Tensione Cosmica: Supernovae, Orizzonte Sonoro e la Danza della Costante di Hubble con i Dati DESI
Ciao a tutti, appassionati di cosmo e misteri universali! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante nel cuore di uno dei più grandi rompicapi della cosmologia moderna: la cosiddetta tensione della costante di Hubble (H₀). È una storia di misure discordanti, candele cosmiche un po’ dispettose e messaggeri dall’universo primordiale. E la buona notizia? Abbiamo nuovi indizi, freschi freschi dai dati del Dark Energy Spectroscopic Instrument (DESI) Data Release 1!
Il Cuore del Problema: La Tensione di Hubble
Immaginate di misurare l’altezza di una persona usando due metri diversi e ottenendo risultati significativamente differenti. Un bel problema, vero? Ecco, in cosmologia sta succedendo qualcosa di simile con H₀, il parametro che ci dice quanto velocemente l’universo si sta espandendo oggi.
Da una parte, abbiamo le misure basate sull’universo “giovane”, come quelle del satellite Planck che osserva la luce fossile del Big Bang (la radiazione cosmica di fondo o CMB). Queste misure, inserite nel nostro modello cosmologico standard (chiamato LambdaCDM, o ΛCDM), ci danno un valore di H₀ intorno a 67.4 km/s/Mpc.
Dall’altra parte, ci sono le misure basate sull’universo “adulto”, quello più vicino a noi. Qui i protagonisti sono le supernovae di Tipo Ia (SNe Ia), esplosioni stellari potentissime che usiamo come “candele standard” per misurare le distanze cosmiche. Il team SH0ES (Supernovae and H₀ for the Equation of State of dark energy), calibrando queste supernovae con altre stelle (le Cefeidi), trova un valore di H₀ significativamente più alto: circa 73.0 km/s/Mpc.
Questa differenza, ben oltre gli errori statistici, è la famosa “tensione di Hubble”. È un segnale che forse c’è qualcosa che non capiamo a fondo nel nostro modello standard dell’universo? O c’è qualche sottigliezza nelle misure che ci sfugge?
I Protagonisti: Supernovae (M) e Orizzonte Sonoro (r_d)
Qui entrano in gioco due personaggi chiave che abbiamo analizzato nel nostro studio:
- M (Magnitudine Assoluta di Picco delle SNe Ia): Questo valore rappresenta la luminosità intrinseca “vera” di una supernova di Tipo Ia al suo massimo splendore. È fondamentale perché, confrontandola con la luminosità apparente che osserviamo (m), possiamo calcolarne la distanza. Se il nostro valore di M “standard” fosse leggermente sbagliato, tutte le distanze (e quindi H₀) ne risentirebbero.
- r_d (Orizzonte Sonoro all’Epoca del Drag): Questo è un altro “metro” cosmico, ma proviene dall’universo primordiale. È la distanza massima che le onde sonore potevano percorrere nel plasma caldissimo prima che l’universo diventasse trasparente (epoca della ricombinazione e del “drag” barionico). Questa scala è impressa nella distribuzione delle galassie che vediamo oggi, sotto forma di Oscillazioni Acustiche Barioniche (BAO). Misurare le BAO ci dà informazioni sull’espansione passata, ma il valore di r_d che usiamo è spesso calibrato proprio sulla CMB (e quindi legato al valore “basso” di H₀).
Il punto cruciale, che abbiamo voluto esplorare a fondo, è che M e r_d non sono indipendenti quando si cerca di determinare H₀ usando sia le supernovae che le BAO. Esiste una degenerazione: un po’ come cercare di bilanciare una bilancia con due pesi diversi, cambiare uno richiede un aggiustamento dell’altro per ottenere lo stesso risultato (o un risultato diverso, in questo caso H₀). Se modifichiamo r_d per avvicinarci al valore alto di H₀, cosa succede a M? E viceversa?

I Nostri Strumenti: I Dati DESI DR1 e Altri
Per indagare questa intricata relazione, abbiamo messo insieme un arsenale di dati cosmologici di prim’ordine:
- Pantheon+: La più recente e vasta collezione di dati di supernovae di Tipo Ia, con oltre 1500 campioni che coprono un ampio intervallo di distanze.
- Cosmic Chronometers (CC): Questi sono orologi cosmici naturali. Si tratta di galassie massicce e passive la cui evoluzione è abbastanza ben compresa da permetterci di stimare direttamente il tasso di espansione H(z) a diversi redshift (z), senza passare per le distanze.
- DESI DR1 BAO: Il piatto forte! I primi risultati sulle Oscillazioni Acustiche Barioniche (BAO) dal Dark Energy Spectroscopic Instrument. DESI sta creando la mappa 3D più grande e dettagliata dell’universo mai realizzata, misurando la posizione di decine di milioni di galassie e quasar. I suoi dati BAO ci forniscono misure precisissime della scala r_d a diverse epoche cosmiche.
Armati di questi dati, abbiamo usato tecniche di inferenza bayesiana per esplorare lo spazio dei parametri cosmologici (H₀, la densità di materia Ωm, M e r_d).
L’Esperimento: Giocare con i “Prior”
In analisi come queste, dobbiamo fare delle assunzioni iniziali sui possibili valori dei parametri, i cosiddetti “prior”. A volte si usano prior “piatti” (uniformi), che non favoriscono nessun valore particolare in un certo intervallo. Altre volte si usano prior “gaussiani”, centrati su un valore ritenuto probabile da altre misure (con una certa incertezza).
La scelta dei prior può influenzare i risultati, specialmente quando ci sono degenerazioni come quella tra M e r_d. Quindi, abbiamo fatto diverse analisi:
- Abbiamo lasciato M e r_d liberi di variare (prior uniformi).
- Abbiamo fissato M a valori suggeriti da diverse analisi precedenti (come SH0ES o altre stime indipendenti) e lasciato r_d libero.
- Abbiamo fissato r_d al valore di Planck o ad altri valori suggeriti da misure alternative (come quelle basate sulle lenti gravitazionali H0LiCOW) e lasciato M libero.
- Abbiamo fissato entrambi M e r_d a diverse combinazioni di valori “noti” dalla letteratura.
Abbiamo confrontato i risultati ottenuti all’interno del modello standard ΛCDM e anche usando un approccio più “agnostico”, la cosmografia (usando approssimanti di Padé), che cerca di descrivere l’espansione cosmica senza assumere un modello specifico come ΛCDM, basandosi solo sulla cinematica.

Cosa Abbiamo Scoperto? La Danza tra M e r_d
I risultati sono stati davvero illuminanti!
Prima di tutto, abbiamo confermato la forte degenerazione tra M e r_d. Non puoi toccare uno senza influenzare l’altro se vuoi spiegare i dati.
Quando abbiamo lasciato M e r_d liberi (prior uniformi), usando i dati combinati Pantheon+, DESI BAO e CC, abbiamo trovato un valore di H₀ intorno a 69.8 ± 2.1 km/s/Mpc. Questo valore è interessante: si colloca a metà strada tra Planck e SH0ES, riducendo la tensione con Planck a solo 1.13σ (quindi, non statisticamente significativa in questo scenario!). Ma attenzione: questo risultato arriva con valori di M (circa -19.37) e r_d (circa 144.9 Mpc) che sono leggermente diversi da quelli “standard” di SH0ES e Planck.
Ancora più interessante: quando abbiamo provato a usare prior gaussiani basati su diverse misure pubblicate, abbiamo visto che per ridurre la tensione di Hubble in modo significativo (portandola a 1.2-2σ), non basta aumentare r_d rispetto al valore di Planck. È necessario anche che la magnitudine assoluta M delle supernovae sia più debole (cioè un valore numerico meno negativo, intorno a -19.4) rispetto a quella trovata da SH0ES (-19.253).
E qual è la combinazione di prior meno favorita dai nostri dati nel contesto del modello ΛCDM? Proprio quella “standard”: il valore di M da SH0ES combinato con il valore di r_d da Planck! Usando un criterio statistico (il Fattore di Bayes), abbiamo visto che quasi tutte le altre combinazioni di prior (specialmente quelle con M più debole) sono decisamente più “gradite” ai dati DESI+Pantheon++CC.
Questo non significa che SH0ES o Planck abbiano sbagliato le loro misure! Significa che, quando combiniamo questi specifici dataset (DESI, Pantheon+, CC) all’interno del modello ΛCDM, l’accoppiata standard M(SH0ES) + r_d(Planck) sembra creare più “attrito” con i dati rispetto ad altre combinazioni.
E la Cosmografia? Una Visione Diversa (ma Simile)
L’analisi cosmografica, che non assume ΛCDM, ha dato risultati qualitativamente simili. Ha confermato la tendenza: valori di H₀ più bassi e tensioni ridotte (a volte fino a 0.2-0.5σ!) si ottengono quando M è più debole e r_d è più grande. Tuttavia, la cosmografia tende a dare errori più grandi sui parametri, il che contribuisce a ridurre la significatività statistica della tensione.

Conclusioni: Un Passo Avanti nel Mistero Cosmico
Quindi, cosa ci portiamo a casa da questo studio?
Non abbiamo “risolto” la tensione di Hubble, ma abbiamo gettato nuova luce sulla sua complessità. Abbiamo dimostrato, usando i potenti dati di DESI DR1 insieme ad altri set di dati chiave, che la degenerazione tra la magnitudine assoluta delle supernovae (M) e l’orizzonte sonoro (r_d) gioca un ruolo cruciale.
Modificare solo r_d potrebbe non bastare. Sembra che per conciliare meglio le misure a basso e alto redshift, all’interno del modello ΛCDM e con questi dati, sia necessario considerare anche la possibilità che M sia leggermente diversa dal valore di riferimento di SH0ES.
La combinazione di prior “standard” (M da SH0ES, r_d da Planck) risulta la meno favorita da questa specifica combinazione di dati (DESI+Pantheon++CC) nel modello ΛCDM. Altre combinazioni, specialmente quelle con M più debole, sembrano adattarsi meglio e riducono la tensione a livelli molto meno preoccupanti (1.2-2σ).
Questo ci spinge a investigare ulteriormente: M è davvero costante? Ci sono effetti evolutivi o ambientali che influenzano la luminosità delle supernovae e che non abbiamo ancora considerato appieno? E come si inseriranno in questo quadro i futuri, ancora più precisi, dati di DESI e di altri esperimenti?
Il viaggio per capire l’espansione dell’universo continua, e ogni nuovo set di dati, come quello di DESI, ci offre pezzi preziosi per comporre questo affascinante puzzle cosmico. Restate sintonizzati!
Fonte: Springer
