Emergenza in Sala Angiografica: Come Abbiamo Salvato una Vita da un Nemico Nascosto nella Vena Porta
Ciao a tutti! Oggi voglio raccontarvi una storia incredibile, una di quelle che ti fanno capire quanto sia affascinante e, a volte, davvero estremo il nostro lavoro nel campo della medicina interventistica. Parliamo di un caso che ci ha tenuti con il fiato sospeso: il trattamento endovascolare di uno pseudoaneurisma rotto della vena porta, una complicanza rarissima causata da una grossa ulcera allo stomaco. Sembra fantascienza, vero? Eppure è successo davvero.
Un Nemico Raro e Insidioso: Lo Pseudoaneurisma della Vena Porta
Prima di tuffarci nel vivo della storia, facciamo un passo indietro. Cosa sono gli aneurismi e gli pseudoaneurismi della vena porta? Beh, sono delle dilatazioni anomale di questa importante vena che porta il sangue dall’intestino e dalla milza al fegato. Pensate che rappresentano solo il 3% di tutti gli aneurismi del sistema venoso. Insomma, roba rara. Una ricerca del 2015 ne contava solo 190 casi descritti in letteratura, anche se oggi, con l’aumento degli esami di imaging addominale, probabilmente ne scopriamo qualcuno in più.
Colpiscono più o meno equamente uomini e donne, con un’età media intorno ai 55 anni. Le cause? Possono essere congenite o acquisite. Tra quelle acquisite, la più comune è la malattia cronica del fegato (come la cirrosi), ma possono entrare in gioco anche pancreatiti, traumi, sindromi particolari come quella di Budd-Chiari e, come nel nostro caso, eventi più unici.
Nel caso che vi racconto, lo pseudoaneurisma (una sorta di “falso aneurisma”, dove la parete del vaso è danneggiata e il sangue si raccoglie esternamente, contenuto dai tessuti circostanti) sporgeva dalla vena porta principale ed era probabilmente causato dall’erosione provocata da un’ulcera gastrica di ben 30 mm, situata vicino a un’anastomosi gastro-digiunale (frutto di un precedente intervento di bypass gastrico Roux-en-Y). Un collegamento davvero insolito e pericoloso.
Gli aneurismi della vena porta possono avere forme diverse (fusiformi, sacculari) e la TAC con contrasto è l’esame migliore per vederli bene. I sintomi più comuni sono il dolore addominale, ma le complicazioni possono essere drammatiche:
- Rottura con emorragia massiva (il nostro caso!)
- Trombosi (formazione di coaguli)
- Ipertensione portale (aumento della pressione nella vena porta)
- Compressione di strutture vicine (vie biliari, duodeno, vena cava inferiore)
La Nostra Paziente: Una Corsa Contro il Tempo
Arriviamo alla protagonista di questa vicenda: una donna di 55 anni con una storia clinica complessa, in terapia anticoagulante cronica. Si presenta da noi in uno stato di shock emorragico e settico combinato, a causa di un sanguinamento gastrointestinale acuto e ricorrente che non si riusciva a fermare. Una TAC fatta in urgenza mostrava del contrasto nello stomaco “escluso” dal precedente intervento, e un’endoscopia (EGD) confermava la presenza della grande ulcera sanguinante all’anastomosi gastro-digiunale.
Inizialmente, si era tentata un’embolizzazione (una sorta di “tappo”) dell’arteria gastroduodenale e una terapia medica intensiva, ma il sanguinamento continuava e la paziente non riusciva a stabilizzarsi. Una volta arrivata nel nostro centro, una nuova TAC con contrasto ha svelato il vero colpevole: uno pseudoaneurisma della vena porta di 1.5 cm, proprio vicino alla confluenza tra vena porta, vena splenica e vena mesenterica superiore, verosimilmente eroso dall’ulcera.
Si è valutata l’opzione di un intervento chirurgico a cielo aperto per ricostruire la vena porta, ma i rischi erano altissimi data la condizione critica della paziente. La chirurgia tradizionale per questi aneurismi, quando indicata (ad esempio se crescono rapidamente o si trombizzano), può comportare l’asportazione (aneurismectomia) o la riparazione (aneurismorrafia) dell’aneurisma, ma ha una mortalità post-operatoria non trascurabile (intorno al 17.5% secondo alcuni studi).
Una settimana dopo il ricovero, la situazione precipita: la pressione sanguigna della paziente crolla bruscamente e non risponde più alle manovre rianimatorie aggressive. È il momento di agire, e in fretta. Veniamo chiamati noi, il team di radiologia interventistica, per tentare un approccio endovascolare.
L’Intervento Endovascolare: Precisione Millimetrica Dentro le Vene
Portiamo la paziente d’urgenza in sala angiografica. Il piano è chiaro: eseguire un venogramma portale (una radiografia con contrasto delle vene portali) e intervenire subito. Sotto guida ecografica, con una tecnica trans-epatica (attraverso il fegato), pungiamo la vena porta destra con un ago sottile (Chiba 22G). Iniettiamo un po’ di contrasto per confermare la posizione, inseriamo un filo guida metallico sottilissimo (0.018 pollici) e poi un introduttore vascolare (una sorta di tubicino) da 6 French.
Il venogramma è drammatico: vediamo chiaramente lo pseudoaneurisma di 1.4 x 1.3 cm che origina dalla vena porta principale e, cosa peggiore, vediamo il contrasto che fuoriesce attivamente, sanguinando direttamente nello stomaco adiacente. Un’emorragia massiva in corso!
La prima mossa è tamponare l’emorragia: gonfiamo immediatamente un palloncino da 20 mm nella vena porta per bloccare temporaneamente il flusso verso lo pseudoaneurisma. Nel frattempo, attiviamo il protocollo di trasfusione massiva: la paziente sta perdendo molto sangue.
Stabilizzata temporaneamente la situazione, passiamo alla fase riparativa. Sostituiamo l’introduttore con uno più grande (9 French). Posizioniamo uno stent metallico fenestrato (Abre da 18 mm x 80 mm) nella vena mesenterica superiore e nella vena porta principale, facendolo passare davanti alle origini della vena mesenterica inferiore, della vena splenica e dello pseudoaneurisma. Questo stent serve a “ricostruire” la parete della vena porta dall’interno, mantenendo però il flusso nelle vene collaterali grazie alle sue fenestrature (piccoli fori).
Ora dobbiamo chiudere lo pseudoaneurisma. Usando un altro filo guida, navighiamo attraverso le maglie dello stent ed entriamo nel sacco dello pseudoaneurisma con un microcatetere (JB1). A questo punto, iniziamo a “riempire” il sacco con delle spirali metalliche (coils): ne usiamo tre, molto grandi (due da 20 mm x 20 cm e una da 20 mm x 30 cm). Le spirali servono a creare una sorta di “gomitolo” che favorisce la trombosi e chiude lo spazio.
Ma non basta. Per essere sicuri di ottenere una chiusura rapida e completa, data l’instabilità della paziente, decidiamo di iniettare anche un agente embolico liquido (Obsidio) all’interno del pacchetto di spirali. Questo materiale si solidifica rapidamente a contatto con il sangue, sigillando ogni possibile via di fuga.
Un ultimo venogramma di controllo: successo! Lo pseudoaneurisma è completamente chiuso, non c’è più traccia di sanguinamento. Lo stent è ben posizionato e le vene principali (porta, mesenterica superiore, splenica) sono perfettamente pervie, il sangue scorre regolarmente. Prima di uscire, chiudiamo il piccolo foro nel fegato fatto per l’accesso con un “tappo” apposito (Amplatzer plug).
Il Risultato e le Riflessioni Finali
La paziente lascia la sala angiografica in condizioni critiche ma stabili. L’emorragia è stata fermata. Questo intervento endovascolare d’emergenza le ha salvato la vita in quel momento.
Purtroppo, come spesso accade in pazienti così complessi, il suo decorso ospedaliero nei due mesi successivi è stato irto di complicazioni, legate però ad altre sue patologie preesistenti, e alla fine non ce l’ha fatta.
Tuttavia, questo caso rimane emblematico per diversi motivi:
- Presenta una causa estremamente rara di pseudoaneurisma della vena porta (l’ulcera gastrica).
- Dimostra l’efficacia di un approccio endovascolare mininvasivo in una situazione di emergenza assoluta, con paziente emodinamicamente instabile.
- Evidenzia la necessità di strategie personalizzate: la posizione dello pseudoaneurisma, vicino alla confluenza di vene importanti, rendeva difficile l’uso di stent coperti (che avrebbero chiuso anche rami sani) o il solo uso di spirali (rischio di migrazione). La combinazione di stent fenestrato + spirali + embolico liquido (stent-assisted coiling con “tocco” finale) si è rivelata la scelta vincente per occludere rapidamente lo pseudoaneurisma mantenendo il più possibile la normale anatomia e il flusso sanguigno portale.
È stata una sfida enorme, una lotta contro il tempo combattuta all’interno dei vasi sanguigni, ma anche una testimonianza delle incredibili possibilità offerte oggi dalla radiologia interventistica. Ogni caso è una storia a sé, e questa ci ha insegnato molto sulla gestione di complicanze vascolari rare e potenzialmente letali.
Fonte: Springer