Supporto tra Pari: Un Viaggio tra Ostacoli e Trampolini di Lancio nel Sistema Inglese
Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un’esplorazione affascinante, quella del supporto tra pari (o peer support, come dicono oltremanica) nel campo della salute mentale. Immaginate persone che hanno vissuto sulla propria pelle difficoltà psicologiche e che ora mettono la loro esperienza al servizio di altri che stanno attraversando tempeste simili. Forte, vero? Questo approccio, basato su comprensione condivisa, rispetto ed empowerment reciproco, sta prendendo sempre più piede, anche qui in Inghilterra, dove il numero di Peer Support Workers (PSW) è in rapida crescita.
Ma come funziona davvero? Quali sono gli ingranaggi che lo fanno girare liscio e quali, invece, lo inceppano? Un recente studio qualitativo, condotto attraverso interviste a 35 PSW che lavorano in diversi contesti inglesi, ha cercato di far luce proprio su questo. E io sono qui per raccontarvelo, come se stessimo chiacchierando davanti a un caffè.
Il Cuore del Supporto tra Pari: Cosa Significa Davvero?
Prima di addentrarci negli ostacoli e nei facilitatori, capiamo bene di cosa parliamo. Il supporto tra pari non è una novità assoluta, è un’esperienza quasi organica, naturale, che negli ultimi decenni è stata formalizzata e integrata nei servizi di salute mentale. L’idea di base è semplice ma potente: chi ha navigato le acque turbolente della malattia mentale può offrire un tipo di aiuto unico, fondato su un’intesa profonda che va oltre la classica relazione clinico-paziente. Si punta a risultati come l’inclusione sociale e l’empowerment, più che alla mera riduzione dei sintomi psichiatrici. I PSW aiutano le persone a sviluppare conoscenze, abilità e fiducia per gestire la propria condizione, migliorando qualità della vita e funzionamento sociale. Un valore riconosciuto a livello internazionale, dall’Australia al Canada, passando per gli USA e, ovviamente, il Regno Unito.
Lo studio che vi racconto oggi ha coinvolto ricercatori con esperienza diretta di problemi di salute mentale e/o di supporto, alcuni dei quali avevano lavorato proprio come PSW. Un approccio collaborativo e partecipativo, insomma, che ha dato voce a chi questo lavoro lo fa ogni giorno.
Micro Livello: Il Lavoro sul Campo, Tra Flessibilità e Confini
Scendiamo nel dettaglio, partendo dal livello “micro”, quello dell’esperienza individuale del PSW. Qui emergono tre aree cruciali.
- “Serve flessibilità, ma anche una struttura”: trovare l’equilibrio. Molti PSW hanno sottolineato come la flessibilità sia essenziale per un approccio centrato sulla persona, un valore cardine del loro lavoro. Tuttavia, troppa flessibilità, specialmente nel terzo settore, può diventare un boomerang, portando a incertezza e richieste fuori luogo (come aiutare in contenzioni fisiche nei reparti!). Dall’altro lato, ruoli troppo strutturati, con linee guida rigide su tipi di supporto e numero di sessioni, possono limitare l’efficacia del peer support, facendolo assomigliare troppo a un intervento clinico standardizzato. Un equilibrio delicato, insomma.
- “Lavoriamo diversamente”: la connessione condivisa con gli utenti. Il nucleo del lavoro del PSW è la distinzione chiara tra sé e lo staff clinico, grazie all’esperienza condivisa. Questa connessione è vista come un fattore chiave per costruire relazioni con gli utenti, specialmente con quelli disillusi o trascurati dai servizi tradizionali. I PSW diventano così un ponte, capaci di ridurre le dinamiche di potere e creare un campo di gioco più equo. È importante che questa condivisione vada oltre la malattia mentale, abbracciando una lente intersezionale (ad esempio, capire come l’esperienza sia vissuta da un uomo, o da una persona di etnia nera). Certo, non mancano le sfide, come il pregiudizio iniziale da parte di alcuni utenti o la difficoltà di lavorare in team senza colleghi con background simili, specie per chi appartiene a minoranze etniche.
- “È importante essere aperti, ma servono confini”: apertura e sicurezza. Condividere la propria esperienza è fondamentale, ma i PSW devono essere chiari su quanto di sé sono disposti a rivelare. Mantenere questi confini è cruciale per evitare burnout e ricadute, dato il carico emotivo di rivivere i propri traumi e ascoltare il dolore altrui. Una formazione specifica su come utilizzare l’esperienza vissuta, stabilire confini e avere consapevolezza di sé è vista come essenziale. Anche avere un ruolo ben definito e aspettative chiare aiuta a mantenere questi limiti.
Meso Livello: Lavorare all’Interno dell’Organizzazione
I PSW non operano nel vuoto. La cultura lavorativa, il supporto di manager e colleghi, e le connessioni nel team hanno un impatto enorme.
- “A volte il supporto tra pari è davvero, davvero difficile…”: l’importanza di un buon supporto e supervisione. Data l’intensità emotiva del lavoro, un buon supporto è vitale. La maggior parte dei PSW si sente ben supportata, specialmente dai manager. Questo supporto dovrebbe essere flessibile, includendo supervisione clinica esterna con professionisti con esperienza vissuta e spazi di riflessione. Anche il supporto informale, come la disponibilità dei manager al di fuori degli incontri programmati, è prezioso.
- “Nessun peer è un’isola”: l’impatto del team allargato. Buone relazioni con i colleghi del team multidisciplinare contribuiscono al piacere del ruolo e al supporto informale. L’integrazione in team con ruoli diversi è benefica, permettendo di imparare dagli altri e risolvere problemi. Connettersi con altri PSW è particolarmente arricchente. Tuttavia, alcuni affrontano sfide nell’essere aperti sulla propria esperienza, temendo pregiudizi o incomprensioni da parte dei colleghi clinici, specialmente dove il peer support è una novità (es. servizi per disturbi alimentari). Formare i membri del team non-PSW sui principi del supporto tra pari può aiutare a superare queste barriere.
- “Sai cos’è il supporto tra pari?”: la natura eterogenea del ruolo. Il ruolo del PSW è percepito come molto vario, con tante declinazioni locali, il che contribuisce a una mancanza di chiarezza. Questa incomprensione ha impatti pratici (richieste fuori ruolo, invii non appropriati) e, più profondamente, riflette una mancanza di valore attribuito al lavoro. Avere strategie chiare, protocolli co-progettati con gli utenti, e visibilità del peer support (es. attraverso formazione o rappresentanza ai livelli dirigenziali) può aiutare. Per alcuni, una maggiore “professionalizzazione” del ruolo è positiva, ma per altri rischia di snaturare i valori fondamentali del PSW, assimilando troppo il ruolo al sistema clinico.
Macro Livello: Oltre il Posto di Lavoro – Fattori Sistemici
Infine, ci sono questioni sistemiche più ampie che influenzano i PSW: finanziamenti, retribuzione, instabilità lavorativa e progressione di carriera.
- “La frustrazione è non avere fondi per i PSW”: l’impatto di finanziamenti e risorse limitate. Quasi tutti i partecipanti hanno espresso frustrazione per la carenza di fondi, che limita lo sviluppo, la formazione e la crescita del peer support. Questa mancanza di risorse non riguarda solo il personale, ma anche elementi basilari come computer, rimborsi spese per la formazione, o spazi d’ufficio adeguati (un partecipante doveva fare tutte le riunioni, incluse quelle con i clienti e la supervisione, in caffetterie pubbliche!). Queste restrizioni sono percepite come un segno che il peer support non è valorizzato quanto i ruoli clinici.
- “Ci sono molti problemi di ritenzione, la gente se ne va perché ha bisogno di soldi!”: bassa retribuzione e mancanza di progressione. La bassa retribuzione e la scarsa progressione di carriera sono un problema enorme, interpretato come un ulteriore segnale di scarso riconoscimento. Incoerenze nelle scale salariali e nell’inquadramento, e la confusione su chi paga (alcuni sono pagati da organizzazioni del terzo settore ma inseriti nel NHS) aggravano la situazione. Nonostante l’amore per il ruolo, molti PSW considerano di dover cercare altrove per soddisfare le proprie esigenze di carriera, con una conseguente perdita di preziosa esperienza vissuta per le organizzazioni.
- “È davvero complicato!”: Lavorare in sistemi sanitari complessi. Lavorare nel sistema sanitario, specialmente nel NHS con le sue politiche, linguaggi e strutture, è complesso. Navigare team multidisciplinari con richieste e punti di vista contrastanti può essere sfidante. La frammentazione dei servizi e la burocrazia sono fonti di frustrazione, e alcuni temono che il peer support possa essere “contaminato” da questa cultura, perdendo la sua flessibilità e centralità sulla persona.
Cosa Ci Portiamo a Casa? Implicazioni e Prospettive Future
Questo studio ci offre uno spaccato vivido delle sfide e delle opportunità per i PSW. Emerge chiaramente la necessità di:
- Chiarezza del ruolo: definire meglio cosa sia il peer support e cosa comporti il ruolo del PSW.
- Supporto, supervisione e formazione: essenziali per gestire gli aspetti unici del lavoro, come la condivisione dell’esperienza vissuta e la gestione dei confini. Questo non riguarda solo i PSW, ma anche i team e i manager.
- Cultura organizzativa positiva: team preparati e di supporto, dove i PSW si sentano valorizzati e possano imparare e condividere.
- Supporti sistemici: strategie chiare per il peer support, finanziamenti sostenibili e opportunità di sviluppo e carriera.
Molte di queste questioni non sono nuove, ma persistono. C’è una tensione palpabile tra il desiderio di mantenere il ruolo del PSW come alleato indipendente degli utenti e la necessità di una maggiore integrazione nei team clinici. Bisogna trovare un equilibrio per non perdere l’unicità del peer support, evitando il cosiddetto “peer drift”, ovvero la deriva verso pratiche più cliniche che snaturano il ruolo.
È fondamentale che le organizzazioni prendano sul serio il loro dovere di cura verso i PSW, con linee guida chiare e un’attenzione costante all’importanza dell’autocura. La formazione dovrebbe estendersi anche ai colleghi clinici e ai manager per promuovere accettazione e integrazione.
Il commento di ricercatori con esperienza vissuta (LERs) allegato allo studio sottolinea come, sebbene i benefici del coinvolgimento dei PSW siano innegabili, essi non debbano essere visti come una “panacea” per i problemi della salute mentale. Assumere più PSW non deve distogliere l’attenzione dalle carenze sistemiche che persistono.
In conclusione, il lavoro dei PSW è complesso e prezioso. Affrontare le barriere identificate e potenziare i facilitatori è cruciale per garantire che possano svolgere il loro lavoro in modo efficace, specialmente ora che il loro numero e il loro raggio d’azione sono in continua espansione. C’è bisogno di un impegno reale per valorizzare questi ruoli, non solo a parole, ma con fatti concreti: finanziamenti adeguati, percorsi di carriera chiari e un vero riconoscimento del loro contributo unico. E noi, come società, dobbiamo continuare a parlarne e a sostenere questo approccio così profondamente umano.
Fonte: Springer