Immagine fotorealistica di un fronte oceanico submesoscala visto dall'alto, con una nave da ricerca scientifica che lo attraversa. L'acqua più calda (leggermente più chiara e con tonalità tendenti al verde acqua) incontra l'acqua più fredda (più scura, blu intenso) creando una linea di demarcazione visibile con piccoli vortici e turbolenze superficiali che increspano l'acqua. Obiettivo zoom teleobiettivo, 200mm, per comprimere la prospettiva e mettere a fuoco i dettagli del fronte. Luce del tardo pomeriggio che crea lunghe ombre e riflessi dorati sull'acqua, cielo parzialmente nuvoloso. Profondità di campo ridotta per enfatizzare il fronte.

Onde Nascoste e Vortici Furiosi: Il Mio Viaggio nella Turbolenza Oceanica Antartica

Amici appassionati di oceani e misteri sottomarini, preparatevi per un’immersione in un mondo che, fino a poco tempo fa, era quasi invisibile ai nostri strumenti: quello della turbolenza oceanica su scala submesoscala. Sembra un parolone, vero? In realtà, stiamo parlando di quei vortici e movimenti d’acqua, più piccoli delle grandi correnti oceaniche ma più grandi delle onde che si infrangono sulla riva, che giocano un ruolo cruciale, e ancora un po’ misterioso, nel mescolare le acque degli oceani. E indovinate un po’? Sono andato a “curiosare” proprio in uno dei posti più affascinanti e dinamici del pianeta: lo Stretto di Bransfield, in Antartide.

Un’ecografia per l’oceano Antartico

Per anni, noi scienziati ci siamo chiesti: da dove prende tutta questa energia la turbolenza oceanica? Le grandi correnti? I processi superficiali? La risposta non è semplice, soprattutto perché “vedere” cosa succede là sotto, con la giusta risoluzione, è una vera sfida. Ma qui entra in gioco una tecnica che trovo semplicemente geniale: la sismografia oceanica. Sì, avete capito bene, usiamo metodi simili a quelli per studiare i terremoti, ma per “fotografare” le strutture dell’acqua! Questa tecnica ci permette di ottenere immagini continue, dalla superficie fino al fondo, con un dettaglio incredibile, nell’ordine dei 10 metri sia in orizzontale che in verticale. È come fare un’ecografia all’oceano, rivelando correnti, vortici, onde interne e, appunto, la turbolenza.

Il nostro “set fotografico” è stato lo Stretto di Bransfield, un passaggio chiave per le masse d’acqua antartiche. Qui, la Corrente di Bransfield, un vero e proprio fiume sottomarino, trasporta acque relativamente più calde e dolci lungo la scarpata meridionale delle Isole Shetland Meridionali. Questa corrente è associata a un fronte oceanico ben definito, il Fronte di Bransfield, che separa diverse masse d’acqua. Pensate a questo fronte come a una linea di battaglia invisibile, ma potentissima, dove le acque si scontrano e si mescolano.

Cosa abbiamo ‘visto’ laggiù?

Analizzando i dati sismici raccolti nel lontano 1991 (ma ancora incredibilmente preziosi!), abbiamo identificato centinaia di “chiazze” di riflessione sismica molto intense. Queste chiazze, lunghe circa 200 metri, sono causate principalmente da variazioni verticali di temperatura e si muovono a una velocità media di 0.24 metri al secondo attraverso il fronte della Corrente di Bransfield. La cosa più interessante? La loro distribuzione non è casuale. Anzi, aumenta esponenzialmente man mano che ci si avvicina al bordo principale del fronte. Pensate che oltre il 95% di queste chiazze si concentra entro 10 km dal bordo del fronte, proprio dove le misurazioni idrografiche (quelle fatte con sonde che misurano temperatura e salinità) avevano già indicato una diffusività turbolenta elevatissima, superiore a 10-2m2/s! Questo è un valore di mixing davvero notevole.

Queste “chiazze” sismiche, secondo me, sono la firma della turbolenza stratificata. Potrebbero essere segmenti di onde interne che si rompono, interfacce di interleaving (quando strati d’acqua con caratteristiche diverse si insinuano l’uno nell’altro) o veri e propri ribaltamenti di strati d’acqua (overturns). Immaginate l’energia che si scatena! Questi fenomeni potrebbero corrispondere alla rottura delle onde, all’instabilità del fronte stesso o all’instabilità dovuta alle differenze di velocità tra strati d’acqua adiacenti (shear instability).

Fotografia realistica di una nave da ricerca oceanografica che naviga tra iceberg alla deriva nello Stretto di Bransfield, Antartide. Obiettivo grandangolare, 18mm, per catturare l'immensità del paesaggio, con tempi di esposizione lunghi per rendere l'acqua liscia e il cielo drammatico. La nave emette onde sismiche per lo studio del fondale e delle correnti.

Le nostre scoperte mettono un po’ in discussione l’ipotesi classica, recentemente contestata, secondo cui l’energia fluisce direttamente dalle onde interne alla turbolenza isotropa (cioè, uguale in tutte le direzioni). Invece, i nostri dati supportano l’idea di uno stadio intermedio di turbolenza stratificata. È come se l’energia, prima di disperdersi in modo caotico e uniforme, passasse attraverso una fase più “ordinata”, seppur turbolenta, e anisotropa (cioè, con caratteristiche diverse a seconda della direzione).

Dentro la Corrente di Bransfield: un fiume sottomarino complesso

Grazie alla sismografia, abbiamo potuto mappare la Corrente di Bransfield con un dettaglio senza precedenti. Abbiamo visto come le acque più calde (Transitional Bellingshausen Water, TBW) convergono nel bacino occidentale, alimentando la corrente. Questa poi si restringe, diventa un flusso intenso e profondo, quasi barotropico (cioè con velocità simili a tutte le profondità), creando un confine netto con le acque più fredde (Transitional Weddell Water, TWW). Man mano che la corrente procede verso est, la sua pendenza frontale diminuisce, e iniziano a comparire vortici di dimensioni submesoscala e mesoscala, probabilmente a causa dell’instabilità baroclina della corrente stessa. È affascinante vedere come la corrente si evolve, si biforca e interagisce con la topografia sottomarina.

Abbiamo anche potuto stimare proprietà importanti come l’estensione verticale della corrente, l’angolo di inclinazione del fronte, la velocità geostrofica (quella bilanciata dalla forza di Coriolis) e il numero di Rossby (un indicatore dell’importanza delle forze inerziali rispetto a quelle di Coriolis). Questi parametri ci aiutano a capire meglio la dinamica di questo “fiume” antartico.

Piccole ‘macchie’ rivelatrici: la turbolenza stratificata

Torniamo alle nostre “chiazze” riflettenti. Non sono rumore sismico, ve lo assicuro! Sono segnali ben al di sopra del rumore di fondo e rilevabili ripetutamente. La loro scala orizzontale media, circa 189 metri, si colloca tra la scala delle onde interne e quella della turbolenza isotropa (la cosiddetta scala di Ozmidov, che nel nostro caso è di circa 10 metri). Questo suggerisce che queste chiazze si trovano proprio in quella scala di transizione, nel regime di turbolenza stratificata o anisotropa.

Abbiamo confrontato le nostre immagini sismiche con dati storici di CTD (sonde che misurano conducibilità, temperatura e profondità). Anche se i dati non sono stati raccolti contemporaneamente, i profili di temperatura e salinità mostrano strutture fini – come gradini di temperatura/densità, interfacce di interleaving e ribaltamenti – che sono coerenti con le riflessioni sismiche intense che osserviamo. Per esempio, le intrusioni di acqua TBW (più “spicy”, cioè con una certa combinazione di temperatura e salinità su una superficie di densità costante) nell’acqua TWW (meno “spicy”) sono ben visibili sia nei dati CTD che, indirettamente, nelle nostre sezioni sismiche come zone di forte riflessione.

La rottura delle onde interne, i ribaltamenti dovuti all’instabilità di shear e le intrusioni T-S sono tutte prove di un intenso rimescolamento turbolento. Abbiamo usato la scala di Thorpe (una misura della dimensione dei ribaltamenti) derivata dai profili di densità per stimare la diffusività turbolenta. I valori ottenuti variano da 10-2m2/s a 10-1m2/s, indicando un mixing molto elevato! Anche le stime di diffusività basate sull’analisi spettrale dei dati sismici, sebbene inferiori (picchi oltre 3 × 10-3m2/s), confermano che la Corrente di Bransfield è una regione di mixing oceanico potenziato rispetto alla media globale.

Visualizzazione 3D scientifica altamente dettagliata di 'patch' di turbolenza stratificata all'interno di una corrente oceanica fredda, vicino a un fronte sottomarino. Macro lens, 90mm, per evidenziare le complesse strutture filamentose e i vortici su piccola scala, con illuminazione controllata per accentuare i gradienti di temperatura e salinità visualizzati con colori contrastanti (blu freddo e arancione caldo).

Movimenti e distribuzioni: cosa ci dicono le ‘macchie’

Abbiamo analizzato statisticamente 325 di queste chiazze riflettenti. La loro velocità orizzontale media è di 0.24 ± 0.13 m/s e la dimensione media di 189 ± 37 m. È interessante notare che le velocità più elevate (circa 0.27 m/s) non si trovano esattamente sul bordo del fronte, ma a circa 5 km di distanza da esso. Le dimensioni medie, invece, tendono a diminuire leggermente allontanandosi dal fronte. La cosa più sorprendente è che la frequenza di questi eventi turbolenti segue un decadimento esponenziale dal bordo del fronte: oltre il 95% si trova entro 10 km, dove la varianza della termoclina è maggiore e il mixing turbolento è potenziato.

Questo schema di distribuzione, con eventi turbolenti concentrati vicino al fronte, suggerisce che è proprio la dinamica frontale a “energizzare” questi processi. Le velocità istantanee di queste chiazze possono addirittura superare la velocità media della corrente principale, indicando che traggono energia dalle scale più grandi.

Un nuovo paradigma per la turbolenza oceanica?

Mettendo insieme i pezzi, le nostre osservazioni nello Stretto di Bransfield forniscono una prova diretta e visuale dell’esistenza della turbolenza stratificata. Le chiazze riflettenti che abbiamo “visto” con la sismografia oceanica:

  • Sono direttamente immaginate come turbolenza stratificata.
  • Le loro scale orizzontali si collocano tra quelle delle onde interne e della turbolenza isotropa.
  • Sono distribuite in modo non uniforme, concentrate vicino al bordo del fronte oceanico.
  • Le chiazze più veloci si verificano sporadicamente non sul bordo del fronte, ma a circa 5 km di distanza.
  • Gli eventi di dimensioni maggiori tendono a verificarsi vicino al bordo del fronte.

Questi risultati, amici miei, non sono solo affascinanti di per sé, ma hanno implicazioni importanti per come comprendiamo il bilancio energetico dell’oceano e il suo ruolo nel sistema climatico. La turbolenza e il mixing influenzano la distribuzione di calore, sale, nutrienti e ossigeno, con ricadute sugli ecosistemi marini e sul clima globale. Continuare a esplorare questi processi “nascosti” con tecniche innovative come la sismografia oceanica è fondamentale per svelare i segreti ancora custoditi dalle profondità marine. E chissà quali altre sorprese ci riserva l’oceano!

Fonte: Springer

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