Tigre dell’Amur: Il Parco C’è, Ma Basterà? Sfide e Speranze dalla Cina
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di una creatura magnifica, quasi mitologica, e degli sforzi incredibili che si stanno facendo per salvarla: la tigre dell’Amur (Panthera tigris altaica). Immaginate questo felino maestoso, il più grande del mondo, che si aggira nelle foreste innevate del confine tra Russia e Cina. Purtroppo, la sua sopravvivenza è appesa a un filo. Ma c’è una luce di speranza: la Cina ha creato un parco nazionale enorme, il Northeast Tiger and Leopard National Park (NTLNP), proprio per proteggere queste tigri e i leopardi dell’Amur, altrettanto rari.
La domanda che mi sono posto, e che si sono posti anche i ricercatori di cui vi racconto oggi, è: basta creare un parco sulla carta? È davvero un rifugio sicuro per questi predatori alfa e per le loro prede? Sembra una domanda semplice, ma la risposta è complessa e affascinante.
Un Gigante a Rischio e una Nuova Speranza
Partiamo dai problemi. Le grandi minacce per i carnivori come la nostra tigre sono sempre le stesse, purtroppo:
- Perdita di foresta e frammentazione dell’habitat (causate da noi umani e da fattori naturali).
- Scarsità di prede.
- Bracconaggio (anche se su questo si sono fatti passi avanti).
Circa dieci anni fa, si stimava ci fossero meno di 600 tigri dell’Amur, divise in piccole popolazioni isolate. Quelle in Cina, in particolare, se la passavano peggio rispetto alle “cugine” russe, proprio a causa della pressione umana.
Per fortuna, con la creazione del NTLNP nel 2016, le cose hanno iniziato a migliorare. Più protezione dell’habitat, più controllo sulle attività umane… e la piccola popolazione di tigri lungo il confine ha iniziato timidamente a crescere. Questo ci dice che la strada è giusta, ma c’è ancora tanto da capire e da fare.
Capire Dove Vivono: Habitat e Prede
Una tigre non vive ovunque. Ha bisogno di spazio, tanto spazio, e soprattutto di cibo. La sua distribuzione dipende moltissimo dalle sue prede preferite. Nel NTLNP, la chiave per l’espansione della tigre verso l’interno della Cina è legata all’aumento di ungulati come il cervo sika (Cervus nippon), il cinghiale (Sus scrofa) e il capriolo siberiano (Capreolus pygargus).
Mentre cinghiali e caprioli se la cavano meglio, il cervo sika, una preda fondamentale, ha sofferto molto a causa del pascolo di bestiame domestico lasciato libero. Pensate, le mucche che competono per il cibo con i cervi! Anche se i cinghiali sono abbondanti, le tigri hanno bisogno di cervidi di taglia medio-grande nella loro dieta. E visto che il cervo nobile (Cervus canadensis) è raro da queste parti, il cervo sika diventa cruciale.
I ricercatori hanno usato modelli statistici avanzati (come i Bayesian Additive Regression Trees, o BART – roba da scienziati!) per mappare le aree preferite sia dalle tigri che dai cervi sika, considerando fattori come l’altitudine, la pendenza, la copertura forestale, la vicinanza a strade e insediamenti umani, e persino il “costo energetico” degli spostamenti sul terreno (sì, hanno calcolato quanta fatica fa una tigre a camminare in salita!).

Una cosa interessante è che le tigri e i cervi sika scelgono l’habitat considerando fattori a scale diverse. Le tigri, con i loro enormi territori, “guardano” il paesaggio su scale più ampie, mentre i cervi sono più influenzati da fattori a scala media, come l’altezza della copertura forestale. Questo ci ricorda quanto sia importante studiare l’ecologia a diverse “risoluzioni”.
I risultati? Beh, come ci si poteva aspettare, gli habitat preferiti da tigri e cervi sika si sovrappongono moltissimo (oltre il 50%!). Entrambi amano le zone a bassa quota, lontane dagli insediamenti umani (le tigri ancora di più dei cervi), e con una buona copertura forestale. Le tigri, inoltre, sembrano preferire creste e terreni che facilitano la caccia e gli spostamenti. La maggior parte di queste aree “top” si concentra nella parte sud-orientale del parco, lungo il confine con la Russia.
Corridoi per il Futuro: Collegare le Aree Vitali
Avere delle belle aree di habitat va bene, ma se sono isolate come isole in un oceano ostile, non servono a molto per la sopravvivenza a lungo termine di una popolazione. Le tigri hanno bisogno di muoversi, disperdersi, trovare nuovi partner. Ecco perché identificare e proteggere i corridoi ecologici è fondamentale.
Usando un’altra tecnica affascinante chiamata “teoria dei circuiti” (che immagina il paesaggio come un circuito elettrico dove gli animali “scelgono” i percorsi a minor resistenza), i ricercatori hanno identificato:
- 4 habitat “core” (aree centrali e più importanti) per le tigri, per un totale di circa 3550 km².
- 28 habitat “core” per i cervi sika, per circa 3470 km².
- 4 potenziali corridoi per le tigri per collegare i loro habitat core.
- 48 potenziali corridoi per i cervi sika.
Hanno anche individuato dei “colli di bottiglia” (pinch points) lungo questi corridoi: punti critici dove il passaggio è più difficile e che quindi richiedono una protezione speciale. Hanno persino calcolato la “centralità” di ogni area core, scoprendo che alcune (come la C3 per le tigri) funzionano come veri e propri “hub” o “stepping stones” (pietre di guado) per collegare le altre.

Il Parco Funziona? Sì, Ma… C’è un Grosso Ma!
La buona notizia è che la zonizzazione del parco (la divisione in aree a protezione integrale e aree di controllo) sembra fatta abbastanza bene. Le zone a protezione “core” coprono gran parte degli habitat fondamentali delle tigri (quasi l’82%) e la stragrande maggioranza dei corridoi identificati (oltre il 91%). Questo è un ottimo punto di partenza!
E allora qual è il problema? Il problema, amici miei, è quello che succede *dentro* queste aree protette. L’analisi dei dati raccolti da centinaia di fototrappole per anni ha rivelato una verità scomoda: le aree cruciali per le tigri sono pesantemente disturbate dalle attività umane.
Il Problema Nascosto: L’Impatto Umano Dentro le Zone Protette
I ricercatori hanno quantificato la presenza dei tre disturbi antropici più frequenti:
- Bestiame al pascolo libero (mucche): Presente in quasi il 35% degli habitat core delle tigri e nel 27% delle aree corridoio. In alcune zone (come l’habitat C3 e il corridoio L1) l’impatto è particolarmente grave. Questo non solo disturba la fauna, ma compete direttamente con i cervi sika per il cibo, minando la base alimentare della tigre.
- Cani domestici vaganti: Infiltrati in oltre il 45% degli habitat core e nel 38% dei corridoi. I cani possono predare la fauna selvatica, ma soprattutto possono trasmettere malattie devastanti, come il cimurro canino (CDV), che ha già decimato popolazioni di grandi carnivori altrove. Immaginate cosa potrebbe succedere se arrivasse alle tigri!
- Presenza umana diretta (persone): È il disturbo più diffuso, rilevato in oltre il 52% degli habitat core e nel 54% dei corridoi! Attività come la raccolta di piante, l’agricoltura (ginseng, rane) e semplicemente il passaggio di persone disturbano gli animali e degradano l’habitat. L’habitat C4, in particolare, è quasi interamente disturbato.
In totale, quasi il 60% degli habitat core delle tigri e il 55% dei loro corridoi sono influenzati da questi disturbi. Capite? Anche nelle zone che sulla carta dovrebbero essere il santuario della tigre, l’impronta umana è pesante e pervasiva. Questa è la vera, grande sfida gestionale per il parco NTLNP.

Cosa Fare? Raccomandazioni Concrete
Questo studio non si limita a evidenziare i problemi, ma offre anche soluzioni e raccomandazioni preziose:
- Migliorare la Zonizzazione: Anche se buona, la zonizzazione può essere ottimizzata. Bisogna considerare l’inclusione nelle zone “core” di aree cruciali per la connettività che ora sono poco coperte (come parti degli habitat C2, C3 e il corridoio L4), tenendo conto ovviamente della presenza di villaggi e delle necessità delle comunità locali.
- Gestire il Pascolo: È urgente regolamentare il pascolo del bestiame, specialmente nelle aree vitali per la dispersione della fauna (corridoi L1, L4, habitat C3). Non si può eliminare dall’oggi al domani un’attività economica importante, ma si può pianificare una riduzione graduale, stabilire compensazioni per chi smette, e rafforzare la sorveglianza.
- Controllare i Cani Vaganti: Bisogna implementare politiche per controllare la presenza di cani nelle aree “core”, per ridurre il rischio di trasmissione di malattie.
- Ridurre il Disturbo Umano: Intensificare i pattugliamenti, monitorare le attività umane, e regolare pratiche come la coltivazione di ginseng o l’allevamento di rane nelle aree chiave.
- Coinvolgere le Comunità Locali: Usare strumenti come i “Pagamenti per Servizi Ecosistemici” (PES), ovvero incentivare economicamente le comunità locali per ridurre l’uso delle risorse o proteggere l’habitat. Trovare un equilibrio tra conservazione e sviluppo locale è fondamentale.
Guardando al Futuro
Questo studio sul NTLNP è importantissimo non solo per la tigre dell’Amur, ma come modello per la gestione dei parchi nazionali in Cina e nel mondo. La Cina sta investendo molto nella creazione di un sistema di parchi nazionali imponente, ma come dimostra questa ricerca, non basta disegnare confini. La vera sfida è la gestione efficace *all’interno* di quei confini, affrontando l’impatto umano anche dove non dovrebbe esserci.
La strada per salvare la tigre dell’Amur è ancora lunga e complessa, ma grazie a studi come questo, abbiamo una mappa più chiara dei pericoli e delle opportunità. Il parco NTLNP è una grande promessa, ma il suo successo dipenderà dalla nostra capacità di gestire le pressioni antropiche e garantire che questo magnifico felino abbia davvero lo spazio e la tranquillità di cui ha bisogno per prosperare. Incrociamo le dita e sosteniamo questi sforzi!
Fonte: Springer
