Suicidio nel Nord-Ovest Iran: Numeri Preoccupanti e Indizi Chiave per Salvare Vite
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento delicato ma incredibilmente importante: il suicidio. Recentemente mi sono imbattuto in uno studio che getta luce su una situazione specifica ma che, credetemi, ha echi universali. Parliamo della contea di Bonab, nel nord-ovest dell’Iran. I numeri che emergono da lì sono un campanello d’allarme che non possiamo ignorare.
Un Tasso di Suicidio Sopra la Media Nazionale
La prima cosa che salta all’occhio leggendo questo studio pilota è il tasso di suicidio a Bonab. Nel 2021, si parlava di 16,2 casi ogni 100.000 abitanti. Un numero decisamente superiore alla media nazionale iraniana e, purtroppo, anche a quella globale in molti casi. Pensate che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) mira a ridurre il tasso globale, ma in molte aree, specialmente nei paesi a basso e medio reddito, la strada è ancora lunga e in salita. La buona notizia, se così possiamo chiamarla, è che a Bonab questo tasso è leggermente sceso negli anni successivi, arrivando a 11,44 nel 2022 e 12,08 nel 2023. Un calo c’è stato, ma il livello rimane alto.
Tentati Suicidi: Un Trend Inverso e Allarmante
Mentre i suicidi portati a termine mostrano un timido calo, c’è un altro dato che fa riflettere e preoccupare: i tentati suicidi (TS). Qui la tendenza è opposta. Siamo passati da 212 casi ogni 100.000 persone nel 2021 a 234 nel 2022, fino a 237 nel 2023. Un aumento costante che ci dice che la sofferenza è diffusa e che molte persone arrivano a un punto critico. È come se la punta dell’iceberg (i suicidi) si fosse leggermente ritirata, ma la massa sommersa (i tentativi) stesse crescendo. Questo fenomeno richiede un’attenzione enorme, perché ogni tentativo è un grido d’aiuto disperato.
Chi Rischia di Più? Differenze Fondamentali tra Suicidio e Tentato Suicidio
Ed è qui che lo studio diventa davvero interessante. Analizzando i dati tra il 2021 e il 2023, noi ricercatori abbiamo cercato di capire se ci fossero delle differenze tra chi, purtroppo, muore per suicidio e chi “solo” tenta. E le differenze ci sono, eccome! Sono fondamentali per capire come intervenire.
Ecco cosa abbiamo scoperto analizzando i dati con modelli statistici (regressione logistica multipla, per i più tecnici) che ci aiutano a isolare i fattori più importanti:
- Genere: Gli uomini hanno quasi il doppio delle probabilità (AOR = 1.97) di morire per suicidio rispetto a chi tenta. Al contrario, la maggioranza dei tentati suicidi (circa il 55%) riguarda le donne. Questo conferma un pattern visto in molte parti del mondo: gli uomini scelgono metodi più letali, le donne tentano più spesso ma con metodi meno definitivi (come l’avvelenamento da farmaci, usato nel 75% dei TS a Bonab).
- Età: L’età gioca un ruolo cruciale. Sebbene la fascia 15-34 anni sia la più comune per entrambi i fenomeni, la probabilità di morte per suicidio aumenta significativamente nella fascia d’età 35-60 anni (AOR = 1.56). Sembra quasi che l’intenzione suicidaria diventi più “seria” e pericolosa con l’età adulta.
- Metodo: Questo è un fattore potentissimo. L’impiccagione è stata usata nel 75% dei suicidi completati e aumenta la probabilità di morte di oltre 7 volte (AOR = 7.4) rispetto ad altri metodi. È un metodo violento con bassissime chance di sopravvivenza.
- Conflitti Familiari: Avere conflitti seri con il partner o familiari di primo grado aumenta la probabilità di suicidio di quasi 3 volte (AOR = 2.65). Un dato che sottolinea l’importanza delle relazioni e del supporto sociale.
- Eventi Stressanti: Aver vissuto eventi di vita molto stressanti nell’ultimo anno (lutti, divorzi, gravi problemi finanziari o di salute, ecc.) aumenta anch’esso il rischio di morte per suicidio (AOR = 1.25). Lo stress cronico o acuto logora.
- Disoccupazione: Essere disoccupati è risultato un fattore di rischio significativo per il suicidio (AOR = 1.8). Questo ci riporta alle teorie sociologiche, come quelle di Durkheim, sull’impatto delle condizioni economiche e della perdita di status sociale sulla salute mentale.
D’altro canto, fattori come avere disturbi psichiatrici pregressi e aver già tentato il suicidio in passato sono risultati più associati ai tentati suicidi (anche se in questo studio specifico la differenza per i disturbi psichiatrici non era statisticamente enorme tra i due gruppi, ma è un fattore noto in letteratura).
Cosa Ci Dicono Questi Dati per la Prevenzione?
Questi risultati sono oro colato per chi deve pianificare strategie di prevenzione (i cosiddetti Suicide Prevention Programs, SPP) a livello locale, come si sta cercando di fare proprio a Bonab. Ci dicono chiaramente che non basta un approccio unico.
Bisogna pensare a interventi mirati:
- Supporto agli uomini adulti e disoccupati: Sono categorie a rischio elevato per il suicidio completato. Servono programmi specifici che affrontino le difficoltà economiche e lo stigma sociale.
- Gestione dei conflitti familiari: Corsi di comunicazione, terapia di coppia e familiare, supporto per matrimoni precoci (un problema in alcune aree) potrebbero fare la differenza.
- Sostegno psicologico dopo eventi stressanti: Offrire aiuto tempestivo a chi affronta lutti, divorzi, malattie o gravi crisi finanziarie è fondamentale.
- Limitare l’accesso ai metodi letali: Anche se difficile, sensibilizzare sulla pericolosità di certi metodi come l’impiccagione e monitorare i segnali d’allarme è importante.
- Focus sui disturbi mentali e sui precedenti tentativi per prevenire i TS: Identificare e trattare precocemente depressione e altri disturbi, e seguire attentamente chi ha già tentato il suicidio, è cruciale per ridurre i tentativi (e, indirettamente, anche i suicidi).
È interessante notare che uno studio simile condotto nella vicina contea di Malekan tra il 2015 e il 2018, integrando varie strategie nel sistema sanitario locale (miglioramento della registrazione, identificazione dei fattori di rischio locali, follow-up dei tentati suicidi, formazione degli operatori, campagne di sensibilizzazione), ha portato a una riduzione drastica dei tassi di suicidio (-75%), tentato suicidio (-22%) e ri-tentativi (-42%). Questo dimostra che intervenire si può e funziona!
Oltre i Numeri: Fattori Socio-Culturali ed Economici
Lo studio sottolinea anche una cosa importante: non possiamo guardare solo ai fattori clinici o individuali. Il suicidio è un fenomeno complesso influenzato da un’ampia gamma di fattori socio-economici e culturali. La disoccupazione, come abbiamo visto, è uno di questi. Ma anche le norme sociali, lo stigma legato alla salute mentale (particolarmente forte in alcuni contesti), le disuguaglianze economiche, giocano un ruolo. Per questo, i programmi di prevenzione devono essere “olisticici”, devono considerare la persona nel suo contesto di vita.
Limiti e Prospettive Future
Come ogni studio, anche questo ha i suoi limiti. Non abbiamo potuto raccogliere tutte le informazioni possibili (ad esempio, intervistare chi è deceduto è impossibile) e potrebbero esserci altri fattori confondenti non misurati. Inoltre, tre anni sono un periodo relativamente breve per analizzare i trend. Tuttavia, la forza di questo lavoro sta nell’aver usato dati dell’intera popolazione della contea, raccolti tramite il sistema sanitario, fornendo una base solida per sviluppare interventi concreti.
La speranza è che questi risultati non restino solo sulla carta, ma vengano usati attivamente dal sistema sanitario di Bonab e da altre comunità con problemi simili, magari anche in altri paesi a maggioranza musulmana dove questo tema è spesso poco studiato. È un passo importante per colmare il divario tra ricerca e azione sul campo, per rafforzare la consapevolezza e, speriamo, per salvare vite.
Fonte: Springer