Primo piano macro di un occhio umano che mostra un emangioma corneosclerale rossastro prima di un intervento chirurgico. Luce da studio controllata, obiettivo macro 100mm, alta definizione, messa a fuoco precisa sulla lesione vascolare e sulla texture della cornea e della sclera adiacenti.

Meme e Salute ai Tempi del COVID: L’Arma a Doppio Taglio della Comunicazione Virale

Avete presente quelle immagini divertenti, a volte un po’ assurde, che invadono i nostri social? Quelle con una foto e una scritta sopra, capaci di strapparci una risata o farci riflettere in un istante? Ecco, quelli sono i meme. E vi siete mai chiesti che ruolo abbiano avuto, soprattutto durante un periodo pazzesco come la pandemia di COVID-19, nel modo in cui parliamo e ci informiamo sulla salute? Beh, io sì, e ho voluto vederci più chiaro.

Durante il COVID-19, c’è stata una vera e propria esplosione di meme. Li abbiamo usati per sdrammatizzare, per sentirci meno soli, ma anche, purtroppo, per diffondere informazioni, a volte corrette, altre volte completamente sballate. Per questo ho deciso di fare un’analisi approfondita, una “concept analysis” come la chiamano gli esperti, per capire meglio cosa sono i meme quando si parla di comunicazione sanitaria, prendendo come lente d’ingrandimento proprio l’esperienza del COVID-19.

L’Infodemia da COVID-19: Un Terreno Fertile per i Meme

Diciamocelo chiaramente: la pandemia non è stata solo un’emergenza sanitaria, ma anche un’infodemia. Un fiume in piena di notizie, dati, opinioni, dove distinguere il vero dal falso è diventato difficilissimo. Pensate che, secondo alcuni studi, quasi la metà delle fonti online che parlavano di COVID-19 erano potenzialmente inaffidabili! In questo caos, i meme sono emersi come potenti veicoli per diffondere contenuti legati alla salute, inclusa, ahimè, la disinformazione. La loro natura virale e la capacità di toccare le nostre emozioni possono amplificare narrazioni false, influenzando la percezione pubblica e i comportamenti durante crisi sanitarie.

Un esempio lampante riguarda i messaggi antivaccino. Una ricerca ha identificato come la disinformazione sui vaccini li descrivesse come dannosi, ne evidenziasse gli effetti collaterali (spesso inventati), mettesse in dubbio la loro efficacia e supportasse teorie del complotto. E i meme, con la loro immediatezza, hanno giocato un ruolo in questa diffusione. Si è creato un ambiente pericoloso in cui la disinformazione si spargeva online a macchia d’olio, venendo assorbita acriticamente da utenti ignari, con danni diretti e indiretti alla salute pubblica.

Cosa Sono Esattamente Questi Meme?

Un meme, nella sua essenza, è una combinazione umoristica di immagini, video o parole che veicola un messaggio sia testuale (quello che leggi) sia subtestuale (quello che capisci “tra le righe”). I più comuni sono i cosiddetti macros: un’immagine statica con del testo sovrapposto. Ma con piattaforme come TikTok o i video brevi di Instagram, abbiamo visto un aumento di meme audio/video, brevi filmati che usano clip audio/video “memetiche” montate insieme.

Durante il COVID-19, solo su Instagram, ci sono stati oltre un milione di post che menzionavano i “meme”! Questi strumenti sono stati usati per affrontare questioni sanitarie, sociali e politiche, e sì, anche per diffondere disinformazione sulle misure di mitigazione, inclusa la vaccinazione. Tuttavia, la natura stessa dei meme, rispetto ad altri media, potrebbe renderli unici anche nel combattere la disinformazione online. È un’arma a doppio taglio, insomma.

Il mio obiettivo, con questa analisi, è stato proprio quello di:

  • Identificare le caratteristiche chiave che definiscono i meme come forma di comunicazione unica.
  • Esaminare il loro ruolo nel plasmare il dibattito pubblico e l’impegno della comunità negli spazi digitali.
  • Considerare le loro implicazioni per la comunicazione sanitaria, soprattutto riguardo alla diffusione di informazioni e disinformazione.

Capire a fondo i meme può aiutare educatori e professionisti della salute a comprendere come questi possano supportare o, al contrario, sabotare l’educazione di individui, comunità e studenti.

Un gruppo eterogeneo di persone di età diverse che guardano i loro smartphone con espressioni miste di divertimento, confusione e preoccupazione, in un ambiente domestico illuminato dalla luce degli schermi. Alcuni schermi mostrano meme umoristici sul COVID-19, altri grafici sanitari complessi e titoli di notizie. Stile fotorealistico, obiettivo da 35mm, profondità di campo media per includere più volti, illuminazione ambientale soffusa con la luce fredda degli schermi come fonte principale.

Come Ho Svolto l’Analisi: Un Tuffo nella Letteratura

Per questa “concept analysis”, ho seguito il modello di Walker e Avant, un metodo strutturato che aiuta a scomporre un concetto per capirne usi, attributi, antecedenti e conseguenze. Ho passato al setaccio diversi database scientifici (Academic Search Elite, Communication e Mass Media Complete, CINAHL, PubMed e PsycINFO) usando parole chiave come “meme”, “health communication” e “COVID”. Mi sono concentrato su studi in lingua inglese provenienti da Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Australia e Nuova Zelanda, per allinearmi con la letteratura dominante sulla comunicazione sanitaria in ambito accademico anglofono.

Dopo una prima scrematura di 246 articoli, ne sono rimasti 88, che ho esaminato manualmente per assicurarmi che fossero pertinenti. L’obiettivo era trovare studi che definissero i meme nella comunicazione sanitaria, discutessero del discorso digitale o esaminassero il ruolo dei meme nel plasmare la percezione pubblica delle informazioni sulla salute. Curiosamente, non ho trovato studi empirici sull’uso dei meme in campagne di salute pubblica ufficiali al momento della selezione.

Le Caratteristiche Chiave dei Meme: Decodifichiamoli Insieme

Dalla mia analisi sono emerse quattro caratteristiche distintive dei meme, soprattutto quando li guardiamo attraverso la lente della comunicazione sanitaria e del COVID-19. Queste non sono indipendenti, ma interagiscono tra loro, plasmando l’efficacia e l’impatto dei meme.

  1. Viralità ed Evoluzione: I meme, per definizione, evolvono. Il termine fu coniato da Richard Dawkins nel 1976 per spiegare l’evoluzione della cultura umana. Oggi, parlando di “internet meme” (termine di Mike Godwin), ci riferiamo a unità di contenuto digitale che si diffondono, vengono imitate e trasformate online da moltissimi utenti. Si evolvono continuamente, come un organismo, adattandosi e cambiando.
  2. Iterazione: Questa è una caratteristica unica. I meme vengono prodotti e diffusi al di fuori dei contesti istituzionali. Nonostante la loro diffusione massiccia e la mancanza di collaborazione formale, tendono a tornare a figure iconiche della cultura popolare (pensate a Pepe the Frog o ai LOLcats). Sono effimeri: emergono, si reiterano e svaniscono, in un ciclo continuo. Quelli che hanno successo lo devono al fatto che la cultura e le comunità che li riflettono li condividono, li reinventano e alla fine li scartano. È una sorta di “sopravvivenza del più adatto”.
  3. Appartenenza Comunitaria (In/Out-grouping): I meme sono fortemente influenzati dalle culture in cui appaiono. L’evoluzione descritta sopra porta a una forma di comunicazione altamente mirata, sviluppata e iterata direttamente dai membri della comunità stessa. Proprio perché nascono “dal basso” e sono rilevanti per comunità specifiche, possono risultare confusionari o incomprensibili per chi è esterno (l’out-group). Capire un meme non è solo “capire la battuta”, ma capire che fai parte della comunità (l’in-group) che l’ha creato e per cui è stato creato. Questo può rafforzare il senso di comunità, costruire ideologie o persino diventare uno strumento di indottrinamento. Un esempio è il meme di “Pepe the Frog”, inizialmente un personaggio innocuo, evolutosi fino a diventare un simbolo di gruppi d’odio di estrema destra, pur apparendo come una semplice rana a chi non ne conosce il subtext.
  4. Umorismo: Quasi universalmente, i meme sono creati con intento umoristico. Può essere autoironia (come nei meme sulla depressione o l’ansia), satira politica, o umorismo legato al subtext e all’appartenenza a un gruppo (come una battuta interna tra colleghi). L’umorismo permette di rafforzare l’identità di gruppo, ad esempio attraverso la parodia, e può essere uno strumento di dissenso contro un’autorità reale o percepita.

Un primo piano di uno smartphone che mostra un meme umoristico sul distanziamento sociale durante il COVID-19. La mano che tiene il telefono appartiene a una persona che sorride. Sfondo sfocato di un ambiente di lavoro o domestico. Obiettivo macro da 85mm per un dettaglio nitido sullo schermo e una piacevole sfocatura dello sfondo, illuminazione calda e accogliente.

Esempi Pratici: Capire i Meme “Sul Campo”

Per rendere tutto più chiaro, il metodo di Walker e Avant prevede l’uso di casi esemplificativi.

Caso Modello (Video Meme): Immaginate Frank che scorre Instagram e vede un video di 30 secondi di una persona che si vaccina e fa il pollice in su. In sottofondo, la canzone “Remember (Walking in The Sand)” delle The Shangri-Las, che nella comunità online significa che qualcuno sta commettendo un errore o è in pericolo. Frank, che ha già le sue idee sui vaccini, interpreta il video come un segnale che vaccinarsi è da sciocchi e potenzialmente dannoso. Condivide il video con i suoi follower.

Caso Modello (Macro Meme): Il famoso meme “This is Fine”. Un cane da cartone animato siede tranquillo in una stanza completamente avvolta dalle fiamme. Il subtext è ovvio: la situazione NON è affatto “fine”. Una versione specifica di questo meme, circolata nel maggio 2020, mostrava il cane che diceva “È ora di riaprire l’economia”, con la scritta “Il Governo” in alto. Il messaggio implicito era una critica alla riapertura prematura dell’economia, percepita come un pericolo ignorato.

Caso Limite (Borderline): Un uomo legge un articolo del CDC sulle mascherine. Lo condivide su X (ex Twitter) scrivendo: “Non ci posso credere che diffondano ancora queste bugie! Il governo cerca di limitare la nostra libertà e le pecore là fuori credono a tutto! #libertà #nomascherinaobbligatoria #bugieCDC #resisti”. Questo post ha un chiaro riferimento a un gruppo (in/out-grouping), commenta la fiducia nel governo e nelle organizzazioni sanitarie, e invita all’azione. Tuttavia, mancano attributi critici come l’iterazione e un subtext memetico complesso, quindi non è un caso modello di meme.

Caso Contrario: Una donna riceve via email delle foto adorabili del gattino di sua nipote. Apre il suo social media e carica la sua foto preferita con la didascalia: “Guardate che gattino ha preso mia nipote durante il COVID! Che amore!”. Questo è un post sui social con immagine e testo, ma manca della maggior parte degli attributi che definiscono un meme: subtext, appartenenza a un gruppo, iterazione, umorismo specifico o appello a una cultura/comunità particolare.

Caso Illegittimo: A volte la parola “meme” è usata in contesti completamente diversi. Ad esempio, in biologia molecolare, MEME è un algoritmo per scoprire motivi in sequenze di DNA o proteine. Chiaramente, un uso corretto nel suo campo, ma illegittimo se parliamo di meme come unità culturali o media internet.

Prima e Dopo: Antecedenti e Conseguenze dei Meme

Perché esista una comunicazione basata sui meme, servono alcuni “ingredienti” prima (antecedenti):

  • Accesso a una comunità.
  • Accesso a uno strumento (canale di comunicazione), come una piattaforma social.
  • Comprensione condivisa degli elementi culturali associati al messaggio (immagini, testo, musica, video) sia da parte di chi crea il meme sia da parte di chi lo riceve.

Le conseguenze, invece, sono ciò che accade a causa dei meme. I meme includono elementi culturali che informano sia la loro creazione sia il loro impatto sulla cultura. Il subtext memetico crea e rafforza gruppi di “iniziati” (chi capisce) e di “esterni”. E, come detto, i meme operano per iterazione: cambiano, evolvono e si diffondono, un po’ come un virus.

Una visualizzazione astratta della viralità dei meme: nodi luminosi interconnessi che rappresentano utenti e meme, con alcuni meme che si diffondono rapidamente attraverso la rete, cambiando leggermente forma (iterazione) man mano che passano da un nodo all'altro. Colori vivaci su sfondo scuro. Stile grafico digitale, ampio angolo di visione per mostrare la vastità della rete, effetto 'long exposure' per le scie luminose dei meme in movimento.

Misurare l’Esistenza dei Meme: I Referenti Empirici

Come facciamo a dire “ecco, questo è un meme” nel mondo reale? I referenti empirici, cioè gli indicatori della sua presenza, sono spesso identici ai suoi attributi: la presenza di iterazione all’interno di una comunità, la rilevanza culturale, la dinamica di appartenenza al gruppo (in/out-grouping) e l’appello all’umorismo.

Implicazioni per la Comunicazione Sanitaria: Cosa Ci Portiamo a Casa?

Questa analisi ci dice che i meme non sono artefatti digitali statici. La loro efficacia dipende da come interagiscono i loro attributi. L’umorismo può rafforzare il potere persuasivo di un meme o indebolire il messaggio se aliena chi non fa parte dell’ “in-group”. La viralità può raggiungere un vasto pubblico, ma il significato del meme può cambiare mentre circola in spazi culturali e ideologici diversi.

Tutto ciò ha implicazioni enormi per la comunicazione sanitaria, specialmente negli sforzi per contrastare la disinformazione o progettare messaggi di salute pubblica efficaci. Riconoscendo come funzionano collettivamente gli attributi dei meme, i professionisti della salute pubblica possono valutare meglio le opportunità e le sfide che i meme presentano nel discorso digitale.

I meme sono unità di contenuto digitale iterative, culturalmente rilevanti, che si appellano a comunità specifiche attraverso il subtext e usano l’umorismo. Sono una forma unica di comunicazione sociale perché spesso vengono creati dalle stesse comunità a cui sono diretti; di conseguenza, possono essere particolarmente efficaci nel costruire comunità e rafforzarne i tratti. La comunicazione della Salute Pubblica può trarre vantaggio da queste caratteristiche, ad esempio integrando strategie basate sui meme nelle comunicazioni e nell’outreach comunitario, come già si sta iniziando a fare in ambito infermieristico e di sanità pubblica.

L’uso dei meme come strumenti per la promozione della salute dimostra la loro capacità unica di intersecarsi con la cultura popolare, favorendo accessibilità e riconoscibilità. Questo è in linea con la letteratura che sottolinea l’importanza di adattare i messaggi sanitari ai contesti culturali e generazionali. I meme offrono una strada promettente per affrontare, ad esempio, l’esitazione vaccinale, amplificata dalla disinformazione negli spazi digitali. La ricerca ha costantemente identificato il ruolo dei meme nella diffusione della disinformazione sui vaccini, sottolineando le sfide che ciò comporta per infermieri e altri professionisti sanitari. I meme sono veicoli particolarmente efficaci per la disinformazione grazie al loro formato conciso e visivamente coinvolgente e alla loro capacità di fare leva sull’emotività.

Questo sottolinea l’importanza di dotare infermieri e altri comunicatori sanitari di competenze di alfabetizzazione digitale per riconoscere, analizzare e contrastare efficacemente la disinformazione. I meme culturalmente personalizzati, se usati con attenzione, possono affrontare l’esitazione vaccinale amplificando narrazioni diverse e promuovendo l’inclusività.

Limiti e Prospettive Future

Certo, questa analisi ha dei limiti. Si è concentrata su studi in lingua inglese da specifici paesi. Data la natura fortemente culturale dei meme (pensate a come l’umorismo e le dinamiche di gruppo siano plasmate dalla cultura), la ricerca futura dovrebbe esplorare come questi attributi si manifestano in diversi contesti linguistici e culturali. Inoltre, questo studio non testa empiricamente l’efficacia dei meme nella comunicazione sanitaria, lasciando aperte questioni sul loro impatto reale sulla percezione e sul comportamento del pubblico.

La pandemia di COVID-19 ha dimostrato il potere dei meme sia come strumento di comunicazione sanitaria sia di disinformazione. Comprendere come interagiscono i loro attributi (viralità, iterazione, dinamiche di gruppo e umorismo) può aiutare i professionisti della salute pubblica a navigare le sfide e le opportunità della comunicazione digitale. Per applicare efficacemente questi risultati, i comunicatori della salute pubblica dovrebbero usare l’umorismo strategicamente per aumentare l’engagement mantenendo l’integrità del messaggio e progettare campagne che incoraggino l’iterazione organica all’interno dei pubblici target. Inoltre, iniziative di alfabetizzazione digitale possono dotare i professionisti sanitari e il pubblico delle competenze per interagire criticamente con i contenuti memetici, riducendo la suscettibilità alla disinformazione.

Insomma, i meme sono qui per restare. Sta a noi imparare a conoscerli meglio per sfruttarne il potenziale positivo e arginare quello negativo, soprattutto quando si tratta di qualcosa di così prezioso come la nostra salute.

Fonte: Springer

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https://scienzachiara.it/wp-content/uploads/2025/05/136/010_un-collage-dinamico-di-vari-meme-relativi-alla-salute-e-al-covid-19-visualizzati-su-schermi-di-smartphone.webp
Un collage dinamico di vari meme relativi alla salute e al COVID-19 visualizzati su schermi di smartphone tenuti da mani diverse. Alcuni meme sono umoristici, altri seri o fuorvianti. Lo sfondo è un flusso astratto di dati digitali. Stile fotorealistico, obiettivo macro da 60mm per dettagli nitidi sugli schermi, illuminazione controllata per evidenziare i contenuti dei meme.
Comunicazione Sanitaria
Scopri come i meme hanno rivoluzionato la comunicazione sanitaria durante il COVID-19, tra umorismo e rischi di disinformazione. Un’analisi approfondita.
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Meme e COVID: Impatto sulla Comunicazione Sanitaria | Analisi
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Xeroderma Pigmentoso e Occhi: Un Trapianto di Lenticolo Rivoluzionario Salva la Vista!

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Amici appassionati di scienza e medicina, oggi voglio portarvi nel cuore di una storia che ha dell’incredibile, un racconto che intreccia una malattia genetica rara, una lesione oculare complessa e una soluzione chirurgica all’avanguardia. Parliamo di Xeroderma Pigmentoso (XP) e di come un approccio personalizzato possa fare la differenza nella vita di un giovane paziente.

Una Sfida Chiamata Xeroderma Pigmentoso

Immaginate una condizione in cui la pelle è estremamente vulnerabile ai raggi ultravioletti (UV). Lo Xeroderma Pigmentoso è proprio questo: una malattia cutanea rara, trasmessa per via autosomica recessiva. Il problema fondamentale? La mancanza di un enzima chiave, l’endonucleasi, nelle cellule fibroblastiche della pelle. Questo significa che il corpo perde, in parte o del tutto, la capacità di riparare i danni al DNA causati dai raggi UV. Le conseguenze sono visibili: una pelle che si riempie di macchie simili a efelidi e una propensione allo sviluppo di neoplasie cutanee. Pensate che il rischio di sviluppare melanoma e altri tumori della pelle aumenta rispettivamente di 2.000 e 10.000 volte rispetto a chi non ha questa condizione!

Ma non è solo la pelle a soffrire. Gli occhi sono spesso coinvolti, con sintomi che possono variare da una forte fotofobia e congiuntivite, fino all’opacizzazione corneale e, purtroppo, a neoplasie della superficie oculare, come il carcinoma a cellule squamose. Queste lesioni tendono a comparire nell’area della fessura palpebrale, quella più esposta. Ma, come vedremo, ci sono anche altre lesioni oculari che meritano la nostra attenzione.

Il Caso del Giovane Paziente: Un Emangioma Inaspettato

La nostra storia ruota attorno a un ragazzo di 13 anni. Fin dalla tenera età, la sua pelle aveva iniziato a mostrare un aumento progressivo della pigmentazione. A soli 4 anni, gli esami genetici avevano confermato la diagnosi: Xeroderma Pigmentoso, con alta probabilità del genotipo XPC. Ma la vera sfida oculare si è manifestata a 7 anni: una massa era comparsa sulla superficie dell’occhio destro, all’incrocio tra cornea e sclera. Questa neoplasia, inizialmente di circa 3 mm, non era mobile, presentava vasi sanguigni dilatati e congestionati e invadeva il limbus corneale. C’erano anche lesioni pigmentate multiple sulla congiuntiva bulbare di entrambi gli occhi.

Per sei lunghi anni, questa massa è stata tenuta sotto osservazione, ma purtroppo ha continuato a crescere. All’età di 13 anni, la lesione misurava ben 6×6 mm, invadendo il limbus corneale per 3 mm e raggiungendo metà dello spessore dello stroma corneale. I vasi sanguigni erano ancora più evidenti, dilatati e tortuosi. Fortunatamente, la sua acuità visiva era rimasta perfetta (20/20 in entrambi gli occhi) e la pressione intraoculare normale.

La Diagnosi: Tra Genetica e Immagini Dettagliate

Di fronte a questa crescita progressiva, era cruciale capire la natura esatta della neoplasia. Oltre agli esami oculari di routine, sono state impiegate tecniche di imaging avanzate:

  • L’Ultrabiomicroscopia (UBM) ha mostrato un ispessimento localizzato dell’eco sclerale superficiale nell’area della lesione.
  • La Tomografia a Coerenza Ottica (OCT) del segmento anteriore ha rivelato una massa solida corneosclerale che invadeva per metà lo spessore dello stroma corneale.
  • La Microscopia Confocale Corneale ha evidenziato un’area a basso eco vescicolare nella zona della lesione, con iperreflessione lamellare nell’epitelio e nello stroma corneale, e una mancanza di chiarezza nello stroma posteriore e nello strato endoteliale.

Parallelamente, un prelievo di sangue è stato inviato per la rilevazione dell’intero esone genetico. I risultati hanno confermato la diagnosi di Xeroderma Pigmentoso (genotipo XPC), identificando due variazioni eterozigoti nel gene XPC: una (c.1677 C > G: p.Tyr559Ter) già nota come patogenica e inclusa nel database ClinVar, e un’altra (c.155 C > G: p.Ser52Ter) probabilmente patogenica ma non ancora riportata in letteratura né inclusa in ClinVar. Il gene XPC gioca un ruolo cruciale non solo nella riparazione del DNA danneggiato dai raggi UVB, ma anche in altri meccanismi cellulari, rendendolo importante nella tumorigenesi, anche in aree non esposte alla luce.

La diagnosi istopatologica della massa rimossa chirurgicamente è stata sorprendente: emangioma misto corneosclerale. Si tratta di una formazione benigna composta da vasi sanguigni, prevalentemente vene a parete sottile e capillari. È un riscontro raro nei pazienti con XP, dove le lesioni cutanee precoci includono teleangectasie (dilatazione dei piccoli vasi). Si ipotizza quindi che questo emangioma oculare sia una manifestazione delle lesioni cutanee tipiche dell’XP sulla superficie dell’occhio.

Un giovane paziente con Xeroderma Pigmentoso in una clinica oftalmologica, il medico esamina il suo occhio destro con una lampada a fessura. Ritratto, obiettivo da 35mm, profondità di campo per mettere a fuoco il paziente e il medico, illuminazione soffusa da clinica, dettagli delle lesioni pigmentate sul viso del paziente.

Un Approccio Terapeutico Innovativo: Il Trapianto di Lenticolo

Data la crescita della massa e la necessità di una diagnosi precisa, si è optato per l’intervento chirurgico. Per ridurre il rischio di sanguinamento durante la rimozione del tumore, tre giorni prima dell’operazione è stato iniettato 1 mg di un farmaco anti-VEGF (Conbercept) nella sottocongiuntiva attorno alla lesione. I farmaci anti-VEGF sono una nuova frontiera nel trattamento delle malattie neovascolari della superficie oculare, aiutando a ridurre il sanguinamento intraoperatorio e a inibire la formazione di nuovi vasi post-operatori.

Durante l’intervento, la neoplasia corneosclerale e la pigmentazione congiuntivale sono state rimosse completamente e inviate per l’esame istopatologico. E qui arriva la parte più innovativa: per riparare il difetto corneosclerale lasciato dalla rimozione del tumore, sono stati utilizzati due lenticoli intrastromali. Cosa sono? Si tratta di piccoli dischi di tessuto corneale (in questo caso, diametro 6.6 mm, spessore 127um + 128um) ottenuti da una procedura di chirurgia refrattiva chiamata SMILE (Small Incision Lenticule Extraction). Questi lenticoli sono stati sovrapposti e suturati sull’area di resezione del tumore del paziente, agendo come un vero e proprio innesto donatore.

Questo approccio ha un duplice vantaggio: non solo ripristina l’integrità della superficie oculare, ma risponde anche alla crescente necessità di trapianti corneali in un contesto di scarsità di donatori. È una forma di cheratoplastica lamellare, ovvero un trapianto che sostituisce solo una parte dello spessore corneale.

Risultati Promettenti e Prospettive Future

A un anno dall’intervento, i risultati sono stati eccellenti! L’acuità visiva corretta dell’occhio destro era di 1.0 (equivalente a 20/20), i lenticoli intrastromali erano ben adesi e rimanevano trasparenti. I vasi sanguigni sclerali sotto l’innesto erano solo leggermente dilatati, condizione per cui è stata effettuata un’ulteriore iniezione sottocongiuntivale di farmaco anti-VEGF. L’astigmatismo non è aumentato significativamente rispetto ai livelli preoperatori e le condizioni generali del paziente sono stabili.

Questo caso dimostra come un trattamento personalizzato possa portare a risultati notevoli. Attualmente, non esiste una cura definitiva per lo Xeroderma Pigmentoso. La diagnosi precoce e misure rigorose di protezione solare sono fondamentali per ritardare l’insorgenza delle lesioni cutanee e prevenire il cancro. Per questo paziente, la combinazione di cheratoplastica lamellare con lenticolo intrastromale e iniezioni sottocongiuntivali di anti-VEGF si è rivelata una strategia efficace.

È fondamentale ricordare che, essendo l’XP una condizione genetica, questi pazienti necessitano di un monitoraggio costante e di una sorveglianza per tutta la vita. Ogni piccolo cambiamento, ogni nuova lesione, deve essere valutata attentamente. Ma storie come questa ci danno speranza e ci mostrano come l’ingegno medico e le nuove tecnologie possano offrire soluzioni concrete anche nelle situazioni più complesse.

Questo caso è una testimonianza della continua evoluzione della medicina oftalmica e dell’importanza di approcci su misura, soprattutto quando si affrontano malattie rare con manifestazioni così particolari. Davvero un raggio di luce per chi convive con lo Xeroderma Pigmentoso!

Visualizzazione al microscopio di un lenticolo stromale corneale trasparente, preparato per il trapianto, su un supporto sterile. Macro, obiettivo 60mm, alta definizione, illuminazione da laboratorio che evidenzia la trasparenza e la delicata struttura del tessuto, sfondo neutro.

Fonte: Springer