sotto la Lente

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa di affascinante e, ammettiamolo, un po’ preoccupante che sta succedendo nel vasto e meraviglioso continente africano. Parliamo di virus, ma non quelli di cui sentiamo parlare tutti i giorni. Mi riferisco a ospiti meno noti ma potenzialmente pericolosi: il virus West Nile (WNV), il virus dell’encefalite giapponese (JEV) e il virus dell’encefalite da zecche (TBEV). Fanno tutti parte della grande famiglia dei Flavivirus, trasmessi da zanzare e zecche, e possono causare brutte malattie neurologiche.

Recentemente, mi sono imbattuto in una ricerca scientifica, una revisione sistematica e meta-analisi, che ha cercato di fare il punto sulla situazione di questi virus in Africa negli ultimi vent’anni (dal 2004 al 2024), analizzando anche come si sono evoluti dal 1937 al 2018. Perché è importante? Perché, nonostante ci siano stati focolai recenti, sappiamo ancora troppo poco sulla loro reale diffusione e sulle loro caratteristiche genetiche nel continente. Immaginate, un nemico invisibile che si muove nell’ombra!

Ma cosa sono esattamente questi Flavivirus?

Pensate a loro come a una famiglia di virus molto strutturata. Hanno un aspetto simile, con un capside icosaedrico (una specie di guscio poliedrico) che protegge il loro materiale genetico: un singolo filamento di RNA a senso positivo. Questo RNA contiene le istruzioni per costruire tutte le proteine necessarie al virus per replicarsi, sia quelle strutturali (che formano il virus stesso) sia quelle non strutturali (che aiutano nel processo di replicazione).

La cosa interessante è come si spostano:

  • Alcuni usano le zanzare come taxi (come WNV e JEV).
  • Altri preferiscono le zecche (come TBEV).
  • Altri ancora non hanno un vettore artropode conosciuto.

Quelli trasmessi da zanzare e zecche, come i nostri tre protagonisti, sono una vera spina nel fianco per la salute pubblica e lo sviluppo socio-economico, specialmente in Africa.

Il West Nile Virus: Un Nemico Conosciuto (ma non troppo)

Il WNV è forse il più “famoso” del gruppo, anche perché gli uccelli migratori gli danno un bel passaggio in giro per il mondo! Pensate che è stato identificato per la prima volta in Uganda nel lontano 1937 e da allora ha viaggiato un po’ ovunque: Africa, Europa, Americhe, Asia, Oceania. La revisione ha analizzato ben 54 studi sul WNV in Africa, trovandolo in 20 paesi diversi, dall’Algeria allo Zambia. Non colpisce solo gli umani, ma anche un sacco di animali: cavalli, cammelli, uccelli, persino coccodrilli!

La meta-analisi, che è un modo statistico per combinare i risultati di più studi, ha stimato che la sieroprevalenza media (cioè la percentuale di individui che hanno anticorpi contro il virus, indicando un’infezione passata o presente) per il WNV in Africa, considerando sia umani che animali, è del 17.96%. Sembra un numero, ma pensateci: quasi una persona o animale su cinque in certe aree potrebbe essere entrato in contatto con il virus! In alcuni studi specifici, i tassi erano altissimi: fino al 55% negli umani in Egitto e addirittura il 93.28% nei cavalli in Nigeria. Questo ci dice che il WNV circola intensamente nel continente.

Macro fotografia di una zanzara Culex posata su pelle umana al tramonto, illuminazione controllata e calda, obiettivo macro 100mm, alta definizione, messa a fuoco precisa sul pungiglione, sfondo leggermente sfocato.

Un altro dato interessante emerso è che in Africa circolano diversi “lignaggi” (varianti genetiche) del WNV. L’analisi filogenetica, che ricostruisce l’albero genealogico dei virus basandosi sul loro RNA, ha identificato ben quattro lignaggi principali (1, 2, 7 e 8) presenti nel continente sin dal 1937. Tuttavia, la maggior parte dei focolai recenti sembra essere legata al lignaggio 2. Questo lignaggio, originariamente considerato meno pericoloso e confinato all’Africa subsahariana, si è poi diffuso anche in Europa, sollevando interrogativi sulle rotte migratorie (magari tramite gli uccelli) tra Africa ed Europa.

Encefalite Giapponese e da Zecche: Fantasmi Emergenti?

Se per il WNV abbiamo un quadro più definito (anche se ancora incompleto), per JEV e TBEV la situazione è molto più fumosa in Africa. La revisione ha trovato solo due studi sull’encefalite giapponese (entrambi in Nigeria, su umani e maiali) e cinque sull’encefalite da zecche (in Gibuti, Kenya e Tunisia, su umani, pecore e zecche).

L’encefalite giapponese è endemica in Asia e nel Pacifico occidentale, ma trovarla in Africa è un campanello d’allarme. L’analisi genetica sull’unico genoma completo disponibile dall’Africa (proveniente dall’Angola) ha mostrato che appartiene al genotipo III e si raggruppa con un ceppo isolato in Giappone nello stesso anno (2016). Questo suggerisce una possibile introduzione dall’Asia. Poiché in Africa ci sono sia i vettori (zanzare) sia gli ospiti amplificatori (maiali, uccelli acquatici), è plausibile che il JEV stia circolando silenziosamente. C’è un bisogno urgente di indagare di più!

Per quanto riguarda la TBEV, la sua presenza sembra limitata al Nord e all’Est Africa. L’unico frammento di genoma analizzato (dalla Tunisia) appartiene al sottotipo europeo, ma è geneticamente distinto dai ceppi europei. Questo potrebbe essere dovuto a differenze nelle popolazioni di zecche tra Nord Africa ed Eurasia. Anche qui, la mancanza di dati dal resto del continente è preoccupante. Il virus potrebbe essersi già diffuso altrove senza che ce ne siamo accorti.

Come Li Scoviamo? La Sfida della Diagnosi

Un punto cruciale emerso dalla revisione riguarda i metodi diagnostici. Il test più usato in Africa per tutti e tre i virus è l’ELISA (Enzyme-linked immunosorbent assay). È un metodo relativamente veloce ed economico per cercare anticorpi nel sangue. Il problema? I Flavivirus sono parenti stretti e spesso i test sierologici come l’ELISA possono dare “falsi positivi” perché reagiscono in modo incrociato tra virus diversi. Immaginate di fare un test per WNV e risultare positivi, quando magari avete avuto un’infezione da un altro flavivirus!

Per avere diagnosi più sicure, servirebbero metodi più specifici, come i test di neutralizzazione (che verificano se gli anticorpi bloccano specificamente un virus) o i metodi molecolari (come la PCR, che cerca direttamente l’RNA del virus). Alcuni studi più recenti usano infatti una combinazione di metodi, ma l’ELISA resta predominante, probabilmente per questioni di costi e accessibilità. È fondamentale migliorare la diagnostica per avere un quadro reale della prevalenza di queste malattie.

Fotografia di un ricercatore africano in un laboratorio moderno che osserva una piastra ELISA, illuminazione chiara da laboratorio, obiettivo 50mm, profondità di campo media per mostrare sia il ricercatore che l'attrezzatura.

Perché l’Africa? E Perché Ora?

Ma perché questi virus sembrano espandersi o emergere proprio ora? Ci sono diversi fattori in gioco:

  • Cambiamenti climatici: Modificano gli habitat e l’attività di zanzare e zecche.
  • Viaggi globali e urbanizzazione: Facilitano lo spostamento di persone, animali e, potenzialmente, virus.
  • Adattabilità dei vettori: Zanzare e zecche possono colonizzare nuove aree.
  • Confini porosi: Facilitano il movimento non controllato di animali che possono essere serbatoi dei virus.

A complicare le cose c’è il fatto che molte infezioni da WNV, JEV e TBEV (dal 67% al 90%!) sono asintomatiche o causano solo sintomi lievi, simili a un’influenza. Questo porta a una massiccia sottostima e sotto-segnalazione dei casi reali. È difficile combattere un nemico che spesso non si fa vedere! Inoltre, in molte aree dell’Africa, le risorse per la sorveglianza, la diagnosi e il trattamento sono limitate.

Cosa Possiamo Fare? L’Approccio “One Health”

Di fronte a questa situazione, cosa possiamo fare? La revisione sottolinea l’urgenza di agire. Non possiamo restare a guardare. Ecco alcuni punti chiave:

1. Rafforzare la sorveglianza: Abbiamo bisogno di monitorare attivamente questi virus non solo negli umani, ma anche negli animali (domestici e selvatici, inclusi gli uccelli migratori) e nei vettori (zanzare, zecche). È fondamentale capire dove e come circolano.
2. Adottare un approccio “One Health”: La salute umana, animale e ambientale sono interconnesse. Bisogna far collaborare veterinari, medici, ecologi, entomologi e autorità sanitarie. Solo lavorando insieme possiamo affrontare sfide complesse come queste.
3. Migliorare la diagnostica: Servono test più affidabili e accessibili per evitare diagnosi errate.
4. Sviluppare sistemi di allerta precoce: Modelli predittivi che integrino dati climatici, ambientali ed epidemiologici possono aiutarci a prevedere e prepararci a possibili focolai.
5. Informare e educare: Campagne di sensibilizzazione pubblica, specialmente nelle comunità a rischio, possono promuovere comportamenti protettivi (es. usare repellenti, eliminare ristagni d’acqua).

Fotografia grandangolare di un paesaggio africano con savana e zone umide al crepuscolo, stormo di uccelli migratori in volo, obiettivo 18mm, lunga esposizione per rendere il cielo suggestivo, colori caldi e intensi.

In conclusione, questa revisione ci lancia un messaggio chiaro: il WNV è una realtà endemica in molte parti dell’Africa, mentre JEV e TBEV sono minacce emergenti che richiedono attenzione immediata. La mancanza di dati completi, soprattutto per JEV e TBEV, e le sfide diagnostiche sono ostacoli importanti. È essenziale un impegno coordinato, basato sull’approccio One Health, per migliorare la sorveglianza, la preparazione e la risposta ai focolai. Dobbiamo tenere alta la guardia per proteggere la salute delle persone e degli animali in questo incredibile continente.

Fonte: Springer

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