Illustrazione concettuale di un cervello umano diviso a metà: una parte analitica con grafici e numeri in bianco e nero, l'altra creativa con colori vivaci, forme artistiche e note musicali, che si fondono armoniosamente al centro, simboleggiando l'integrazione dell'arte (ABI) nei processi organizzativi sistemici. Obiettivo prime 50mm, illuminazione bilanciata e high detail per evidenziare la fusione tra logica e creatività.

L’Arte in Azienda Funziona Davvero? Scopriamo il Valore Nascosto con la Prospettiva Sistemica

Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi in un viaggio affascinante nel mondo delle organizzazioni, ma da un punto di vista un po’ diverso dal solito. Parliamo di come l’arte, sì, proprio l’arte, possa diventare un motore potentissimo per l’innovazione e la crescita all’interno delle aziende. Vi siete mai chiesti se un workshop di teatro, una sessione di pittura collettiva o l’uso della musica possano davvero fare la differenza nel tran tran quotidiano di un ufficio o di una struttura sanitaria? Beh, la risposta è più complessa e interessante di quanto si possa pensare.

C’è un interesse crescente per quelli che vengono chiamati Interventi Basati sull’Arte (ABI – Arts-Based Interventions) nelle organizzazioni. L’idea è quella di usare l’arte per stimolare il “capitale umano”, quella risorsa preziosissima che sono le persone, per migliorare la qualità e la sostenibilità del lavoro. Pensateci: l’arte, per sua natura, ci spinge a pensare fuori dagli schemi (il famoso “out-of-the-box thinking”), a riflettere, a connetterci con le nostre emozioni e con quelle degli altri. Tutte cose fondamentali, specialmente in tempi complessi come i nostri, dove la capacità di adattarsi e innovare è cruciale.

Il punto, però, è: come facciamo a capire se questi interventi funzionano davvero? E soprattutto, come trasformiamo un’esperienza artistica, magari bellissima per il singolo individuo, in qualcosa che porti un valore tangibile a tutta l’organizzazione? Ecco, qui le cose si fanno interessanti.

I Limiti dei Vecchi Metri di Giudizio

Diciamocelo francamente: misurare il valore dell’arte con i soliti parametri aziendali (produttività, ritorno economico immediato) è come cercare di misurare la bellezza di un tramonto con un righello. Semplicemente, non funziona. Molti modelli attuali cercano di dividere il valore creato dagli ABI tra individui, team e organizzazione, ma spesso lasciano aperta la domanda fondamentale: qual è il vero impatto sull’organizzazione nel suo insieme? Si finisce per vedere il valore come una cosa “individuale” o “organizzativa”, quasi fossero due mondi separati. Ma è davvero così?

Secondo alcuni studiosi, come Schiuma (2009), valutare le esperienze artistiche in termini puramente monetari è “estremamente difficile, se non impossibile”. Questo perché l’arte tocca corde soggettive, emotive, legate al contesto e al momento. Il valore, suggerisce, si trova piuttosto negli spazi più sottili dell’atteggiamento umano, nei comportamenti, nel linguaggio. Altri, come Brown e Novak-Leonard (2013), sostengono che il valore risiede nell’impatto trasformativo sull’individuo. Se questo impatto è profondo, può diventare un mattone per costruire qualcosa di più grande a livello di gruppo o organizzazione, come la coesione sociale o lo sviluppo cognitivo.

Ma allora, come superiamo questa dicotomia? Come colleghiamo l’esperienza del singolo al benessere dell’intero sistema?

La Prospettiva Sistemica: Vedere l’Organizzazione come un Organismo Vivente

Ecco che entra in gioco la prospettiva sistemica. Negli ultimi decenni, abbiamo smesso di vedere le organizzazioni come macchine fatte di pezzi isolati. Oggi le consideriamo più come organismi viventi, sistemi complessi dove tutto è interconnesso: persone, processi, prodotti, servizi. La crescita e l’innovazione non nascono dall’isolamento, ma dall’interazione continua tra l’individuo e il collettivo, attraverso pratiche condivise.

In questa visione, non si parla più di autonomia isolata, ma di teaming; non di autorità calata dall’alto, ma di esperienze condivise ed empowerment; non di formazione basata solo sulle competenze tecniche, ma sullo sviluppo di capacità di apprendimento; non di direttive top-down, ma di co-creazione. La co-creazione, definita come “il processo congiunto, collaborativo… tra pari per produrre nuovo valore”, diventa la norma, non l’eccezione. È il terreno fertile per lo sviluppo continuo. E gli interventi basati sull’arte sono uno strumento fantastico per coltivare questo terreno.

Team di professionisti diversi per età ed etnia in un ufficio moderno e luminoso, impegnati in una sessione di brainstorming collaborativo attorno a un tavolo pieno di post-it colorati, schizzi e prototipi. Luce naturale che entra da grandi finestre. Obiettivo prime 35mm, profondità di campo che mette a fuoco l'interazione dinamica tra i membri del team.

Gli ABI, infatti, sono progettati proprio per creare processi sistematici che favoriscano il dialogo e la riflessione, connettendo l’esperienza cognitiva con quella corporea (“embodied experience”). L’arte stimola l’apprendimento in modi unici, aprendo nuovi spazi per la creatività, la creazione di valore e l’apprendimento organizzativo. Non si tratta solo di appendere quadri ai muri (anche se quello era un inizio!), ma di integrare le pratiche artistiche nella vita lavorativa quotidiana.

L’Organizzazione che Apprende: Un Modello per Capire il Valore

Se l’organizzazione è un sistema vivente che cresce attraverso l’interazione e l’apprendimento condiviso, allora forse dovremmo guardare al valore degli ABI attraverso la lente dell’apprendimento organizzativo. Qui ci viene in aiuto il modello dell’“Organizzazione che Apprende” (Learning Organization), reso famoso da Peter Senge.

Questo modello si basa sull’idea che le organizzazioni crescono e si sostengono coltivando cicli di apprendimento profondo (deep learning). Questo apprendimento porta nel tempo a:

  • Nuove abilità e capacità
  • Nuova consapevolezza e sensibilità
  • Nuovi atteggiamenti e convinzioni

Questo tipo di apprendimento non è un evento isolato, ma un processo continuo, sociale, che avviene attraverso l’interazione, la collaborazione e la partecipazione. Il valore, da questa prospettiva, non sta tanto in un risultato quantitativo misurabile a breve termine, ma nella presenza di condizioni e pratiche sistemiche che favoriscono questo apprendimento profondo.

Quali sono queste condizioni? Senge parla di una specifica “architettura” organizzativa che include:

  1. Idee guida: Come il pensiero sistemico (siamo tutti parte di un sistema più ampio) e il potere generativo del linguaggio (co-creiamo la realtà parlandone).
  2. Innovazione nelle infrastrutture: Spazi e processi che supportino l’interazione e la condivisione.
  3. Teoria, metodi e strumenti: Come la riflessione, l’aspirazione, la conversazione e la concettualizzazione.

Insomma, per valutare davvero un ABI da una prospettiva sistemica, dovremmo chiederci: questo intervento sta contribuendo a creare o rafforzare queste architetture per l’apprendimento profondo all’interno dell’organizzazione?

Un Esempio Concreto: Il Progetto “Resonance Listening”

Per rendere tutto questo più concreto, vi racconto brevemente di un’iniziativa interessante chiamata “Resonance Listening” (Ascolto Risonante), condotta in una casa di cura in Svezia. L’obiettivo era migliorare la comunicazione e la gestione dello stress nel personale infermieristico, utilizzando un mix affascinante di:

  • Linguaggio della musica e teoria vibrazionale: Per aiutare le persone a trasformare il “rumore” ambientale e relazionale in qualcosa di più armonico.
  • Respirazione profonda yogica (MediYoga): Per ridurre lo stress e migliorare la capacità di ascolto.
  • Appreciative Inquiry (AI): Una metodologia che si concentra sull’identificare e amplificare i punti di forza esistenti nelle persone e nelle situazioni, invece che sui problemi.

Sedici membri dello staff hanno partecipato a un programma di tre mesi, suddiviso in cinque workshop. Tra un workshop e l’altro, avevano attività pratiche da svolgere nel loro ambiente di lavoro. Si sono usate tecniche di apprendimento collaborativo e cicli di riflessione (come quello di Gibbs) per facilitare il dialogo e la condivisione delle esperienze.

Gruppo eterogeneo di infermieri e operatori sanitari seduti in cerchio in una stanza accogliente e luminosa all'interno di una struttura sanitaria. Alcuni hanno gli occhi chiusi, altri ascoltano attentamente, in un'atmosfera di calma e riflessione durante una sessione di 'Resonance Listening'. Obiettivo 50mm, luce soffusa e controllata per creare un ambiente intimo, high detail sui volti concentrati.

Cosa Abbiamo Imparato da “Resonance Listening”?

I risultati sono stati illuminanti. A livello individuale (MICRO), i partecipanti hanno riportato benefici significativi:

  • Miglioramento del sonno
  • Maggiore senso di calma e controllo dello stress (confermato anche da inventari pre-post)
  • Nuove abilità nell’identificare l’impatto dei suoni e nel neutralizzare quelli negativi
  • Maggiore consapevolezza dell’importanza della respirazione e della comunicazione
  • Nuovi strumenti per prendersi cura della propria salute
  • Migliore capacità di gestire il cambiamento e le situazioni difficili
  • Minore frustrazione e nervosismo

Ma la cosa interessante è successa a livello di gruppo (MACRO). Le sessioni di dialogo riflessivo hanno creato uno spazio sicuro dove i partecipanti hanno potuto:

  • Condividere le loro difficoltà (inizialmente, molti faticavano a trovare il tempo per praticare le tecniche a causa dello stress lavorativo).
  • Ispirarsi a vicenda: le storie di chi riusciva ad applicare le tecniche (come “ascoltare” il ritmo della lavastoviglie rumorosa per non esserne più infastidito, o usare la respirazione nei momenti di stress) hanno incoraggiato gli altri.
  • Sviluppare un linguaggio comune (usando metafore musicali) per parlare dello stress e della comunicazione.
  • Iniziare a fare “coaching” reciproco e a pensare a come trasferire queste conoscenze ai colleghi fuori dal progetto.
  • Identificare problemi strutturali e proporre soluzioni concrete per migliorare l’ambiente di lavoro (es. routine per i cellulari, gestione dei turni del personale temporaneo, più tempo per l’interazione con i residenti).

Si vedevano chiaramente i segni dell’apprendimento profondo descritto da Senge: nuova consapevolezza, nuove capacità, nuovi atteggiamenti. E si vedevano anche elementi delle infrastrutture architettoniche: lo spazio per la riflessione e la conversazione, l’uso di metodi e strumenti specifici, lo sviluppo di un linguaggio condiviso.

L’Anello Mancante: Il Supporto Sistemico e la Leadership

Tutto perfetto, quindi? Non proprio. Ed è qui che la prospettiva sistemica ci mostra il suo valore più grande. Durante l’intervento, è successo qualcosa di cruciale a livello organizzativo: la leader che aveva promosso il progetto è andata in malattia e la struttura è stata affidata a un supervisore temporaneo, part-time, non coinvolto nel programma.

Cosa è successo? È venuto a mancare il supporto della leadership (“lack of support”) e la capacità di “camminare il discorso” (“walking the talk”), due dei pilastri fondamentali secondo Senge per sostenere un’organizzazione che apprende. La nuova leadership era focalizzata sulla gestione delle emergenze (“spegnere incendi”), non sullo sviluppo organizzativo. Lo stress sul personale è aumentato, e nonostante il desiderio dei partecipanti di continuare i dialoghi riflessivi, non c’è stato il supporto necessario per farlo e per trasferire l’apprendimento al resto dell’organizzazione.

Immagine concettuale potente: un ingranaggio finemente lavorato, simboleggiante un'iniziativa di valore come l'ABI, è bloccato e arrugginito all'interno di un meccanismo organizzativo più grande e complesso, rappresentato da altri ingranaggi scuri e immobili. Macro lens 90mm, illuminazione drammatica con forti contrasti per evidenziare il blocco e la frustrazione, high detail sulla texture dell'ingranaggio bloccato.

Questo “intoppo” è fondamentale. Ci dice che il valore di un ABI per l’organizzazione non dipende solo dalla qualità dell’intervento in sé, ma in modo critico dalla presenza di condizioni sistemiche che ne permettano l’integrazione e la diffusione. Senza una leadership impegnata e infrastrutture adeguate per il dialogo e la condivisione, anche l’intervento migliore rischia di rimanere un’esperienza isolata, preziosa per i singoli partecipanti, ma con un impatto limitato sull’organizzazione nel suo complesso.

Riconsiderare il Valore: Oltre le Metriche Semplici

Se avessimo analizzato “Resonance Listening” solo con i modelli tradizionali (come l’Art-Matrix di Schiuma o il framework di Berthoin Antal e Strauss), avremmo probabilmente concluso che ha avuto un buon impatto a livello individuale e di team (zone “igniting” e “intrinsic” per Schiuma; livelli personale e interpersonale per Berthoin Antal/Strauss), ma poco o nullo a livello organizzativo.

Il modello dell’Organizzazione che Apprende, invece, ci permette di andare più a fondo. Ci aiuta a identificare la presenza (o l’assenza) di quelle condizioni sistemiche – l’apprendimento profondo, le architetture infrastrutturali – che sono il potenziale per il valore organizzativo a lungo termine. Ci permette anche di distinguere tra il valore intrinseco dell’ABI (che c’era) e le condizioni organizzative che ne hanno limitato la piena realizzazione. Il “fallimento” nel trasferire l’apprendimento non è colpa dell’ABI, ma della mancanza di supporto sistemico. Questa è un’informazione preziosissima per l’organizzazione stessa!

Questo approccio sposa l’idea che il valore sia qualcosa che emerge dall’interazione dinamica tra micro e macro, in uno spazio condiviso, come suggerito da Meynhardt et al. (2016). Supera la visione dicotomica “individuo vs organizzazione” e abbraccia la complessità.

Visualizzazione astratta e luminosa di una rete complessa e interconnessa. Nodi luminosi rappresentano individui o team, collegati da linee di luce fluida che simboleggiano il flusso di apprendimento e comunicazione all'interno del sistema organizzativo. Wide-angle lens 15mm, effetto long exposure sulle linee luminose per dare senso di dinamismo, sfondo scuro per far risaltare la rete.

Il Messaggio Chiave: È Tutto Connesso

Allora, qual è il succo di tutto questo discorso? Che gli interventi basati sull’arte possono davvero essere strumenti potenti per lo sviluppo organizzativo, ma il loro valore non può essere compreso appieno se li guardiamo in isolamento. Dobbiamo adottare una prospettiva sistemica.

Il valore di un ABI per l’organizzazione dipende crucialmente da:

  • La presenza di una leadership che creda nel progetto, partecipi attivamente (“walk the talk”) e crei le condizioni per l’apprendimento.
  • L’esistenza di infrastrutture organizzative (spazi, tempi, processi) che supportino il dialogo, la riflessione, la condivisione e la sperimentazione.
  • La capacità di collegare l’intervento agli obiettivi reali e ai bisogni di sviluppo dell’organizzazione.
  • La pazienza di considerare l’apprendimento come un processo che richiede tempo e che può incontrare ostacoli.

Se queste condizioni ci sono, allora l’ABI può davvero innescare quei cicli di apprendimento profondo che portano a una crescita sostenibile e all’innovazione. Se mancano, l’intervento rischia di essere solo un evento “spot”, piacevole ma non trasformativo a livello sistemico.

Valutare gli ABI richiede quindi un cambio di mentalità: non cercare solo risultati immediati e misurabili con metriche tradizionali, ma saper riconoscere l’innesco di un processo di apprendimento all’interno di un contesto organizzativo che sia predisposto a coltivarlo. È una sfida, certo, ma è anche la chiave per sbloccare il potenziale immenso che l’arte può offrire al mondo del lavoro.

E voi, cosa ne pensate? Avete esperienze di arte in azienda? Credete in questo potenziale nascosto? Fatemelo sapere!

Fonte: Springer

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