I Segreti Nascosti nei Nomi dei Funghi: Un Viaggio nel Sapere Indigeno di Oaxaca
Avete mai pensato a quanto sapere si nasconde dietro il nome di un fungo selvatico? Per secoli, i nomi tradizionali sono stati il ponte che collega questi organismi affascinanti a noi umani. In Messico, terra di incredibile diversità culturale e biologica, le comunità indigene hanno sviluppato sistemi sofisticatissimi per classificare e nominare i funghi, usando sia le loro lingue ancestrali che lo spagnolo. Questo non è solo un esercizio linguistico, ma una vera e propria scienza popolare – una tassonomia folk – che permette di utilizzare al meglio le risorse fungine e di tramandare conoscenze preziose di generazione in generazione.
Recentemente, mi sono imbattuto in uno studio affascinante che esplora proprio questo mondo nascosto tra le comunità indigene Chatino, Chontal e Chinantec nello stato di Oaxaca, in Messico. L’obiettivo era capire l’origine e il significato dei nomi dati ai funghi, come questi si legano alla cultura locale e se ci sono somiglianze nel modo di classificare tra questi gruppi diversi. È un viaggio affascinante nel cuore della conoscenza tradizionale.
Un Mondo di Nomi: Kía, Jlapilí e Naẗ
Immaginate di camminare nelle foreste di Oaxaca tra aprile e ottobre, il periodo in cui i ricercatori hanno intervistato gli abitanti – bambini, giovani, adulti e anziani – per raccogliere questo sapere. Con l’aiuto di traduttori locali, hanno svelato un universo di nomi. Pensate: ben 43 nomi indigeni per 32 specie di funghi!
Ogni gruppo ha il suo termine generico per “fungo”:
- I Chatino li chiamano “Kía” e usano 22 nomi indigeni per 23 specie.
- I Chontal usano il termine “Jlapilí” e hanno 15 nomi per 16 specie.
- I Chinantec li chiamano “Naẗ” e hanno registrato 6 nomi per 6 specie.
La struttura dei nomi è spesso simile: un termine generico (come Kía, Jlapilí o Naẗ) seguito da un suffisso specifico che descrive il fungo. E qui viene il bello: questi suffissi non sono casuali! Si basano su fattori ecologici, morfologici e culturali.
Come Nasce un Nome? Ecologia, Forma e Cultura
La classificazione popolare inizia spesso da dove cresce il fungo: a terra o su tronchi/rami. Poi, si passa a distinguere tra commestibili, medicinali e tossici. È interessante notare che tutti i funghi non utilizzati vengono etichettati come tossici, spesso con nomi specifici come “Kía láa” (fungo cattivo) per i Chatino, “Naẗ guii” (fungo piccante) per i Chinantec, o “Jlapilí tii” (fungo velenoso) per i Chontal. Questa prudenza nasce da esperienze reali: in ogni comunità si sono verificati casi di avvelenamento, creando un timore, soprattutto tra i giovani. I Chatino parlano persino di “Kía súaro” (funghi simili o gemelli), riferendosi a specie tossiche che assomigliano a quelle commestibili, come certe Amanita, Cantharellus cibarius o Russula mexicana.
Ma come vengono scelti i nomi specifici per le specie utili? Ci sono tre vie principali:
1. Ecologia: Il nome riflette dove cresce il fungo. Ad esempio, Neolentinus ponderosus è “Jlapilí góli” (fungo del pino) per i Chontal perché cresce sui pini. Pleurotus djamor è “Naẗ majee” (fungo del jonote) per i Chinantec perché predilige l’albero di jonote. Pseudofistulina radicata è conosciuto come “fungo del cuachepil” (Jlapilí ganmamú o Kía jikafkhía) da Chontal e Chatino perché cresce sull’albero omonimo (Senna sp.).
2. Morfologia: La forma, il colore, la texture ispirano il nome. Favolus tenuiculus è “Kía jitóo” (fungo amaca) per i Chatino, per via del suo imenio poroso e intrecciato. Hypomyces lactifluorum diventa “Jlapilí kashi” (fungo cresta di gallo) per i Chontal, per colore e forma. Lentinus crinitus è “Nat logua quiic” (fungo orecchio di tasso) per i Chinantec. Lactarius volemus, che secerne lattice bianco, è chiamato “fungo del latte” (“Jlapilí fuska-gaja” o “Kía squí”) da Chontal e Chatino. Russula crustosa, con il suo cappello striato, è “Kía edjee” (fungo sale) per i Chatino.
3. Cultura e Religione: A volte, il nome è legato a credenze o date significative. Le specie di Amanita sono “Kía kuí” (fungo di San Giovanni) per i Chatino, perché spuntano intorno al 24 giugno, giorno di San Giovanni, che segna l’inizio delle piogge. Psilocybe sp. è “Kía indiose” (fungo di Dio) sempre per i Chatino, visto come un mezzo di comunicazione con il divino dagli anziani. Lactarius indigo, con il suo colore blu indaco, è il “fungo di San Antonio” per i Chatino, ricordando il mantello blu di Sant’Antonio da Padova.
Nomi Condivisi e Nomi Multipli
È affascinante vedere come alcune specie abbiano nomi simili o uguali tra comunità diverse, spesso basati su caratteristiche evidenti. Il “fungo del latte” (L. volemus) e il “fungo del cuachepil” (P. radicata) sono esempi di nomi condivisi tra Chatino e Chontal, riflettendo osservazioni simili o scambi culturali. Il nome del “fungo del latte”, in particolare, è diffuso anche tra altri gruppi indigeni di Oaxaca, come Chinantec, Zapotec e Mixtec.
A volte, un singolo nome indigeno raggruppa più specie scientifiche simili (ethnotaxa politipici). È il caso delle Amanita commestibili (“Kía kuí”) per i Chatino, distinte solo dal colore del cappello, o delle varie specie di Ramaria, chiamate “Kía jikaloó” (fungo piccolo recinto) dai Chatino e “Jlapilí jleúla-keitk” (fungo corno di cervo) dai Chontal, nonostante riconoscano differenze di colore tra loro.
Un caso unico è quello di Cantharellus cibarius. Sia i Chatino (“Kía kie”, fungo fiore) che i Chontal (“Jlapilí kahúa”, fungo zucca) lo associano al fiore di zucca (genere Cucurbita), un alimento importante per entrambi, per via del suo colore giallo brillante e della forma. Questo mostra come la cultura alimentare si intrecci profondamente con la nomenclatura dei funghi.
Il Sapere degli Anziani e l’Influenza dello Spagnolo
Lo studio ha rivelato una tendenza interessante: l’età è positivamente correlata al numero di nomi indigeni conosciuti, specialmente tra i Chatino. Gli anziani sono i custodi di questo sapere. Purtroppo, tra le generazioni più giovani Chatino, si nota una perdita di questa conoscenza, forse legata a un minor contatto con l’ambiente naturale e a processi di acculturazione. Al contrario, nelle comunità Chontal e Chinantec, dove i giovani sembrano più coinvolti nelle attività agricole, la conoscenza appare distribuita più uniformemente tra le età, suggerendo una migliore trasmissione intergenerazionale.
E lo spagnolo? Viene usato parallelamente ai nomi indigeni. In generale, non c’è una relazione significativa tra età e uso di nomi spagnoli. Tuttavia, tra i Chatino, le donne tendono a usare più nomi spagnoli degli uomini. Questo potrebbe essere legato a maggiori opportunità educative o lavorative fuori dalla comunità, dove lo spagnolo è necessario per comunicare. È un equilibrio delicato: l’uso combinato delle lingue può arricchire, ma c’è il rischio che i nomi indigeni, carichi di significato culturale, vengano diluiti o persi.
La trasmissione di questa conoscenza avviene principalmente in famiglia (verticale, da genitori a figli) e tra coetanei (orizzontale). A volte, può esserci anche un contributo esterno (obliquo, da scienziati o istituzioni), come osservato in altre comunità messicane.
Un Ponte tra Scienza Popolare e Scientifica
Una delle cose che mi ha colpito di più è come questa tassonomia popolare, pur essendo specifica di una cultura e di un luogo, mostri parallelismi con la tassonomia scientifica. L’uso di nomi binomiali (genere + descrittore specifico) è una pratica comune in entrambe. La classificazione si basa su caratteristiche osservabili – habitat, morfologia, colore – proprio come fa la scienza. Certo, la tassonomia folk è locale, mentre quella scientifica mira all’universalità, ma entrambe nascono dall’esigenza umana di ordinare e comprendere il mondo naturale.
Questo studio ci ricorda l’incredibile ricchezza culturale custodita dalle comunità indigene di Oaxaca e il loro profondo legame con l’ambiente. La loro tassonomia popolare non è solo un elenco di nomi, ma un sistema complesso che integra ecologia, percezione sensoriale e visione del mondo. È uno strumento vitale per la sicurezza alimentare, per la conservazione della biodiversità e per il mantenimento dell’identità culturale.
La Sfida della Conservazione
Tuttavia, questa conoscenza è fragile. La perdita di biodiversità, la modernizzazione, la sostituzione delle lingue indigene con lo spagnolo sono tutte minacce reali. Comprendere e documentare la tassonomia popolare dei funghi, come fatto in questo studio, è un passo cruciale per valorizzare e proteggere questo patrimonio bioculturale. È fondamentale continuare la ricerca, coinvolgendo più comunità, per avere un quadro più ampio e supportare gli sforzi locali di conservazione.
Il modo in cui i Chatino, i Chontal e i Chinantec nominano i loro funghi è una testimonianza della loro profonda intelligenza ecologica e della loro storia. Ogni nome è una piccola capsula di conoscenza, un filo che lega passato, presente e futuro. Ascoltare queste storie, imparare questi nomi, è un modo per onorare non solo i funghi, ma anche le culture che li conoscono così intimamente.
Fonte: Springer