Fotografia ritratto toccante di una madre ugandese che tiene in braccio il suo bambino piccolo, guardando con speranza verso il futuro fuori da una clinica sanitaria. Obiettivo da 35mm, luce naturale calda del tardo pomeriggio, profondità di campo che sfoca leggermente lo sfondo della clinica, bianco e nero con alto contrasto (film noir style).

Tripla Eliminazione in Uganda: Un Percorso ad Ostacoli tra Risorse e Speranze

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di una sfida enorme, ma anche di una grande speranza nel campo della salute globale. Immaginate di poter eliminare, o quasi, la trasmissione di tre malattie infettive molto serie – HIV, sifilide ed epatite B – dalle madri ai loro bambini. Sembra un sogno, vero? Eppure, è un obiettivo concreto che la comunità internazionale si è data entro il 2030. Si chiama “tripla eliminazione”.

Il problema è che, nonostante le linee guida globali e nazionali spingano per integrare screening, prevenzione e trattamento per queste tre infezioni nei servizi di salute materno-infantile (MCH), i progressi sono lenti, soprattutto in alcune parti del mondo. Ed è qui che entra in gioco l’Uganda, un paese dove questa sfida è particolarmente sentita.

Recentemente, ho avuto modo di approfondire uno studio affascinante condotto proprio lì, in due regioni specifiche: Acholi e Teso. Perché proprio lì? Perché, purtroppo, queste aree mostrano tassi di infezione da epatite B e HIV superiori alla media nazionale e una copertura dei test per l’epatite B durante la gravidanza piuttosto bassa. Insomma, c’era bisogno di capire meglio cosa stesse succedendo sul campo.

Lo studio ha usato un approccio misto: prima hanno controllato la disponibilità di servizi e materiali (come test e farmaci) in 20 strutture sanitarie diverse – dagli ospedali regionali ai piccoli centri sanitari. Poi, armati di questi dati, hanno parlato con persone chiave: personale sanitario, membri dei team sanitari distrettuali, mamme in gravidanza o che allattavano, i loro partner e gli indispensabili operatori sanitari di comunità. L’obiettivo? Capire quali fattori aiutano (i facilitatori) e quali ostacolano (le barriere) l’integrazione di questi servizi vitali per la tripla eliminazione.

Cosa Funziona: I Punti di Forza

Allora, cosa abbiamo scoperto di positivo? Beh, non tutto è nero, anzi! Ci sono diversi elementi che remano a favore di questa integrazione. Eccoli riassunti:

  • Leadership e Governance: A livello nazionale, il Ministero della Salute ugandese ha fatto la sua parte, fornendo linee guida chiare e procedure operative standard. Questo dimostra un forte impegno. Anche a livello distrettuale, le supervisioni regolari delle strutture sanitarie e l’esistenza di forum per la responsabilità reciproca sui risultati dei programmi sono un grande aiuto.
  • Personale Dedicato: Un facilitatore chiave è la presenza di personale formato specificamente sul pacchetto della tripla eliminazione. Molti operatori sanitari hanno ricevuto training recenti. Inoltre, la disponibilità di operatori sanitari di comunità motivati (come le mentor mothers e i membri dei Village Health Teams) è fondamentale. Questi eroi locali educano le comunità, effettuano test, seguono le coppie madre-bambino… un lavoro preziosissimo!
  • Strumenti Utili: L’esistenza di sistemi per monitorare le scorte di farmaci antiretrovirali in tempo reale (come il RASS) aiuta a gestire meglio le risorse e a redistribuirle dove servono. Anche l’introduzione dei kit per l’autotest dell’HIV ha migliorato l’accesso allo screening, superando barriere come lo stigma o orari scomodi delle cliniche.
  • Supporto Esterno e Dati: Il supporto dei partner internazionali (come PEPFAR) è stato cruciale per migliorare la raccolta e l’utilizzo dei dati, aiutando i distretti a prendere decisioni basate sull’evidenza per migliorare i servizi.
  • Coinvolgimento Comunitario: Le campagne di sensibilizzazione e vaccinazione a livello comunitario, specialmente per l’epatite B, si sono rivelate molto efficaci. Coinvolgere leader religiosi e culturali aiuta a superare la diffidenza e a promuovere l’utilizzo dei servizi sanitari.

Fotografia ritratto di un'operatrice sanitaria ugandese sorridente ma pensierosa, che indossa un camice, all'interno di una clinica rurale. Luce naturale morbida, obiettivo da 35mm, profondità di campo ridotta per sfocare lo sfondo. Duotone blu e grigio.

Gli Ostacoli da Superare: Le Sfide

Purtroppo, la strada verso la tripla eliminazione è piena di buche. Lo studio ha identificato diverse barriere significative che frenano l’integrazione efficace dei servizi. Vediamole:

  • Governance Locale Debole: Un problema serio è l’inadeguato coinvolgimento dei team sanitari distrettuali. In un sistema sanitario decentralizzato come quello ugandese, se i distretti non si sentono pienamente responsabili, i programmi ne risentono. A volte, si tende a lasciare troppo la gestione ai partner esterni.
  • Risorse Finanziarie Limitate: I fondi specifici per integrare i servizi per l’epatite B e la sifilide nelle piattaforme esistenti per HIV e salute materno-infantile sono scarsi. Spesso, i finanziamenti sono vincolati a programmi specifici per malattia, rendendo difficile un approccio veramente integrato. “Non ho budget per fare supervisione”, ha ammesso un membro del team distrettuale.
  • Forza Lavoro Insufficiente e Sotto Pressione: La carenza di personale sanitario rispetto al carico di lavoro è un ostacolo enorme. Poche persone devono fare troppe cose. A questo si aggiungono problemi come rotazioni del personale, assenteismo “organizzato”, e talvolta atteggiamenti negativi o lacune nelle competenze specifiche (es. gestione epatite B e sifilide).
  • Affidamento sui Volontari (con Riserve): Se da un lato gli operatori di comunità (spesso volontari o sottopagati) colmano il divario di personale, la loro supervisione inadeguata può compromettere la qualità delle cure. A volte, il personale strutturato delega troppo ai volontari, che sono a loro volta sopraffatti.
  • Rotture di Stock Croniche: Questo è un punto dolente. Quasi tutti hanno segnalato problemi nella disponibilità di farmaci, vaccini e kit diagnostici. Mancano spesso i kit per la sifilide, i test per l’epatite B, il TDF orale per la monoterapia dell’epatite B, i kit per i test PCR sui neonati esposti all’HIV… Immaginate di dover dire a una madre che non potete fare il test necessario o darle la terapia! Queste rotture di stock frequenti e prolungate interrompono le cure e minano la fiducia nel sistema.
  • Problemi con Dati e Reporting: Sistemi informativi che non funzionano (come il DHIS2), un carico di lavoro eccessivo per la segnalazione dei dati (report “mastodontici”), dati incompleti registrati nelle cliniche… tutto questo rende difficile monitorare i progressi e pianificare interventi efficaci.
  • Servizi Non Ottimali: A volte, i modelli di servizio non rispondono alle reali esigenze delle persone (es. lunghe distanze, mancanza di trasporti). Inoltre, le campagne di sensibilizzazione potrebbero non essere sufficienti a contrastare miti e paure radicati nella comunità.

Fotografia macro di alcune scatole di farmaci e kit diagnostici parzialmente vuote su uno scaffale di legno in un magazzino di una clinica ugandese. Obiettivo macro 100mm, illuminazione controllata dall'alto, alta definizione dei dettagli delle etichette e della polvere.

La Disponibilità sul Campo: Luci e Ombre

E cosa dicono i numeri sulla preparazione delle strutture sanitarie? Lo studio ha calcolato un punteggio percentuale medio di disponibilità di servizi e prodotti essenziali. Nelle regioni di Acholi e Teso, questo punteggio si aggirava rispettivamente intorno al 61.8% e al 66.1%. Non male, potreste dire, ma significa che in media manca circa un terzo di ciò che servirebbe!

Inoltre, c’è una grande variabilità tra le diverse strutture. Gli ospedali regionali di riferimento erano i più “pronti”, raggiungendo quasi l’80%, mentre i centri più piccoli faticavano di più. Come già accennato, le carenze più critiche riguardavano farmaci specifici per l’epatite B (TDF), kit per la diagnosi precoce dell’HIV nei neonati e lo sciroppo di cotrimossazolo per la profilassi. È chiaro che c’è ancora molta strada da fare per garantire che *tutte* le strutture siano adeguatamente equipaggiate.

Il Ruolo Chiave degli Operatori di Comunità

Voglio spendere due parole in più sugli operatori sanitari di comunità (CHW). Abbiamo visto che sono un fattore facilitante importantissimo. Sono loro che raggiungono le persone dove vivono, parlano la loro lingua, capiscono la loro cultura. Distribuiscono kit per l’autotest HIV, fanno educazione sanitaria, seguono le mamme e i bambini, li aiutano a non perdersi gli appuntamenti.

Il loro contributo è fondamentale, specialmente per raggiungere gruppi vulnerabili come le adolescenti incinte, che spesso affrontano uno stigma maggiore e hanno più difficoltà ad accedere ai servizi. Tuttavia, come emerso dalle barriere, la loro efficacia è limitata se non vengono adeguatamente supportati, supervisionati e, diciamocelo, remunerati per il lavoro vitale che svolgono. Investire su di loro è cruciale.

Guardando al Futuro: Cosa Possiamo Fare?

Allora, qual è il messaggio finale? L’integrazione dei servizi per la tripla eliminazione in Uganda è possibile, ci sono basi solide su cui costruire, come la volontà politica a livello nazionale e la dedizione del personale sul campo, inclusi i CHW. Ma le sfide sono reali e significative: carenze di fondi, personale, farmaci e materiali, problemi organizzativi e di sistema.

Non esiste una soluzione unica per tutti. Bisogna lavorare sulle specificità di ogni contesto, rafforzare la leadership locale, migliorare la gestione delle scorte, supportare meglio il personale (incluso quello comunitario) e rendere i sistemi informativi più efficienti e meno gravosi.

C’è bisogno di ulteriore ricerca “sul campo” (implementation research) per capire come superare questi ostacoli in modo efficace e sostenibile, adattando le strategie alle realtà locali. La meta del 2030 è ambiziosa, ma lavorando insieme per rimuovere queste barriere, possiamo davvero fare la differenza per la salute di migliaia di mamme e bambini in Uganda e nel mondo. È una battaglia che vale la pena combattere!

Fotografia grandangolare di un piccolo gruppo di donne ugandesi con bambini sedute sotto un albero fuori da una clinica, mentre ascoltano un operatore sanitario. Obiettivo grandangolare 24mm, luce solare pomeridiana calda, focus nitido sul gruppo, paesaggio rurale sullo sfondo.

Fonte: Springer

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