TMEM106B: Quando Troppo Stroppia nel Cervello – Il Legame Nascosto con Lisosomi, Sinapsi e Salute Neuronale
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi affascina da morire nel campo delle neuroscienze, una proteina un po’ misteriosa chiamata TMEM106B. Magari il nome non vi dice molto, ma fidatevi, sta emergendo come una protagonista silenziosa (e a volte un po’ problematica) nella storia del nostro cervello, specialmente quando si parla di invecchiamento e di quelle malattie terribili che chiamiamo neurodegenerative.
Sapete, per anni abbiamo studiato come certe varianti genetiche nel gene TMEM106B influenzassero il rischio di sviluppare patologie come la degenerazione lobare frontotemporale (FTLD), l’Alzheimer (AD), il Parkinson, e persino come modificassero l’invecchiamento cerebrale “sano”. La cosa interessante? Sembra proprio che il “lato oscuro” di queste varianti sia legato a un aumento dei livelli di questa proteina TMEM106B. Un po’ controintuitivo, vero? Spesso pensiamo che avere “meno” di qualcosa sia il problema, ma qui pare essere il contrario.
Il Mistero dell’Eccesso: Perché Più TMEM106B Potrebbe Essere un Problema?
Ecco il punto cruciale: nonostante sapessimo di questo legame tra varianti genetiche “a rischio” e più proteina TMEM106B, nessuno aveva davvero capito *come* questo eccesso danneggiasse il cervello o contribuisse all’invecchiamento. Molti studi precedenti si erano concentrati sui modelli “knock-out”, cioè topi a cui era stata tolta la proteina. Sorprendentemente, togliere TMEM106B peggiorava le cose in certi modelli animali, specialmente in combinazione con altre mutazioni (come quelle nel gene GRN legate alla FTLD), causando gravi problemi motori. Ma questi risultati non rispecchiavano quello che vediamo negli umani con le varianti di rischio, dove non ci sono associazioni chiare con problemi motori di quel tipo.
Insomma, c’era un bel buco nella nostra comprensione. Come fa *più* TMEM106B a essere un fattore di rischio? Cosa succede davvero nel cervello quando questa proteina è troppo abbondante? Per rispondere a queste domande, ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo deciso di creare qualcosa di nuovo.
La Nostra Creazione: Un Topo “Superdotato” di TMEM106B
Abbiamo sviluppato il primo modello di topo transgenico che *sovraesprime* con successo la proteina TMEM106B umana (la versione T185, per i più tecnici). Non è stato facile, perché il corpo ha meccanismi molto stretti per regolare i livelli di questa proteina. Ma ce l’abbiamo fatta! Abbiamo creato topi che, a seconda che avessero una (eterozigoti, hTMEM106B(+)) o due copie (omozigoti, hTMEM106B(++)) del transgene, producevano rispettivamente circa 4 e 8 volte più proteina TMEM106B rispetto ai topi normali. E la cosa importante è che questo avveniva senza che i livelli della loro proteina murina (quella “originale” del topo) diminuissero. Bingo! Avevamo finalmente un modello per studiare gli effetti dell’eccesso di TMEM106B.
Primi Indizi: I Lisosomi Vanno in Tilt
La proteina TMEM106B si trova principalmente sulla membrana dei lisosomi, gli “inceneritori” della cellula, responsabili dello smaltimento dei rifiuti. Quindi, la prima cosa che siamo andati a vedere è stata proprio la salute di questi organelli. Già in cellule chiamate fibroblasti (MEFs), derivate dai nostri topi “superdotati”, abbiamo notato qualcosa di strano: erano piene di grandi vacuoli, delle specie di bolle anomale. E più TMEM106B c’era, più vacuoli si formavano. Questo era un chiaro segno di disfunzione lisosomiale.
Siamo poi passati ai neuroni corticali primari, le cellule più rilevanti per le malattie che ci interessano. Anche qui, i neuroni con più TMEM106B mostravano questi vacuoli. Usando tecniche avanzate come la microscopia elettronica a trasmissione (TEM) e la microscopia ad espansione (che ci permette di vedere dettagli incredibilmente piccoli), abbiamo confermato che questi vacuoli erano strutture derivate dai lisosomi, ingrandite a dismisura, a volte superando i 10 micrometri! Erano positivi per marcatori lisosomiali come LAMP1 e per la stessa TMEM106B, ma non per marcatori di autofagosomi come LC3, suggerendo un problema specifico nella via endo-lisosomiale. Non solo: i neuroni con più TMEM106B avevano anche *meno* lisosomi piccoli e funzionali e mostravano una ridotta capacità degradativa (misurata con DQ-BSA e attività della catepsina D). Insomma, l’eccesso di TMEM106B sembra “inceppare” il sistema di smaltimento dei rifiuti neuronali.
Effetti a Cascata: Dai Geni alle Sinapsi
Ok, i lisosomi non funzionano bene. Ma quali sono le conseguenze a lungo termine nel cervello vivo? Per capirlo, abbiamo analizzato l’espressione genica nel cervello dei nostri topi a 15 mesi di età (un’età considerata avanzata per un topo). E qui la sorpresa: non abbiamo trovato grandi cambiamenti nei geni lisosomiali, ma abbiamo scoperto una significativa riduzione nell’espressione di un gruppo di geni noti come “geni precoci immediati” (IEGs). Tra questi c’erano nomi importanti come Fos, Arc, Egr1/2, Nr4a1/3, e il fattore di trascrizione Npas4.
Questi IEGs sono fondamentali per la plasticità neuronale, l’apprendimento e la memoria. Si attivano rapidamente in risposta all’attività neuronale e sono cruciali per consolidare nuove connessioni e ricordi. La loro downregulation suggeriva che qualcosa a livello di comunicazione tra neuroni non stesse funzionando a dovere. E non era un effetto presente dalla nascita: abbiamo visto che questa riduzione diventava evidente e significativa solo con l’invecchiamento dei topi (a partire dai 6 mesi e peggiorando a 12-15 mesi).
L’analisi dei pathway ha indicato un coinvolgimento della via di segnalazione delle neurotrofine (NTRK), essenziale per la sopravvivenza e la funzione neuronale. Forse la disfunzione lisosomiale causata da TMEM106B interferisce con il traffico o la degradazione dei recettori per le neurotrofine? È un’ipotesi affascinante.
Coerentemente con la riduzione degli IEGs, siamo andati a vedere la funzionalità delle sinapsi nell’ippocampo (un’area chiave per la memoria) di topi di 12 mesi. Abbiamo usato l’elettrofisiologia per misurare la trasmissione sinaptica. Sebbene la capacità di potenziare le sinapsi a lungo termine (LTP, un meccanismo cellulare dell’apprendimento) fosse ancora presente, abbiamo notato un’alterazione significativa nella cosiddetta “facilitazione a coppia di impulsi” (paired-pulse facilitation). Questo parametro ci dà indizi sulla probabilità di rilascio dei neurotrasmettitori dalla terminazione presinaptica. Nei nostri topi con più TMEM106B, questa facilitazione era ridotta, suggerendo un difetto nella trasmissione presinaptica. È la prima volta che si collega direttamente un aumento di TMEM106B a un’alterazione funzionale delle sinapsi in vivo!
Comportamento e Destino dei Neuroni: Conseguenze a Lungo Termine
Visto il coinvolgimento di IEGs e sinapsi, ci aspettavamo forse problemi di apprendimento o memoria. Abbiamo testato i topi a 6 mesi con una batteria di test comportamentali, ma non abbiamo trovato differenze significative. Tuttavia, ripetendo alcuni test a 12 mesi, è emerso un quadro diverso: i topi con più TMEM106B mostravano un comportamento simile all’ansia (passavano più tempo nei bracci chiusi del labirinto a croce elevato) ed erano meno esplorativi sia nel labirinto che nell’open field test. Questo è interessante perché TMEM106B è stata collegata anche a disturbi dell’umore negli umani.
Infine, abbiamo esaminato il cervello di topi molto anziani (21 mesi). Non abbiamo visto segni evidenti di infiammazione o gliosi (attivazione delle cellule di supporto del cervello, spesso presente nelle malattie neurodegenerative). Tuttavia, abbiamo osservato una lieve ma significativa perdita neuronale nell’ippocampo dei topi con più TMEM106B. Questo conferma che livelli elevati di questa proteina, nel lungo periodo, hanno un impatto negativo sulla sopravvivenza dei neuroni, un dato che si allinea con studi umani che associano le varianti di TMEM106B alla proporzione neuronale nel cervello che invecchia.
È importante notare che non abbiamo trovato aggregati patologici di TDP-43 (tipici della FTLD) né fibrille della stessa TMEM106B (recentemente scoperte nel cervello umano anziano e malato). Questo suggerisce che il nostro modello non replica tutti gli aspetti della malattia umana, ma piuttosto cattura gli effetti dell’aumento di TMEM106B sull’invecchiamento cerebrale e sulla salute neuronale di base.
Cosa Significa Tutto Questo?
Il nostro lavoro, per la prima volta, modella direttamente quello che succede quando i livelli di TMEM106B aumentano, come accade nelle persone portatrici delle varianti genetiche di rischio. I risultati supportano fortemente l’ipotesi che un eccesso di TMEM106B sia dannoso per la salute del cervello. Lo fa causando disfunzione lisosomiale, che a sua volta porta a problemi nella segnalazione neuronale (downregulation degli IEGs, alterata trasmissione sinaptica) e, nel tempo, a comportamenti ansiosi e persino a perdita di neuroni.
Pensiamo che questo aumento di TMEM106B non causi direttamente una malattia neurodegenerativa da solo, ma piuttosto renda il cervello meno resiliente, più vulnerabile agli insulti legati all’età o ad altri fattori patologici. È come se abbassasse le difese del cervello.
Questo nuovo modello animale sarà uno strumento preziosissimo per studiare più a fondo come TMEM106B contribuisce all’invecchiamento e come modifica il rischio per tante malattie legate all’età. Ci aiuterà a capire meglio i meccanismi e, speriamo, a trovare nuove strategie per proteggere il nostro cervello.
Insomma, la storia di TMEM106B è un esempio perfetto di come nella biologia “il troppo stroppia”. A volte, mantenere il giusto equilibrio è davvero la chiave per la salute, specialmente in un organo complesso e delicato come il nostro cervello.
Fonte: Springer