Sudan al Bivio: Quando la Guerra Ti Ruba Anche le Medicine
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di una situazione che, francamente, mi stringe il cuore e che spesso passa sotto silenzio quando si parla di conflitti: l’impatto della guerra sulla produzione e la disponibilità dei farmaci. Immaginate un paese già provato, il Sudan, che da aprile 2023 è piombato in una guerra brutale tra l’esercito regolare e le Forze di Supporto Rapido (RSF). Un disastro che ha messo in ginocchio un sistema sanitario già fragile, ma che ha colpito in modo subdolo e devastante anche un settore di cui si parla meno: quello farmaceutico.
Sapete, il Sudan non è un gigante nella produzione di medicinali, ma quel 30% del fabbisogno nazionale che riusciva a coprire con le sue industrie locali era fondamentale, soprattutto per i farmaci essenziali a basso costo. Parliamo di circa 27 aziende farmaceutiche, tutte concentrate, pensate un po’, proprio nell’area della capitale, Khartoum, che è diventata il cuore pulsante del conflitto. E non è solo la produzione interna ad essere andata in fumo: anche l’importazione, che copre il restante 70%, è un vero e proprio percorso a ostacoli.
Un Settore Vitale Messo KO
Prima di questa ennesima tragedia, il Sudan aveva una sua piccola ma significativa industria farmaceutica. Produceva un po’ di tutto: antibiotici come amoxicillina e azitromicina, antidolorifici comuni come il paracetamolo, farmaci per il cuore, per il diabete, e persino benzodiazepine. Medicinali che per molti significano la differenza tra la vita e la morte, o tra una malattia gestibile e una condanna. La National Medicines and Poison Board (NMPB) aveva concesso licenze a 153 aziende per produrre, importare o distribuire farmaci, con prodotti che arrivavano da oltre 30 paesi, inclusa l’Italia. C’era poi il National Medical Supplies Fund (NMSF), che si occupava di rifornire le strutture sanitarie statali e di procurare farmaci specifici per malattie come l’emofilia, il cancro e le patologie renali.
Ora, con la guerra, questo sistema è al collasso. Le fabbriche sono state danneggiate, saccheggiate o sono semplicemente irraggiungibili a causa dei combattimenti. Il personale è sfollato, le materie prime non arrivano più e le scorte sono andate perdute o sono scadute. Un vero e proprio dramma nel dramma.
Le Voci dal Fronte Farmaceutico: Tre Storie Emblematiche
Per capire meglio la situazione, vi racconto le storie (anonimizzate per ovvie ragioni di sicurezza) di alcune aziende che ho avuto modo di “incontrare” virtualmente grazie a un recente studio. Sono testimonianze dirette che fanno accapponare la pelle.
L’Azienda A: Dalla Produzione all’Importazione Forzata
Immaginate una grande fabbrica di oltre 6.000 mq a Khartoum Nord, una delle zone più calde del conflitto. Più di 300 dipendenti, una capacità produttiva di oltre 200 milioni di unità base all’anno. Producevano oltre 100 tipi di farmaci, inclusi due antibiotici generici fondamentali, con una produzione mensile che superava il milione di unità. Con lo scoppio della guerra, l’accesso alla fabbrica è diventato impossibile. Produzione? Ferma. Attrezzature, veicoli, computer? Rubati. “Un impatto devastante”, mi ha raccontato un rappresentante. Le perdite? Milioni di dollari. E non parliamo solo della produzione corrente: addio piani di espansione e di esportazione verso paesi vicini come il Sud Sudan, che non ha una sua industria farmaceutica.
Cosa hanno fatto? Si sono dovuti reinventare, passando all’importazione di farmaci dall’Arabia Saudita e dall’Egitto. Ma i volumi importati non riescono a compensare la produzione persa. Hanno persino iniziato una produzione “in appalto” in un paese straniero per cercare di sopperire. La distribuzione, che prima copriva diverse aree, ora è ridotta al 20% del previsto e si concentra solo negli stati orientali e settentrionali, lasciando scoperte vaste regioni.

L’Azienda B: Distruzione e Timori Ambientali
Questa azienda, con una storia di circa 50 anni, aveva uno stabilimento a Khartoum Nord specializzato in farmaci pediatrici – sciroppi per la tosse, mucolitici, antinfiammatori non steroidei – e produceva anche materiale medico come le siringhe. Era anche agente per importanti case farmaceutiche europee, fornendo, tra gli altri, farmaci per l’insufficienza renale. La loro fabbrica è stata colpita duramente, probabilmente da artiglieria o un raid aereo, ed è andata distrutta. Merci e materiali? Rubati o distrutti. I rappresentanti sono preoccupatissimi anche per il possibile impatto ambientale, inclusa la contaminazione dell’acqua, dato che la fabbrica si trovava nel centro di Khartoum. “Dobbiamo analizzare l’acqua per capire i danni”, mi hanno detto. Con circa 30 veicoli aziendali rubati, ogni distribuzione si è fermata e la direzione ha lasciato il paese. Tentativi di importare da paesi vicini? Falliti. Anche qui, perdite enormi.
L’Azienda C: L’Importatore Messo in Ginocchio
Situata nel distretto di Kafuri a Khartoum Nord, questa era una delle maggiori importatrici di farmaci del Sudan, con circa 120 dipendenti. Durante la guerra, ha perso quasi tutte le infrastrutture e le scorte. Uffici e magazzini saccheggiati o distrutti, trovandosi in una zona controllata dalle RSF. Pensate: un inventario di prodotti farmaceutici del valore di 15,5 milioni di dollari prima della guerra. A maggio 2024, stimano di avere meno di 3 milioni di dollari di scorte. Due terzi dei medicinali rubati, e buona parte del resto ormai inutilizzabile perché scaduta.
Per sopravvivere, si sono trasferiti a Wad Medani, nello stato di Gezira, ma hanno potuto mantenere solo una dozzina di dipendenti, il 10% della forza lavoro precedente, senza riuscire a pagare le liquidazioni alla maggior parte di loro. La capacità di vendita attuale? Circa il 25%. Hanno dovuto affrontare costi aggiuntivi per affitti, magazzini, personale e assicurazioni, aumentando le spese di circa 10.000 dollari al mese. Ma il colpo più duro è arrivato dai crediti: circa 8 milioni di dollari di pagamenti non riscossi da farmacie e intermediari che avevano preso la merce. Con la svalutazione della sterlina sudanese, anche se quei soldi arrivassero, perderebbero comunque una cifra enorme. Ora non riescono più a rifornire Khartoum, né gli stati del Kordofan e del Darfur, e hanno difficoltà anche in altre aree. Le compagnie di trasporto sono restie a trasportare farmaci, e persino le forze governative, a detta loro, non facilitano le operazioni. Risultato? Costi più alti, scaricati sui consumatori, rendendo molti farmaci, specialmente quelli europei già cari prima, praticamente inaccessibili.
Le Conseguenze: Un Sistema Sanitario Senza “Munizioni”
Queste storie, ragazzi, dipingono un quadro desolante. Anche se, per assurdo, la guerra finisse domani e si tornasse a rispettare medici e ospedali, la capacità dell’industria farmaceutica sudanese di rispondere ai bisogni interni è stata compromessa in modo gravissimo. Le infrastrutture sono danneggiate, i sistemi di distribuzione a pezzi, il personale disperso. L’importazione, pur continuando, non basta e non può sostituire facilmente la produzione locale a basso costo, soprattutto dei generici di uso comune. L’accessibilità e la convenienza dei farmaci sono crollate.
Questa guerra è, implicitamente, un attacco alla catena di approvvigionamento farmaceutico e, di conseguenza, alle persone più vulnerabili: i pazienti che necessitano di farmaci per malattie acute e croniche. Gli aiuti umanitari possono tamponare l’emergenza per i medicinali essenziali a breve termine, ma molti pazienti vedranno peggiorare le loro condizioni per la mancanza di accesso ai farmaci. Patologie facilmente curabili potrebbero complicarsi, aumentando ulteriormente il peso su un sistema sanitario già al limite.

Senza medicinali, certi aspetti dell’assistenza sanitaria diventano semplicemente impossibili, non solo difficili. E c’è un altro punto che mi preme sottolineare: spesso, quando si analizzano gli effetti dei conflitti sulla salute, ci si concentra sugli ospedali e sul personale medico, tralasciando l’impatto su queste imprese commerciali che sono vitali. La cura farmaceutica è cruciale, specialmente in un paese come il Sudan, carente di personale sanitario altamente specializzato. Farmacisti e farmacie hanno sempre giocato un ruolo chiave, offrendo consulenza e conforto, non solo dispensando medicine. La perdita dei loro mezzi di sussistenza indebolisce ulteriormente il sistema.
Certo, lo studio da cui ho tratto queste informazioni non è un censimento completo dell’industria farmaceutica sudanese. La situazione è in continua evoluzione e raccogliere dati è difficilissimo. Ma le testimonianze raccolte, pur essendo limitate, mostrano una tendenza chiara e allarmante.
La produzione di medicinali essenziali, inclusi gli antibiotici, si è di fatto fermata. I sistemi di distribuzione sono gravemente compromessi, portando a carenze e aumenti di prezzo. Le aziende che cercano di resistere lo fanno a costi altissimi e con enormi limitazioni. E i danni a un settore così specializzato non si riparano facilmente.
Questa interruzione della catena di approvvigionamento farmaceutico è l’ennesimo, durissimo colpo al già precario sistema sanitario del Sudan. Una crisi nella crisi, che merita tutta la nostra attenzione.
Fonte: Springer
