Due persone, un uomo e una donna, che si danno il cinque o si stringono la mano con un sorriso, in un contesto che suggerisce un gruppo di mindfulness, forse una sala con tappetini da yoga. L'immagine trasmette supporto e cameratismo. Prime lens, 35mm, depth of field, colori vivaci ma naturali, luce diffusa.

Mindfulness: Un Amico Accanto Fa Davvero la Differenza per la Pratica Quotidiana?

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di una cosa che, ne sono sicura, tocca molti di noi che cercano di integrare la mindfulness nella propria vita: la costanza nella pratica a casa. Ammettiamolo, iniziare un percorso di mindfulness è entusiasmante, che sia un MBSR (Mindfulness-Based Stress Reduction) o un MBCT (Mindfulness-Based Cognitive Therapy), ma poi, quando si tratta di srotolare il tappetino o trovare quei 30-45 minuti al giorno per meditare… beh, la vita reale spesso ci mette lo zampino! E se vi dicessi che forse una soluzione semplice ed efficace potrebbe essere a portata di… amico?

Cos’è la Mindfulness e Perché la Pratica a Casa è Cruciale

Prima di addentrarci nel cuore della questione, rinfreschiamoci un attimo la memoria. La mindfulness, in parole povere, è la capacità di prestare attenzione al momento presente, senza giudizio, a quello che stiamo vivendo qui e ora. I programmi come l’MBSR e l’MBCT, che durano tipicamente 8 settimane, ci insegnano diverse tecniche – meditazioni sedute guidate, body scan, yoga – per coltivare questa abilità. E non è solo una moda passeggera: la ricerca scientifica ha associato queste pratiche a un sacco di benefici, come la riduzione dello stress, un miglioramento dell’umore, e persino un potenziamento delle funzioni cognitive e della produttività.

Il punto è che, oltre agli incontri di gruppo settimanali, questi programmi ci chiedono un impegno quotidiano a casa. Questa pratica costante è fondamentale per interiorizzare davvero la mindfulness e renderla parte della nostra vita. Studi hanno mostrato che chi pratica di più a casa tende ad avere risultati migliori. Logico, no? Come imparare a suonare uno strumento: più ti eserciti, meglio diventi.

Il Tallone d’Achille: Mantenere la Pratica a Casa

Qui casca l’asino, o meglio, qui molti di noi inciampano. Mantenere una routine di pratica a casa richiede impegno, sforzo e tempo, risorse spesso scarse nelle nostre vite frenetiche. Infatti, le ricerche indicano che parecchi partecipanti faticano a rispettare la quantità di pratica raccomandata. Una meta-analisi ha rivelato che, in media, si completa circa il 60% degli esercizi assegnati. Un vero peccato, perché si rischia di perdere parte dei benefici del programma. E c’è una grande variabilità: c’è chi pratica tantissimo e chi molto meno. Nonostante l’importanza della pratica a casa sia universalmente riconosciuta, si è studiato poco su come aiutare le persone a essere più costanti.

L’Idea del “Buddy”: il Supporto Diadico

Ed ecco che entra in gioco l’idea brillante che voglio raccontarvi oggi, presa da uno studio pilota davvero interessante: l’intervento di supporto diadico, o più semplicemente, un “buddy system”. Immaginate di avere un compagno di avventura nel vostro percorso di mindfulness, qualcuno con cui condividere progressi, difficoltà e motivarsi a vicenda.

La ricerca sul cambiamento dei comportamenti legati alla salute (come fare dieta o esercizio fisico) ha iniziato a puntare i riflettori sul contesto sociale. Sembra che gli interventi abbiano più successo quando sfruttano proprio le relazioni. E la pratica della mindfulness, in fondo, è un comportamento salutare che richiede sforzo. Quindi, perché non applicare le stesse logiche?

Gli interventi diadici coinvolgono due persone. Possono funzionare in vari modi: una persona supporta l’altra (tecnica “cross-over”) oppure entrambe lavorano per lo stesso obiettivo (tecnica “congiunta”). Studi hanno dimostrato che questo approccio funziona per diverse abitudini: fare più attività fisica con un compagno, pianificare insieme una dieta più sana, ecc. Sembra che avere obiettivi e esperienze simili con il proprio “buddy” favorisca comprensione reciproca, impegno e la percezione di un supporto genuino.

Due persone, un uomo e una donna di mezza età, sedute comodamente su un divano con tazze di tè, mentre parlano e si scambiano messaggi sui loro smartphone. L'atmosfera è rilassata e di supporto. Prime lens, 35mm, depth of field, luce calda e accogliente, duotone marrone e crema.

Ma come funziona questo supporto? Ci sono diverse tecniche:

  • Pianificazione collaborativa: Non solo aiuta il cambiamento individuale, ma porta a piani di migliore qualità e incoraggia il supporto e il controllo sociale.
  • Supporto emotivo: Ricevere incoraggiamento da un partner può aumentare la nostra autoefficacia, facendoci sentire più capaci di raggiungere i nostri obiettivi.
  • Monitoraggio reciproco: Il supporto all’interno della coppia migliora sia l’auto-monitoraggio che il monitoraggio sociale, rendendo più salienti i comportamenti salutari e fungendo da promemoria.

In breve, attraverso vari processi psicologici, gli interventi diadici si sono dimostrati efficaci. E se funzionassero anche per la mindfulness?

Lo Studio Pilota: Un “Buddy” per la Mindfulness

Un recente studio pilota si è posto proprio questa domanda: un intervento diadico può migliorare l’aderenza alla pratica mindfulness a casa, in termini di frequenza e durata? I ricercatori hanno coinvolto 40 partecipanti a programmi MBSR o MBCT. Metà di loro (il gruppo di intervento) sono stati invitati, a partire dalla terza sessione, a formare delle coppie – i “buddy” – all’interno del loro gruppo. L’idea era che si supportassero a vicenda durante il corso, tenendosi in contatto tramite messaggi e usando varie strategie di supporto. L’altra metà era il gruppo di controllo, senza “buddy”.

I partecipanti hanno registrato settimanalmente la frequenza e la durata della loro pratica formale. Inoltre, alla fine, quelli del gruppo “buddy” hanno fornito un feedback sulla loro esperienza.

I Risultati: Cosa è Successo Davvero?

E qui viene il bello!
Frequenza della pratica: Il gruppo con il “buddy” ha mantenuto una frequenza stabile di sessioni di pratica settimanali per tutto il periodo dell’intervento. Invece, il gruppo di controllo ha mostrato un calo significativo. Questa è una notizia fantastica! Significa che avere un compagno ha aiutato a non mollare, a continuare a praticare con regolarità.
Durata della pratica: Qui, invece, non ci sono state differenze significative. Entrambi i gruppi hanno mostrato una diminuzione nella durata media delle sessioni di pratica nel tempo. Quindi, il “buddy” sembra aver aiutato a *iniziare* la pratica più spesso, ma non necessariamente a farla durare di più ogni volta.

Questo effetto differenziale potrebbe dipendere da vari fattori. Ad esempio, nei programmi MBSR e MBCT spesso si può scegliere tra file audio più lunghi o più corti. La durata della pratica è spesso percepita come una barriera, e forse superare questo ostacolo richiede qualcosa di più del semplice supporto di un amico, specialmente se ci sono vincoli di tempo. Comunque, ricerche recenti suggeriscono che praticare per periodi più brevi può dare risultati simili a chi pratica più a lungo, quindi la frequenza potrebbe essere l’aspetto più importante.

L’Esperienza dei Partecipanti: Luci e Ombre

Cosa hanno detto i partecipanti che hanno avuto un “buddy”? La maggior parte (14 su 17 che hanno risposto) ha trovato l’intervento positivo o utile. Frasi come “È stato bello, potevamo discutere del corso e di cosa ne pensavamo, così come dei diversi esercizi. È stato bello affrontare tutto questo con qualcuno” oppure “Ha fornito una motivazione extra, e a volte qualche riflessione aggiuntiva” la dicono lunga.

La strategia di supporto più usata è stata il supporto emotivo, seguita dall’aggiornarsi a vicenda. La pianificazione congiunta, invece, è stata usata poco. La frequenza dei contatti variava molto: da meno di una volta a settimana a tutti i giorni.

Ovviamente, non è stato tutto rose e fiori per tutti. Quattro partecipanti hanno detto che l’intervento non li ha aiutati. Alcuni hanno menzionato difficoltà come il diradarsi dei contatti, la difficoltà a mandare messaggi, o il sentirsi un fallimento quando non si praticava. Qualcuno ha percepito l’uso del telefono come un peso o non si è sentito molto connesso al proprio “buddy” per differenze di età.

Una persona che scrive su un diario o un quaderno di appunti con una penna, seduta a una scrivania con una tazza di tisana accanto. Sullo sfondo, una lavagna con appunti sulla mindfulness. Macro lens, 85mm, high detail, luce da studio controllata, focus preciso sulla punta della penna.

Cosa Ci Portiamo a Casa da Questo Studio?

Questo studio pilota, seppur con i suoi limiti (come la non completa randomizzazione dei partecipanti e l’uso di auto-report per la pratica), suggerisce fortemente che un sistema di “buddy” è fattibile e può essere applicato facilmente ai programmi MBI per aiutare i partecipanti a mantenere una routine di pratica regolare. È un intervento a basso costo e facile da implementare.

Un aspetto importante da considerare è che non tutti i partecipanti erano disposti a partecipare al sistema di “buddy”. Mantenere l’intervento volontario sembra cruciale, poiché la motivazione a impegnarsi in un intervento diadico è un fattore chiave per il suo successo. Gli istruttori di mindfulness potrebbero spiegare i benefici di questo approccio per aumentare la motivazione, ma dovrebbero anche rispettare le ragioni personali di chi sceglie di non partecipare.

Limiti e Prospettive Future

Come ogni studio pilota, anche questo ha delle limitazioni. La non completa casualità nell’assegnazione ai gruppi potrebbe aver introdotto dei bias (ad esempio, i più motivati potrebbero aver scelto più volentieri il “buddy”). Serviranno studi più ampi e rigorosamente randomizzati per confermare questi risultati. Inoltre, si sono raccolti pochi dati demografici, quindi è difficile generalizzare. L’uso di auto-valutazioni per la pratica potrebbe non essere precisissimo.

Per il futuro, sarebbe interessante:

  • Usare metodi di misurazione più oggettivi per la pratica (es. app per smartphone).
  • Indagare l’impatto sulla qualità della pratica e sulla pratica informale.
  • Esplorare quali sottogruppi di persone beneficiano di più di questo sistema (es. in base alla personalità o al background culturale).
  • Valutare gli effetti a lungo termine, anche dopo la fine del corso MBI.

In Conclusione: Un Piccolo Passo, un Grande Potenziale

Nonostante sia uno studio preliminare, i risultati sono davvero incoraggianti! L’idea di avere un “buddy” per sostenere la pratica della mindfulness a casa sembra promettente. È un modo semplice, poco invasivo e, per la maggior parte, ben accolto, per aiutare le persone a mantenere la rotta nel loro viaggio verso una maggiore consapevolezza. Chissà, forse la prossima volta che inizierete un percorso di mindfulness, proporrete voi stessi di formare delle coppie di supporto! Io, personalmente, trovo l’idea affascinante e piena di potenziale. E voi, cosa ne pensate?

Fonte: Springer

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