Rinascita di un Sorriso: Come Abbiamo Corretto una Malocclusione Complessa Dopo un Intervento Fallito
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento che mi appassiona tantissimo: le sfide dell’ortodonzia moderna, specialmente quando ci troviamo di fronte a situazioni complicate, magari reduci da precedenti trattamenti non andati a buon fine. Immaginate una paziente che ha già subito un intervento chirurgico importante ai mascellari, sperando di risolvere i suoi problemi, e invece si ritrova ancora con un sorriso che non la soddisfa e una masticazione non ottimale. Un bel grattacapo, vero?
Ecco, proprio di un caso così voglio raccontarvi. Parliamo di una giovane donna di 28 anni che si è presentata da noi con spazi residui tra i denti e incisivi superiori troppo inclinati in avanti, tutto questo *dopo* aver subito un’osteotomia bimascellare segmentaria anteriore. In pratica, un intervento chirurgico pensato per correggere una protrusione di entrambe le arcate, ma che purtroppo non aveva dato i risultati sperati. Anzi, aveva lasciato dietro di sé una situazione ancora più complessa.
La Sfida Iniziale: Un Sorriso Compromesso
Quando abbiamo esaminato la paziente, il quadro era chiaro ma impegnativo. Aveva un profilo del viso convesso, labbra sporgenti e una tensione muscolare visibile quando chiudeva la bocca. Dal punto di vista scheletrico, era classificata come Classe I (quindi le basi ossee erano abbastanza ben allineate), ma con una tendenza alla Classe II e un pattern facciale iperdivergente, cioè con un’altezza del viso inferiore aumentata.
Ma il vero problema era nell’occlusione: a sinistra, presentava una malocclusione di Classe II completa (i denti superiori erano molto più avanti di quelli inferiori), mentre a destra la relazione era corretta (Classe I). Questo tipo di asimmetria si chiama “subdivisione”. A peggiorare le cose, c’era un overjet (la distanza orizzontale tra incisivi superiori e inferiori) eccessivo di 5 mm e la linea mediana dentale inferiore era spostata di ben 5 mm verso sinistra, il lato della Classe II. C’erano anche spazi residui dove erano stati estratti i primi premolari per l’intervento precedente, intervento eseguito, tra l’altro, senza un’adeguata pianificazione ortodontica preliminare. La causa della Classe II a sinistra? Probabilmente la perdita prematura del primo molare inferiore sinistro in passato. Insomma, un puzzle complesso da ricomporre.
Gli obiettivi erano chiari:
- Allineare i denti e livellare il piano occlusale.
- Correggere la Classe II a sinistra.
- Chiudere tutti gli spazi residui.
- Ottenere un overjet e un overbite ideali.
- Ridurre l’inclinazione eccessiva degli incisivi.
- Centrare la linea mediana inferiore.
- Mantenere o migliorare l’altezza del viso.
Esclusa subito l’opzione di un nuovo intervento chirurgico, dato che le basi scheletriche erano fondamentalmente a posto.

Pianificazione Digitale e Ancoraggio Scheletrico: La Chiave del Successo
Qui entra in gioco la tecnologia e una pianificazione meticolosa. Vista la complessità e la richiesta estetica della paziente (voleva un trattamento “invisibile”), abbiamo optato per un apparecchio linguale fisso (attacchi incollati sulla superficie interna dei denti) con un concetto “straight-wire” (filo dritto), pianificato interamente al computer. Questo ci permette una precisione incredibile nel posizionamento degli attacchi e nella previsione dei movimenti.
Ma l’apparecchio da solo non bastava. Per realizzare i movimenti complessi necessari – spostare indietro (distalizzare) tutta l’arcata superiore e la parte destra dell’arcata inferiore, e contemporaneamente spostare avanti (mesializzare) la parte sinistra dell’arcata inferiore – avevamo bisogno di un ancoraggio solidissimo. Ecco che entrano in scena le miniviti ortodontiche (o miniscrew). Ne abbiamo inserite strategicamente: due nel palato, tra i molari superiori, una sulla mandibola a destra (nella cosiddetta “buccal shelf”) e una tra canino e secondo premolare inferiore a sinistra. Queste piccole viti in titanio, inserite nell’osso con una procedura minimamente invasiva, fungono da punti di ancoraggio fissi, permettendoci di applicare forze precise senza effetti collaterali indesiderati sugli altri denti.
Per facilitare questi movimenti, abbiamo anche dovuto estrarre i denti del giudizio superiori e quello inferiore destro. Sembra controintuitivo estrarre altri denti dopo che ne erano già stati tolti quattro, ma in questo caso era fondamentale per creare lo spazio necessario per la distalizzazione e per migliorare il profilo. Abbiamo scartato altre opzioni, come creare spazio per un impianto dove mancava il molare o mesializzare tutta l’arcata inferiore senza distalizzare la superiore, perché avrebbero peggiorato la protrusione o sarebbero state tecnicamente proibitive con l’apparecchio linguale.
Il Percorso Terapeutico: Passo Dopo Passo verso il Risultato
Il trattamento è iniziato con l’applicazione dell’apparecchio linguale, realizzato su misura grazie a mascherine di trasferimento stampate in 3D. Abbiamo usato una sequenza di archi ortodontici sempre più rigidi per allineare e livellare i denti. Dopo circa un mese, sono stati estratti i denti del giudizio. Dopo cinque mesi, siamo passati ad archi in acciaio rettangolari e abbiamo inserito le miniviti.
A questo punto è iniziata la fase “clou”: abbiamo applicato forze (tramite elastici o molle collegate alle miniviti) per distalizzare l’arcata superiore e il quadrante inferiore destro, e contemporaneamente per mesializzare il quadrante inferiore sinistro. Sul lato sinistro, abbiamo usato anche elastici intermascellari di Classe II per aiutare la correzione.

Ci sono voluti circa 10 mesi di questa meccanica complessa per chiudere gli spazi e correggere le discrepanze antero-posteriori. La paziente era già molto contenta vedendo i suoi incisivi rientrare e le labbra meno sporgenti! L’ultima fase, detta di “finishing”, è servita a perfezionare l’allineamento e l’ingranaggio tra i denti, usando anche piccoli bottoni estetici sulla superficie esterna dei denti posteriori per applicare elastici verticali e cross-bite (per correggere eventuali leggere discrepanze trasversali dovute ai movimenti).
Dopo un totale di 20 mesi di trattamento, abbiamo raggiunto tutti gli obiettivi prefissati. L’apparecchio è stato rimosso e abbiamo applicato dei retainer fissi (fili incollati dietro i denti anteriori) sia sopra che sotto, più delle mascherine trasparenti da portare di notte, per garantire la stabilità del risultato nel tempo.
Risultati Sorprendenti e Stabilità nel Tempo
I risultati sono stati davvero notevoli. La malocclusione di Classe II a sinistra è stata trasformata in una solida Classe I. La Classe I a destra è stata mantenuta. Gli spazi erano completamente chiusi, l’overjet e l’overbite normalizzati, le linee mediane finalmente allineate. Il profilo del viso era decisamente più armonioso, con le labbra retratte.
Anche l’analisi cefalometrica (la radiografia laterale del cranio) ha confermato i miglioramenti: una leggera riduzione dell’iperdivergenza facciale (grazie a una piccola rotazione antioraria della mandibola), un miglioramento della relazione scheletrica e, soprattutto, una significativa riduzione dell’inclinazione degli incisivi. Le radiografie hanno anche mostrato radici ben parallele e nessun segno di riassorbimento radicale, un ottimo segno!

Una cosa che trovo affascinante è la precisione che si può raggiungere oggi. Confrontando il risultato finale ottenuto con il setup digitale pianificato all’inizio del trattamento, la corrispondenza era altissima. Questo dimostra quanto siano potenti e affidabili i flussi di lavoro digitali in ortodonzia. E la paziente? Felicissima, non solo per il risultato ma anche per aver potuto affrontare il trattamento con un apparecchio praticamente invisibile. A distanza di 12 mesi dalla fine del trattamento, il risultato era perfettamente stabile.
Cosa Impariamo da Questo Caso?
Questo caso è emblematico per diverse ragioni. Prima di tutto, sottolinea l’importanza cruciale di una pianificazione integrata tra ortodontista e chirurgo quando si affrontano casi che richiedono chirurgia ortognatica. Un piano iniziale inadeguato può portare a risultati insoddisfacenti e richiedere trattamenti correttivi molto più complessi e lunghi.
In secondo luogo, dimostra la straordinaria efficacia della combinazione tra apparecchi linguali, pianificazione digitale e ancoraggio scheletrico con miniviti nel risolvere malocclusioni estremamente complesse, anche in pazienti adulti che hanno già subito trattamenti precedenti falliti. Le miniviti ci danno un controllo del movimento dentale che fino a qualche anno fa era impensabile.
Infine, ci ricorda quanto sia importante ascoltare le esigenze del paziente, anche quelle estetiche. L’ortodonzia linguale, pur presentando sfide biomeccaniche specifiche (come la tendenza alla rotazione dei molari durante la mesializzazione, che però possiamo controllare con le miniviti e gli elastici), permette di offrire un trattamento altamente efficace senza compromettere l’estetica durante il percorso.
Insomma, anche le situazioni più intricate, quelle che sembrano quasi irrecuperabili, possono trovare una soluzione brillante grazie alle tecniche avanzate e a una pianificazione attenta. È questo il bello del nostro lavoro: ridare un sorriso sano e armonioso, cambiando in meglio la vita delle persone!
Fonte: Springer
