Il Segreto è nel Verde: Meno Rischi Cardiovascolari Vicino alla Natura
Ragazzi, avete mai pensato a quanto sia importante il verde intorno a casa vostra? Non parlo solo di una questione estetica, che pure ha il suo perché, ma di salute vera e propria. Sì, avete capito bene: vivere circondati da alberi, parchi e giardini potrebbe essere un vero toccasana, specialmente per il nostro cuore. E non lo dico io così, per sentito dire, ma ce lo suggerisce uno studio scientifico bello corposo, fresco di pubblicazione, che arriva direttamente dalla Cina.
Sappiamo tutti che le malattie cardiovascolari (CVD) sono una brutta bestia, una delle principali cause di morte nel mondo, e purtroppo la Cina, come molti paesi a medio e basso reddito, non fa eccezione. Anzi, le previsioni dicono che i casi aumenteranno parecchio nei prossimi anni, anche solo per l’invecchiamento della popolazione. Certo, conosciamo i soliti sospetti: fumo, obesità, pressione alta… fattori su cui possiamo (e dobbiamo!) intervenire con stili di vita più sani. Ma c’è di più.
Sempre più ricerche, infatti, stanno puntando i riflettori sull’ambiente che ci circonda. L’inquinamento atmosferico, certo, ma anche come sono costruite le nostre città e, appunto, quanto verde c’è intorno a noi. Sembra proprio che questi elementi possano influenzare i nostri comportamenti, il nostro metabolismo e, alla fine, il rischio di ammalarci di cuore.
Il Verde Residenziale Sotto la Lente in Cina
Negli ultimi anni, l’idea che il “verde residenziale” faccia bene alla salute ha preso piede un po’ ovunque. Studi precedenti, fatti soprattutto in paesi ricchi, avevano già mostrato che vivere in zone più verdi può migliorare il benessere fisico e mentale. I motivi? Diversi:
- Riduce lo stress (chi non si sente meglio dopo una passeggiata in un parco?).
- Aiuta a “pulire” l’aria che respiriamo.
- Invoglia a fare più attività fisica all’aperto.
- Può persino migliorare i rapporti sociali nel quartiere.
Tutti questi fattori, messi insieme, sembrano contribuire a un minor rischio di malattie croniche, cuore in primis. Già si era visto che chi abita nel verde ha meno probabilità di infarti, insufficienza cardiaca, ictus, pressione alta e colesterolo sballato.
Però, come dicevo, mancavano dati robusti provenienti da grandi studi su popolazioni di paesi in via di sviluppo come la Cina, dove le malattie cardiovascolari sono in forte aumento. C’erano stati un paio di studi cinesi, ma erano “fotografie” di un momento (cross-sectional), non filmati che seguono le persone nel tempo (longitudinali). E poi, non era chiarissimo *come* esattamente il verde esercitasse questo effetto protettivo. Quali fattori fanno da “ponte” tra il verde e la salute del cuore? La pressione? Il diabete? L’attività fisica? L’inquinamento?
L’Indagine: Numeri Impressionanti e Metodi Sofisticati
Ed ecco che entra in gioco questo nuovo studio, basato sul China Hypertension Survey (CHS), un’indagine enorme che ha coinvolto quasi mezzo milione di persone in tutta la Cina tra il 2012 e il 2015. Per questa analisi specifica, i ricercatori si sono concentrati su circa 22.700 adulti (dai 35 anni in su) che all’inizio dello studio non avevano malattie cardiovascolari. Li hanno poi seguiti fino al 2018-2019 per vedere chi si ammalava (eventi CVD come infarto, ictus, insufficienza cardiaca) o moriva per qualsiasi causa.
Come hanno misurato il “verde”? Hanno usato una cosa chiamata NDVI (Normalized Difference Vegetation Index), che in pratica è un indicatore derivato da immagini satellitari che dice quanta vegetazione viva c’è in una certa area. Più alto è l’NDVI, più verde c’è. Hanno calcolato l’NDVI medio nei 3 anni precedenti l’inizio dello studio, in diverse “ciambelle” intorno alla casa di ogni partecipante: un raggio di 300 metri, 500 metri e 1000 metri. Hanno escluso i valori negativi (che di solito indicano acqua) per concentrarsi proprio sulla vegetazione.
Poi, hanno usato modelli statistici complessi (Cox regression) per vedere se c’era un’associazione tra il livello di verde e il rischio di ammalarsi o morire, tenendo conto di un sacco di altri fattori che potevano influenzare il risultato (età, sesso, istruzione, fumo, alcol, reddito della zona, ecc.). E non si sono fermati qui: hanno fatto anche un’analisi di “mediazione causale” per capire *attraverso quali meccanismi* il verde potesse agire.
I Risultati: Il Verde Fa Davvero Bene al Cuore!
E allora, cosa è venuto fuori? Tenetevi forte: i risultati sono piuttosto chiari! Vivere in aree con più verde residenziale è risultato associato a un rischio significativamente più basso di eventi cardiovascolari.
Facciamo qualche numero: per ogni “scatto” verso l’alto nel livello di verde (tecnicamente, per ogni aumento di tertile dell’NDVI), il rischio di CVD si riduceva:
- del 16% considerando il verde entro 300 metri da casa (NDVI300m).
- del 14% considerando il verde entro 500 metri (NDVI500m).
- del 10% considerando il verde entro 1000 metri (NDVI1000m).
Prendendo come riferimento chi viveva nelle zone con meno verde (NDVI500m più basso), quelli che vivevano in zone con verde medio avevano un rischio leggermente più basso (non statisticamente significativo in questo confronto), ma chi viveva nelle zone più verdi aveva un rischio di CVD inferiore del 26%! Un risultato notevole.
Risultati simili sono emersi anche guardando specificamente le malattie coronariche (CHD). Interessante il dato sull’ictus: il verde più vicino (300m) sembrava proteggere, mentre quello più lontano (1000m) non mostrava un’associazione statisticamente significativa. Forse perché il verde molto vicino abbatte più efficacemente inquinamento e rumore del traffico?
Un’altra scoperta importante: questa associazione protettiva tra verde e CVD non è stata trovata per la mortalità per tutte le cause. In questo studio, almeno, il verde sembrava specifico per la salute del cuore.
Ma Come Funziona? I “Mediatori” Svelati
Ok, il verde fa bene al cuore, ma perché? L’analisi di mediazione ha cercato di rispondere a questa domanda, guardando a diversi fattori di rischio modificabili. E cosa hanno trovato?
Hanno scoperto che l’effetto benefico del verde (usando l’NDVI a 500m come riferimento) sul rischio di CVD era parzialmente “spiegato” da alcuni fattori:
- Colesterolo HDL (quello “buono”): Questo sembrava il mediatore più importante, spiegando circa il 16% dell’effetto totale del verde! Vivere nel verde è associato a livelli più alti di HDL, e questo protegge il cuore.
- Attività fisica: Spiegava circa il 5.3% dell’effetto. Chi vive nel verde tende a muoversi di più, e questo fa bene.
- Indice di Massa Corporea (BMI): Spiegava circa il 4%. Il verde è associato a un BMI più basso.
- Diabete Mellito: Spiegava circa il 2.5%. Minor rischio di diabete in zone più verdi.
È affascinante vedere come il verde possa influenzare questi parametri biologici e comportamentali! In pratica, vivere in un ambiente più verde sembra spingerci verso uno stile di vita e un profilo metabolico più sani, che a loro volta proteggono il nostro sistema cardiovascolare.
Cosa invece non sembrava fare da mediatore significativo in questo studio? L’ipertensione (pressione alta) e le concentrazioni di polveri sottili (PM2.5). Questo è un po’ in contrasto con altre ricerche e suggerisce che i meccanismi potrebbero essere complessi e variare a seconda del contesto e della popolazione studiata.
Differenze tra Città e Campagna, Giovani e Anziani
Lo studio ha anche esplorato se l’effetto del verde fosse diverso in sottogruppi della popolazione. Ebbene sì! L’associazione protettiva tra verde e CVD era molto più forte nelle aree rurali rispetto a quelle urbane. Perché? Gli autori ipotizzano diverse ragioni:
- Le aree rurali potrebbero avere una vegetazione più densa e “significativa” (foreste, campi) rispetto al verde urbano, spesso più frammentato.
- Le città cinesi, in rapida urbanizzazione, soffrono di più per l’inquinamento atmosferico, che potrebbe contrastare i benefici del verde.
- I parchi urbani, spesso usati come misura del verde, non sempre hanno una vegetazione fitta.
Questo ci dice che non basta contare i metri quadri di verde, ma bisogna considerare anche la qualità e il tipo di verde, e il contesto generale.
Inoltre, è emerso che per il verde nel raggio più ampio (1000m), l’effetto protettivo era più marcato nelle persone sotto i 60 anni. Forse i più giovani beneficiano di più di aree verdi più grandi per attività fisica o altre interazioni?
Cosa Ci Portiamo a Casa?
Questo studio è importante perché conferma, su una scala molto ampia e in un contesto come quello cinese, che vivere in aree residenziali più verdi è associato a un minor rischio di malattie cardiovascolari. Non è solo una sensazione, ci sono dati robusti a supporto.
Ci dice anche che questo effetto non è magico, ma passa attraverso meccanismi concreti: miglioramento dei livelli di colesterolo buono, più attività fisica, controllo del peso e minor rischio di diabete. Sono tutti fattori su cui possiamo lavorare anche individualmente, ma l’ambiente può darci una grossa mano (o metterci i bastoni tra le ruote).
Certo, lo studio ha i suoi limiti, come ammettono gli stessi autori. L’NDVI non dice che *tipo* di verde c’è (un prato curato è diverso da un bosco), non tiene conto della facilità di accesso a quel verde, né di quanto tempo le persone passano effettivamente in quegli ambienti o se si sono trasferite. E il follow-up non era lunghissimo. Serviranno ulteriori ricerche per chiarire alcuni aspetti, come l’impatto delle diverse stagioni o del rumore.
Ma il messaggio fondamentale resta forte e chiaro: integrare più spazi verdi nelle nostre città e nei nostri quartieri non è un lusso, ma un investimento per la salute pubblica, in particolare per la prevenzione delle malattie cardiovascolari. È qualcosa che i pianificatori urbani e i decisori politici dovrebbero tenere ben presente, specialmente in un’epoca di cambiamenti climatici che ci sfida a ripensare le nostre città.
Quindi, la prossima volta che scegliete dove abitare, o semplicemente quando decidete dove fare una passeggiata, pensateci: un po’ di verde in più potrebbe davvero fare la differenza per la salute del vostro cuore. Curiamo il verde intorno a noi, perché in un certo senso, stiamo curando noi stessi!
Fonte: Springer