Macro lente, 70 mm, colpo vicino che mostra il contrasto dettagliato della trama all'interfaccia tra un grande registro abbattuto e il terreno in fase di recupero sotto di esso. Cinque anni dopo un incendio in una foresta dell'Italia centrale, stanno emergendo scatti spazi di erba e muschio. La luce solare controllata e leggermente diffusa illumina la scena, evidenziando gocce di umidità sulla superficie del suolo.

Tronchi a Terra Dopo l’Incendio: Amici o Nemici della Rinascita del Bosco?

Avete mai passeggiato in un bosco che ha subito un incendio? È un’esperienza forte, che lascia il segno. Si cammina tra scheletri neri di alberi, sul terreno coperto di cenere, e ci si chiede come farà la natura a riprendersi. Eppure, la foresta ha i suoi assi nella manica, le sue “eredità biologiche”, come le chiamano gli scienziati. Si tratta di elementi, vivi o morti, che rimangono dopo il disastro e possono dare una mano alla ripartenza. Tra questi, un ruolo affascinante lo giocano i tronchi caduti a terra (quello che tecnicamente chiamiamo “detrito legnoso grossolano” o CWD).

Istintivamente, potremmo pensare che siano solo legna secca pronta per il prossimo fuoco. E in parte è vero, possono aumentare il rischio. Ma c’è dell’altro. Questi tronchi sembrano creare delle piccole oasi, dei micro-ambienti più favorevoli dove i semi possono germogliare e le nuove piantine mettere radici, un po’ più protette dal sole cocente o dal vento che secca tutto. Ma è davvero così? E come funzionano esattamente?

La nostra indagine sul campo: tronchi naturali vs barriere artificiali

Proprio per capirci qualcosa di più, insieme ad altri ricercatori, ci siamo messi a studiare cosa succede al suolo vicino a questi tronchi in un bosco di pino nero dell’Italia centrale, colpito da un grosso incendio nel 2017. L’occasione era perfetta: in questa zona, dopo l’incendio, erano state create delle “barriere anti-erosione” usando proprio i tronchi degli alberi bruciati. Queste barriere artificiali si affiancavano ai tanti alberi caduti naturalmente a causa del vento o del marciume delle radici post-incendio.

Così, nell’estate del 2022, a cinque anni dal fuoco, ci siamo armati di termometro e sonda per l’umidità e abbiamo iniziato a misurare le condizioni del suolo a diverse distanze da ben 33 “barriere”: 14 tronchi caduti naturalmente e 19 barriere costruite dall’uomo. Volevamo rispondere a domande precise:

  • Quanto lontano arriva l’influenza di questi tronchi sulla temperatura e l’umidità del suolo?
  • Questo effetto cambia durante l’estate, quando fa più caldo e secco?
  • C’è differenza tra un tronco caduto da solo e una barriera artificiale?

Abbiamo misurato la temperatura e l’umidità del suolo a 5 cm di profondità (dove le radici delle giovani piantine iniziano a esplorare) in punti precisi: proprio sotto il tronco, ai suoi bordi (dove idealmente gocciolerebbe l’acqua), un po’ più lontano (a una distanza pari all’altezza del tronco) sia a valle che a monte, e in un punto di controllo lontano dal tronco.

Ombra sì, ma l’acqua? Le sorprese del microclima vicino ai tronchi

I risultati sono stati, in parte, come ci aspettavamo, ma con qualche sorpresa. La prima conferma: vicinissimo ai tronchi, il suolo è più fresco. L’effetto è chiaro: il tronco fa ombra, intercetta i raggi del sole e impedisce al terreno di surriscaldarsi. Questo effetto, però, svanisce molto in fretta: già a una distanza pari all’altezza del tronco, la temperatura del suolo era praticamente uguale a quella dei punti di controllo lontani. E questo valeva sia per i tronchi naturali che per le barriere artificiali, per tutta l’estate. Fin qui, tutto logico: meno sole, meno calore.

Lenti macro, 85 mm, dettagli elevati, focalizzazione precisa sull'interfaccia tra un grande tronco abbattuto e il terreno incendiante bruciato sotto di esso in una foresta che si riprende 5 anni dopo un incendio. L'illuminazione naturale controllata evidenzia il contrasto della trama tra legno e terreno. Il muschio verde sparso inizia a crescere sul tronco.

Ma è sull’umidità che le cose si sono fatte più… strane. Contrariamente a quello che si potrebbe pensare (più fresco = meno evaporazione = più umido), abbiamo misurato meno umidità proprio sotto e subito a valle dei tronchi rispetto ai punti di controllo. Un risultato controintuitivo! Come è possibile?

L’effetto “ombrello” e altre ipotesi

L’ipotesi più probabile è quella che chiamiamo “effetto ombrello”. Il tronco non intercetta solo il sole, ma anche la pioggia e persino la rugiada (che durante i nostri campionamenti estivi era frequente). L’acqua che cade sul tronco potrebbe in gran parte evaporare prima di raggiungere il suolo sottostante, o scorrere via lungo il tronco stesso, lasciando la zona immediatamente vicina più asciutta. Questo fenomeno è stato osservato anche in altri studi. Immaginate un tetto in miniatura: protegge dal sole, ma anche dalla pioggia.

Altre possibili spiegazioni potrebbero riguardare l’assorbimento d’acqua da parte del legno in decomposizione (un po’ come una spugna, anche se i nostri tronchi erano ancora relativamente “freschi”) o la competizione per l’acqua da parte della vegetazione erbacea, che magari cresce meglio proprio vicino ai tronchi perché più protetta o perché trova condizioni di temperatura migliori.

Tronchi naturali vs artificiali: una differenza sottile ma importante

Un altro dato interessante è emerso confrontando i tronchi caduti naturalmente con le barriere artificiali. Mentre sulla temperatura non c’erano differenze significative, abbiamo trovato che il suolo attorno alle barriere artificiali era costantemente più secco di quello attorno ai tronchi naturali. Perché? Nonostante fossero vicinissimi e nelle stesse condizioni ambientali, pensiamo che la causa possa essere il disturbo creato durante l’installazione delle barriere artificiali, avvenuta anni prima. L’uso di macchinari e il lavoro degli operatori potrebbero aver compattato il suolo in quei punti, riducendo la sua capacità di trattenere l’acqua. Una lezione importante per chi gestisce i boschi dopo gli incendi: anche interventi fatti a fin di bene, come creare barriere anti-erosione, possono avere effetti collaterali imprevisti sul suolo.

Paesaggio grandangolare, obiettivo da 20 mm, focus acuto su una collina bruciata nell'Italia centrale che mostra sia tronchi carbonizzati caduti naturalmente sparsi casualmente e artificialmente costruiti con le barriere di erosione dei tronchi (LEBS) perpendicolari al pendio. La spara vegetazione erbacea copre il terreno. La luce del tardo pomeriggio creando lunghe ombre, enfatizzando i contorni del terreno.

Cosa significa per la rinascita del bosco?

Tirando le somme, cosa ci dice questa ricerca? Che i tronchi a terra dopo un incendio hanno un effetto reale sul microclima del suolo, ma è un effetto molto localizzato e a doppio taglio.

  • Pro: Riducono la temperatura del suolo nelle immediate vicinanze, un fattore che può essere cruciale per la sopravvivenza delle giovani piantine nelle calde giornate estive.
  • Contro: Riducono l’umidità del suolo proprio in quelle stesse zone “fresche”. E la mancanza d’acqua è spesso il nemico numero uno per la rigenerazione forestale, specialmente in climi come il nostro.

Quindi, considerare i tronchi caduti come “siti preferenziali” per piantare nuovi alberi o sperare nella rigenerazione naturale è corretto solo in parte. Dipende da quale fattore è più limitante in quella specifica situazione: se il problema principale è il caldo eccessivo, allora l’ombra del tronco è un vantaggio; se invece è la siccità, la minore umidità potrebbe essere un problema.

Inoltre, la nostra scoperta sulla minore umidità vicino alle barriere artificiali suggerisce che, quando possibile, lasciare che la natura faccia il suo corso con i tronchi caduti naturalmente potrebbe essere preferibile a interventi che, pur utili per altri scopi (come il controllo dell’erosione), rischiano di danneggiare il suolo.

Capire questi meccanismi complessi è fondamentale per aiutare i nostri boschi a riprendersi dopo eventi traumatici come gli incendi, magari intervenendo meno, ma meglio, lavorando *con* la natura piuttosto che contro di essa.

Fonte: Springer

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