Visualizzazione grafica astratta che mostra linee di tendenza fluttuanti (alcune blu in calo, altre rosse in aumento) sovrapposte a un'immagine semi-trasparente di diverse pillole e una bandiera stilizzata del Quebec, stile infografica moderna, colori dominanti blu, rosso e bianco.

Farmaci e Pandemia in Quebec: Cosa è Cambiato Davvero? La Mia Analisi Esclusiva!

Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante nel cuore di una questione che ci ha toccato tutti da vicino: la pandemia di COVID-19. Ma non parleremo (solo) di mascherine e distanziamento. No, oggi ci tufferemo nel mondo dei farmaci e scopriremo insieme come il loro utilizzo è cambiato drasticamente in Quebec, Canada, durante quei mesi convulsi. Pronti a seguirmi in questa analisi?

La pandemia, si sa, ha stravolto tutto: la nostra vita sociale, l’economia e, ovviamente, i servizi sanitari. Il Quebec, in particolare, ha vissuto un inizio difficile, con un’impennata di casi e restrizioni tra le più severe del Canada, durate a lungo. Vi ricordate lo stato di emergenza sanitaria dichiarato il 13 marzo 2020 e terminato solo il 1° giugno 2022? Ecco, in quel contesto, ci siamo chiesti: cosa è successo all’uso dei farmaci?

Le ipotesi erano tante. Le misure sanitarie potevano aver ridotto la diffusione di altre malattie contagiose, e quindi l’uso di antibiotici. Allo stesso tempo, lo stress e l’ansia crescenti facevano presagire un aumento dell’uso di farmaci per la salute mentale, come gli antidepressivi. Poi c’erano le terapie specifiche per il COVID-19, i vaccini, ma anche le voci, a volte infondate, su farmaci che potevano aiutare o peggiorare la malattia, influenzandone la scelta. E non dimentichiamo le difficoltà di accesso ai servizi sanitari, che potevano ritardare diagnosi e inizio di nuove cure, o complicare la continuità di quelle esistenti. Infine, chi non ricorda la corsa all’accaparramento, non solo della carta igienica, ma anche dei farmaci?

Insomma, un bel rompicapo! Per cercare di fare chiarezza, abbiamo intrapreso uno studio approfondito, utilizzando un’enorme banca dati sanitaria del Quebec, il Quebec Integrated Chronic Disease Surveillance System (QICDSS). Pensate, abbiamo analizzato i dati di oltre 3 milioni di persone ogni settimana, dal 2016 fino a marzo 2022!

Come abbiamo fatto? Un tuffo nei dati

Il nostro obiettivo era confrontare l’uso effettivo dei farmaci durante la pandemia (2020-2022) con quello che ci saremmo aspettati basandoci sui trend degli anni precedenti (2016-2019). Abbiamo considerato un’ampia gamma di farmaci, sia per malattie croniche (come antidepressivi, antipertensivi, antidiabetici) sia per trattamenti a breve termine (antibiotici, benzodiazepine, corticosteroidi).

Una cosa fondamentale: abbiamo distinto tra nuovi utilizzatori (chi iniziava una terapia per la prima volta in un anno) e utilizzatori prevalenti (chi aveva una prescrizione attiva in una data settimana, indipendentemente da quando aveva iniziato). Questo ci ha permesso di capire non solo se più o meno persone usavano un certo farmaco, ma anche se c’erano cambiamenti nell’inizio di nuove terapie.

Abbiamo creato modelli statistici (regressioni Quasi-Poisson, per i più tecnici) per stimare l’uso “atteso” settimana per settimana, tenendo conto di sesso, età, stagionalità e trend annuali. Poi, abbiamo confrontato questi dati attesi con quelli osservati durante la pandemia, suddividendo il periodo pandemico in quattro fasi, corrispondenti alle diverse ondate:

  • Periodo 1: Prima ondata (febbraio 2020 – agosto 2020)
  • Periodo 2: Seconda ondata (agosto 2020 – marzo 2021)
  • Periodo 3: Terza e quarta ondata (marzo 2021 – dicembre 2021)
  • Periodo 4: Quinta e sesta ondata (dicembre 2021 – marzo 2022)

Analizzando il rapporto tra osservato e atteso, abbiamo potuto vedere dove l’uso dei farmaci si discostava significativamente dalle previsioni.

Primo piano di diverse pillole e capsule colorate sparse su un tavolo di legno scuro, luce controllata, lente macro 90mm, alta definizione dei dettagli delle pillole.

I risultati: sorprese e conferme sull’inizio delle terapie

Ebbene sì, i risultati sono stati illuminanti! Durante la prima ondata (Periodo 1), abbiamo assistito a un crollo nell’inizio della maggior parte delle terapie farmacologiche. Sembrava che le persone evitassero o non potessero accedere a nuove cure. Fanno eccezione alcuni farmaci come gli antipsicotici, le benzodiazepine e i farmaci per la dipendenza da oppioidi, il cui inizio è rimasto vicino ai livelli attesi. Forse un primo segnale dell’impatto sulla salute mentale e sulle dipendenze?

Ma la vera sorpresa è arrivata dopo. Dal Periodo 2 in poi, le tendenze hanno iniziato a divergere notevolmente a seconda del tipo di farmaco.

Da un lato, l’inizio di terapie per malattie come la BPCO/asma, gli antibiotici sistemici, i corticosteroidi orali e nasali ha continuato a mostrare un calo significativo, rimanendo circa il 30% al di sotto delle aspettative fino a marzo 2022 (Periodo 4). Pensate agli antibiotici: un calo relativo del 32% nella prima ondata, e ancora del 29% nell’ultima! Questo conferma l’ipotesi che le misure anti-COVID (mascherine, distanziamento) abbiano ridotto la circolazione di altre infezioni, soprattutto respiratorie. Anche l’inizio di cure per HIV, glaucoma o dipendenza da oppioidi/tabacco è rimasto sotto le attese, forse per ritardi nelle diagnosi.

Dall’altro lato, però, abbiamo osservato un aumento sostenuto nell’inizio di altre terapie croniche. Prendiamo gli antidiabetici: dopo un calo iniziale del 21% nella prima ondata, l’inizio di nuove cure è schizzato sopra le attese nei periodi successivi, arrivando a un +20% nel Periodo 4! Un andamento simile lo abbiamo visto per i farmaci ipolipemizzanti (quelli per il colesterolo, per intenderci: +9%, +13%, +26% nei Periodi 2-4) e per i farmaci per l’ADHD (+12%, +12%, +16%). Anche gli antiaritmici e gli ormoni tiroidei hanno mostrato aumenti, seppur non sempre statisticamente significativi.

E gli antidepressivi? Qui la storia è più complessa: un calo del 12% all’inizio, seguito da un aumento del 10% nel Periodo 2 (forse per recuperare?), per poi tornare ai livelli attesi nei Periodi 3 e 4.

Fotografia macro di un vetrino da microscopio con batteri visibili, messa a fuoco precisa sui microrganismi, illuminazione da laboratorio controllata, lente macro 100mm.

E chi era già in cura? La stabilità dei trattamenti cronici

Passiamo ora agli utilizzatori prevalenti, cioè chi era già in trattamento. Qui il quadro è diverso e, per certi versi, rassicurante. Per la maggior parte dei farmaci cronici (ben 15 categorie su 17 analizzate), l’uso è rimasto molto vicino ai livelli attesi durante tutto il periodo pandemico. Le differenze rispetto alle previsioni sono state minime, spesso inferiori al 2-5%. Anche l’uso complessivo di farmaci per condizioni croniche e la polifarmacia (l’uso di 5 o più farmaci) sono rimasti stabili.

Questo cosa ci dice? Che, nonostante le difficoltà, l’accesso alle terapie croniche per chi era già in cura è stato in gran parte garantito. Probabilmente, misure come la telemedicina e la possibilità per i farmacisti di estendere le prescrizioni o sostituire farmaci hanno giocato un ruolo cruciale nel mantenere la continuità terapeutica. Un sospiro di sollievo, no?

Tuttavia, non è stato così per tutti. Come prevedibile visto il calo delle nuove iniziazioni, l’uso prevalente di antibiotici sistemici, corticosteroidi e farmaci per BPCO/asma è diminuito significativamente. Lo stesso vale per i farmaci per la dipendenza da tabacco/oppioidi e, curiosamente, per i colliri antibiotici e antinfiammatori. Quest’ultima categoria ha visto un crollo del 29% nella prima ondata, probabilmente legato al rinvio di interventi chirurgici elettivi come quello della cataratta, dopo i quali questi colliri sono spesso prescritti.

Un’eccezione interessante all’andamento generale è rappresentata dagli antiaritmici/digossina, il cui uso prevalente è aumentato costantemente, raggiungendo un +8% nell’ultimo periodo, soprattutto tra gli anziani. Potrebbe esserci un legame con le complicanze cardiache del COVID-19? È un’ipotesi da approfondire.

Ritratto di una persona anziana sorridente che tiene in mano un blister di pillole, scattato con obiettivo da 35mm, profondità di campo che sfoca leggermente lo sfondo, tonalità duotone seppia e grigio.

Cosa significa tutto questo? Interpretazioni e prospettive

Riassumendo: la pandemia ha inizialmente frenato l’inizio di molte nuove terapie in Quebec. Successivamente, mentre alcune cure (antibiotici, corticosteroidi, farmaci respiratori) hanno continuato a essere iniziate meno del previsto, altre (antidiabetici, ipolipemizzanti, farmaci per ADHD) hanno visto un boom. L’uso continuativo dei farmaci cronici, invece, è rimasto sorprendentemente stabile.

Le ragioni di questi cambiamenti sono molteplici e complesse. Il calo iniziale è probabilmente legato alle difficoltà di accesso ai servizi sanitari e alla paura del contagio. La persistente riduzione nell’uso di antibiotici e farmaci respiratori riflette l’efficacia delle misure di prevenzione delle infezioni. L’aumento di antidiabetici e ipolipemizzanti potrebbe essere un recupero dei trattamenti non iniziati prima, ma anche un segnale di un possibile aumento dell’incidenza di diabete legato alla pandemia o a cambiamenti nello stile di vita, o ancora all’uso crescente di alcuni di questi farmaci per altre indicazioni come la perdita di peso. L’aumento dei farmaci per ADHD potrebbe riflettere un recupero diagnostico o un peggioramento dei sintomi durante la pandemia.

La stabilità nell’uso dei farmaci cronici è una buona notizia, suggerendo resilienza nel sistema sanitario nel garantire la continuità delle cure essenziali. Tuttavia, non dobbiamo abbassare la guardia: stabilità non significa necessariamente che tutti coloro che avevano bisogno di una terapia l’abbiano ricevuta, specialmente se l’incidenza di alcune malattie è aumentata.

Ovviamente, il nostro studio ha dei limiti. Non abbiamo misurato l’aderenza reale ai farmaci, né l’uso di farmaci da banco o ospedalieri. I dati riguardano solo chi ha l’assicurazione pubblica sui farmaci. Ma nonostante questo, credo che offra una panoramica unica e preziosa.

La lezione principale? La pandemia ha avuto impatti immediati e a lungo termine sull’uso dei farmaci, diversi a seconda della categoria terapeutica. Queste variazioni sono fondamentali da considerare quando si analizzano dati sanitari che includono gli anni della pandemia e devono essere anticipate nella pianificazione sanitaria per future emergenze. Un lavoro complesso, ma necessario per capire e prepararci meglio!

Fonte: Springer

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