Veduta aerea fotorealistica della Penisola di Noto, Giappone, con sovrapposizione grafica stilizzata di onde sismiche rosse emananti da un punto e una linea di faglia tratteggiata nel mare. Luce drammatica del tardo pomeriggio, obiettivo grandangolare 24mm, messa a fuoco nitida su tutta la scena, stile fotorealistico ad alta definizione.

Terremoto di Noto 2023: Viaggio al Cuore di una Rottura Sismica Cruciale

Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante, quasi un’indagine geologica, per capire cosa è successo sotto i nostri piedi, o meglio, sotto quelli degli abitanti della Penisola di Noto, in Giappone, il 5 maggio 2023. Quel giorno, un terremoto di magnitudo momento (Mw) 6.2 (classificato come MJMA 6.5 dall’agenzia meteorologica giapponese) ha scosso la regione, diventando l’evento più forte di uno sciame sismico che teneva banco da oltre tre anni, precisamente da dicembre 2020. Ma questo terremoto non è stato solo “uno dei tanti”, seppur il più forte fino a quel momento. Come vedremo, ha rappresentato un punto di svolta, un tassello fondamentale per comprendere la sequenza sismica e, purtroppo, anche il devastante evento che sarebbe seguito nel 2024.

Un’attività sismica che non dava tregua

Immaginatevi questa penisola, la punta nord-orientale di Noto, brulicante di micro-terremoti da anni. Gli scienziati avevano già identificato diversi “cluster”, gruppi di epicentri, e studiavano come l’attività sembrava migrare, forse spinta da fluidi in profondità nella crosta terrestre. Fino a quel 5 maggio 2023, la maggior parte di questi eventi si concentrava a profondità comprese tra i 10 e i 15 chilometri. Poi, alle 14:42 ora locale, la terra ha tremato più forte. L’epicentro? Vicino alla costa nord-orientale, a una profondità di circa 12 km. Era chiaro fin da subito che questo evento meritava un’attenzione speciale. Perché proprio lì? Come si era rotta la faglia? E che legame c’era con l’attività precedente e le faglie attive conosciute sul fondale marino?

Sotto la lente: come abbiamo “visto” la rottura

Per rispondere a queste domande, ci siamo messi al lavoro analizzando i dati come dei veri detective della Terra. Abbiamo usato le registrazioni delle onde sismiche catturate dalle stazioni di monitoraggio “strong-motion” (quelle che misurano i movimenti forti del suolo) disseminate attorno all’area epicentrale. Non basta sapere *dove* è avvenuto il terremoto (l’ipocentro), vogliamo capire *come* si è propagata la rottura sulla faglia, dove lo scorrimento è stato maggiore, quanto è durato. Questo processo si chiama “inversione cinematica della sorgente”.

Per farlo al meglio, non potevamo accontentarci di un modello semplificato del sottosuolo. La regione di Hokuriku, dove si trova Noto, ha una geologia complessa, con spessi strati di sedimenti recenti (Neogene e Quaternario) che influenzano il modo in cui le onde sismiche viaggiano. Perciò, abbiamo utilizzato un sofisticato modello tridimensionale della struttura di velocità delle onde sismiche (il JIVSM, sviluppato proprio per il Giappone) per calcolare le cosiddette “funzioni di Green”, che descrivono come le onde si propagano dalla sorgente (ogni pezzetto della faglia) fino alle stazioni di registrazione. È un po’ come avere una mappa super dettagliata delle “autostrade” che le onde sismiche percorrono nel sottosuolo. Questo ci permette di interpretare i segnali registrati in modo molto più accurato.

Abbiamo testato diverse possibili geometrie per la faglia (diverse inclinazioni e orientamenti) finché non abbiamo trovato quella che spiegava meglio i dati osservati, usando un criterio statistico chiamato ABIC (Akaike’s Bayesian Information Criterion).

Mappa 3D fotorealistica della Penisola di Noto che mostra la sezione trasversale della crosta terrestre. Evidenziate le stazioni sismiche strong-motion come piccoli triangoli luminosi sulla superficie. Sotto la superficie, una rappresentazione grafica della faglia attivata dal terremoto del 2023, con colori che indicano diverse velocità sismiche (modello JIVSM). Obiettivo macro 80mm, illuminazione controllata per evidenziare i dettagli geologici, alta definizione.

La faglia “nascosta” e la sua storia

E cosa abbiamo scoperto? Il modello migliore ci dice che la faglia responsabile del terremoto del 5 maggio 2023 è una faglia inversa (un lato scivola sopra l’altro) con una componente minore di movimento laterale destro (strike-slip). La sua orientamento (strike) è di 49° (rispetto al Nord) e si immerge verso sud-est con un’inclinazione (dip) di 40°.

Qui arriva una prima sorpresa: questa geometria non corrisponde a quella della faglia attiva conosciuta più vicina sul fondale marino, la faglia NT5 (o Suzu-oki). La nostra faglia è risultata essere più profonda e con un’inclinazione leggermente diversa. Quindi, il terremoto ha attivato una faglia “cieca”, non mappata in precedenza sulla superficie o sul fondale, situata più in profondità rispetto alla NT5.

Ma come si è rotta? La rottura è iniziata all’ipocentro, a circa 12 km di profondità, e si è propagata principalmente verso l’alto (up-dip). L’area di maggiore scorrimento, quella che chiamiamo “asperità”, dove la faglia si è mossa di più (fino a 0.8 metri!), si trova in una zona tra 8 e 11 km di profondità, circa 4 km sopra l’ipocentro. È come se la “cerniera” della faglia si fosse aperta principalmente salendo verso la superficie. L’intero processo è durato circa 8 secondi, con il rilascio maggiore di energia concentrato nei primi 5 secondi. Il momento sismico totale calcolato è stato di 2.40 × 10^18 Nm, che corrisponde appunto a una magnitudo Mw 6.2.

Un legame tra scorrimento e proprietà della roccia

Un aspetto davvero interessante è emerso confrontando la nostra mappa dello scorrimento sulla faglia con le mappe della struttura di velocità sismica della crosta terrestre, ottenute da studi precedenti (tomografia sismica). Abbiamo notato una correlazione affascinante: l’area di maggiore scorrimento (l’asperità) coincide con una regione caratterizzata da un basso rapporto Vp/Vs (il rapporto tra la velocità delle onde P, di compressione, e quella delle onde S, di taglio). Un basso rapporto Vp/Vs in rocce crostali può indicare diverse cose, ma spesso è associato a rocce più rigide, meno fratturate o con fluidi (come acqua) presenti in pori con forme particolari. In questo contesto, potrebbe suggerire che quella porzione di faglia fosse particolarmente “accoppiata”, cioè bloccata e capace di accumulare una grande quantità di stress prima di rompersi violentemente. L’asperità si trovava anche all’interno della cosiddetta “zona sismogenica”, lo strato della crosta dove tipicamente avvengono i terremoti (con velocità Vp intorno ai 6.0 km/s).

Questa correlazione tra dove la faglia scivola di più e le proprietà fisiche delle rocce circostanti è un campo di studio fondamentale per capire perché alcune zone delle faglie generano terremoti più grandi di altre.

Visualizzazione 3D fotorealistica di un piano di faglia inclinato sotto la superficie terrestre. Sulla superficie della faglia, aree colorate indicano l'entità dello scorrimento (rosso/arancione per scorrimento elevato, blu/verde per basso scorrimento). Una stella indica l'ipocentro. Frecce mostrano la direzione dello scorrimento. In trasparenza, la struttura circostante con diverse proprietà Vp/Vs. Obiettivo macro 100mm, alta definizione, illuminazione drammatica per enfatizzare l'asperità.

Un evento chiave nello sciame sismico

Ora, rimettiamo questo terremoto nel contesto dello sciame sismico. Ricordate? L’attività precedente era per lo più confinata tra 10 e 14 km di profondità. C’era stato un evento significativo nel giugno 2022 (MJMA 5.4) proprio in quella fascia di profondità, probabilmente sulla stessa struttura di faglia ma più in basso. Il nostro terremoto del 5 maggio 2023, invece, ha rotto la porzione di faglia immediatamente sopra quella zona più profonda. È come se l’attività sismica avesse “risalito” la faglia.

E cosa è successo subito dopo? Le repliche (aftershocks) del terremoto Mw 6.2 si sono concentrate proprio attorno all’area di maggiore scorrimento (l’asperità), ma soprattutto a profondità inferiori ai 10 km. Questo è un cambiamento netto rispetto all’attività pre-terremoto. Sembra proprio che la rottura principale abbia sbloccato o attivato porzioni di crosta più superficiali.

Il preludio alla catastrofe del 2024

L’attività sismica nell’area è rimasta intensa anche dopo il 5 maggio 2023. E poi, il 1° gennaio 2024, è arrivato il terremoto devastante di MJMA 7.6 (il “2024 Noto Hanto earthquake”). E qui sta il collegamento cruciale: l’ipocentro di questo enorme terremoto del 2024 è stato localizzato proprio sul bordo sud-occidentale dell’asperità del nostro terremoto Mw 6.2 del maggio 2023!

Questa coincidenza spaziale è sbalorditiva e suggerisce fortemente un legame causale. La rottura dell’asperità nel 2023 potrebbe aver concentrato lo stress proprio in quel punto, agendo come un “grilletto” o preparando il terreno per l’inizio della rottura molto più grande del 2024.

Conclusioni: un punto di svolta

Quindi, il terremoto Mw 6.2 del 5 maggio 2023 non è stato solo l’evento più forte (fino a quel momento) dello sciame sismico di Noto. La nostra analisi dettagliata del suo processo di rottura ha rivelato che:

  • Ha attivato una faglia inversa cieca, più profonda della faglia NT5 conosciuta.
  • La rottura si è propagata verso l’alto, con lo scorrimento maggiore (asperità) tra 8 e 11 km di profondità.
  • Questa asperità corrisponde a una zona con basso rapporto Vp/Vs, forse più rigida e fortemente accoppiata.
  • L’evento ha segnato un passaggio dell’attività sismica da profondità maggiori (10-15 km) a profondità minori (<10 km).
  • Fondamentalmente, l’ipocentro del catastrofico terremoto del 1° gennaio 2024 si è localizzato proprio ai margini dell’area di massimo scorrimento di questo evento del 2023.

Possiamo quindi interpretare il terremoto del 5 maggio 2023 come un vero e proprio punto di svolta nello sciame sismico, un evento cardine che ha collegato l’attività profonda preesistente con quella più superficiale e, in definitiva, con l’evento distruttivo che ne è seguito. Studiare questi eventi “intermedi” è fondamentale per capire la complessa cascata di processi che possono portare a grandi terremoti. È un lavoro continuo, ma ogni pezzo del puzzle che riusciamo a mettere a posto ci aiuta a comprendere meglio il nostro pianeta dinamico.

Grafico temporale fotorealistico che mostra l'attività sismica nella Penisola di Noto. Una linea temporale orizzontale dal 2020 al 2024. Picchi rappresentano i terremoti principali (2022 M5.4, 2023 M6.2, 2024 M7.6). Il picco del M6.2 è evidenziato come 'punto di svolta'. Sullo sfondo, una mappa sfocata della penisola. Stile infografica scientifica, obiettivo 50mm, colori chiari e contrastanti.

Fonte: Springer

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