La Sfera di Cristallo Emotiva: Come la Tolleranza allo Stress Influenza le Nostre Previsioni sul Futuro (e il Nostro Umore!)
Ciao a tutti! Vi è mai capitato di svegliarvi la mattina con quella strana sensazione, quel presentimento che la giornata sarà un completo disastro? O, al contrario, di sentire che tutto andrà per il meglio? Ecco, questa capacità di “prevedere” come ci sentiremo in futuro si chiama, in termini un po’ più tecnici, previsione affettiva (o affective forecasting, se vogliamo fare i fighi con l’inglese). È un po’ come avere una sfera di cristallo interna che ci sussurra come andranno le cose a livello emotivo. Ma quanto è affidabile questa sfera? E, soprattutto, c’è qualcosa che può “disturbare” le sue previsioni o, al contrario, renderle più accurate o meno impattanti?
Recentemente, mi sono imbattuto in uno studio affascinante che ha cercato di rispondere proprio a una di queste domande, concentrandosi su un fattore chiave: la tolleranza allo stress. In pratica, si sono chiesti: la nostra capacità di sopportare le “botte” emotive della vita come influenza il legame tra le nostre previsioni sulla giornata e come ci sentiamo effettivamente? Preparatevi, perché quello che hanno scoperto potrebbe farvi riflettere parecchio su come affrontate le vostre giornate!
Cos’è questa storia dell’Affective Forecasting?
Prima di addentrarci nel cuore della ricerca, facciamo un piccolo ripasso. L’affective forecasting, come accennavo, è il nostro tentativo di predire le nostre future esperienze emotive. Non si tratta solo di indovinare se saremo felici o tristi, ma coinvolge quattro aspetti principali:
- La valenza dei nostri sentimenti futuri (positivi o negativi).
- Le emozioni specifiche che proveremo (gioia, rabbia, delusione, ecc.).
- L’intensità di queste emozioni.
- La durata di queste emozioni.
Un esempio classico? Pensate agli studenti che, magari dopo un brutto voto, cadono in un pensiero “tutto o niente”, convincendosi che nulla nella loro vita potrà mai migliorare. Questa è una forma di previsione affettiva, spesso pessimistica. Ricerche passate hanno già usato metodi come la valutazione ecologica momentanea (EMA) – in pratica, dei mini-sondaggi inviati più volte al giorno sullo smartphone – per studiare queste previsioni. Ad esempio, uno studio su persone con schizofrenia ha rivelato che tendevano ad aspettarsi settimane molto più cariche emotivamente di quanto poi non fossero in realtà. Chissà, forse è un modo per prepararsi mentalmente al peggio, o al meglio!
Entra in Scena la Tolleranza allo Stress
E qui arriva il nostro co-protagonista: la tolleranza allo stress. Cosa significa? È la nostra capacità di sperimentare e resistere a stati psicologici negativi. Immaginatela come uno “scudo” emotivo. Questa capacità si basa su come valutiamo le emozioni negative rispetto a quattro domini:
- La loro tollerabilità e avversività (quanto le riteniamo sopportabili).
- La loro valutazione e accettabilità (quanto le giudichiamo e le accettiamo).
- La loro tendenza ad assorbire l’attenzione e disturbare il nostro funzionamento.
- La nostra capacità di regolare le emozioni.
Esercizi di respirazione profonda, l’osservazione consapevole dei propri pensieri… sono tutte abilità che rientrano nella tolleranza allo stress. Avere una buona tolleranza allo stress è fondamentale: studi precedenti hanno mostrato che bassi livelli di questa capacità sono associati a maggiore ansia e depressione. Chi ha una bassa tolleranza allo stress, inoltre, tende a usare strategie di regolazione emotiva poco utili, come rimuginare, evitare le situazioni o sopprimere i sentimenti. Potrebbero, ad esempio, sovrastimare quanto negativamente una situazione li farà sentire, finendo per evitare esperienze potenzialmente positive solo per paura del disagio. Vi suona familiare?

L’Ipotesi: Un Intreccio Sospetto
Tornando al nostro studio, i ricercatori hanno ipotizzato una cosa molto interessante: se una persona ha una scarsa tolleranza allo stress, le sue previsioni negative su come andrà la giornata saranno associate in modo più forte a emozioni negative vissute effettivamente più tardi. In altre parole, se ti aspetti una brutta giornata e hai poca “benzina” per sopportare lo stress, è più probabile che tu ti senta davvero male. Questo potrebbe accadere perché, aspettandosi il peggio, si finisce per generare eventi o emozioni negative (un po’ come una profezia che si autoavvera), oppure perché chi ha una migliore tolleranza allo stress è più bravo a navigare gli eventi negativi che anticipa, subendone un impatto emotivo minore.
Come Abbiamo Messo alla Prova Questa Idea? (Lo Studio)
Per testare questa idea, i ricercatori hanno utilizzato i dati di un ampio campione di studenti universitari (ben 411, presi da un campione totale di 675) che partecipavano a uno studio più grande basato sulla valutazione ecologica momentanea (EMA). Per partecipare, bisognava avere almeno 18 anni e uno smartphone. I dati sono stati raccolti sia all’inizio (baseline) sia durante un periodo EMA in cui i partecipanti ricevevano sondaggi fino a sei volte al giorno, in momenti casuali, per otto settimane. Mica male come impegno!
Ogni mattina, agli studenti veniva chiesto: “Quanto credi a questa affermazione: Oggi sarà una bella giornata” (con una scala da 0 a 100%). Durante il giorno, poi, rispondevano a domande sul loro stato emotivo attuale (“In questo momento, quanto ti senti… triste, stressato, senza speranza, ansioso, ecc.?”) su una scala da 1 a 10.
La tolleranza allo stress è stata misurata con un questionario self-report da 15 item, chiamato Distress Tolerance Scale (DTS), dove i partecipanti valutavano affermazioni come “Tengo le mie emozioni per me” o “Farei qualsiasi cosa per smettere di sentirmi angosciato o turbato”.
E Quindi? I Risultati Parlano Chiaro!
Ebbene sì, l’ipotesi è stata confermata! I risultati hanno mostrato che, in generale, previsioni più basse su quanto sarebbe stata bella la giornata erano associate a un maggiore affetto negativo più tardi. Ma la parte succosa è che la tolleranza allo stress moderava questa relazione.
Cosa significa “moderava”? Significa che l’effetto era diverso a seconda del livello di tolleranza allo stress. Nello specifico, il legame tra le previsioni sulla giornata e l’affetto negativo era più forte per coloro che avevano una tolleranza allo stress inferiore alla media. Per chi aveva una tolleranza media o superiore alla media, il legame era comunque presente, ma meno marcato.
In pratica: se hai una bassa tolleranza allo stress e ti svegli pensando “oggi andrà male”, è molto più probabile che tu ti senta effettivamente peggio durante la giornata rispetto a una persona con alta tolleranza allo stress che fa la stessa previsione negativa. È come se la bassa tolleranza amplificasse l’impatto delle aspettative negative.

Cosa Ci Portiamo a Casa da Tutto Questo?
Questi risultati sono super interessanti perché ci dicono molto su come funzioniamo. Una possibile interpretazione è che le persone meno ottimiste su come andrà la giornata, e meno equipaggiate per gestire il disagio, finiscono per sperimentare più emozioni negative. È un po’ l’effetto aspettativa: se ti aspetti che la giornata vada male e non hai gli strumenti per gestire lo stress, potresti involontariamente contribuire a farla andare peggio, o comunque a percepirla come tale.
La buona notizia? Questo studio sottolinea come praticare la tolleranza allo stress possa promuovere la resilienza emotiva. Imparare a gestire attivamente le emozioni intense, invece di evitarle, ci fornisce strumenti per affrontare situazioni stressanti. E questo, soprattutto per gli studenti universitari (ma direi per tutti noi!), è collegato a una maggiore flessibilità cognitiva.
Un altro aspetto chiave è l’accettazione. Saper accettare una situazione senza giudicarla, soprattutto quando si prevede che la giornata sarà brutta ancor prima che inizi, può fare una grande differenza. Acquisire strumenti per accettare la realtà così com’è, senza giudicarla, costruisce tolleranza allo stress e probabilmente riduce le previsioni affettive negative.
Limiti e Prossimi Passi (Perché la Scienza Non Si Ferma Mai)
Come ogni studio, anche questo ha i suoi limiti. Il campione era composto principalmente da studenti universitari bianchi e asiatici, quindi sarebbe importante replicare questi risultati con campioni più rappresentativi. Anche l’età e il livello di istruzione sono fattori da considerare per studi futuri, magari includendo adolescenti o adulti più anziani per vedere se ci sono differenze.
Inoltre, la tolleranza allo stress è stata misurata con un questionario, che riflette la percezione della propria capacità di tollerare lo stress, non necessariamente la capacità diretta. Sarebbe interessante vedere studi futuri che utilizzino compiti comportamentali per misurarla.
Nonostante ciò, questo studio ha decisamente arricchito la nostra comprensione del legame tra le previsioni quotidiane e l’affetto negativo, evidenziando il ruolo cruciale della tolleranza allo stress. Speriamo che apra la strada a ulteriori indagini, magari su campioni più ampi della comunità.
Insomma, la prossima volta che vi svegliate con un brutto presentimento, ricordatevi che la vostra “sfera di cristallo” emotiva potrebbe essere influenzata dal vostro “scudo” contro lo stress. Lavorare su quest’ultimo potrebbe non solo aiutarvi a sentirvi meglio, ma anche a rendere le vostre previsioni meno cupe e, forse, meno auto-avveranti!
Fonte: Springer
