Pressione Ballerina in Sala Operatoria: Un Rischio Nascosto di Delirio Post-Operatorio negli Anziani?
Parliamoci chiaro: le fratture dell’anca negli anziani sono un problema serio. Non solo per il dolore e la perdita di mobilità, ma anche per le complicazioni che possono seguire l’intervento chirurgico necessario. E tra queste complicazioni, ce n’è una particolarmente insidiosa e fin troppo comune: il delirio post-operatorio (POD). Immaginate una persona cara che, dopo un’operazione all’anca, si ritrova confusa, disorientata, con pensieri fluttuanti… è un’esperienza angosciante per tutti.
Vi siete mai chiesti cosa possa scatenare questo stato confusionale acuto? Beh, la ricerca sta cercando risposte, e un recente studio getta nuova luce su un fattore forse sottovalutato: la variabilità della pressione sanguigna durante l’intervento chirurgico (BPV). Sembra che avere una pressione “ballerina” mentre si è sotto i ferri possa essere un campanello d’allarme.
Lo Studio: Numeri e Metodo
Recentemente, mi sono imbattuto in uno studio affascinante pubblicato su Springer Nature che ha analizzato retrospettivamente i dati di ben 1002 pazienti anziani (età ≥ 65 anni) sottoposti a chirurgia per frattura dell’anca tra gennaio 2021 e gennaio 2025 in un ospedale terziario. L’obiettivo era proprio capire se ci fosse un legame tra le fluttuazioni della pressione arteriosa durante l’operazione e l’insorgenza del delirio nei giorni successivi.
Come hanno misurato queste fluttuazioni? Principalmente usando un parametro chiamato coefficiente di variazione della pressione arteriosa media (CV-MAP). In pratica, questo indice ci dice quanto la pressione media “oscilla” rispetto al suo valore medio durante l’intervento. Più alto è il CV-MAP, maggiore è la variabilità. I ricercatori hanno diviso i pazienti in due gruppi: quelli con un CV-MAP ≤ 10% e quelli con un CV-MAP > 10%.
Per essere sicuri che i due gruppi fossero confrontabili e che le differenze non dipendessero da altri fattori (come età, altre malattie, tipo di intervento), hanno usato una tecnica statistica chiamata Propensity Score Matching (PSM). È come se avessero “accoppiato” pazienti molto simili tra loro nei due gruppi, tranne che per la variabilità pressoria, per isolare l’effetto di quest’ultima.
Risultati Chiave: La Pressione Instabile Aumenta il Rischio
Ebbene, i risultati parlano chiaro. Il delirio post-operatorio si è verificato nel 19.8% dei pazienti totali (198 su 1002). Ma la cosa interessante è che l’incidenza era significativamente più alta nel gruppo con maggiore variabilità pressoria (CV-MAP > 10%) rispetto a quello con pressione più stabile (CV-MAP ≤ 10%).
- Prima del PSM: 24.6% di delirio nel gruppo CV-MAP > 10% vs 16.4% nel gruppo CV-MAP ≤ 10% (p < 0.001).
- Dopo il PSM: 25.2% di delirio nel gruppo CV-MAP > 10% vs 18.9% nel gruppo CV-MAP ≤ 10% (p = 0.032).
Anche dopo aver “pulito” i dati con il PSM, la differenza rimaneva statisticamente significativa! Non solo, l’analisi di regressione logistica multivariata (che tiene conto di tanti altri possibili fattori confondenti come età, ipertensione, ictus, classificazione ASA, albumina, ecc.) ha confermato che un CV-MAP > 10% è un predittore indipendente di delirio post-operatorio. Il rischio aumentava di circa il 45% (Odds Ratio aggiustato: 1.45, p = 0.033).

Non Solo “Sì o No”: La Relazione Dose-Risposta
Ma la storia non finisce qui. Lo studio ha anche esplorato se “più variabilità” significasse “più rischio”. Hanno diviso i pazienti in tre gruppi (terzili) in base al loro CV-MAP:
- T1: CV-MAP ≤ 7.56% (bassa variabilità)
- T2: CV-MAP tra 7.56% e 10.81% (media variabilità)
- T3: CV-MAP > 10.81% (alta variabilità)
Indovinate un po’? Il rischio di delirio era significativamente più alto nel gruppo T3 (quello con la maggiore variabilità) rispetto al gruppo T1 (il gruppo di riferimento con bassa variabilità), sia prima che dopo il PSM. L’Odds Ratio aggiustato per il gruppo T3 rispetto a T1 era addirittura 1.97 (quasi il doppio del rischio!) dopo il PSM.
Inoltre, utilizzando un’analisi chiamata Restricted Cubic Spline (RCS), hanno visualizzato la relazione tra CV-MAP e rischio di delirio, scoprendo che non è lineare: all’aumentare del CV-MAP, il rischio di delirio cresce progressivamente. È emerso anche un pattern interessante a forma di “U” per i valori assoluti di pressione media (MAP) e sistolica (SBP): sia valori troppo bassi (ipotensione) che troppo alti (ipertensione) durante l’intervento sembrano aumentare il rischio di delirio, con un “punto dolce” intorno a 80 mmHg per la MAP e 120 mmHg per la SBP.
Perché la Pressione “Ballerina” Fa Male al Cervello?
Ma qual è il meccanismo dietro questa associazione? L’ipotesi principale riguarda la disregolazione dell’autoregolazione cerebrale. Il nostro cervello ha meccanismi sofisticati per mantenere un flusso sanguigno costante nonostante le variazioni della pressione sistemica. Tuttavia, negli anziani, specialmente se fragili o con altre patologie, questa capacità può essere compromessa.
Grandi e rapide fluttuazioni della pressione (alta BPV) possono superare questi meccanismi di controllo, portando a momenti di ipoperfusione (scarso afflusso di sangue e ossigeno al cervello) alternati a momenti di iperperfusione (eccessivo afflusso). Entrambe le condizioni sono dannose: l’ipoperfusione può causare danno ischemico, mentre l’iperperfusione può portare a stress ossidativo e disfunzione endoteliale. Questi eventi scatenano una neuroinfiammazione, un processo infiammatorio a livello cerebrale che è considerato uno dei principali motori patogenetici del delirio.
Inoltre, la BPV potrebbe esacerbare l’infiammazione sistemica, con rilascio di citochine pro-infiammatorie che possono attraversare la barriera emato-encefalica (la “dogana” del cervello) e attivare ulteriormente la risposta infiammatoria cerebrale, disturbando la comunicazione tra neuroni.

Chi Rischia di Più? I Sottogruppi Vulnerabili
Lo studio ha anche identificato alcuni sottogruppi di pazienti in cui il legame tra alta BPV (CV-MAP > 10%) e delirio era particolarmente forte. Questo suggerisce che alcuni fattori rendono il cervello più vulnerabile agli effetti negativi della pressione instabile:
- Malattia Renale Cronica (CKD): Nei pazienti con CKD, il rischio di delirio associato ad alta BPV era quasi 6 volte maggiore! La CKD è legata a problemi vascolari e infiammazione, che peggiorano la situazione.
- Classificazione ASA III-IV: Pazienti con malattie sistemiche gravi (ASA III-IV) mostravano un rischio quasi doppio rispetto a quelli più sani (ASA I-II), probabilmente per una minore riserva fisiologica.
- Glicemia Elevata (> 6.10 mmol/L): Anche livelli di zucchero nel sangue più alti sembravano amplificare il rischio (più che raddoppiato), forse per l’effetto pro-infiammatorio e dannoso sui vasi dell’iperglicemia.
Questi risultati sono cruciali perché ci dicono che dobbiamo prestare ancora più attenzione alla stabilità pressoria in questi pazienti ad alto rischio.
Cosa Possiamo Imparare? Implicazioni Cliniche
Questo studio, pur con i limiti di un’analisi retrospettiva (che non stabilisce causalità certa) e single-center, ci lascia un messaggio importante: la stabilità emodinamica intraoperatoria conta, eccome!
Per noi clinici, anestesisti e chirurghi, significa che:
- Monitorare attentamente: È fondamentale un monitoraggio continuo e accurato della pressione sanguigna durante l’intervento, possibilmente invasivo (linea arteriosa) negli anziani fragili, per cogliere e correggere rapidamente le fluttuazioni eccessive.
- Gestire attivamente: Bisogna mirare a minimizzare la BPV, scegliendo tecniche anestesiologiche e farmaci (come vasopressori titolati) che favoriscano la stabilità, evitando però periodi prolungati di ipotensione dannosa.
- Ottimizzare prima: La preparazione preoperatoria è chiave. Stabilizzare la pressione arteriosa, correggere l’anemia, migliorare lo stato nutrizionale (livelli di albumina bassi erano associati a maggior rischio di delirio nello studio) potrebbe rendere il cervello del paziente più resiliente agli stress chirurgici.
- Individualizzare l’approccio: Non esiste un valore di pressione “perfetto” per tutti. Bisogna considerare le condizioni basali del paziente, le comorbidità (come CKD o diabete) e puntare a mantenere la pressione entro range ragionevoli (lo studio suggerisce MAP intorno a 80 mmHg e SBP intorno a 120 mmHg come potenziali target, ma servono conferme) e, soprattutto, stabili.
In conclusione, la variabilità della pressione sanguigna durante un intervento per frattura d’anca non è solo un numero sul monitor. È un potenziale fattore di rischio modificabile per il delirio post-operatorio, una complicanza che può avere conseguenze devastanti sulla vita dei nostri pazienti anziani. Prestare attenzione a questi “sbalzi” e lavorare per mantenere una pressione più stabile potrebbe essere un passo importante per proteggere il loro cervello e migliorare il loro recupero.
Fonte: Springer
