Ritratto da 35 mm, profondità di campo, un giovane studente infermieristico compassionevole che tiene delicatamente la mano di un paziente anziano palestinese in un letto d'ospedale, trasmettendo empatia e cura. Luce finestra morbida e naturale.

Anziani e Futuri Infermieri: Cosa Sanno (e Pensano) Davvero in Palestina?

Ragazzi, parliamoci chiaro: il mondo sta invecchiando. E non è solo un modo di dire. La popolazione sopra i 60 anni cresce a vista d’occhio, specialmente nei paesi in via di sviluppo. Pensate che entro il 2050 saranno due miliardi, e la stragrande maggioranza vivrà proprio in queste nazioni. Invecchiare è un processo naturale, con tutti i cambiamenti fisici, psicologici e sociali che comporta, ma non sempre “vivere più a lungo” significa “vivere meglio”. In Palestina, ad esempio, circa il 76% degli anziani soffre di malattie croniche.

E qui entriamo in gioco noi, futuri professionisti della salute, in particolare gli infermieri. Siamo in prima linea per garantire cure di qualità agli anziani. Ma siamo davvero pronti? La nostra capacità di prenderci cura di loro dipende tantissimo da quanto ne sappiamo sull’invecchiamento e, diciamocelo, da che atteggiamento abbiamo verso di loro. Purtroppo, spesso l’idea dell’anziano è legata a quella di dipendenza, e questo può portare a visioni un po’ negative.

L’Indagine: Sotto la Lente gli Studenti di Infermieristica Palestinesi

Proprio per capire meglio come stanno le cose, mi sono imbattuto in uno studio affascinante condotto in Palestina nella primavera del 2024. Hanno coinvolto 334 studenti di infermieristica, futuri colleghi insomma, per vedere cosa sanno, come la pensano e come si comportano riguardo all’invecchiamento e all’ageismo (cioè la discriminazione basata sull’età).

Come hanno fatto? Hanno usato dei questionari specifici:

  • Un quiz per testare la conoscenza (il “Facts on Aging Quiz”).
  • Una scala per valutare gli atteggiamenti (la “Kogan’s Attitudes toward Older People Scale”).
  • Un’altra per misurare i comportamenti potenzialmente discriminatori (la “Relating to Older People Evaluation” – ROPE).

Hanno anche raccolto informazioni su età, genere, esperienze lavorative precedenti con anziani, se avevano familiari anziani da accudire, e persino quanto si sentissero soddisfatti e sicuri della loro preparazione universitaria in ambito geriatrico.

Le Scoperte: Luci e Ombre sulla Preparazione

E qui arrivano i risultati, e devo dire che fanno riflettere. Partiamo dalla conoscenza: le lacune sono significative. Solo una piccola percentuale (il 17,1%) ha raggiunto un livello di conoscenza considerato accettabile (un punteggio di almeno il 60% nel quiz). Certo, su alcune cose erano preparati, tipo sapere che la capacità della vescica diminuisce con l’età o che andare in pensione può avere impatti sulla salute. Ma su altre… buio pesto! Tanti, troppi, pensano ancora che la perdita di memoria sia una parte normale dell’invecchiamento (spoiler: non lo è!) o che l’età anziana inizi “ufficialmente” a 65 anni. Queste idee sbagliate sono pericolose perché possono influenzare negativamente la qualità delle cure.

Macro Lens, 60mm, colpo vicino di una pagina di libri di testo aperta incentrato su concetti infermieristici geriatrici, con un background sfocato di un gruppo diversificato di studenti infermieristici che ascoltano attentamente in una lezione. Illuminazione controllata, dettagli elevati.

Passiamo agli atteggiamenti e ai comportamenti. Qui la situazione è un po’ un mix. In generale, gli atteggiamenti positivi verso gli anziani sembrano prevalere su quelli negativi. Molti studenti riconoscono il valore degli anziani e si mostrano rispettosi. Ad esempio, tanti apprezzano le conversazioni con loro o li complimentano per l’aspetto. Questo è un buon segno, forse legato anche al contesto culturale palestinese, dove i legami familiari sono forti e gli anziani spesso vivono con i figli.

Però, attenzione: i comportamenti negativi legati all’ageismo persistono eccome. Più della metà degli studenti ammette di usare frasi fatte un po’ sminuenti come “Non dimostri la tua età!” o di parlare di “momenti da anziano” (“Senior Moment”) quando una persona anziana dimentica qualcosa. Addirittura, una percentuale preoccupante (oltre il 53%) ammette di voler evitare le persone anziane solo per via della loro età. E, sorpresa (non troppo piacevole), le studentesse femmine hanno mostrato livelli significativamente più alti di comportamenti negativi rispetto ai colleghi maschi. Questo dato, già emerso in altri studi, merita sicuramente un approfondimento.

Cosa Influenza Davvero Atteggiamenti e Conoscenze?

Lo studio ha cercato di capire cosa fa la differenza. E i risultati sono interessanti:

  • Avere esperienza lavorativa con gli anziani o aver accudito parenti anziani aiuta ad avere più conoscenze. Ma, attenzione, non sembra influenzare granché gli atteggiamenti o i comportamenti. Sapere non basta per cambiare come ci si sente o ci si comporta.
  • Credere negli stereotipi diffusi in sanità porta, paradossalmente, sia a più comportamenti negativi che positivi. Forse perché gli stereotipi possono portare sia a sminuire che a iper-proteggere?
  • Sentirsi soddisfatti della propria formazione infermieristica e avere fiducia nelle proprie capacità di prendersi cura degli anziani sono fattori fortemente associati a migliori conoscenze, atteggiamenti più positivi e comportamenti migliori. Questo è un punto chiave!

E la ciliegina sulla torta: l’analisi ha mostrato che sono gli atteggiamenti a predire i comportamenti, molto più della semplice conoscenza. Questo conferma teorie come quella del Comportamento Pianificato (TPB): le nostre intenzioni e azioni sono guidate da come la pensiamo, dalle norme sociali e da quanto ci sentiamo capaci.

Prime lente, ritratto da 35 mm, profondità di campo, una giovane studentessa di cura con un'espressione ponderata che interagisce delicatamente con una donna palestinese anziana seduta su una sedia a rotelle in un ambiente clinico luminoso e pulito. Illuminazione naturale.

Allora, Che Fare? Implicazioni per Noi Futuri Infermieri

Cosa ci portiamo a casa da tutto questo? Che c’è un bisogno urgente di migliorare la formazione infermieristica in ambito geriatrico. Non basta riempire gli studenti di nozioni teoriche se poi mancano le conoscenze fondamentali o persistono atteggiamenti e comportamenti ageisti.

Dobbiamo:

  • Riformare i curricula: Inserire contenuti più completi sull’invecchiamento (fisico, psicologico, sociale) e sull’ageismo, sfatando i miti.
  • Promuovere l’empatia e l’interazione: Non solo lezioni frontali, ma attività esperienziali, tirocini mirati, progetti comunitari che mettano gli studenti a contatto diretto e significativo con gli anziani. Laboratori di simulazione possono aiutare tantissimo a costruire fiducia.
  • Lavorare sugli atteggiamenti: Discussioni guidate, riflessioni sui propri pregiudizi, workshop sulla competenza culturale possono aiutare a scardinare gli stereotipi.
  • Costruire fiducia: Dare agli studenti gli strumenti e le esperienze pratiche per sentirsi sicuri nel prendersi cura degli anziani è fondamentale, perché abbiamo visto quanto la fiducia sia legata a risultati positivi.
  • Approfondire le differenze di genere: Capire perché le studentesse mostrano più comportamenti negativi è importante per creare interventi mirati.

Insomma, la sfida è grande, soprattutto considerando l’invecchiamento della popolazione anche in Palestina. Preparare infermieri non solo competenti, ma anche empatici e liberi da pregiudizi verso gli anziani, è cruciale per garantire cure dignitose e di alta qualità. Dobbiamo passare da un’educazione che si limita a “sapere” a una che insegna a “sentire” e “fare” nel modo giusto.

Lente grandangolare, 18 mm, focus acuto, diversi gruppi di infermieri in scrub che partecipano attivamente in un laboratorio di simulazione incentrato sull'assistenza geriatrica, interagendo con un manichino anziano ad alta fedeltà, sotto la guida di un istruttore. Ambiente educativo luminoso e moderno.

Fonte: Springer

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