Un paziente post-ictus sorridente mentre esegue esercizi su un tapis roulant split-belt in un ambiente di riabilitazione luminoso e moderno. Accanto a lui, un fisioterapista lo incoraggia. L'immagine trasmette speranza e progresso. Obiettivo prime, 35mm, luce naturale, profondità di campo che sfoca leggermente lo sfondo per concentrarsi sul paziente e sul terapista.

Camminare di Nuovo Dopo un Ictus? Un Tapis Roulant “Magico” Potrebbe Essere la Svolta!

Amici, parliamoci chiaro: un ictus può stravolgere la vita. Tra le tante conseguenze, una delle più impattanti è la difficoltà a camminare. L’emiparesi, quella debolezza che colpisce un lato del corpo, rende spesso l’andatura asimmetrica, faticosa e, diciamocelo, anche un po’ frustrante. Ma se vi dicessi che c’è una speranza concreta, un allenamento un po’ particolare che sta dando risultati sorprendenti? Oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi ha davvero incuriosito e che potrebbe cambiare le carte in tavola per molti: il tapis roulant a nastri separati, o come lo chiamano gli addetti ai lavori, lo Split-Belt Treadmill Training (SBTT).

Ma cos’è questo SBTT e come funziona?

Immaginate un tapis roulant, ma con una marcia in più. Anzi, due! Invece di un unico nastro che scorre sotto i piedi, ce ne sono due, indipendenti, uno per gamba. E la genialata sta proprio qui: si possono impostare velocità diverse per ciascun nastro. Perché farlo? Per “ingannare” bonariamente il nostro cervello e il nostro corpo!
Dopo un ictus, il sistema di feedback neurale, quello che ci permette di imparare e correggere i movimenti, è spesso compromesso. L’SBTT sfrutta un principio affascinante chiamato “error augmentation” (EA), ovvero l’amplificazione dell’errore. Mettendo la gamba colpita (paresi) sul nastro più lento e quella sana sul nastro più veloce, si crea una perturbazione controllata. Il corpo, per non cadere e per cercare di camminare “bene”, è costretto ad adattarsi, a ricalibrare i movimenti. È come se dicessimo al cervello: “Ehi, guarda che stai sbagliando, correggiti!”. E piano piano, sessione dopo sessione, il cervello impara una nuova strategia motoria, più simmetrica ed efficiente. Sembra quasi fantascienza, vero? Eppure, la neuroplasticità, la capacità del nostro cervello di modificarsi e apprendere, è una risorsa potentissima.

Lo studio che ci dà speranza: SBTT vs. Allenamento Tradizionale

Recentemente, un gruppo di ricercatori ha voluto vederci chiaro e ha messo a confronto l’SBTT con l’allenamento su tapis roulant tradizionale (TBTT), quello con i nastri “legati” che si muovono alla stessa velocità. Hanno coinvolto pazienti che avevano avuto un ictus e che riuscivano a camminare autonomamente per almeno 30 minuti. Li hanno divisi in due gruppi: uno si allenava con l’SBTT, l’altro con il TBTT, per cinque volte a settimana, per quattro settimane.
E i risultati? Beh, preparatevi, perché sono davvero incoraggianti!

  • Miglioramenti più rapidi e significativi: Il gruppo SBTT ha mostrato miglioramenti notevoli nella lunghezza del passo e nella velocità della camminata già dopo due settimane. Il gruppo TBTT, invece, ha avuto bisogno di quattro settimane per vedere progressi simili solo in questi due parametri.
  • Simmetria spaziale e velocità al top: Dopo quattro settimane, chi si era allenato con l’SBTT aveva una camminata significativamente più simmetrica (in termini di spazio, come la lunghezza del passo) e più veloce rispetto a chi aveva usato il tapis roulant tradizionale. E la cosa bella è che il miglioramento nella simmetria spaziale si manteneva anche a quattro settimane dalla fine del trattamento!
  • Funzione degli arti inferiori e equilibrio: Non solo la camminata! L’SBTT ha portato a miglioramenti più marcati anche nella funzione motoria generale dell’arto inferiore (valutata con la scala Fugl-Meyer), nell’equilibrio (con la Berg Balance Scale – BBS) e nella capacità di camminare funzionale (misurata con il Timed Up and Go Test – TUGT). Anche qui, i miglioramenti con l’SBTT sono apparsi prima, già dopo due settimane per molti parametri, e per l’equilibrio (BBS) si sono mantenuti superiori anche al follow-up.

Insomma, l’SBTT sembra davvero dare una marcia in più al recupero!
Un paziente post-ictus di mezza età, con espressione concentrata ma speranzosa, cammina su un tapis roulant a doppio nastro in un moderno centro di riabilitazione. Un fisioterapista lo osserva attentamente, pronto ad intervenire. L'ambiente è luminoso e accogliente. Obiettivo prime, 35mm, profondità di campo per mettere a fuoco il paziente e il dettaglio dei due nastri che si muovono a velocità diverse.

Perché l’SBTT sembra funzionare così bene?

La chiave, come accennavo, è l’adattamento basato sull’errore. Mettendo la gamba paretica (quella con il passo più lungo, paradossalmente, a causa di compensi) sul nastro lento e quella non paretica (passo più corto) sul nastro veloce, si forza il sistema. Durante la fase iniziale di adattamento, il nastro più lento “costringe” a tempi di appoggio più lunghi per la gamba paretica, mentre il nastro più veloce limita la lunghezza del passo della gamba non paretica. Attraverso questa continua ricalibrazione, mediata dal cervelletto (il nostro “direttore d’orchestra” del movimento), i partecipanti allungano progressivamente i passi sul nastro veloce e li accorciano su quello lento. E questi schemi adattati, udite udite, persistono! È un processo in tre fasi: amplificazione deliberata dell’asimmetria, ricalibrazione sensomotoria e mantenimento degli effetti. Questo spiega come l’EA migliori la simmetria.
È interessante notare che, mentre la simmetria spaziale (legata alla lunghezza del passo) migliora tanto, quella temporale (legata ai tempi di appoggio e oscillazione) non sembra beneficiare allo stesso modo dall’SBTT. Una possibile spiegazione è che i parametri temporali sono molto reattivi ai feedback periferici (dai recettori dell’anca, dal carico sull’arto, dalla cute) e quindi si modificano subito in risposta alle diverse velocità dei nastri, ma non vengono “appresi” e mantenuti come un vero e proprio adattamento a lungo termine. Altri studi confermano questa osservazione.

L’impatto sulla vita quotidiana: non solo numeri

Ma cosa significano questi miglioramenti in termini pratici? Beh, una camminata più simmetrica e veloce si traduce in una maggiore efficienza e sicurezza negli spostamenti quotidiani. Il Timed Up and Go Test (TUGT), che misura il tempo per alzarsi da una sedia, camminare per 3 metri, girarsi, tornare e sedersi, è un ottimo indicatore della mobilità funzionale. Ebbene, i miglioramenti nel TUGT sono risultati correlati positivamente con la riduzione dell’asimmetria spaziale. Questo suggerisce indirettamente che l’SBTT migliora l’efficienza della camminata proprio grazie al recupero della simmetria.
Si ipotizza anche che i due nastri a velocità diverse possano attivare meglio i muscoli paralizzati, ottimizzando i tempi, l’ampiezza e la coordinazione dell’attività muscolare, promuovendo così la riabilitazione della deambulazione e dell’equilibrio.

Qualche cautela, ma tanta speranza

Come ogni studio, anche questo ha le sue limitazioni. Il campione di pazienti non era enorme e lo studio è stato condotto in un unico centro. Inoltre, sono stati inclusi pazienti con una disfunzione lieve degli arti inferiori, capaci di camminare autonomamente. Quindi, i risultati potrebbero non essere generalizzabili a tutti i pazienti post-ictus, specialmente quelli con problematiche più severe.
Per il futuro, sarebbe fantastico vedere studi multicentrici con campioni più ampi e, magari, sperimentare l’SBTT su pazienti con disfunzioni più gravi, magari con l’ausilio di esoscheletri. Sarebbe anche utile analizzare parametri della camminata ancora più dettagliati per capire a fondo i meccanismi di miglioramento.

Nonostante queste doverose precisazioni, i risultati sono entusiasmanti. Un intervento di quattro settimane con l’SBTT può migliorare efficacemente l’asimmetria della camminata e, di conseguenza, potenziare la deambulazione e la funzione degli arti inferiori in pazienti con ictus che hanno già una certa capacità di camminare. È una porta che si apre, una nuova freccia all’arco della riabilitazione che merita di essere esplorata a fondo. Per me, è la dimostrazione che la ricerca, unita a un pizzico di ingegno, può davvero fare la differenza nella vita delle persone. E questo, amici, è sempre una bellissima notizia!

Fonte: Springer

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *