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Tumori Ovarici Borderline e FIVET: C’è Speranza di Diventare Mamma Senza Aumentare i Rischi?

Ciao a tutti! Oggi voglio toccare un argomento che sta a cuore a molte donne e che, lo confesso, mi affascina particolarmente per le implicazioni emotive e scientifiche che porta con sé: la possibilità di avere un bambino dopo aver affrontato un tumore ovarico borderline (BOT). Immaginate la situazione: siete giovani, nel pieno della vostra età riproduttiva, e ricevete una diagnosi che, seppur meno aggressiva di un cancro conclamato, getta un’ombra sui vostri sogni di maternità. Fortunatamente, la medicina ha fatto passi da gigante e la chirurgia conservativa della fertilità (la cosiddetta fertility-sparing surgery o FSS) è oggi una pratica diffusa. Ma cosa succede dopo? Se la cicogna tarda ad arrivare naturalmente, la Fecondazione In Vitro (FIVET) diventa una strada percorribile. Ed è qui che sorgono i dubbi: la stimolazione ovarica necessaria per la FIVET potrebbe risvegliare il tumore? E quali sono le reali possibilità di successo?

Lo Studio Che Fa Luce sulla Questione

Recentemente, mi sono imbattuta in uno studio molto interessante, pubblicato su una rivista scientifica autorevole, che ha cercato di rispondere proprio a queste domande. I ricercatori hanno analizzato retrospettivamente i dati di 65 donne con una storia di tumori ovarici borderline trattate con chirurgia conservativa, che si sono poi sottoposte a cicli di FIVET o ICSI (iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo) tra il maggio 2010 e il maggio 2023. Per avere un confronto solido, hanno abbinato 61 di queste pazienti con 181 donne senza storia di tumori ovarici, simili per età, indice di massa corporea e altri fattori rilevanti. L’obiettivo? Valutare gli esiti della FIVET e, soprattutto, capire se ci fosse un legame tra la stimolazione ovarica e un’eventuale recidiva del tumore.

Esiti della FIVET: Buone Notizie per le Pazienti con BOT

Ebbene, i risultati sono stati davvero incoraggianti! Sapete, quando si parla di FIVET, alcuni parametri sono cruciali: il numero di ovociti recuperati, la qualità degli embrioni, e ovviamente, il tasso di nati vivi. Lo studio ha mostrato che non c’erano differenze significative tra le donne con pregressi BOT e il gruppo di controllo per quanto riguarda questi aspetti. In pratica, le pazienti che avevano avuto un tumore ovarico borderline e si erano sottoposte a chirurgia conservativa avevano le stesse probabilità di ottenere ovociti, embrioni di buona qualità e, cosa più importante, di portare a casa un bambino dopo il primo ciclo di FIVET/ICSI, rispetto alle donne senza questa storia clinica.

Ma non è tutto! Anche il tasso cumulativo di nati vivi, calcolato su un periodo di 13 anni (quindi considerando anche più tentativi), è risultato comparabile tra i due gruppi. E i bambini? Anche qui, notizie rassicuranti: età gestazionale, peso alla nascita e lunghezza dei neonati erano simili, sia per i singoli che per i gemelli. Insomma, dal punto di vista puramente riproduttivo e della salute dei neonati, la FIVET sembra offrire le stesse chance.

Il Fantasma della Recidiva: La FIVET è Sicura?

Arriviamo ora al nodo cruciale, quello che probabilmente preoccupa di più: la stimolazione ormonale della FIVET può aumentare il rischio che il tumore si ripresenti? È una domanda legittima, perché si sa che alcuni tumori possono essere sensibili agli ormoni, e la stimolazione ovarica induce livelli di estrogeni più alti del normale. Nello studio, una recidiva del tumore è stata osservata nell’8,62% delle pazienti con BOT. Sembra un numero, ma la cosa fondamentale è che l’analisi statistica non ha trovato alcuna associazione significativa tra la recidiva e i parametri della stimolazione ovarica, come il tipo di protocollo usato, il numero di cicli di stimolazione o i livelli massimi di estradiolo raggiunti. Questo suggerisce che la FIVET, di per sé, non sembra aumentare il rischio di recidiva in queste pazienti.

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Alcuni ricercatori in passato avevano suggerito di usare protocolli di stimolazione ovarica “leggera” (mild stimulation) per queste pazienti, proprio per limitare l’esposizione agli estrogeni. Tuttavia, questo studio non ha trovato prove che supportino questa cautela come necessaria per ridurre il rischio di recidiva. Anzi, i protocolli leggeri potrebbero portare a un minor numero di ovociti recuperati, riducendo potenzialmente i tassi di gravidanza cumulativi. La scelta del protocollo di stimolazione, quindi, dovrebbe essere sempre personalizzata, bilanciando i benefici riproduttivi con la potenziale (ma in questo studio non confermata per la FIVET) sicurezza oncologica.

Cosa Ci Portiamo a Casa?

Questo studio, che peraltro è il più ampio ad oggi su questo specifico gruppo di pazienti, ci dice qualcosa di molto importante: le donne che hanno superato un tumore ovarico borderline e desiderano un figlio attraverso la FIVET possono guardare a questa opzione con maggiore serenità. Gli esiti riproduttivi e neonatali sono comparabili a quelli delle donne senza storia di BOT, e la stimolazione ovarica controllata non sembra aumentare significativamente il rischio di recidiva del tumore.

Certo, come sottolineano gli stessi autori, si tratta di uno studio retrospettivo e, sebbene il campione sia il più grande finora, ulteriori ricerche prospettiche su coorti più ampie sono sempre auspicabili per confermare questi risultati a lungo termine e per affinare ulteriormente le strategie di stimolazione ovarica. Ma il messaggio che emerge è forte e chiaro: la FIVET è un’opzione valida e ragionevolmente sicura.

Per me, notizie come queste sono una boccata d’aria fresca. Parlano di scienza che si mette al servizio della vita, della speranza che vince sulla paura, e della possibilità, per molte donne, di realizzare il sogno di diventare madri, anche dopo un percorso oncologico. E questo, credetemi, è qualcosa di meraviglioso.

Fonte: Springer

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