MICI: Agire Subito Fa la Differenza? L’Impatto delle Terapie Precoci sui Marcatori a Lungo Termine
Introduzione: Un Viaggio Chiamato MICI
Sapete, quando si parla di Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali (MICI), come la Malattia di Crohn (CD) e la Colite Ulcerosa (CU), una delle cose più frustranti è la loro incredibile variabilità. Ogni paziente ha una storia a sé, un percorso fatto di alti e bassi, periodi di calma e improvvise tempeste infiammatorie. Alcuni riescono a tenere a bada i sintomi per anni, altri invece si trovano ad affrontare complicazioni severe, interventi chirurgici, e una qualità di vita compromessa.
Ecco perché una delle sfide più grandi per noi medici e ricercatori è capire subito chi rischia di avere un decorso più complicato. Identificare precocemente questi pazienti ci permetterebbe di personalizzare le cure, di essere più “aggressivi” fin dall’inizio quando serve, per cambiare le carte in tavola a lungo termine.
Come facciamo a monitorare l’infiammazione? Abbiamo due alleati importanti: la Proteina C-Reattiva (PCR) nel sangue e la Calprotectina Fecale (FCP) nelle feci. Sono biomarcatori che ci danno un’idea di quanto sia attiva la malattia. Le linee guida più recenti (le famose STRIDE-II) ci dicono che raggiungere la “remissione biochimica”, cioè normalizzare questi valori, è un obiettivo cruciale, perché si associa a risultati migliori nel tempo rispetto alla sola remissione clinica (cioè sentirsi bene senza che i marcatori siano a posto).
Ma come si comportano questi marcatori nel lungo periodo? E soprattutto, iniziare subito con terapie potenti può davvero cambiare il loro andamento negli anni? È proprio quello che ha cercato di scoprire uno studio recente, e oggi voglio raccontarvi cosa abbiamo imparato.
Lo Studio: Seguire le Tracce Biochimiche nel Tempo
Immaginate di seguire centinaia di pazienti con Crohn e Colite Ulcerosa per anni, misurando regolarmente i loro livelli di PCR e FCP. È quello che hanno fatto i ricercatori in questo studio, utilizzando i dati di una coorte di pazienti seguiti in un ospedale specializzato tra il 2017 e il 2023.
Hanno usato un metodo statistico piuttosto sofisticato, chiamato Latent Class Mixed Model (LCMM), che permette di identificare gruppi “nascosti” (latenti) di pazienti che condividono andamenti simili dei biomarcatori nel tempo. In pratica, hanno cercato di capire se esistessero delle “traiettorie” tipiche della PCR e della FCP nei primi 5 anni dalla diagnosi.
L’obiettivo era duplice:
- Classificare i diversi percorsi della malattia basandosi su dati oggettivi (i biomarcatori).
- Valutare quali fattori clinici, in particolare l’inizio precoce di terapie “aggressive” (immunomodulatori o terapie avanzate come biologici e piccole molecole), fossero associati a queste diverse traiettorie.
Hanno analizzato i dati di 256 pazienti con Crohn e 635 con Colite Ulcerosa, guardando sia la PCR che la FCP separatamente.
I Risultati: Tre Strade Diverse per Crohn e Colite Ulcerosa
Ebbene sì, sia per il Crohn che per la Colite Ulcerosa, sono emerse tre classi distinte di andamento per entrambi i biomarcatori:
- Classe 1: I “fortunati” (si fa per dire, parliamo sempre di MICI) che raggiungevano una remissione biochimica rapida e duratura. I loro valori di PCR e/o FCP scendevano presto e rimanevano bassi per tutti i 5 anni.
- Classe 2: Quelli con una remissione ritardata. I loro valori erano intermedi, più alti della Classe 1 ma più bassi della Classe 3, e ci mettevano più tempo a normalizzarsi (o a volte non si normalizzavano del tutto nel periodo osservato).
- Classe 3: I pazienti che mostravano una difficoltà prolungata nel raggiungere la remissione. I loro valori partivano alti e faticavano a scendere sotto le soglie desiderate, anche dopo 5 anni.
Fin qui, tutto interessante. Ma la vera domanda è: cosa distingueva i pazienti di una classe dall’altra? E qui le cose si fanno diverse tra Crohn e Colite Ulcerosa.

Focus sul Crohn: Il Trattamento Precoce Aggressivo Paga
Nei pazienti con Malattia di Crohn, i risultati sono stati piuttosto chiari e incoraggianti:
- Per la PCR: Iniziare presto (entro 6 mesi dalla diagnosi) una terapia con immunomodulatori (come tiopurine o metotrexato) aumentava significativamente la probabilità di finire nella Classe 1 (remissione rapida e sostenuta). Chi iniziava presto aveva meno probabilità di finire nelle Classi 2 o 3.
- Per la FCP: Qui la faccenda si faceva più “tosta”. La Calprotectina Fecale è un osso più duro, più difficile da normalizzare. E infatti, per avere alte probabilità di finire nella Classe 1 della FCP, non bastava l’immunomodulatore precoce. Serviva iniziare presto una terapia avanzata (AT), come i farmaci biologici (anti-TNF, vedolizumab, ustekinumab) o le piccole molecole (tofacitinib). Chi iniziava presto con queste terapie più potenti aveva molte più chance di vedere la propria FCP scendere rapidamente e rimanere bassa.
Questo ci dice una cosa fondamentale: nel Crohn, agire presto e in modo deciso sembra davvero in grado di modificare il destino biochimico a lungo termine della malattia. Non solo, ma suggerisce anche che per ottenere una remissione “profonda”, misurata dalla FCP, spesso è necessario passare subito alle terapie avanzate, specialmente nei casi più severi. Curiosamente, chi aveva avuto bisogno di accessi precoci al pronto soccorso (un segno di malattia più aggressiva all’esordio) aveva più probabilità di finire nella Classe 3 della FCP, confermando che questa classe raggruppa i casi più difficili.
Inoltre, lo studio ha confermato che appartenere alle classi con traiettorie più alte (Classe 2 e soprattutto Classe 3) si associava a un maggior numero di visite in pronto soccorso e ricoveri ospedalieri legati alla MICI nei 5 anni successivi.
Focus sulla Colite Ulcerosa: Un Quadro Meno Definito
Passando alla Colite Ulcerosa, il quadro cambia.
- Per la PCR: L’analisi delle traiettorie della PCR non ha mostrato associazioni significative con i trattamenti precoci. La stragrande maggioranza dei pazienti (quasi il 90%) rientrava nella Classe 1, con valori di PCR bassi fin dall’inizio e stabili nel tempo. Questo probabilmente riflette il fatto che la PCR è generalmente meno reattiva nella Colite Ulcerosa rispetto al Crohn, e quindi potrebbe essere un marcatore meno utile per prevederne il decorso a lungo termine.
- Per la FCP: Qui qualche associazione è emersa, ma con risultati un po’ diversi e forse controintuitivi.
- L’età più giovane alla diagnosi e l’inizio precoce di immunomodulatori erano associati a una maggiore probabilità di finire nelle Classi 2 o 3 (quelle con FCP più alta e difficile da controllare). Attenzione: questo non significa che gli immunomodulatori peggiorino la situazione! Essendo uno studio osservazionale, è molto più probabile che i pazienti più giovani o quelli che hanno iniziato presto gli IM fossero quelli con una malattia più severa fin dall’inizio, che richiedeva appunto un trattamento più tempestivo. Studi precedenti, infatti, non hanno dimostrato che iniziare presto gli IM nella CU riduca il rischio di colectomia.
- Il fumo attuale, invece, era associato a una maggiore probabilità di essere nella Classe 1 (FCP bassa). Questo è un dato interessante, considerando che il fumo è protettivo nella CU (mentre è dannoso nel Crohn).
- L’inizio precoce di terapie avanzate (AT) non sembrava influenzare significativamente le traiettorie della FCP nella Colite Ulcerosa, a differenza di quanto visto nel Crohn. Questo potrebbe dipendere dal numero ridotto di pazienti in AT precoce in questo studio, o forse suggerisce che l’impatto dell’AT precoce sulla remissione biochimica a lungo termine nella CU sia meno marcato o richieda ulteriori studi per essere confermato.
Anche nella Colite Ulcerosa, le classi con traiettorie peggiori (in questo caso, soprattutto la Classe 2 per motivi legati alla forma della curva) erano associate a più visite in pronto soccorso e ricoveri.

PCR vs FCP: Due Marcatori, Due Storie
Questo studio sottolinea bene le differenze tra PCR e FCP. La PCR è utile, ma meno sensibile, specialmente nella Colite Ulcerosa. A volte l’infiammazione c’è, ma la PCR rimane bassa. La Calprotectina Fecale, invece, è molto più sensibile e affidabile nel “vedere” l’infiammazione attiva a livello intestinale. Per questo è considerata un obiettivo terapeutico importante.
Lo studio mostra chiaramente che normalizzare la FCP è più difficile che normalizzare la PCR, soprattutto nel Crohn. Circa un terzo dei pazienti con Crohn (Classe 3) faticava a raggiungere l’obiettivo per la FCP anche dopo 5 anni, nonostante le terapie. Questo rafforza l’idea che per puntare a una remissione biochimica profonda nel Crohn, spesso servono le armi più potenti (le terapie avanzate) e bisogna usarle presto.
Cosa Portiamo a Casa?
Questo lavoro ci lascia alcuni messaggi importanti:
- Esistono percorsi di malattia diversi nelle MICI, che possiamo iniziare a tracciare oggettivamente seguendo i biomarcatori nel tempo.
- Nella Malattia di Crohn, un trattamento medico aggressivo precoce (con immunomodulatori e, soprattutto, terapie avanzate) è associato a traiettorie biochimiche migliori a lungo termine (remissione più rapida e duratura di PCR e FCP). Agire subito e con forza può davvero fare la differenza.
- Nella Colite Ulcerosa, l’associazione tra trattamento precoce aggressivo e miglioramento dei marcatori biochimici a lungo termine è meno chiara, almeno basandosi su questo studio. La FCP resta comunque un marcatore fondamentale da monitorare.
- Normalizzare la Calprotectina Fecale è un obiettivo più ambizioso rispetto alla PCR, e nel Crohn richiede spesso l’uso precoce di terapie avanzate.
Certo, ogni studio ha i suoi limiti (questo è osservazionale, quindi parla di associazioni, non di causa-effetto diretta), ma i risultati sul Crohn sono coerenti con altre evidenze che spingono verso strategie terapeutiche più proattive fin dall’inizio.
In conclusione, capire l’andamento dei biomarcatori e intervenire tempestivamente e in modo mirato, specialmente nella Malattia di Crohn, sembra essere una chiave fondamentale per migliorare il decorso della malattia e la vita dei nostri pazienti. La strada è ancora lunga, soprattutto per capire come ottimizzare le strategie nella Colite Ulcerosa, ma studi come questo ci aiutano a fare passi avanti importanti.
Fonte: Springer
