Autonomia del Paziente nelle Attività Quotidiane: Cosa Ci Insegnano (Davvero) le Teorie Infermieristiche?
Ciao a tutti! Oggi voglio chiacchierare con voi di un argomento che mi sta particolarmente a cuore e che, ne sono sicuro, tocca le corde di chiunque lavori nell’assistenza: l’autonomia del paziente, specialmente nelle cosiddette Attività di Vita Quotidiana (ADL – Activities of Daily Living). Sapete, quelle azioni semplici ma fondamentali come lavarsi, vestirsi, mangiare… il cuore pulsante della nostra professione infermieristica è proprio lì, nel supportare le persone in questi momenti.
Ma siamo onesti: quanto sappiamo davvero su cosa sia l’autonomia in questo contesto e, soprattutto, su come possiamo noi infermieri promuoverla attivamente? Mi sono imbattuto in una scoping review recente che ha cercato di trovare risposte andando a ripescare le “grandi” teorie infermieristiche, quelle che hanno plasmato la nostra professione. E i risultati, ve lo dico, fanno riflettere.
Perché Guardare alle Teorie Infermieristiche?
L’idea di base dei ricercatori era semplice: se l’autonomia è così centrale, le teorie che definiscono il nostro agire dovrebbero darci delle dritte, giusto? Storicamente, queste teorie ci hanno fornito un linguaggio comune, uno scopo, una cornice per la pratica. Quindi, perché non vedere cosa dicono sull’autonomia e sul comportamento che la supporta (quello che gli studiosi chiamano “autonomy-supportive behavior”)?
Lo studio si è posto proprio questo obiettivo: esplorare come le teorie infermieristiche descrivono l’autonomia e quali azioni suggeriscono agli infermieri per promuoverla nelle ADL. Hanno seguito una metodologia rigorosa (la JBI per le scoping review, rispettando le linee guida PRISMA-ScR – nomi tecnici, lo so, ma indicano serietà!) per analizzare testi fondamentali, articoli e anche chiedere pareri a esperti.
Il Concetto Sfuggente di Autonomia
Partiamo da un presupposto: “autonomia” viene dal greco antico, auto (sé) e nomos (legge), ed è un principio cardine in sanità. Ma definirla precisamente? Un’impresa! Filosofi ne dibattono da secoli. Spesso la leghiamo all’autodeterminazione, alla libertà di scelta e alla capacità di agire secondo quelle scelte. Nello studio, hanno adottato la visione di McCormack, che distingue tra autonomia decisionale (poter scegliere sulla propria cura) ed esecutiva (poter mettere in pratica quelle scelte).
Il problema è che, con l’avanzare dell’età o della malattia, le persone diventano più dipendenti per le ADL. E noi infermieri, pur con le migliori intenzioni, a volte finiamo per “prendere il controllo” più del necessario. Una ricerca citata (den Ouden et al.) ha visto che gli infermieri gestiscono oltre il 51% delle ADL degli anziani! Questo può avere un impatto negativo sul benessere fisico e psicologico della persona, sulla sua identità. È fondamentale, quindi, capire come supportare quel senso di controllo e agency.

Caccia alle Teorie: Cosa Hanno Trovato?
I ricercatori hanno identificato ben 25 teorie infermieristiche “principali”. Dopo un’attenta selezione (basata sulla menzione di “autonomia” o sinonimi come indipendenza, autodeterminazione, ecc., e sulla rilevanza per le ADL), ne sono rimaste nove. Tra queste, nomi noti come Orem, Peplau, Watson, King, McCormack e altre.
E qui la prima sorpresa: nessuna di queste teorie fornisce una definizione esplicita e univoca di “comportamento a supporto dell’autonomia”. L’autonomia stessa viene descritta in modi diversi, ma riconducibili a quattro categorie principali:
- Essere sé stessi: preservare l’unicità individuale, i valori, le credenze.
- Avere un senso di libertà e controllo sulla propria vita: poter influenzare il proprio ambiente e le proprie cure.
- Poter esprimere e fare scelte: partecipare attivamente al processo decisionale, anche se non si è in grado di eseguire la scelta.
- Impegnarsi deliberatamente nell’azione: partecipare attivamente alla propria cura, essere coinvolti.
Interessante, vero? Non una definizione da manuale, ma un insieme di sfaccettature che compongono il quadro dell’autonomia vissuta.
Le Azioni Chiave: Come Supportare l’Autonomia in Pratica?
Nonostante la mancanza di una definizione formale del “come fare”, analizzando a fondo queste nove teorie, i ricercatori hanno distillato sei categorie di comportamenti che noi infermieri possiamo (e dovremmo!) adottare per supportare l’autonomia nelle cure essenziali. Eccole:
1. Essere Consapevoli del Proprio Comportamento
Sembra banale, ma non lo è. Significa riflettere sui nostri valori, su come influenzano il nostro agire e sulla dinamica di potere che si crea nella relazione di cura, specialmente quando c’è dipendenza. Rispettare la libertà e il valore dell’altro, senza giudizio.
2. Rispettare l’Unicità Individuale
Ogni persona è un universo. Dobbiamo vederla come tale, riconoscendone l’unicità, i valori, la dignità. Come dice Peplau, il processo infermieristico è educativo e terapeutico quando infermiere e paziente si conoscono e rispettano come persone, simili ma diverse.
3. Coltivare Connessioni Interpersonali
Fondamentale! Conoscere l’altro, entrare nel suo mondo, capire cosa è importante per lui/lei. Questo richiede ascolto, empatia, raccogliere informazioni per allineare la cura ai suoi valori. L’obiettivo è creare una relazione di fiducia per affrontare insieme i problemi.

4. Facilitare la Comunicazione Aperta
Offrire spazio per esprimersi, ascoltare attivamente non solo le parole ma anche i segnali non verbali, osservare il linguaggio del corpo per cogliere bisogni inespressi. È attraverso la comunicazione che aiutiamo la persona a identificare ciò che desidera.
5. Permettere all’Altro di Scegliere l’Azione Migliore
Questo è cruciale. Non basta dare informazioni, bisogna spiegare, chiarire, aiutare la persona a capire cosa è importante per lei in quel momento. Promuovere la scelta, negoziare le decisioni insieme, anche quando le opzioni non sono ideali. Ricordate McCormack: anche chi non può *fare* una cosa, ha diritto a partecipare alla *decisione*.
6. Offrire Guida e Assistenza Collaborativa
Il nostro ruolo è spesso quello di “estensione” della persona, guidandola verso l’indipendenza o l’interdipendenza, non la dipendenza. Significa fornire supporto, insegnare, incoraggiare la partecipazione attiva, validare che l’aiuto offerto sia stato utile e rispettoso degli obiettivi della persona.
Il Divario tra Teoria e Pratica: Un Problema Aperto
Questa review ci dice che le teorie infermieristiche, pur datate (la più recente analizzata è del 2012!), contengono spunti preziosi. Tuttavia, rimangono spesso astratte, poco “operazionalizzabili” nella frenesia quotidiana. C’è un gap evidente tra l’accademia e la clinica.
Inoltre, lo studio evidenzia una preoccupante stagnazione nello sviluppo di nuove teorie infermieristiche, forse soppiantate da framework di qualità e linee guida che, pur utili, rischiano di essere meno dettagliati sulle sfumature dell’autonomia e di spingere verso un modello più “medico” e meno olistico.

Cosa Portiamo a Casa?
Personalmente, questa lettura mi ha confermato quanto sia vitale tenere sempre accesa l’attenzione sull’autonomia. Le sei categorie di comportamento individuate sono una bussola utile, un promemoria di cosa significhi davvero mettere la persona al centro.
Certo, la ricerca non si ferma qui. C’è bisogno di studi che traducano questi concetti in strategie concrete, applicabili e misurabili. Dobbiamo capire come questi comportamenti vengono vissuti dai pazienti e come possiamo formarci meglio per applicarli efficacemente, colmando quel divario tra il “sapere” teorico e il “fare” pratico.
In un’epoca di cure sempre più complesse, interprofessionali e centrate sulla famiglia, supportare l’autonomia non è solo un compito infermieristico, ma un obiettivo condiviso che richiede collaborazione e riflessione continua. Le vecchie teorie, forse, hanno ancora molto da insegnarci, se sappiamo ascoltarle con orecchie nuove e tradurle nel linguaggio della cura di oggi.
E voi, cosa ne pensate? Come vivete il supporto all’autonomia nella vostra pratica quotidiana? Parliamone!
Fonte: Springer
