Ossa più fragili con l’HIV? Vi racconto cosa abbiamo scoperto con lo studio HOST!
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento che mi sta molto a cuore e che sta diventando sempre più importante, soprattutto con l’aumento dell’aspettativa di vita: la salute delle ossa nelle persone che vivono con il virus dell’HIV. Sembra un tema di nicchia, ma vi assicuro che riguarda milioni di persone nel mondo e le implicazioni sono significative.
Noi scienziati ci siamo accorti che chi vive con l’HIV sembra avere un rischio maggiore di sviluppare problemi come l’osteoporosi e, di conseguenza, di incorrere in fratture ossee, anche in età relativamente giovane. Pensate che una meta-analisi ha evidenziato un aumento del 35% del rischio di fratture da fragilità già dai 40 anni! E non parliamo di fratturine da poco: il rischio di fratture dell’anca o della colonna vertebrale può essere fino a nove volte maggiore. Capite bene che intervenire presto è fondamentale.
Ma perché le ossa si indeboliscono con l’HIV?
Bella domanda! La risposta, come spesso accade in medicina, non è semplice. È un mix di fattori, un vero e proprio intrigo:
- L’infezione da HIV stessa: Il virus non se ne sta buono buono, ma sembra interagire con il delicato equilibrio del nostro sistema osseo, quello che regola la formazione e il riassorbimento dell’osso (il famoso sistema OPG/RANKL/RANK, per i più tecnici).
- Le terapie antiretrovirali (ART): Fondamentali per tenere a bada il virus e vivere a lungo, alcune di queste terapie, in particolare quelle basate su tenofovir disoproxil fumarato (TDF), possono avere come “effetto collaterale” una riduzione della densità ossea, soprattutto nei primi anni di trattamento. Poi, per fortuna, la situazione tende a stabilizzarsi.
- Fattori di rischio “classici”: Spesso, nelle persone con HIV, si riscontrano più frequentemente fattori che già di per sé indeboliscono le ossa, come un basso indice di massa corporea (BMI), fumo, consumo eccessivo di alcol, carenze nutrizionali.
- Coinfezioni: Anche la presenza di epatite B o C può giocare un ruolo negativo sulla salute ossea.
Insomma, un quadro complesso. E gli strumenti che usiamo di solito per valutare il rischio di frattura (come il FRAX) sembrano non essere così precisi in questa popolazione, suggerendo che ci sia qualcosa di più specifico legato all’HIV o alle sue terapie.
Lo studio HOST: cosa abbiamo cercato di capire?
Proprio per vederci più chiaro, abbiamo messo in piedi lo studio HOST (Investigation of Osteoporosis in Persons Living with Human Immunodeficiency Virus). L’obiettivo era semplice ma ambizioso: indagare a fondo la densità minerale ossea (BMD) e, soprattutto, la microarchitettura dell’osso nelle persone con HIV. Perché la microarchitettura? Perché non basta sapere *quanto* osso c’è (la densità), ma è cruciale capire *come* è fatto, la sua struttura interna, che ne determina la resistenza.
Abbiamo coinvolto 183 persone con HIV (alla fine, 160 hanno completato tutte le visite, la maggior parte uomini, con un’età media intorno ai 56 anni e con l’infezione da HIV diagnosticata in media da oltre 16 anni). Abbiamo usato due strumenti principali:
- La classica Densitometria Ossea a Raggi X (DXA): per misurare la densità ossea a livello dell’anca e della colonna lombare.
- Una tecnologia più avanzata, la Tomografia Computerizzata Quantitativa Periferica ad Alta Risoluzione (HRpQCT): questa ci permette di vedere l’osso “in 3D” a livello del polso (radio) e della caviglia (tibia), distinguendo tra osso corticale (la parte esterna, compatta) e trabecolare (la parte interna, spugnosa) e dandoci dettagli incredibili sulla microstruttura.
Abbiamo anche raccolto informazioni sui fattori di rischio tramite questionari e analizzato alcuni parametri nel sangue, inclusi i marcatori di turnover osseo (CTX e P1NP), che ci dicono quanto velocemente l’osso viene riassorbito e formato.

I risultati principali: cosa abbiamo scoperto?
Allora, cosa è emerso da questa indagine approfondita? I risultati sono stati davvero interessanti e, per certi versi, confermano i nostri sospetti.
Tanta fragilità nascosta
Prima di tutto, abbiamo visto che quasi la metà dei partecipanti (il 47%) aveva una bassa densità ossea (osteopenia) e un ulteriore 6% aveva già sviluppato osteoporosi vera e propria, secondo i criteri dell’OMS basati sulla DXA. Questo significa che più della metà del nostro campione aveva ossa più fragili del normale! Un dato che fa riflettere, considerando che l’età media non era elevatissima.
Curiosamente, non abbiamo trovato differenze significative nella densità ossea misurata con la DXA tra chi aveva meno di 50 anni e chi ne aveva di più. Questo suggerisce che il problema della fragilità ossea in chi vive con HIV potrebbe iniziare prima di quanto si pensi comunemente.
Il ruolo chiave del peso corporeo (BMI)
Un dato emerso con forza è la correlazione tra l’indice di massa corporea (BMI) e la densità ossea. Le persone con una BMD più bassa avevano anche un BMI significativamente più basso (p=0.001). Questo conferma che mantenere un peso corporeo sano è cruciale anche per la salute delle ossa, specialmente in questa popolazione.
Dentro l’osso: la microarchitettura fa la differenza
Ma la vera novità, o meglio, la conferma più dettagliata, è arrivata dall’analisi con HRpQCT. Qui abbiamo visto le differenze “strutturali”. Le persone con bassa densità ossea o osteoporosi (misurate con la DXA) mostravano differenze significative nella microarchitettura ossea rispetto a chi aveva una densità normale.
Cosa abbiamo visto, in pratica?
- Osso Corticale: L’area della corticale (lo “strato esterno” dell’osso) era ridotta sia nel radio che nella tibia. Anche lo spessore corticale era minore.
- Osso Trabecolare: Qui le alterazioni erano ancora più evidenti. Abbiamo osservato una riduzione della densità volumetrica trabecolare, un minor numero di trabecole (le “travicelle” interne dell’osso), trabecole più sottili (anche se questo dato era al limite della significatività statistica dopo aggiustamento) e, di conseguenza, una maggiore separazione tra di esse (più “spazi vuoti”).
- Densità Volumetrica (vBMD): Anche la densità volumetrica totale, misurata con HRpQCT, era significativamente più bassa nei gruppi con BMD inferiore.
Queste alterazioni, soprattutto a carico dell’osso trabecolare ma anche di quello corticale, rendono l’osso meccanicamente meno resistente e potrebbero spiegare, almeno in parte, perché le persone con HIV hanno un rischio maggiore di fratture, indipendentemente dalla sola misurazione della densità ossea con DXA. È come avere un muro con mattoni meno densi e con una trama interna più rada: è più facile che crolli!

Abbiamo anche notato una tendenza (anche se non statisticamente fortissima, p=0.05) verso livelli più alti di CTX (un marcatore di riassorbimento osseo) nelle persone con BMD più bassa, suggerendo un possibile aumento del “ricambio” osseo sbilanciato verso la perdita.
Cosa ci portiamo a casa da questo studio?
Lo studio HOST ci ha dato una fotografia dettagliata della situazione ossea in un gruppo significativo di persone che vivono con HIV. Ci conferma che la prevalenza di bassa densità ossea e osteoporosi è alta e che il BMI gioca un ruolo importante. Ma soprattutto, ci ha mostrato, grazie all’HRpQCT, che ci sono alterazioni significative della microarchitettura ossea, sia corticale che trabecolare, associate a una minore densità ossea.
Queste alterazioni strutturali sono probabilmente uno dei tasselli mancanti per capire l’aumentato rischio di fratture in questa popolazione. Non è solo una questione di *quantità* di osso, ma anche di *qualità* strutturale.
Certo, il nostro studio ha dei limiti: è uno studio trasversale (una fotografia in un dato momento, non un film che segue le persone nel tempo), non avevamo un gruppo di controllo senza HIV e la popolazione era prevalentemente caucasica. Serviranno studi futuri, prospettici, per capire meglio le cause esatte di queste alterazioni e come evolvono nel tempo, magari anche in relazione a specifiche terapie ART o alla durata dell’infezione.
Ma il messaggio è chiaro: la salute delle ossa è un aspetto da non sottovalutare assolutamente nelle persone che vivono con HIV. Monitorare la densità ossea è importante, ma forse in futuro dovremo prestare ancora più attenzione alla microarchitettura. E, nel frattempo, non dimentichiamo l’importanza di fattori modificabili come mantenere un BMI adeguato e adottare stili di vita sani!
Fonte: Springer
