Panoramica di una torbiera dominata da Sphagnum nelle Puget Lowlands, Washington. Obiettivo grandangolare 10-24mm, lunga esposizione per ammorbidire eventuali nuvole nel cielo, messa a fuoco nitida sull'intera scena che cattura la vasta distesa di muschi e arbusti bassi, colori autunnali della vegetazione (rossi, gialli, verdi) in contrasto con il cielo azzurro, luce naturale brillante del tardo pomeriggio.

Torbiera o non Torbiera? Viaggio nel Cuore Umido delle Oasi di Sfagno di Washington

Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante, alla scoperta di ecosistemi tanto preziosi quanto delicati: le torbiere dominate da sfagno. Nello specifico, ci tufferemo (metaforicamente, s’intende!) nelle torbiere delle Puget Lowlands, nello stato di Washington, USA. Questi luoghi non sono solo scrigni di biodiversità, ma custodiscono anche importanti funzioni ecologiche e un profondo valore culturale per le tribù locali. Purtroppo, come spesso accade, l’attività umana, passata e presente, ha messo a dura prova queste aree, causandone perdita e degrado.

Perché studiare queste torbiere?

Capire come funzionano queste torbiere è fondamentale per poterle proteggere e gestire al meglio. Immaginatele come spugne naturali, ma con dinamiche molto complesse. La loro salute dipende da un equilibrio sottile tra il paesaggio circostante, i processi idrologici, la chimica dell’acqua e, ovviamente, la vita che ospitano. Una delle domande chiave che ci siamo posti in questa ricerca è: da dove prendono l’acqua queste torbiere? Sono vere “bog”, torbiere ombrotrofiche che si nutrono quasi esclusivamente di acqua piovana, povera di minerali? Oppure sono “fen”, torbiere minerotrofiche, alimentate anche da acque sotterranee o superficiali, più ricche di nutrienti? La distinzione non è solo accademica, perché influenza tutto: dalla vegetazione che vi cresce alla chimica dell’acqua, fino alla loro vulnerabilità agli stress esterni.

Tradizionalmente, in Nord America, le vere torbiere ombrotrofiche si trovano più a nord, in Alaska o Canada. Nello stato di Washington, sebbene il termine “bog” sia usato comunemente, solo una è stata scientificamente confermata come tale. Per questo, molti ricercatori preferiscono usare il termine più neutro “torbiera dominata da sfagno”, evitando classificazioni rigide che potrebbero non cogliere appieno la realtà. Queste torbiere sono così importanti che nello stato di Washington sono classificate come ecosistemi minacciati o sensibili. Pensate che ospitano il 13% delle piante rare dello stato, oltre a insetti, ragni e persino un pesciolino endemico (il mudminnow) a rischio! Durante il nostro studio, abbiamo persino documentato la prima segnalazione nordamericana di un piccolo verme, *Cognettia sphagnetorum*, proprio in una di queste torbiere.

Un’indagine approfondita sul campo

Per svelare i segreti di questi ecosistemi, abbiamo selezionato 17 siti nelle Puget Lowlands, un’area plasmata dalle glaciazioni passate, con un clima marittimo mite e piovoso soprattutto in inverno. Abbiamo scelto siti che rappresentassero una varietà di condizioni, dalla dimensione del bacino idrografico alla presenza di superfici impermeabili (strade, edifici) nei dintorni. In ogni torbiera, abbiamo identificato due zone chiave: il centro, più interno e tipicamente acido, e il lagg, la fascia perimetrale di transizione, spesso più influenzata dalle acque provenienti dall’esterno.

In queste due zone, abbiamo installato strumenti per monitorare le acque sotterranee poco profonde: livelli dell’acqua (con sensori automatici che registravano dati ogni due ore per oltre tre anni!), direzione del flusso d’acqua verticale (usando dei piezometri a diverse profondità) e abbiamo prelevato campioni di acqua interstiziale (l’acqua presente tra le particelle di torba) in primavera e a fine estate. Questi campioni sono stati poi analizzati in laboratorio per misurare pH, conducibilità elettrica (un indicatore della quantità di sali disciolti) e la concentrazione di vari ioni (come calcio, magnesio, cloruri, solfati, nutrienti). Infine, abbiamo meticolosamente censito la vegetazione, annotando tutte le specie di piante vascolari e i gruppi di muschi (soprattutto gli sfagni, ovviamente!) presenti, stimandone l’abbondanza.

Primo piano dettagliato di muschio Sphagnum in una torbiera delle Puget Lowlands. Obiettivo macro 100mm, alta definizione che mostra la struttura spugnosa e le diverse sfumature di verde e rosso del muschio, illuminazione controllata laterale per esaltare la texture.

Cosa ci dicono l’acqua e la chimica?

I risultati sono stati davvero illuminanti! Innanzitutto, i livelli dell’acqua seguono un andamento stagionale molto marcato, con picchi in inverno (quando piove di più) e minimi a fine estate. È interessante notare che i livelli dell’acqua, sia nel centro che nel lagg, sono correlati alla dimensione del bacino idrografico. Questo suggerisce che non dipendono solo dalla pioggia diretta, ma anche da un apporto di acque sotterranee locali o superficiali legate alle precipitazioni stagionali, soprattutto durante la stagione secca estiva.

Un altro aspetto cruciale è l’impatto dell’uso del suolo. Nei siti circondati da aree più sviluppate (con più superfici impermeabili), i livelli medi annuali dell’acqua nel lagg erano significativamente più alti rispetto ai siti “di riferimento” più naturali. Questo indica che l’urbanizzazione può alterare l’idrologia di queste fasce perimetrali. Curiosamente, nel centro della torbiera, questa differenza non era così evidente, suggerendo che il lagg svolga un ruolo di “cuscinetto” protettivo.

E il flusso dell’acqua? Ci si aspetterebbe che in una vera torbiera ombrotrofica, l’acqua piovana si infiltri verso il basso. In molti dei nostri siti, abbiamo effettivamente osservato gradienti verticali negativi (flusso verso il basso), specialmente nei centri. Tuttavia, in alcuni siti, abbiamo trovato gradienti positivi (flusso verso l’alto) o quasi nulli, soprattutto in certe stagioni o a certe profondità. Questo indica situazioni più complesse: forse flussi laterali, forse risalita di acque sotterranee durante la stagione secca, o persino l’influenza di scarichi di acque piovane in aree sviluppate. Solo due siti (Evans Creek e Queen’s Bog) hanno mostrato costantemente caratteristiche idrologiche tipiche delle torbiere ombrotrofiche. Insomma, l’idrologia da sola non basta a dare una risposta definitiva sulla natura “ombrotrofica” di molti di questi siti.

Passiamo alla chimica. Qui le cose si fanno ancora più interessanti! I centri delle torbiere hanno mostrato caratteristiche chimiche molto simili a quelle delle torbiere ombrotrofiche di tutto l’emisfero nord:

  • pH basso: In media intorno a 4.2-4.4, decisamente acido. La maggior parte delle misure era sotto il pH 4.5, una soglia spesso usata per definire le condizioni ombrotrofiche.
  • Bassa conducibilità elettrica corretta (ECcorr): Valori medi tra 28 e 47 µS/cm, indicativi di acqua povera di sali disciolti, molto più simili all’acqua piovana che alle acque sotterranee locali.
  • Basse concentrazioni di cationi: Soprattutto il Calcio (Ca2+), spesso sotto i 2.0 mg/L, un altro forte indicatore di ombrotrofia.

Al contrario, i lagg avevano pH più alti (media 5.36), ECcorr più elevata e concentrazioni di ioni (Ca2+, Mg2+, Na+, Cl-) decisamente maggiori, confermando la loro natura di zone di transizione influenzate da acque più ricche di minerali.

Anche qui, l’impatto umano è visibile. Nei lagg dei siti sviluppati, abbiamo trovato concentrazioni di Cloruri (Cl-) significativamente più alte, probabilmente a causa del deflusso stradale (sale antigelo). Anche l’ECcorr era più alta in primavera nei siti sviluppati, sia nei centri che nei lagg. Questo è preoccupante, perché un aumento di ioni può favorire specie vegetali meno tipiche delle torbiere acide e danneggiare gli sfagni, che sono le specie chiave di questi ecosistemi. Ancora una volta, il fatto che le differenze fossero meno marcate nei centri suggerisce che i lagg stiano, almeno in parte, “filtrando” questi impatti.

Fotografia di un ricercatore che preleva un campione d'acqua interstiziale da un pozzo piezometrico in una torbiera di sfagno. Obiettivo 35mm, profondità di campo che mantiene a fuoco sia la persona che l'ambiente circostante, luce naturale filtrata dagli alberi, contesto di ricerca sul campo.

La vegetazione racconta una storia

E le piante? La vegetazione è uno specchio fedele delle condizioni ambientali. Come previsto, abbiamo trovato differenze nette tra centri e lagg.
I centri erano dominati da:

  • Muschi del genere Sphagnum (sfagni), i veri architetti della torbiera.
  • Arbusti bassi della famiglia delle Ericacee (come il rododendro groenlandese, mirtilli palustri).
  • Licheni fruticosi (genere Cladonia) sulla superficie della torba.
  • Muschi piumosi (come Pleurozium schreberi).
  • Alberi stentati, soprattutto Tsuga heterophylla, spesso giovani.

I lagg, invece, ospitavano una maggiore ricchezza di specie (quasi il triplo!) e una vegetazione diversa:

  • Specie della famiglia Cyperaceae (carici).
  • Arbusti decidui (come Spiraea douglasii).
  • Alberi più sviluppati, anche specie diverse come ontani e frassini nei siti sviluppati.
  • Una varietà di erbe dicotiledoni.

Questa zonazione è tipica delle torbiere complesse e conferma le differenze idrogeochimiche osservate.

L’impatto dell’uso del suolo si riflette anche sulla vegetazione. Nei centri dei siti sviluppati, abbiamo notato una tendenza ad avere meno copertura di sfagni e licheni e più copertura di muschi piumosi. Questo potrebbe essere un segnale di condizioni leggermente più secche, più ombreggiate (a causa della crescita degli alberi) o con un leggero aumento di nutrienti. I muschi piumosi come Pleurozium schreberi sono noti per essere più tolleranti all’ombra e alla siccità rispetto a molti sfagni. La diminuzione degli sfagni è preoccupante, data la loro importanza ecologica. Inoltre, la presenza quasi esclusiva di alberi giovani nei centri suggerisce un possibile processo di “invasione” arborea recente, forse legato a cambiamenti climatici, all’assenza di disturbi naturali come gli incendi (un tempo forse gestiti dalle tribù locali) o agli stress indotti dall’uomo.

Nei lagg sviluppati, la situazione è ancora più marcata, con la presenza di specie erbacee assenti nei lagg di riferimento e una drastica riduzione della copertura di Cyperaceae. Abbiamo persino trovato specie invasive come la *Phalaris arundinacea* solo nei lagg sviluppati.

Composizione vegetale del centro di una torbiera di sfagno. Obiettivo macro 60mm, alta definizione, focus su un mix di Sphagnum spp. (verdi e rossastri), piccoli arbusti di Ericaceae (come Vaccinium oxycoccos con bacche rosse) e Drosera rotundifolia con le sue gocce adesive, illuminazione diffusa.

Allora, bog o non bog? E come proteggerle?

Tirando le somme, la domanda iniziale – sono vere torbiere ombrotrofiche? – non ha una risposta univoca per tutti i siti. Se guardiamo solo alla chimica dell’acqua (pH, ECcorr, Ca2+), la stragrande maggioranza dei centri (circa l’88%) assomiglia molto a una torbiera ombrotrofica. La vegetazione dei centri, dominata da sfagni e piante acidofile, punta nella stessa direzione. Tuttavia, l’idrologia è spesso più complessa, con evidenze di flussi non esclusivamente discendenti o con influenze del bacino idrografico che suggeriscono un certo apporto minerotrofico, anche se minimo.

Potremmo definirle “semi-ombrotrofiche” o semplicemente riconoscere che esiste un continuum tra condizioni puramente ombrotrofiche e quelle minerotrofiche. Quello che è certo è che i centri di queste torbiere sono ecosistemi acidi e poveri di nutrienti, fortemente influenzati dalle precipitazioni, anche se non sempre in modo esclusivo.

Dal punto di vista della gestione e della conservazione, questa sfumatura è importante. L’obiettivo non dovrebbe essere etichettare rigidamente un sito come “bog” o “fen”, ma capire le sue specifiche fonti d’acqua e la sua vulnerabilità. Il nostro studio dimostra chiaramente che anche piccoli input di acque superficiali o sotterranee derivanti da attività antropiche (come scarichi di acque piovane o deflusso da aree impermeabilizzate) possono alterare significativamente l’idrologia e la chimica, soprattutto nei lagg, ma con potenziali effetti a catena anche sui centri. Queste alterazioni, a loro volta, influenzano la composizione vegetale, potenzialmente mettendo a rischio le specie rare e le funzioni ecologiche uniche di questi habitat.

La protezione di queste preziose torbiere dominate da sfagno richiede quindi un approccio attento:

  • Evitare assolutamente scarichi diretti di acque piovane o altri reflui nelle torbiere.
  • Stabilire ampie fasce tampone di vegetazione naturale intorno alla torbiera e lungo i corsi d’acqua che vi affluiscono. Queste fasce aiutano a filtrare l’acqua e a mantenere condizioni idrologiche più naturali.
  • Mantenere la massima copertura naturale possibile all’interno dell’intero bacino idrografico della torbiera. Ridurre le superfici impermeabili e preservare le foreste circostanti è cruciale.

In conclusione, le torbiere dominate da sfagno delle Puget Lowlands sono ecosistemi complessi e affascinanti, spesso in bilico tra condizioni ombrotrofiche e minerotrofiche. Comprendere le loro dinamiche idrogeochimiche e la loro risposta agli stress antropici è il primo passo per garantire che questi gioielli di biodiversità possano continuare a prosperare per le generazioni future.

Veduta aerea di una torbiera di sfagno circondata da foresta, con un'area sviluppata visibile in lontananza. Obiettivo teleobiettivo zoom 100-400mm da drone, che mostra il pattern della vegetazione nella torbiera e il contrasto con l'uso del suolo circostante, luce solare diretta che evidenzia i colori.

Fonte: Springer

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