Febbre Planetaria: Viaggio nella Variabilità Climatica, tra Passato Bollente e Futuro Incerto
Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante, anche se un po’ preoccupante, nel cuore del nostro clima che cambia. Parleremo di temperature, di come oscillano e, soprattutto, di come il cambiamento climatico stia riscrivendo le regole del gioco, sia guardando indietro nel tempo che scrutando nella sfera di cristallo del futuro. Useremo strumenti potentissimi, come dati ad alta risoluzione (pensate a una super-mappa dettagliatissima del clima passato, chiamata ERA5) e modelli climatici all’avanguardia (l’ensemble CMIP6), per capire cosa sta succedendo su scala sub-continentale. Perché, ammettiamolo, il clima non cambia allo stesso modo dappertutto!
Uno Sguardo al Passato Recente: La Febbre è Già Salita
Partiamo da un punto fermo: il periodo 1951-1980. Consideriamolo il nostro “clima di riferimento”, un’epoca in cui le temperature globali erano relativamente stabili, un clima a cui la natura e noi stessi ci eravamo adattati. Bene, cosa è successo da allora? Utilizzando i dati ERA5, abbiamo analizzato le cosiddette “anomalie di temperatura”. In parole povere, abbiamo misurato quanto le temperature mensili si sono discostate dalla media di quel periodo di riferimento, esprimendo questa deviazione in unità di deviazione standard (σ). Immaginate una curva a campana (la famosa gaussiana) che rappresenta la normalità: una deviazione standard misura quanto ci si allontana dal centro di quella campana.
I risultati parlano chiaro: già nel periodo storico 1951-2020, abbiamo assistito a uno spostamento significativo di questa “campana” verso temperature più calde. In alcune regioni, durante l’inverno boreale (DJF – Dicembre, Gennaio, Febbraio), la media si è spostata tra 0.6 e 2.6σ rispetto al riferimento 1951-1980. E in estate (JJA – Giugno, Luglio, Agosto)? Ancora peggio: da 1.1 a 2.6σ! Questo significa che quello che una volta era considerato “caldo” sta diventando la nuova normalità.
Il riscaldamento non è stato uniforme. Le regioni dell’emisfero nord, come il Centro America, il Mediterraneo, la Penisola Arabica e l’Africa Occidentale, hanno visto la campana spostarsi di 0.6-1.1σ in inverno e ben 1.1-2.5σ in estate nell’ultimo decennio analizzato (2011-2020). L’estate, quindi, si scalda di più. Nell’emisfero sud, regioni come quella del Monsone Sudamericano e il Sud-Est Asiatico mostrano spostamenti ancora più marcati, arrivando a 1.5-2.6σ in DJF (la loro estate/stagione calda) e 0.6-2.6σ in JJA (il loro inverno/stagione meno calda).
Un caso interessante è l’Antartide Orientale: qui, in estate (DJF), la distribuzione delle temperature non segue una bella campana regolare, ma è bimodale, con due picchi. Questo suggerisce comportamenti diversi in situazioni dominanti, forse legati a fenomeni complessi come il Modo Anulare Meridionale (SAM).
Ma la cosa forse più allarmante è l’aumento degli eventi estremi. Parliamo di temperature che superano la media del periodo di riferimento di ben 3 deviazioni standard (>3σ). Eventi che nel periodo 1951-1980 erano praticamente inesistenti, nell’ultimo decennio (2011-2020) sono diventati preoccupantemente frequenti. Pensate che in alcune regioni come il Sud-Est Asiatico, in inverno (DJF), questi eventi estremi hanno raggiunto il 40%! E in estate (JJA), nella stessa regione e nella Penisola Arabica, siamo arrivati rispettivamente al 38% e 35%. Stiamo parlando di un caldo che va ben oltre la normale variabilità.

Guardando le mappe, vediamo che negli ultimi decenni la percentuale di territorio che sperimenta anomalie elevate è cresciuta a dismisura. Nell’ultimo decennio, anomalie superiori a 2σ in inverno si sono viste in Africa, Sud America e Sud-Est Asiatico. A livello globale, l’area colpita da eventi >3σ è aumentata significativamente, e per la prima volta abbiamo visto eventi estremi (>4σ e >5σ) comparire sulla mappa, anche se ancora su piccole percentuali del territorio globale. Il riscaldamento è più intenso nella zona intertropicale, ma anche regioni come il Mediterraneo mostrano anomalie estive significative (fino a 1.5σ).
I Modelli Climatici Ci Vedono Giusto?
Ok, abbiamo visto il passato. Ma come se la cavano i modelli climatici (i CMIP6 GCMs) a riprodurre questa storia? Li abbiamo messi alla prova confrontando le loro simulazioni storiche (1951-2014) con i dati reali di ERA5. In generale, possiamo dire che i modelli fanno un buon lavoro nel catturare l’andamento generale del riscaldamento su scale temporali climatiche (30 anni). Riproducono bene lo spostamento della “campana” delle temperature e il fatto che l’estate si scaldi più dell’inverno.
Tuttavia, non sono perfetti. Tendono a sottostimare leggermente l’entità dello spostamento della campana in alcune regioni (fino a 0.8σ in meno rispetto a ERA5 in SE Asia e Penisola Arabica in certe stagioni). Soprattutto, mostrano qualche difficoltà nel rappresentare accuratamente gli estremi: a volte sottostimano la frequenza degli eventi molto caldi e sovrastimano quelli freddi. Ad esempio, in inverno (DJF), la sottostima degli eventi >3σ è notevole in Asia (-11/13%). Queste piccole discrepanze sono importanti, perché potrebbero influenzare l’accuratezza delle proiezioni future.
Il Futuro che Ci Aspetta: Scenari da Brivido (Caldo)
E ora, la parte che fa più riflettere: il futuro. Abbiamo analizzato le proiezioni dei modelli CMIP6 fino al 2100, usando diversi scenari socio-economici (SSP), che vanno da uno più ottimista con forti azioni di mitigazione (SSP1-2.6) a uno “business as usual” o peggio, con emissioni crescenti (SSP5-8.5). Abbiamo guardato tre finestre temporali: futuro prossimo (2015-2040), medio (2041-2070) e lontano (2071-2100).
Il messaggio chiave è inequivocabile: il riscaldamento continuerà e si intensificherà in tutti gli scenari, diventando più marcato col passare del tempo e con l’aumentare delle emissioni. Le curve a campana delle anomalie di temperatura non solo si sposteranno ulteriormente verso destra (temperature medie più alte), ma si appiattiranno anche, indicando una maggiore variabilità e, soprattutto, un aumento drammatico della frequenza degli eventi di caldo estremo (>3σ).
- Scenario Moderato (SSP2-4.5): Questo è uno scenario considerato “intermedio”. Entro fine secolo (2071-2100), lo spostamento della campana supererà 1.2σ in inverno e 1.6σ in estate in quasi tutte le regioni (tranne l’Antartide). Nelle regioni equatoriali (SE Asia, Africa Occidentale, Monsone Sudamericano) lo spostamento sarà enorme, arrivando a 4-5σ! La frequenza degli eventi >3σ potrebbe rimanere sotto il 20-36% in Nord America Centrale e Mediterraneo, ma schizzerà al 70-80% nelle estati di Africa e Sud America. Il caldo estremo diventerà la normalità estiva in vaste aree del pianeta.
- Scenario Pessimistico (SSP3-7.0): Qui le cose peggiorano ulteriormente, specialmente a fine secolo. Le estati con eventi >3σ diventeranno la stragrande maggioranza in SE Asia e Sud America (90%) e nella Penisola Arabica (83%). A livello globale, l’area colpita da questi estremi sarà ancora più vasta rispetto allo scenario SSP2-4.5.
- Scenario “Fossile” (SSP5-8.5): Lo scenario peggiore. Qui, eventi oggi considerati rarissimi (>3σ) diventeranno la norma estiva in Nord America, Europa, Asia e Oceania. In regioni come Africa Occidentale e Sud America, lo spostamento medio potrebbe raggiungere 4-8σ, con oltre il 70% degli eventi sopra i 3σ. In SE Asia, lo spostamento estivo potrebbe toccare un incredibile 9.1σ! Praticamente un altro clima.
- Scenario Ottimista (SSP1-2.6): Anche nello scenario più virtuoso, con forti riduzioni delle emissioni, il riscaldamento continuerà nel breve e medio termine, per poi stabilizzarsi verso fine secolo. Ma attenzione: “stabilizzarsi” non significa tornare indietro. Lo spostamento medio a fine secolo sarà comunque intorno a 1.2-1.5σ in molte regioni, e la frequenza degli estremi estivi (>3σ) raggiungerà comunque il 40-60% in Sud America, Africa e SE Asia. Questo ci dice che agire è fondamentale, ma una parte del cambiamento è già “in cantiere”.

Perché i Dettagli Contano: Il Valore dell’Alta Risoluzione
Usare dati e modelli ad alta risoluzione, come abbiamo fatto in questo studio, non è solo un vezzo tecnico. Ci permette di cogliere le sfumature regionali, di vedere come catene montuose, coste e altre caratteristiche influenzino il clima locale. Ci aiuta a capire meglio perché certe aree si scaldano più di altre e a identificare pattern specifici, come le curve bimodali in Antartide o i picchi distinti nel Mediterraneo, che indicano un rapido aumento degli estremi. Questa precisione è cruciale per pianificare strategie di adattamento efficaci.
Cosa Significa Tutto Questo?
I risultati sono chiari: il segnale del cambiamento climatico è forte e sta diventando sempre più forte. Non stiamo parlando solo di un aumento delle temperature medie, ma di un cambiamento radicale nella variabilità del clima, con una drastica riduzione degli eventi freddi estremi e un’impennata di quelli caldi. L’estate è la stagione che soffre di più nella maggior parte dei continenti.
Questo riscaldamento accelerato e l’aumento degli estremi hanno implicazioni enormi e potenzialmente devastanti per:
- Il ciclo dell’acqua
- L’agricoltura e la sicurezza alimentare
- Gli ecosistemi naturali e la biodiversità
- La società e le infrastrutture
- La salute umana (colpi di calore, malattie…)
Le regioni già oggi più vulnerabili, specialmente quelle equatoriali, sembrano destinate a subire gli impatti maggiori. Capire a fondo questi cambiamenti futuri è il primo passo per mettere in campo strategie di mitigazione (ridurre le emissioni per limitare i danni futuri) e di adattamento (imparare a convivere con i cambiamenti che non possiamo più evitare). La sfida è enorme, ma la conoscenza è la nostra arma migliore.
Fonte: Springer
