Visualizzazione 3D stilizzata ma fotorealistica di un endoscopio che naviga delicatamente attraverso il tessuto cerebrale verso un ematoma, guidato da un fascio di luce virtuale (simbolo della guida ecografica/neuronavigazione), obiettivo 50mm, atmosfera high-tech, colori blu e grigio duotone.

Ematoma Cerebrale: La Nostra Rivoluzionaria Tecnica “Scuba” Guidata dall’Ecografia

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che sta cambiando il modo in cui affrontiamo una delle emergenze neurologiche più delicate: l’ematoma intracerebrale (ICH). Sapete, quel sanguinamento improvviso all’interno del cervello che può avere conseguenze devastanti. Per anni, l’approccio chirurgico tradizionale è stato invasivo, ma recenti studi ci hanno spinto verso trattamenti mininvasivi. L’obiettivo? Rimuovere il coagulo di sangue riducendo al minimo i danni collaterali al tessuto cerebrale sano. E qui entriamo in gioco noi, con la nostra tecnica “Scuba” guidata dall’ecografia.

Perché Mininvasivo è Meglio? La Lezione degli Studi

Ricordate gli studi STICH? Ci hanno insegnato una lezione fondamentale: il danno collaterale al cervello sano durante l’intervento può annullare i benefici della rimozione del coagulo. È come cercare di salvare una casa dall’incendio abbattendo muri portanti! Ecco perché abbiamo abbracciato la neurochirurgia stereotassica: ci permette di pianificare una traiettoria il più diretta e sicura possibile per raggiungere l’ematoma.

Poi è arrivato lo studio MISTIE, che ci ha mostrato un’altra verità cruciale: per essere efficace, l’evacuazione deve rimuovere una quantità significativa di sangue, idealmente almeno il 70% del volume iniziale. Non basta “dare una pulitina”. Infine, lo studio ENRICH ha dimostrato che l’aspirazione attiva del coagulo sotto visione endoscopica diretta dà risultati migliori rispetto al semplice posizionamento di cateteri passivi.

Tutto questo ci porta a oggi. Stiamo affinando le nostre tecniche, e l’evacuazione endoscopica dell’ematoma intracerebrale sta diventando un cavallo di battaglia per noi chirurghi cerebrovascolari. È una procedura da eseguire in emergenza, che richiede una profonda comprensione delle diverse opzioni chirurgiche e degli strumenti di imaging intraoperatorio.

La Nostra Tecnica “Scuba”: Immersione Guidata nell’Ematoma

Noi descriviamo un approccio specifico: l’evacuazione stereotassica endoscopica “subacquea” (da qui il nome “Scuba”, che richiama l’immersione, anche se qui si tratta di irrigazione controllata). Utilizziamo una guaina sottile (19 F) e un sistema di aspirazione-debridement sotto visione endoscopica diretta. Ma la vera star, la nostra bussola intraoperatoria, è l’ecografia (US).

Vi spiego come funziona il nostro flusso di lavoro:

1. Preparazione e Pianificazione: Tutto inizia con una TC basale e un’angio-TC ad alta risoluzione preoperatorie. Questo ci serve per escludere lesioni sottostanti (come aneurismi o malformazioni) e per pianificare la traiettoria perfetta. Trasferiamo le immagini alla nostra stazione BrainLab e definiamo il percorso seguendo questi principi:

  • Seguire l’asse longitudinale dell’ematoma.
  • Fissare il punto d’arrivo circa 1 cm prima del margine distale del coagulo.
  • Rendere il percorso intracerebrale il più breve possibile, evitando solchi, ventricoli e vasi sanguigni importanti.

Prendiamo nota della lunghezza della traiettoria: è un riferimento di sicurezza fondamentale durante l’intervento.

2. Sala Operatoria e Setup: L’ergonomia è tutto. Il paziente viene posizionato in modo che il punto di ingresso pianificato sia nel punto più alto, per facilitare la manovrabilità e la visualizzazione (altrimenti il sangue gocciolerebbe sull’ottica dell’endoscopio!). La testa è fissata. La neuronavigazione deve funzionare senza intoppi, con la telecamera che riconosce sempre sia il riferimento passivo sulla testa del paziente sia il tracker attaccato alla cannula di lavoro. Il chirurgo principale guarda lo schermo dell’endoscopio, il secondo chirurgo quello della neuronavigazione.

Fotografia di una sala operatoria neurochirurgica high-tech durante un intervento, focus sulla postazione del chirurgo con schermi endoscopici e di neuronavigazione visibili, luce controllata, obiettivo prime 35mm, profondità di campo ridotta per isolare l'area di lavoro.

3. L’Intervento “Scuba”:

  • Localizziamo il punto d’ingresso con la navigazione ed eseguiamo una mini-craniotomia o un foro di trapano allargato (circa 20×20 mm), abbastanza grande da ospitare la sonda ecografica.
  • Primo Check Ecografico: Prima di aprire la dura madre, usiamo l’ecografia. Regoliamo profondità e penetrazione in base alle dimensioni e alla posizione dell’ematoma. Usiamo punti di riferimento anatomici costanti (come i ventricoli o la falce cerebrale) per orientarci. Misuriamo il coagulo nei tre piani e calcoliamo il volume iniziale (regola ABC/2).
  • Apriamo la dura madre a croce, solo nel punto d’ingresso dell’endoscopio.
  • Introduciamo la cannula da 19 F sotto guida della neuronavigazione, puntando a uno dei “quadranti” virtuali in cui dividiamo l’ematoma.
  • Inseriamo l’endoscopio (noi usiamo il LOTTA® della Karl-Storz), visualizziamo il coagulo e iniziamo l’evacuazione: aspirazione, debridement (se il coagulo è denso) e irrigazione con soluzione salina.
  • La fase iniziale richiede più aspirazione/debridement; quando raggiungiamo il parenchima cerebrale, usiamo più l’irrigazione salina per individuare e controllare eventuali sanguinamenti.
  • Ci muoviamo delicatamente da un quadrante all’altro, procedendo dal fondo (distale) verso la superficie (prossimale).

L’Ecografia: La Nostra Bussola Dinamica

Dopo aver completato un “primo passaggio” di aspirazione, ecco che l’ecografia torna protagonista. La usiamo per identificare eventuali residui di ematoma. Se l’evacuazione è stata significativa, spesso lo spazio subdurale si apre spontaneamente, un buon segno prognostico. Se c’è aria, dobbiamo riempire la cavità con soluzione salina prima di usare la sonda US.

L’ecografia ci dice esattamente dove si trova l’ematoma residuo e quanto è grande. Se l’evacuazione è inferiore al nostro obiettivo del 70%, pianifichiamo un secondo (o anche terzo) passaggio mirato proprio in quel quadrante. L’ecografia richiede una curva di apprendimento, certo, ma è uno strumento potentissimo in emergenza, capace di replicare i risultati della TC con notevole accuratezza.

Ci sono anche dei “segni” ecografici che ci aiutano:

  • La presenza di soluzione salina nella cavità crea un “rinforzo acustico posteriore“.
  • Riempire ulteriormente la cavità con salina genera un’espansione iperecogena (brillante) e omogenea.
  • La presenza di aria crea artefatti come l'”ombra sporca” o il “ring down” (linee iperecogene irregolari).

Immagine macro di una sonda ecografica a contatto con la dura madre esposta attraverso una mini-craniotomia, visualizzazione di un ematoma cerebrale sullo schermo ecografico adiacente, illuminazione chirurgica precisa, obiettivo macro 90mm, alta definizione dei dettagli tissutali.

Solo quando l’ecografia ci dice che siamo soddisfatti, eseguiamo una scansione TC intraoperatoria 3D ad alta risoluzione per confermare l’evacuazione e escludere complicazioni.

Chi Può Beneficiare e Quando Intervenire?

Nel nostro centro, selezioniamo pazienti con:

  • ICH primitivo sopratentoriale (con angio-TC negativa per lesioni sottostanti).
  • Volume dell’ematoma ≥ 20 mL.
  • Compromissione neurologica lieve-moderata (GCS 8-14 e/o NIHSS ≥ 6).
  • Precedente indipendenza funzionale (mRS 0-2).

Escludiamo pazienti in coma profondo, con segni di danno irreversibile al tronco encefalico, lesioni secondarie, ematomi sottotentoriali o talamici primari, alto rischio trombotico, coagulopatie non correggibili o ipertensione refrattaria.

Una cosa importante: sulla base della nostra esperienza e delle evidenze preliminari di un effetto tempo-dipendente, ci stiamo muovendo verso un’evacuazione sempre più precoce, idealmente entro le prime 8 ore dall’esordio, sotto il concetto di “codice stroke emorragico“. Non aspettiamo più la TC di controllo per confermare la stabilità dell’ematoma, interveniamo prima!

Sfide e Considerazioni Finali

Certo, non è tutto rose e fiori. L’uso dell’ecografia intraoperatoria richiede una mini-craniotomia leggermente più grande e una curva di apprendimento. La neuronavigazione ha i suoi limiti, specialmente a causa del “brain shift” (lo spostamento del cervello dopo l’evacuazione). E se c’è un sanguinamento attivo? La nostra esperienza ci dice che un’irrigazione abbondante con salina di solito lo ferma. Se è un sanguinamento arterioso, possiamo usare pinze bipolari endoscopiche.

L’evacuazione mininvasiva dell’ICH rappresenta un vero cambio di paradigma. Sembra migliorare mortalità e outcome funzionali, anche se servono ulteriori conferme, specialmente per gli ematomi dei gangli della base. Dobbiamo essere realistici sugli obiettivi della chirurgia e spiegare chiaramente ai pazienti e alle famiglie le potenziali complicazioni, inclusa la rara necessità di convertire l’intervento in una craniotomia tradizionale o di reintervenire per un risanguinamento.

Ma la strada è tracciata: la chirurgia mininvasiva, guidata da tecnologie come l’ecografia e la neuronavigazione, ci offre strumenti potentissimi per affrontare l’ematoma cerebrale in modo più efficace e meno dannoso. E noi siamo in prima linea per perfezionare queste tecniche.

Fonte: Springer

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