Visualizzazione astratta di cellule tumorali glomiche al microscopio, con colori vivaci che evidenziano i nuclei atipici e i vasi sanguigni. Obiettivo macro 60mm, alta definizione, illuminazione drammatica per enfatizzare la complessità cellulare.

Tumore Glomico Gastrico Maligno: Un Nemico Raro e Sfuggente con Metastasi al Fegato

Avete mai sentito parlare dei tumori glomici? Probabilmente no, e non siete i soli! Sono entità piuttosto rare nel panorama delle neoplasie, specialmente quando decidono di spuntare nello stomaco. Immaginate, sono circa 100 volte meno comuni dei più noti tumori stromali gastrointestinali (GIST). Di solito, questi tumori, che originano da strutture specializzate associate ai vasi sanguigni, sono benigni e se ne stanno buoni buoni in un angolino. Ma, come spesso accade in medicina, c’è l’eccezione che conferma la regola: a volte possono essere maligni, aggressivi e, purtroppo, dare metastasi a distanza, rendendo la prognosi decisamente più cupa. E quando questo succede, le opzioni terapeutiche definitive scarseggiano.

Lasciate che vi racconti una storia recente, un caso che ci fa riflettere sulle sfide diagnostiche e terapeutiche legate a questa rara forma tumorale.

Una Diagnosi Inaspettata

Tutto inizia con una donna di 36 anni, di etnia Han cinese, che si presenta in ospedale. I suoi sintomi sono preoccupanti: vomito con sangue (ematemesi), feci scure come la pece (melena) e svenimenti (sincope) che durano da quattro giorni. Un quadro che suggerisce un sanguinamento gastrointestinale importante. La gastroscopia iniziale, eseguita in un ospedale locale, individua il colpevole: una massa sottomucosa di circa 2 cm sulla grande curvatura dello stomaco, con un’ulcera in superficie. Il primo sospetto? Un GIST, data la sua maggiore frequenza. Le biopsie confermano la natura mesenchimale del tumore, rendendo necessario un intervento chirurgico.

Gli esami pre-operatori mostrano un’anemia moderata (comprensibile, visto il sanguinamento), ma i marcatori tumorali classici (CEA, CA19-9, AFP) sono nella norma. Una TAC addominale con contrasto rivela meglio la massa: ha una forma lobulata, un aspetto eterogeneo dopo il contrasto e un’area centrale di necrosi. Fortunatamente, non sembrano esserci metastasi in altri organi in quel momento. Si procede quindi con una resezione radicale della lesione gastrica, un intervento chiamato resezione cuneiforme.

La Sorpresa dell’Istologia

È qui che le cose si fanno interessanti. L’analisi al microscopio del pezzo chirurgico rivela un quadro diverso da un GIST comune. Il tumore ha una struttura multinodulare, solida, con vasi sanguigni molto dilatati e dalla forma bizzarra, quasi a “corna di cervo”. Le cellule tumorali sono tondeggianti, di tipo epitelioide, organizzate in nidi attorno a piccoli capillari. Ma ciò che colpisce è l’atipia nucleare marcata (i nuclei delle cellule sono molto irregolari e diversi tra loro) e, soprattutto, un alto numero di mitosi (cellule in divisione), alcune delle quali atipiche. Questi sono campanelli d’allarme per la malignità.

Immagine al microscopio di cellule di tumore glomico gastrico maligno, obiettivo 400x, colorazione ematossilina-eosina. Si notano cellule epitelioidi rotondeggianti con marcata atipia nucleare e figure mitotiche atipiche (indicate da frecce). Illuminazione controllata, alta definizione.

L’immunoistochimica, una tecnica che usa anticorpi per identificare specifiche proteine nelle cellule, diventa cruciale per la diagnosi definitiva. Le cellule tumorali risultano fortemente positive per l’actina muscolare liscia (SMA) e la vimentina, moderatamente positive per il collagene di tipo IV (che circonda le cellule) e diffusamente positive per la sinaptofisina. L’indice di proliferazione Ki-67 è molto alto (fino al 40%), indicando una rapida crescita cellulare. Fondamentalmente, sono negative per i marcatori tipici dei GIST (come CD117 e DOG-1) e per altri marcatori neuroendocrini o epiteliali. La diagnosi finale è quindi: Tumore Glomico Gastrico Maligno.

La Doccia Fredda: Metastasi Eterocrone

La paziente viene seguita attentamente dopo l’intervento. Purtroppo, a distanza di un anno, durante un controllo di routine, le immagini radiologiche (risonanza magnetica – MRI) rivelano una brutta sorpresa: due lesioni sospette nel fegato, nei segmenti II e IV. L’aspetto alla MRI è compatibile con metastasi: segnale basso in T1, alto in T2 e DWI, con aree interne di necrosi e un enhancement (presa di contrasto) periferico dopo la somministrazione del mezzo di contrasto.

A questo punto, si riunisce un team multidisciplinare (oncologi, radiologi interventisti, chirurghi). Si decide di procedere con una biopsia epatica per confermare la natura delle lesioni e, contemporaneamente, di trattarle con la termoablazione a radiofrequenza (RFA), una tecnica mininvasiva che utilizza il calore per distruggere il tessuto tumorale. La biopsia conferma: si tratta proprio di metastasi del tumore glomico gastrico.

Ma la storia non finisce qui. Un mese dopo la RFA, una nuova MRI mostra altre lesioni metastatiche in diversi segmenti del fegato (III, IV e VII). Ancora una volta, si ricorre alla RFA per distruggere queste nuove metastasi. Tuttavia, una lesione nel segmento IV è troppo vicina al colon trasverso per essere trattata in sicurezza con la RFA. Due mesi dopo, questa specifica metastasi viene rimossa chirurgicamente per via laparoscopica. L’esame istologico riconferma la diagnosi di metastasi da tumore glomico.

La buona notizia? Ad oggi, a 30 mesi dalla diagnosi iniziale, nonostante la comparsa di metastasi multiple trattate in più tempi, la paziente è viva e in buone condizioni generali, grazie a questa strategia terapeutica combinata e aggressiva.

Le Sfide Diagnostiche e Prognostiche

Questo caso evidenzia perfettamente quanto sia difficile diagnosticare i GGT. Le loro caratteristiche radiologiche e, a volte, anche citologiche (se si fa una biopsia pre-operatoria) possono essere molto simili a quelle di altri tumori sottomucosi, GIST in primis, ma anche tumori carcinoidi. Persino la PET con 18F-FDG, spesso utile per differenziare tumori benigni e maligni, non sembra avere caratteristiche specifiche per i tumori glomici. Nel nostro caso, infatti, era stata inizialmente sospettata una diagnosi di GIST. Per una diagnosi pre-operatoria più accurata, alcuni studi suggeriscono l’utilità dell’ecoendoscopia (EUS) con biopsia mediante ago sottile (FNA o FNB), che permette di prelevare più tessuto rispetto alle biopsie endoscopiche tradizionali “morso su morso”.

Immagine di Risonanza Magnetica (MRI) addominale che mostra multiple lesioni metastatiche nel fegato (segmenti III, IV, VII). Le lesioni appaiono ipointense in T1 e iperintense in T2 e DWI, con enhancement periferico. Immagine medica ad alta risoluzione, focus nitido.

Come abbiamo visto, l’immunoistochimica è la chiave. La positività per SMA e vimentina, unita alla negatività per CD117, CD34, Desmina, S-100 e DOG1, è il profilo tipico che ci permette di distinguerli dai GIST epitelioidi.

Stabilire la prognosi è un altro nodo cruciale. Come capire se un tumore glomico si comporterà in modo aggressivo? Nel 2001, Folpe e colleghi hanno proposto dei criteri per classificare i tumori glomici con caratteristiche atipiche e quelli francamente maligni. Un tumore glomico è considerato maligno se soddisfa almeno uno di questi criteri:

  • Localizzazione profonda E dimensione > 2 cm
  • Presenza di figure mitotiche atipiche
  • Combinazione di grado nucleare da moderato ad alto E attività mitotica ≥ 5 mitosi/50 campi ad alta potenza (HPF)

Questi criteri, sebbene non perfetti, forniscono un utile strumento pratico. La maggior parte dei GGT maligni riportati in letteratura, compreso il nostro caso, soddisfa questi criteri. Tuttavia, c’è almeno un’eccezione segnalata: un caso con un GGT di soli 10 mm e una micrometastasi epatica simultanea, senza mitosi atipiche o necrosi evidenti. Questo suggerisce che anche tumori glomici piccoli potrebbero avere un potenziale metastatico, mettendo in discussione la soglia dimensionale dei criteri di Folpe. La morale? Ogni GGT dovrebbe essere considerato con cautela, rimosso completamente e seguito nel tempo.

Strategie Terapeutiche: Presente e Futuro

Il trattamento standard per i GGT localizzati è la resezione chirurgica. Per tumori piccoli e benigni può bastare una resezione gastrica cuneiforme o persino una resezione endoscopica. Per quelli più grandi o maligni, può essere necessaria una gastrectomia subtotale o totale. Riguardo ai linfonodi, i GGT maligni raramente danno metastasi linfonodali, quindi spesso si ritiene sufficiente la sola resezione del tumore. Tuttavia, sono stati descritti casi di metastasi sia linfatiche che ematiche, suggerendo che in casi selezionati una linfoadenectomia potrebbe essere appropriata.

Quando ci troviamo di fronte a metastasi a distanza, come nel nostro caso al fegato, la situazione si complica. La prognosi può peggiorare drasticamente. Spesso le condizioni generali del paziente non permettono chemioterapie aggressive. Inoltre, la chemioterapia e la radioterapia hanno mostrato risultati deludenti in passato. Anzi, per i tumori glomici molto voluminosi, la chemio (sia neoadiuvante che palliativa) potrebbe addirittura essere pericolosa, causando sanguinamenti massivi a causa della ricca vascolarizzazione del tumore. Esiste però un caso interessante riportato in letteratura di un paziente con metastasi epatiche e linfonodali trattato con una combinazione di chemioterapia (doxorubicina liposomiale/paclitaxel) e bevacizumab (un farmaco anti-angiogenetico), che ha ottenuto un buon controllo della malattia per 4 anni.

Il nostro caso è il secondo riportato in cui le metastasi epatiche da GGT maligno sono state trattate con successo mediante RFA (associata a resezione chirurgica per una lesione). Questo suggerisce che la RFA possa essere uno strumento efficace e mininvasivo per controllare le metastasi epatiche in questi pazienti.

E il futuro? La ricerca si sta muovendo verso la profilazione molecolare. Studi recenti hanno identificato alterazioni genetiche ricorrenti nei tumori glomici, in particolare riarrangiamenti del gene NOTCH2 (presenti nel 52% dei casi, inclusi tutti quelli maligni) e mutazioni BRAF V600E (nel 6% dei casi, tutti maligni o a potenziale maligno incerto). Queste scoperte aprono la strada a possibili terapie mirate per i pazienti con malattia avanzata o progressiva. Il prossimo passo per la nostra paziente, qualora dovessero comparire nuove metastasi, sarà eseguire un sequenziamento genico per valutare queste opzioni terapeutiche personalizzate.

In conclusione, i GGT maligni sono una sfida. Difficili da distinguere dai GIST senza l’immunoistochimica, con criteri di malignità utili ma non infallibili. Il nostro caso suggerisce che un approccio aggressivo locale sulle metastasi epatiche (RFA e chirurgia) può offrire un buon controllo della malattia. La speranza per il futuro risiede nella comprensione della biologia molecolare di questi rari tumori per sviluppare terapie sempre più efficaci. Continueremo a seguire questa affascinante area di ricerca!

Fonte: Springer

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