Visualizzazione artistica e fotorealistica della proteina TMPRSS11D che si auto-attiva, con dettagli molecolari del sito di clivaggio e un virus SARS-CoV-2 in avvicinamento. Prime lens, 35mm, depth of field, con toni blu e arancioni per evidenziare l'interazione.

TMPRSS11D: Il Segreto dell’Auto-Attivazione e la Caccia a Nuovi Farmaci Antivirali!

Amici scienziati e curiosi di ogni sorta, preparatevi perché oggi vi porto nel cuore pulsante della ricerca, in un viaggio affascinante alla scoperta di una proteina che, un po’ come un agente doppio, gioca un ruolo cruciale nell’ingresso di alcuni virus nelle nostre cellule: la TMPRSS11D. E non solo, vi racconterò come abbiamo svelato alcuni dei suoi trucchi più nascosti!

Virus e Proteine: Un Incontro Decisivo

Partiamo dalle basi. Quando pensiamo a virus come il SARS-CoV-2 (sì, proprio lui, il protagonista della pandemia di COVID-19) o i virus dell’influenza A/B, spesso ci concentriamo sul virus stesso. Ma c’è un’intera orchestra di molecole umane che, inconsapevolmente, apre loro la porta. Tra queste, una famiglia di enzimi chiamati proteasi transmembrana di tipo II a serina (TTSP) è finita sotto i riflettori. Immaginatele come delle forbici molecolari che si trovano sulla superficie delle nostre cellule.

La TMPRSS2 è forse la più famosa del gruppo, nota per “tagliare” la proteina Spike del SARS-CoV-2, un passaggio fondamentale per permettere al virus di fondersi con la nostra cellula e iniziare l’infezione. Ma cosa succede se TMPRSS2 non c’è o non funziona a dovere? Ecco che entra in gioco la nostra protagonista di oggi, la TMPRSS11D, nota anche come HAT (Human Airway Trypsin-like protease). Questa proteina è abbondantemente espressa nelle nostre vie aeree e, come la sua “cugina” TMPRSS2, può dare una mano ai virus respiratori a entrare. Capire come funzionano queste proteasi è quindi fondamentale, non solo per comprendere le infezioni virali, ma anche perché quando la loro attività va fuori controllo, possono contribuire all’aggressività di alcuni tumori.

Il Mistero dell’Attivazione: Come si “Accendono” le Proteasi?

Una cosa importante da sapere sulle TTSP è che nascono come precursori inattivi, chiamati zimogeni. Per “accendersi” e diventare attive, devono essere tagliate in un punto specifico del loro “motivo di attivazione”. È un po’ come un meccanismo di sicurezza: la forbice molecolare è lì, ma le lame sono bloccate finché non arriva il segnale giusto. Una volta attivate, possono mettersi al lavoro e tagliare altre proteine, inclusi i rivestimenti dei virus.

La domanda che ci siamo posti era: chi o cosa attiva queste proteasi? E se fossero in grado di attivarsi da sole? Questa è stata una delle scoperte più intriganti del nostro studio: abbiamo dimostrato che sia TMPRSS2 che TMPRSS11D possono spontaneamente ed efficientemente tagliare il proprio motivo di attivazione, un processo chiamato autoclivaggio. In pratica, si “accendono” da sole! Questo potrebbe spiegare perché sono così efficaci nel facilitare l’ingresso virale: sono sempre pronte all’azione.

Per studiare queste proteine, abbiamo dovuto superare non poche sfide. Produrre queste proteine attive in laboratorio in grandi quantità è complicato, proprio perché tendono ad auto-attivarsi e, diciamo, a “fare un po’ di casino” con il sistema di produzione. Abbiamo quindi usato un trucchetto di ingegneria proteica: abbiamo modificato leggermente il loro motivo di attivazione (sostituendolo con una sequenza chiamata DDDDK) per poterle produrre in forma inattiva e attivarle “a comando” solo quando ci serviva. Questa strategia, che avevamo già usato per TMPRSS2 e che abbiamo chiamato “das” (directed activation strategy), ha funzionato alla grande anche per TMPRSS11D (creando dasTMPRSS11D), permettendoci di ottenere la proteina attiva e pura.

Visualizzazione 3D fotorealistica di una proteina TMPRSS11D sulla membrana cellulare, con un virus SARS-CoV-2 che si avvicina. Macro lens, 80mm, high detail, precise focusing, controlled lighting, con la proteina che mostra un sito di clivaggio illuminato in modo evidente.

Guardare Dentro la Proteina: Le Strutture Cristalline

Una volta ottenuta la proteina, volevamo vederla da vicino, capire la sua forma tridimensionale per carpirne i segreti. E ci siamo riusciti! Abbiamo determinato le strutture co-cristalline di TMPRSS11D legata sia al suo motivo di attivazione nativo (quello vero) sia a quello ingegnerizzato. È stato come avere una mappa dettagliata del suo sito attivo, la regione dove avvengono i tagli.

Queste strutture ci hanno regalato informazioni preziose. Ad esempio, abbiamo visto come il motivo di attivazione tagliato di una molecola di TMPRSS11D si incastra nel sito attivo di una molecola vicina nel cristallo. Questo ha confermato visivamente come possa avvenire l’autoclivaggio e perché, quando la proteina è molto concentrata (come può accadere sulla superficie cellulare), si attivi così rapidamente. Abbiamo anche notato delle caratteristiche distintive nella “tasca” di legame di TMPRSS11D, che la differenziano da altre proteasi.

Alla Ricerca di Inibitori: Bloccare l’Azione Virale

Conoscere la struttura è il primo passo per disegnare farmaci. Il nostro obiettivo successivo è stato sviluppare degli inibitori peptidomimetici, piccole molecole che mimano la parte di proteina che viene tagliata, ma che invece di essere tagliate, bloccano il sito attivo dell’enzima. E i risultati sono stati entusiasmanti! Abbiamo creato inibitori (chiamati PM-1 e PM-2, basati sulle sequenze di attivazione di TMPRSS11D e TMPRSS2) capaci di bloccare TMPRSS11D con una potenza nanomolare, cioè a concentrazioni bassissime.

Ma non ci siamo fermati qui. Abbiamo testato anche un farmaco già noto, il nafamostat mesilato, un inibitore ad ampio spettro delle serin proteasi che è stato anche studiato in trial clinici per la COVID-19 proprio perché si pensava bloccasse TMPRSS2. Sorpresa! Abbiamo scoperto che mentre il nafamostat è un buon inibitore di TMPRSS2, la TMPRSS11D lo tratta più come un substrato: lo taglia rapidamente, convertendolo in derivati con attività molto più bassa. In pratica, TMPRSS11D “disarma” il nafamostat in poche ore, mentre l’inibizione su TMPRSS2 dura molto di più (oltre 73 volte più a lungo!).

Questa scoperta è cruciale. Ci dice che un farmaco che funziona bene contro una proteasi potrebbe non essere altrettanto efficace contro un’altra, anche se molto simile. E ci spiega perché il nafamostat potrebbe non essere la soluzione ideale per bloccare TMPRSS11D nelle vie aeree. Le nostre strutture cristalline ci hanno aiutato a capire il perché: la tasca S1 di TMPRSS11D (una parte cruciale del sito attivo) ha delle differenze rispetto a quella di TMPRSS2, che rendono il legame con il nafamostat meno stabile e più incline all’idrolisi (cioè al taglio).

Un laboratorio di ricerca high-tech, still life, con provette contenenti liquidi colorati fluorescenti, un modello molecolare di un inibitore peptidomimetico legato a una proteina TMPRSS11D visualizzato su uno schermo di computer. Macro lens, 100mm, precise focusing, illuminazione da studio soffusa, profondità di campo.

Nuove Armi Contro i Virus: Peptidomimetici su Misura

Fortunatamente, i nostri inibitori peptidomimetici, in particolare quelli contenenti una “testata” chimica chiamata chetobenzotiazolo (kbt), si sono dimostrati molto più stabili e potenti contro TMPRSS11D. Abbiamo ulteriormente ottimizzato questi inibitori, giocando con gli amminoacidi nelle posizioni P2 e P3 (vicino al punto di taglio). Ad esempio, un peptidomimetico chiamato PM-3 (Ac-Glu-Glu-Arg-kbt) si è rivelato un potentissimo inibitore sia di TMPRSS11D che di TMPRSS2. Un altro, PM-5, ha mostrato una certa selettività per TMPRSS2 rispetto a TMPRSS11D. Questo ci dà strumenti preziosi per studiare il ruolo specifico di queste due proteasi e, potenzialmente, per sviluppare farmaci più mirati.

Abbiamo anche confermato che la nostra TMPRSS11D attiva è in grado di tagliare la proteina Spike del SARS-CoV-2, proprio come ci aspettavamo, e che i nostri inibitori possono bloccare questa attività. Questo ci fornisce un saggio funzionale utilissimo per testare futuri composti.

Oltre TMPRSS11D: Implicazioni e Prospettive Future

Le scoperte che abbiamo fatto non si limitano a TMPRSS11D. Il fatto che queste proteasi possano auto-attivarsi e che la loro attivazione sia così strettamente legata alla loro capacità di aiutare i virus, apre nuove prospettive. Potrebbe essere che l’autoclivaggio sia una sorta di “marchio di fabbrica” delle proteasi più efficienti nel promuovere le infezioni virali.

Inoltre, la strategia di cristallizzazione che abbiamo usato, sfruttando il motivo di attivazione tagliato come una sorta di “etichetta” per aiutare le proteine a formare cristalli, potrebbe essere applicata anche ad altre TTSP, molte delle quali sono ancora poco caratterizzate strutturalmente. Certo, ci sono delle sfide: altre parti della proteina (i cosiddetti domini “stem”) potrebbero intralciare, ma con le giuste modifiche ingegneristiche, potremmo riuscire a svelare la struttura di molti altri membri di questa importante famiglia di enzimi.

In conclusione, il nostro viaggio nel mondo di TMPRSS11D ci ha fornito una comprensione molto più profonda di come questa proteina si “accende” e di come interagisce con gli inibitori. Abbiamo sviluppato nuovi strumenti (gli inibitori peptidomimetici) e messo in luce i limiti di farmaci esistenti come il nafamostat quando si tratta di TMPRSS11D. Questo lavoro non solo fa luce sui meccanismi che i virus sfruttano per infettarci, ma spiana anche la strada per la scoperta di futuri farmaci antivirali, mirati a disarmare queste “forbici molecolari” prima che possano aprire le porte ai nostri nemici invisibili. La ricerca continua, e ogni pezzetto del puzzle che aggiungiamo ci avvicina a strategie terapeutiche sempre più efficaci!

Immagine astratta fotorealistica che rappresenta la struttura cristallina di una proteina, con eliche alfa e foglietti beta visibili in dettaglio, illuminata da fasci di luce blu e viola su sfondo scuro. Macro, 60mm, high detail, effetto profondità di campo, texture proteica evidente.

Fonte: Springer

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