Veduta aerea satellitare della faglia di Muji nell'altopiano del Pamir, Cina occidentale. Sovrapposti alla topografia montuosa, dati InSAR visualizzati con colori vivaci (interferogramma) mostrano le aree di deformazione del suolo legate allo scorrimento cosismico e asismico. Obiettivo grandangolare 20mm, paesaggio, messa a fuoco nitida su tutta l'immagine, alta risoluzione, luce diurna naturale che accentua le caratteristiche geologiche.

Terremoto di Muji: Quando la Terra Danza tra Scosse Violente e Scivolamenti Silenziosi

Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante nel cuore della Terra, o meglio, lungo le sue fratture, le faglie. Parleremo di come il nostro pianeta si muove, a volte in modo catastrofico con i terremoti, altre volte in modo più subdolo e silenzioso. Useremo come lente d’ingrandimento un evento specifico: il terremoto di Muji del 2016, di magnitudo 6.6, avvenuto nell’ovest della Cina. Quello che abbiamo scoperto studiandolo è davvero intrigante e ci aiuta a capire meglio la complessa danza tra scorrimento sismico (quello che provoca le scosse) e scorrimento asismico (un movimento lento e costante, quasi impercettibile, chiamato anche “creep”).

Occhi Satellitari sulla Faglia di Muji

Per spiare i movimenti della faglia di Muji, abbiamo usato una tecnologia pazzesca chiamata InSAR (Interferometric Synthetic Aperture Radar). Immaginatela come degli occhi potentissimi montati sui satelliti, capaci di misurare spostamenti del suolo di pochi millimetri da centinaia di chilometri di altezza! Abbiamo combinato questi dati con quelli dei GPS a terra per ricostruire cosa è successo durante il terremoto.

Il risultato? Abbiamo visto che il terremoto del 2016 non ha rotto la faglia in modo uniforme. Ha “acceso” due zone principali, due “asperità” (zone dove la faglia resiste di più e accumula stress), separate da un vuoto di circa 10 chilometri, una sorta di “buco” nello scorrimento cosismico. È come se la faglia avesse avuto un’esitazione proprio lì in mezzo. Ma perché?

Il Lento Scivolamento Prima della Tempesta

Qui entra in gioco la parte più affascinante. Analizzando i dati InSAR raccolti prima del terremoto (tra il 2014 e il 2016), abbiamo notato qualcosa di strano lungo la faglia di Muji. C’erano due segmenti che non stavano fermi, ma si muovevano lentamente, in modo asismico. Stavano “creeping”, scivolando silenziosamente.

E indovinate un po’?

  • La sezione di creep occidentale coincideva perfettamente con quel “buco” di 10 km che abbiamo visto nella rottura del terremoto.
  • La sezione di creep orientale, invece, segnava proprio il punto in cui la rottura del terremoto si è fermata verso est.

Questa coincidenza spaziale è pazzesca! Ci suggerisce un’ipotesi intrigante: forse questo scorrimento lento e costante, il creep, ha agito come una sorta di barriera, arrestando la propagazione della rottura sismica. È come se la faglia, in quei punti, fosse già “rilassata” o avesse proprietà diverse che non favoriscono l’accumulo di stress necessario per una rottura violenta.

Mappa interferometrica InSAR della deformazione cosismica del terremoto di Muji del 2016, sovrapposta a una mappa topografica dettagliata della regione montuosa del Pamir. I colori dell'interferogramma (dal blu al rosso) indicano lo spostamento del suolo lungo la linea di vista del satellite. Obiettivo grandangolare 15mm, paesaggio, messa a fuoco nitida, alta risoluzione, evidenziazione della traccia della faglia di Muji.

Cosa Succede Dopo il Terremoto? Una Storia di Due Creep

Ma la storia non finisce qui. Abbiamo continuato a monitorare la faglia con l’InSAR anche dopo il terremoto, tra il 2017 e il 2020. E qui le cose si fanno ancora più interessanti.

La sezione di creep occidentale, quella che coincideva con il “buco” nella rottura, ha continuato a muoversi più o meno alla stessa velocità di prima (tra 3.8 e 7.2 mm all’anno prima, tra 3.7 e 6.1 mm all’anno dopo). Sembra che il terremoto non l’abbia disturbata più di tanto, o forse lo stress in quella zona è stato rilasciato dalle repliche (aftershocks) che si sono concentrate proprio lì.

La sezione di creep orientale, invece, ha avuto una reazione completamente diversa. Ricordate? Era il punto dove la rottura si era fermata. Ebbene, dopo il terremoto, la sua velocità di scorrimento è quasi raddoppiata! Passando da circa 3.0-4.6 mm all’anno a ben 4.0-8.5 mm all’anno.

L’Effetto Domino dello Stress

Perché questa accelerazione? La spiegazione più probabile è legata ai cambiamenti di stress sulla faglia causati dal terremoto stesso. Il terremoto, rompendosi, ha ridistribuito lo stress lungo la faglia. Sembra che la sezione orientale abbia ricevuto un “carico” extra di stress (quello che chiamiamo “Coulomb stress positivo”). Invece di rompersi con altre scosse (ci sono state poche repliche lì), questa sezione ha risposto accelerando il suo scorrimento lento e silenzioso.

E la cosa notevole è che questa accelerazione non è stata un fenomeno passeggero. I nostri dati, analizzati nel tempo, mostrano che questo aumento di velocità è durato per diversi anni (almeno fino al 2020, quando finisce la nostra analisi). Non è un effetto che svanisce in pochi mesi, ma qualcosa di più duraturo. Forse questo “boost” di stress ha innescato un cambiamento nel comportamento della faglia che persisterà ancora a lungo.

Visualizzazione 3D della faglia di Muji. Evidenziate le due zone principali di rottura cosismica (asperità, colorate in rosso/arancione) separate da una zona intermedia (slip gap, blu/verde) dove è stato osservato creep pre-sismico. Frecce bianche indicano la direzione dello scorrimento. Dettaglio elevato, illuminazione controllata per enfatizzare la topografia della faglia, stile still life geologico.

Implicazioni: Riscrivere la Storia delle Faglie?

Questa scoperta ha implicazioni importanti. Molte grandi faglie nel mondo mostrano segmenti che “creepano”. Pensiamo alla Faglia Nord Anatolica in Turchia o alla Faglia di San Andreas in California (anche se lì il comportamento post-terremoto è stato diverso).

Il fatto che un terremoto possa influenzare la velocità di creep per anni, forse decenni, significa che la velocità di scorrimento che misuriamo oggi su una faglia potrebbe non essere la sua velocità “normale” o costante nel lungo periodo. Potrebbe essere ancora influenzata da terremoti passati! Questo ci costringe a essere più cauti quando valutiamo il potenziale sismico di queste faglie. Una faglia che oggi sembra “rilassarsi” con un creep veloce potrebbe, in realtà, star rispondendo a uno stress passato e accumulare comunque tensione in altre zone per un futuro terremoto.

Inoltre, ci siamo chiesti quanto in profondità arrivasse questo creep. Modellando i profili di velocità InSAR, abbiamo stimato che il creep avvenisse fino a circa 11-15 km di profondità, proprio nella zona dove avvengono tipicamente le rotture sismiche (la zona sismogenica). Questo rafforza l’idea che il creep possa davvero interagire e influenzare la rottura dei terremoti.

Resta una domanda aperta: questo creep sulla faglia di Muji è una caratteristica permanente, che agirà sempre da barriera, magari portando a terremoti più piccoli e segmentati come quello del 2016? Oppure è un fenomeno transitorio, e in futuro un terremoto più grande potrebbe riuscire a rompere anche queste zone? Le forme del paesaggio lungo la faglia mostrano segni di rotture passate arrivate in superficie, suggerendo che entrambi i meccanismi (rotture sismiche e creep) contribuiscano alla deformazione totale nel tempo.

Grafico scientifico che mostra la serie temporale dello spostamento differenziale InSAR attraverso la sezione di creep orientale della faglia di Muji. I punti dati (cerchi arancioni) mostrano un trend lineare prima del terremoto (linea tratteggiata nera) e un trend accelerato (curva rossa tratteggiata, modello quadratico) dopo il terremoto del 2016. Messa a fuoco precisa sui dati, stile grafico scientifico pulito.

Il caso del terremoto di Muji è un esempio lampante di come lo studio dettagliato di un singolo evento, grazie a tecnologie come l’InSAR, possa svelare le complesse e affascinanti interazioni tra i diversi modi in cui la Terra si muove. Ci ricorda che le faglie non sono semplici linee su una mappa, ma strutture vive e dinamiche, dove lo scorrimento lento e quello violento si intrecciano in una danza continua. Continuare a osservarle è fondamentale per capire meglio i rischi e prepararci al futuro.

Fonte: Springer

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