Uomini, Nostalgia e Parità: Quando il Passato Influenza il Futuro dei Ruoli di Genere
Ragazzi, diciamocelo chiaramente: il mondo sta cambiando a una velocità pazzesca, e con esso anche i ruoli di genere. Una volta c’erano schemi ben definiti, quasi scolpiti nella pietra, su cosa significasse “essere uomo” o “essere donna”. Oggi, per fortuna dico io, molte di quelle rigidità si stanno sgretolando. Le donne conquistano spazi un tempo impensabili e gli uomini, beh, anche noi stiamo ridefinendo i nostri contorni, magari scoprendoci più portati per la cura dei figli o meno ossessionati dall’idea di essere l’unico “provider” della famiglia. Ma come viviamo noi maschietti questo terremoto di aspettative? Siamo tutti pronti ad abbracciare il cambiamento o c’è chi guarda indietro con un po’ di malinconia?
Mi sono imbattuto in una ricerca scientifica pubblicata su Springer, intitolata “Perceptions of Gender Role Discontinuity and Collective Nostalgia for Traditional Gender Relations Shape Men’s Support for Gender Equality“, che cerca di rispondere proprio a queste domande. E, vi assicuro, i risultati fanno riflettere parecchio.
Cosa significa “discontinuità nel ruolo di genere”?
Partiamo dalle basi. I ricercatori parlano di “discontinuità nel ruolo di genere maschile“. In parole povere, si riferiscono alla percezione che i ruoli maschili tradizionali (quelli, per intenderci, che enfatizzano la dominanza, il distacco emotivo, l’uomo che non deve chiedere mai) siano stati messi in discussione o addirittura rimpiazzati da norme di genere più inclusive e diversificate. Pensateci: l’idea dell’uomo tutto d’un pezzo, che porta a casa il pane e basta, oggi fa un po’ sorridere, no? Ma non tutti la vivono allo stesso modo.
La cosa interessante, e qui sta il nocciolo della questione secondo me, non è tanto se percepiamo questo cambiamento (è sotto gli occhi di tutti!), ma come lo valutiamo. Lo vediamo come un’opportunità, una liberazione da stereotipi soffocanti? Oppure come una perdita, una minaccia alla nostra identità e al nostro status? Ecco, la “valenza” di questa discontinuità, cioè se la vediamo come positiva o negativa, sembra essere cruciale.
Il richiamo del passato: la nostalgia per i “bei tempi andati”
Quando ci sentiamo un po’ persi o quando il presente sembra incerto, a chi non è capitato di rifugiarsi nei ricordi di un passato idealizzato? Questo fenomeno si chiama nostalgia collettiva. Nello specifico, lo studio parla di “nostalgia per le relazioni di genere tradizionali“: un desiderio un po’ sentimentale per un’epoca in cui i ruoli maschili e femminili erano, almeno apparentemente, chiari e distinti. L’uomo cacciatore, la donna angelo del focolare… immagini un po’ stereotipate, ma che per alcuni possono rappresentare un porto sicuro.
I ricercatori hanno ipotizzato (e poi verificato) che proprio questa nostalgia possa fare da ponte tra la percezione negativa del cambiamento dei ruoli maschili e un minor supporto per la parità di genere. Sembra quasi un meccanismo di difesa: se il nuovo mi spaventa o mi fa sentire sminuito, mi aggrappo al vecchio e divento più restio ad accettare un’ulteriore evoluzione verso l’uguaglianza.
Cosa hanno scoperto gli studi?
Per non lasciare nulla al caso, gli scienziati hanno condotto ben tre studi (uno correlazionale e due sperimentali) coinvolgendo uomini nel Regno Unito e negli Stati Uniti. E i risultati, analizzati anche con una meta-analisi interna, sono piuttosto chiari:
- Quando gli uomini percepivano la discontinuità dei ruoli di genere come negativa, esprimevano una maggiore nostalgia per le relazioni di genere tradizionali.
- Questa maggiore nostalgia, a sua volta, si traduceva in un minor supporto per la parità di genere.
Pensate che in uno degli studi sperimentali, hanno “manipolato” questa percezione. Ad alcuni partecipanti veniva chiesto di riflettere sugli aspetti negativi del cambiamento dei ruoli maschili, ad altri su quelli positivi. E indovinate un po’? Chi si concentrava sugli aspetti negativi mostrava più nostalgia e meno supporto all’uguaglianza. Addirittura, in un altro esperimento, hanno semplicemente esposto i partecipanti a opinioni (reali, raccolte in studi precedenti) positive o negative sul cambiamento dei ruoli maschili. Anche questa esposizione più “sottile” ha prodotto effetti simili! Questo ci fa capire quanto possa essere potente il modo in cui ci vengono presentate le cose, o i discorsi che sentiamo in giro, magari sui social media.
Un altro dato importante: questa dinamica emergeva anche tenendo conto di altri fattori come l’orientamento politico o i livelli di sessismo (ostile o benevolo). Quindi, non si tratta semplicemente di essere “conservatori” o “sessisti” in senso lato. C’è qualcosa di specifico legato a come si vive il cambiamento del proprio ruolo di genere e al conseguente richiamo nostalgico.
Perché tutto questo è importante? E cosa possiamo farci?
Beh, queste scoperte, secondo me, sono fondamentali per chiunque lavori per promuovere una società più equa. Ci dicono che non basta semplicemente “spingere” per la parità di genere. Dobbiamo anche capire e affrontare le resistenze psicologiche che alcuni uomini possono provare.
Se il cambiamento viene percepito come una perdita, è naturale che ci sia una reazione. Forse, allora, la chiave sta nel cambiare la narrativa. Invece che far passare l’idea che i “nuovi” ruoli maschili sminuiscano gli uomini, potremmo sottolineare i benefici: maggiore flessibilità tra lavoro e vita privata, la possibilità di costruire relazioni più profonde e autentiche (anche con i propri figli), la liberazione da aspettative irrealistiche che spesso portano solo stress e infelicità.
Lo studio suggerisce che interventi mirati potrebbero sfidare queste norme tradizionali e promuovere rappresentazioni più positive e inclusive dei ruoli di genere in evoluzione. Pensiamo a campagne di sensibilizzazione, a programmi educativi, o anche semplicemente al modo in cui parliamo di questi temi nelle nostre conversazioni quotidiane. Se riusciamo a far vedere che l’evoluzione dei ruoli di genere non è un gioco a somma zero (dove se uno guadagna, l’altro perde), ma un’opportunità di crescita per tutti, forse quella nostalgia per un passato idealizzato perderà un po’ del suo fascino.
Mi viene da pensare a quanto sia facile, soprattutto online, imbattersi in discorsi che dipingono i cambiamenti nei ruoli di genere come una catastrofe, un attacco ai “valori tradizionali”. Questa ricerca ci mostra che tali narrazioni non sono innocue: possono attivamente minare il supporto alla parità, alimentando proprio quella nostalgia che frena il progresso.
Limiti e prospettive future
Come ogni ricerca scientifica che si rispetti, anche questa ha i suoi limiti. Gli studi sono stati condotti in paesi occidentali e sviluppati (Regno Unito e Stati Uniti), quindi sarebbe interessante vedere se gli stessi meccanismi si osservano in contesti culturali diversi. Inoltre, gli autori stessi suggeriscono che ricerche future potrebbero indagare questi processi anche tra le donne, per avere un quadro più completo.
Un’idea affascinante per il futuro, che mi ha colpito, è quella di usare algoritmi di social media “modificati” per vedere come l’esposizione a contenuti che incorniciano positivamente o negativamente i cambiamenti nei ruoli di genere influenzi nel tempo gli atteggiamenti verso la parità. Sarebbe un modo per testare l’impatto del nostro “ecosistema informativo” in modo molto realistico.
In conclusione, questo studio ci lancia un messaggio forte e chiaro: il modo in cui gli uomini percepiscono e valutano i cambiamenti nei loro ruoli ha un impatto diretto sul loro supporto alla parità di genere, e la nostalgia per un “come eravamo” (magari mai esistito davvero così) gioca un ruolo da protagonista. Non è solo una questione di logica o di dati, ma di emozioni profonde. E se vogliamo costruire una società davvero paritaria, dobbiamo tenerne conto, imparando a comunicare il cambiamento non come una minaccia, ma come una promessa di un futuro migliore, per tutti.
Fonte: Springer