Immagine concettuale astratta del virus HPV con sfondo di dati scientifici e grafici di ricerca medica, colori blu e viola duotone, profondità di campo, stile fotorealistico.

HPV33: Viaggio nel Cuore di un Virus Misterioso tra Genetica, Infezioni Persistenti e Rischio Oncogeno

Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante nel mondo microscopico dei virus, e in particolare di uno molto specifico: il Papillomavirus Umano di tipo 33, o più semplicemente HPV33. Magari avete già sentito parlare dell’HPV, spesso associato al cancro al collo dell’utero. Beh, l’HPV33 è uno dei “cattivi” della famiglia, un tipo ad alto rischio oncogeno. Ma quello che forse non sapete è quanto sia complesso e, per certi versi, misterioso. Recentemente mi sono imbattuto in uno studio approfondito che ha cercato di svelare alcuni dei suoi segreti, e voglio condividere con voi le scoperte più interessanti.

Lo studio si è concentrato su aspetti cruciali: quanto è diffuso questo virus (il tasso di rilevamento), come cambia il suo codice genetico (il polimorfismo genetico, specialmente nei geni E6 ed E7, che sono i veri motori della sua azione oncogena), quanto virus c’è effettivamente nel corpo (la carica virale), la sua capacità di rimanere “aggrappato” a noi per lungo tempo (infezione persistente) e, ovviamente, quanto è “cattivo” (la sua patogenicità). Capire queste cose è fondamentale, non solo per la scienza pura, ma per sviluppare strategie di prevenzione e cura più efficaci.

Un’indagine su larga scala nel Sud-Ovest della Cina

Immaginatevi un lavoro enorme: i ricercatori hanno raccolto campioni di cellule cervicali da quasi 240.000 donne in tre ospedali diversi nel sud-ovest della Cina (parliamo delle province di Guizhou, Sichuan e della municipalità di Chongqing) per un periodo lunghissimo, dal 2009 al 2023. Un campione gigantesco! Hanno usato tecniche avanzate come la PCR in tempo reale per scovare l’HPV, identificarne il tipo (cercando proprio il nostro HPV33) e persino quantificarne la presenza. Poi, con il sequenziamento Sanger, sono andati a leggere il “libretto di istruzioni” del virus, cioè la sua sequenza genetica, concentrandosi sui geni E6 ed E7.

Quanto è comune l’HPV33? E che tendenza mostra?

Allora, primo dato interessante: su oltre 56.000 rilevamenti di HPV di vario tipo, l’HPV33 è stato trovato nel 3,72% dei casi. Non è il più comune in assoluto (si piazza al decimo posto tra i tipi ad alto rischio), ma attenzione: quando si tratta di causare il cancro al collo dell’utero, salta al quarto posto! Questo ci dice subito una cosa: anche se meno diffuso di altri, l’HPV33 è un tipo particolarmente “tosto” e capace di fare danni seri.

Ma la cosa forse più sorprendente è stata osservare l’andamento nel tempo. Tra il 2009 e il 2023, il tasso di rilevamento dell’HPV33 ha mostrato una tendenza al ribasso. Sembra quasi che stia perdendo terreno rispetto ad altri tipi di HPV. Perché? Bella domanda, e ci torneremo.

Microscopio elettronico in un laboratorio di virologia moderno, con un'immagine stilizzata del Papillomavirus umano (HPV) visibile su uno schermo digitale sullo sfondo, illuminazione controllata, lente macro 100mm, alta definizione, messa a fuoco precisa sul campione.

Le varianti genetiche: chi sta vincendo la “gara evolutiva”?

Qui le cose si fanno ancora più intriganti. Come molti virus, anche l’HPV33 non è tutto uguale. Esistono diverse varianti, un po’ come diverse “versioni” dello stesso software, che nascono da piccole mutazioni nei geni E6 ed E7. Lo studio ha scoperto che una variante specifica, chiamata “prototipo E6+E7” (in pratica, la versione più simile alla sequenza di riferimento originale), è diventata la forma dominante nel tempo. La sua frequenza è aumentata significativamente.

Cosa significa? Sembra che questa versione “classica” del virus abbia un qualche vantaggio evolutivo rispetto alle altre varianti, che invece hanno visto diminuire la loro presenza. È come se l’ambiente (il nostro corpo, il nostro sistema immunitario) stesse selezionando questa forma specifica. I ricercatori hanno anche identificato dei “siti di selezione positiva” nei geni E6 ed E7, cioè punti del codice genetico dove le mutazioni potrebbero teoricamente dare un vantaggio al virus. Ma, ironia della sorte, è proprio la variante *senza* queste mutazioni specifiche (il prototipo) a prosperare di più! Questo suggerisce che l’adattamento è un gioco complesso e quello che era un vantaggio in passato potrebbe non esserlo più oggi.

Il legame tra variante genetica, persistenza e malattia

E qui arriviamo al nocciolo della questione: perché il prototipo E6+E7 sta diventando dominante? Lo studio ha trovato una correlazione molto forte: questa variante ha un rischio relativo significativamente più alto di causare sia un’infezione persistente (cioè che non viene eliminata facilmente dal sistema immunitario) sia lesioni cervicali, incluse le neoplasie intraepiteliali cervicali (CIN) e il cancro vero e proprio.

Insomma, la versione “classica” del virus sembra essere più brava a “nascondersi” o a resistere alle nostre difese, e questo le dà più tempo per fare danni, portando più facilmente a lesioni precancerose o cancerose. Questo potrebbe anche spiegare, in parte, perché l’HPV33 sia così patogeno pur non essendo il più diffuso.

Al contrario, altre mutazioni specifiche analizzate [come A213C (K35N), A364C (N86H), A387C (K93N), A446G (Q113R) e A862T (Q87L)] sembravano associate a un rischio *inferiore* di sviluppare lesioni.

Visualizzazione 3D fotorealistica di particelle virali HPV che interagiscono con cellule epiteliali cervicali, mostrando il processo di infezione a livello microscopico, illuminazione scientifica, alta definizione, colori biologici realistici.

E la carica virale? Conta quanto virus c’è?

Un altro pezzo importante del puzzle è la carica virale: quanto virus è presente nelle cellule infette? Intuitivamente, si potrebbe pensare: più virus c’è, peggio è. Lo studio conferma questa intuizione per l’HPV33.

  • La carica virale era significativamente più alta nelle donne che avevano già sviluppato lesioni cervicali (CIN o cancro) rispetto a quelle senza lesioni.
  • La carica virale era significativamente più alta nelle donne con infezione persistente rispetto a quelle che erano riuscite a eliminare il virus.

Questo è un risultato importante! Suggerisce che misurare la carica virale dell’HPV33 potrebbe essere utile. Un valore alto potrebbe non solo indicare una maggiore gravità della situazione attuale, ma anche un rischio più elevato che l’infezione persista e che la malattia progredisca in futuro. Potrebbe diventare un biomarcatore prezioso nello screening e nel monitoraggio.

Un rompicapo finale: carica virale e varianti

E qui arriva la sorpresa, o meglio, il rompicapo. Abbiamo visto che la variante prototipo E6+E7 è più “cattiva” e persistente. Ci si aspetterebbe, forse, che sia anche associata a una carica virale più alta, dato che i geni E6 ed E7 guidano la replicazione virale. E invece no! Lo studio non ha trovato una correlazione significativa tra le principali varianti genetiche (incluso il prototipo dominante) e la carica virale. L’unica eccezione era una mutazione rara [G542A (R145K)] associata a carica virale alta, ma la cui frequenza stava diminuendo!

Questo è davvero strano. Significa che il successo della variante prototipo non dipende (o non solo) dalla sua capacità di replicarsi di più e produrre più particelle virali. Devono esserci altri meccanismi in gioco che spiegano perché questa variante stia prendendo il sopravvento sulle altre. Quali? Al momento non lo sappiamo, è un campo aperto per future ricerche. Potrebbe avere a che fare con una migliore capacità di eludere il sistema immunitario, o con interazioni più “raffinate” con le proteine della cellula ospite.

Grafico scientifico complesso che mostra la correlazione tra carica virale HPV33, varianti genetiche (E6/E7) e progressione della malattia cervicale (CIN), visualizzato su uno schermo digitale in un ambiente di laboratorio, profondità di campo, colori blu e grigio duotone, stile fotorealistico.

Cosa ci portiamo a casa da questo studio?

Ricapitoliamo i punti chiave emersi da questa affascinante indagine sull’HPV33:

  • Il tasso di rilevamento dell’HPV33, pur essendo un virus ad alta patogenicità (più pericoloso della sua diffusione apparente), sembra essere in lenta diminuzione nel tempo, almeno nell’area studiata.
  • La variante genetica “prototipo E6+E7” sta diventando dominante, soppiantando altre varianti.
  • Questa variante dominante è associata a un rischio maggiore di infezione persistente e di sviluppo di lesioni cervicali (CIN e cancro).
  • Una carica virale elevata è correlata positivamente sia con la presenza di lesioni sia con la persistenza dell’infezione, suggerendo il suo potenziale uso come biomarcatore.
  • Sorprendentemente, non c’è una correlazione chiara tra la variante dominante e la carica virale, indicando che altri meccanismi, ancora da scoprire, guidano la “selezione naturale” tra le varianti di HPV33.

Insomma, l’HPV33 si conferma un attore importante nello scenario delle infezioni da HPV e del cancro cervicale, ma con dinamiche complesse e in parte ancora enigmatiche. Studi come questo sono fondamentali per dipanare la matassa e, speriamo, per trovare modi sempre più efficaci per contrastarlo. La ricerca continua!

Fonte: Springer

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