Operazione Sicura col Cuore Fragile? Il Trial PeriOP-CARE HF Ci Prova!
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che tocca da vicino molti di noi, direttamente o indirettamente: la chirurgia nelle persone anziane, specialmente quelle con un cuore un po’ affaticato. Sapete, quando una persona di una certa età, magari con qualche acciacco cardiaco noto come insufficienza cardiaca (HF), deve affrontare un’operazione importante (non al cuore, magari all’anca, all’intestino…), beh, i rischi aumentano. E non di poco.
L’insufficienza cardiaca cronica è un compagno di viaggio sempre più comune con l’avanzare dell’età. Pensate che colpisce più del 10% delle persone sopra i 65 anni! Il problema è che questa condizione aumenta significativamente la possibilità di complicazioni dopo un intervento chirurgico, e purtroppo anche la mortalità. Uno studio recente ha mostrato che circa il 2.5% dei pazienti sviluppa un’insufficienza cardiaca acuta *dopo* l’operazione, e questo porta a tassi di mortalità altissimi, fino al 44%. La cosa ancora più preoccupante? Metà di questi pazienti non sapeva nemmeno di avere problemi al cuore prima dell’intervento!
La Sfida: Riconoscere e Gestire il Rischio
Questo ci dice due cose importanti: primo, bisogna gestire con estrema attenzione i pazienti con insufficienza cardiaca nota che devono operarsi. Secondo, dobbiamo assolutamente identificare quelli che hanno un’insufficienza cardiaca “nascosta”, perché potrebbero essere ancora più a rischio.
Le attuali linee guida europee raccomandano di esaminare attentamente i pazienti prima di interventi importanti, cercando segni di insufficienza cardiaca. Ma ammettiamolo, basarsi solo sulla storia del paziente e su una visita può non bastare. Qui entrano in gioco i biomarcatori cardiaci, come il famoso NT-proBNP. Misurare questo valore nel sangue prima dell’operazione può aiutarci a scovare i casi nascosti, valutare meglio il rischio e prevedere eventi avversi. Infatti, c’è una raccomandazione (Classe IIa) per misurarlo in pazienti con malattie cardiovascolari note, fattori di rischio o sintomi sospetti, prima di interventi a rischio medio-alto.
Però, c’è un “ma”. Nonostante questi biomarcatori siano utili, non c’è ancora un consenso su quali valori specifici debbano far scattare azioni precise, e le linee guida attuali non danno indicazioni terapeutiche specifiche basate solo su un certo livello di NT-proBNP preoperatorio. Insomma, sappiamo che è utile, ma non sappiamo *esattamente* cosa farne in pratica su larga scala.
La Nostra Proposta: Lo Studio PeriOP-CARE HF
Ed è qui che entriamo in gioco noi, con uno studio clinico chiamato PeriOP-CARE HF. L’idea di base è semplice ma potente: combinare uno screening sistematico preoperatorio (usando un valore soglia specifico di NT-proBNP) con una valutazione standardizzata e, soprattutto, un approccio di squadra interdisciplinare, multimodale e personalizzato per ottimizzare il paziente durante tutto il percorso chirurgico: prima, durante e dopo l’operazione.
Lo studio PeriOP-CARE HF è prospettico, multicentrico (coinvolge sei ospedali universitari in Germania), randomizzato, controllato e interventistico. Cosa significa? Che confronteremo questo nuovo approccio super-ottimizzato con le cure standard attuali.
La nostra ipotesi principale? Crediamo fermamente che questo approccio di squadra, standardizzato ma personalizzato, possa ridurre le complicanze postoperatorie (la cosiddetta morbilità) nei pazienti over 65 che affrontano interventi non cardiaci a rischio medio o alto e che hanno un valore di NT-proBNP preoperatorio pari o superiore a 450 pg/mL, indipendentemente dal fatto che sapessero o meno di avere un’insufficienza cardiaca.

Come Funziona in Pratica?
Ok, ma cosa facciamo di diverso nel gruppo “intervento”?
- Screening Rapido: Quando il paziente si presenta per la valutazione preoperatoria di routine, dopo il consenso informato, misuriamo subito l’NT-proBNP con un test rapido (risultato in 10-12 minuti!). Se è sotto 450 pg/mL, il paziente segue il percorso standard. Se è uguale o sopra 450 pg/mL, entra nello studio e viene assegnato casualmente (randomizzato) al gruppo di controllo (cure standard) o al gruppo intervento. Abbiamo scelto questa soglia di 450 pg/mL basandoci su uno studio pilota che ha mostrato una buona capacità di selezionare i pazienti ad alto rischio.
- Valutazione Approfondita (Gruppo Intervento): Subito dopo la randomizzazione, parte una valutazione standardizzata: visita con anestesista e cardiologo, elettrocardiogramma (ECG), ecocardiogramma, e anche uno screening per depressione e ansia.
- Il “Consiglio dei Saggi” (POM Board): Tutti i risultati vengono discussi da un team interdisciplinare chiamato Perioperative Management (POM) Board. Ci sono anestesista, cardiologo, il chirurgo che opererà il paziente e, se necessario, uno specialista psicosomatico. Invitiamo anche il medico di base e lo specialista che segue il paziente fuori dall’ospedale (la loro partecipazione è facoltativa ma preziosa!). Questa riunione può avvenire anche online, grazie a software di telemedicina sicuri, per facilitare la partecipazione di tutti. Insieme, decidono la strategia migliore:
- Cancellare l’intervento (se i rischi superano i benefici).
- Posticipare l’intervento per ottimizzare ulteriormente il paziente (es. aggiustare la terapia per il cuore, fare altri esami).
- Procedere come programmato, magari con raccomandazioni specifiche per la gestione durante e dopo l’intervento.
- Durante l’Operazione (Gruppo Intervento): Monitoraggio super attento! Misuriamo continuamente la pressione arteriosa (anche prima dell’anestesia), la gittata cardiaca e altri parametri dinamici per personalizzare la terapia emodinamica. L’obiettivo è evitare cali di pressione pericolosi (ipotensione) e sovraccarico di liquidi, mantenendo un’ossigenazione ottimale. Usiamo anche il monitoraggio EEG per controllare la profondità dell’anestesia.
- Dopo l’Operazione (Gruppo Intervento): Nei primi tre giorni postoperatori, un team interdisciplinare (anestesista, cardiologo, chirurgo e un’infermiera specializzata in insufficienza cardiaca – la HF nurse) visita il paziente al letto. L’HF nurse, poi, continua a monitorare il paziente ogni giorno feriale, concentrandosi sul bilancio dei liquidi e sui segni di scompenso, pronta a intervenire prima che le cose peggiorino. Si occupa anche di assicurare la continuità delle cure dopo la dimissione, contattando il medico di base e fornendo tutte le informazioni necessarie.

Cosa Vogliamo Misurare?
L’obiettivo principale (il nostro end point primario) è un insieme di eventi negativi che possono capitare entro 90 giorni dall’intervento. Vogliamo vedere se il nostro approccio riduce l’incidenza complessiva di:
- Nuove ospedalizzazioni per qualsiasi motivo.
- Danno renale acuto (AKI).
- Infezioni batteriche (sospette o confermate) che richiedono trattamento antibiotico.
- Insufficienza cardiaca acuta scompensata (ADHF).
Abbiamo scelto questo mix perché riflette meglio la morbilità generale legata all’insufficienza cardiaca, andando oltre i classici eventi cardiovascolari maggiori (infarto, ictus, morte cardiaca) su cui molti studi si concentrano.
Poi, ovviamente, guarderemo anche questi singoli eventi, la mortalità, l’incidenza di infarto o danno miocardico, la qualità della vita e la soddisfazione dei pazienti a 30 e 90 giorni. Analizzeremo anche i dati delle assicurazioni sanitarie per capire se questo approccio, pur costando di più all’inizio (test NT-proBNP, riunioni del team, monitoraggio extra), possa portare a risparmi a lungo termine riducendo le complicanze croniche (come la dialisi dopo un danno renale). Infine, chiederemo un parere ai medici coinvolti per capire come migliorare ulteriormente il processo.
Perché Questo Studio è Importante?
Crediamo che questo approccio abbia un potenziale enorme. Identificare precocemente i pazienti a rischio con l’NT-proBNP e mettere subito in moto un team dedicato permette di iniziare l’ottimizzazione il prima possibile. Il POM Board è cruciale: decisioni condivise tra specialisti, magari arricchite dalla conoscenza personale del medico di base, possono davvero fare la differenza, un po’ come succede già con i “Tumor Board” in oncologia o gli “Heart Team” in cardiologia interventistica.
La gestione intraoperatoria focalizzata sull’emodinamica mira a prevenire l’ipotensione, un killer silenzioso associato a molte complicanze. L’uso della terapia guidata dagli obiettivi (goal-directed therapy) ci aiuta a dare la giusta quantità di liquidi e farmaci, evitando sia la disidratazione che il pericoloso sovraccarico, un rischio concreto nei pazienti con cuore fragile.

E dopo? Il ruolo dell’HF nurse è fondamentale. Queste figure sono già preziose nella gestione cronica dell’HF, ma portarle nei reparti chirurgici per monitorare attivamente i pazienti nel postoperatorio è una novità che potrebbe intercettare i problemi sul nascere. Inoltre, facilitare il passaggio delle cure all’esterno, assicurandosi che il medico di base sia informato e pronto a continuare il trattamento, è un tassello essenziale per evitare “buchi” terapeutici.
Conclusioni (e Speranze)
Insomma, lo studio PeriOP-CARE HF vuole valutare se un approccio di squadra, basato su uno screening mirato e una gestione personalizzata e continua, possa ridurre il carico di complicanze postoperatorie nei pazienti anziani con insufficienza cardiaca (nota o sospetta) che devono affrontare interventi chirurgici importanti.
Se i risultati saranno positivi, come speriamo, potremmo non solo migliorare significativamente la sicurezza e l’esito di questi interventi per i pazienti, ma anche potenzialmente ridurre i costi per il sistema sanitario. E la cosa bella è che questo modello potrebbe essere implementato abbastanza facilmente in molti ospedali, magari usando la telemedicina per collegare specialisti non presenti fisicamente.
Siamo all’inizio di questa avventura (l’arruolamento dei pazienti è previsto per la fine del 2024), ma siamo convinti che valga la pena provare a cambiare le cose per questi pazienti fragili. Vi terrò aggiornati!
Fonte: Springer
