Fotografia ritratto (obiettivo 35mm) di una donna incinta che guarda pensierosa lo schermo di uno smartphone, mostrando feed di social media. Effetto profondità di campo che sfoca lo sfondo, illuminazione morbida, toni duotone blu e grigio per trasmettere serietà e tecnologia.

Vaccini in Gravidanza: Come Smascherare le Bufale sui Social (Senza Fare Danni!)

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento super delicato e importante: la disinformazione sui vaccini che circola a raffica sui social media, specialmente quando si tratta di donne in gravidanza o che stanno pianificando una gravidanza. È un tema che mi sta molto a cuore, perché tocca la salute di mamme e bambini in un momento così speciale e, diciamocelo, già pieno di ansie e domande.

Viviamo in un’epoca strana, vero? Abbiamo accesso a un’infinità di informazioni scientifiche affidabili, eppure le bufale e le credenze più strampalate sembrano avere la meglio, soprattutto online. Il World Economic Forum e la Commissione Europea hanno lanciato l’allarme: la disinformazione online è una delle sfide più grandi della nostra società. Mette a rischio la nostra capacità di capirci, di fidarci della scienza e persino la nostra democrazia.

Il Dilagare delle Bufale Online: Un Rischio Concreto

I social media, ahimè, a volte si trasformano in vere e proprie “stazioni di amplificazione” di notizie false o fuorvianti, soprattutto in campo sanitario. Lo abbiamo visto chiaramente con la pandemia di COVID-19: teorie strampalate che hanno spinto alcune persone a comportamenti rischiosi, come rifiutare mascherine o vaccini, mettendo in pericolo sé stessi e gli altri.

Sfatare queste false credenze, fare “debunking” come dicono gli esperti, non è affatto semplice. Spesso le nostre convinzioni sono radicate, influenzate dalle nostre emozioni e dal contesto sociale e politico. Ecco perché è fondamentale capire come comunicare in modo efficace per contrastare la disinformazione.

Perché Proprio le Donne in Gravidanza?

Le future mamme o le neomamme sono un bersaglio particolarmente sensibile. Perché? Beh, la gravidanza e la nascita di un figlio sono periodi carichi di emozioni, aspettative, ma anche di naturali incertezze e ansie. Si naviga a vista tra mille informazioni, consigli non richiesti e paure. Purtroppo, chi diffonde disinformazione lo sa bene e spesso fa leva proprio su queste vulnerabilità.

Circolano falsità specifiche, come l’idea che i vaccini (in particolare quello per il COVID-19) riducano la fertilità o causino problemi durante la gravidanza. Questo nonostante le evidenze scientifiche dimostrino che le donne incinte e i neonati sono a maggior rischio di complicazioni gravi da malattie prevenibili con i vaccini, COVID incluso. È fondamentale ricordare che rifiutare o dubitare dei vaccini spesso nasce da preoccupazioni legittime sulla sicurezza o da una mancanza di fiducia nel sistema sanitario. Non si tratta quasi mai di persone “anti-scienza” a prescindere, anzi, spesso sono persone informate che cercano risposte. Per questo, è cruciale offrire informazioni oneste, accessibili e bilanciate, usando un tono rispettoso e non paternalistico.

Fotografia ritratto (obiettivo 35mm) di una donna incinta che guarda pensierosa lo schermo di uno smartphone, mostrando feed di social media con icone di vaccini e punti interrogativi. Effetto profondità di campo che sfoca lo sfondo, illuminazione morbida, toni duotone rosa e grigio per trasmettere preoccupazione e tecnologia.

L’Esperimento: Mettere alla Prova le Strategie di Correzione

Di recente, un gruppo di ricercatori ha condotto uno studio affascinante (trovate il link alla fine!) proprio su questo tema. Hanno voluto capire quali strategie funzionano meglio per correggere la disinformazione sui vaccini rivolta a donne incinte o che desiderano diventarlo, tenendo conto anche del loro livello di scetticismo vaccinale.

Hanno testato due approcci principali, spesso usati nella comunicazione sulla salute:

  • Genere del testo: Hanno confrontato testi narrativi (storie personali, aneddoti) con testi espositivi (informativi, basati su fatti e statistiche).
  • Presenza di messaggi “allarmistici”: Hanno verificato se aggiungere messaggi che sottolineano le conseguenze negative e i danni del non vaccinarsi (ad esempio, ammalarsi gravemente di COVID) facesse la differenza.

L’idea era capire come queste diverse combinazioni influenzassero le emozioni delle partecipanti, la loro capacità di correggere le false credenze (l’efficacia del debunking), la loro propensione a interagire con questi post correttivi sui social (like, condivisioni) e la loro intenzione di cercare ulteriori informazioni.

Cosa Abbiamo Scoperto? Il Potere (e i Rischi) delle Emozioni

I risultati sono stati davvero illuminanti e, per certi versi, controintuitivi. Prima buona notizia: in generale, i testi che fornivano informazioni corrette si sono dimostrati più efficaci nel ridurre le false credenze rispetto a testi di controllo (che parlavano di tutt’altro, tipo cura delle unghie!). Quindi, sì, correggere la disinformazione serve!

Ma ecco il punto cruciale: non tutte le strategie funzionano allo stesso modo per tutti. L’impatto dipende molto dal livello di scetticismo pregresso e da come i messaggi vengono percepiti emotivamente.

Per le donne non scettiche sui vaccini:

  • Le storie (narrative) che includevano messaggi forti sui danni (harm-stressing) hanno suscitato le emozioni più negative.
  • Questo eccesso di emozioni negative ha avuto un effetto boomerang: ha ridotto l’efficacia della correzione, la voglia di interagire con il post e l’intenzione di cercare altre informazioni. In pratica, un messaggio pensato per allertare rischiava di ottenere l’effetto opposto, forse perché percepito come eccessivamente ansiogeno o manipolatorio in un momento già stressante come la gravidanza.

Per le donne scettiche sui vaccini:

  • Le storie (narrative), indipendentemente dal fatto che contenessero o meno messaggi sui danni, hanno suscitato emozioni negative più forti rispetto ai testi basati sui fatti (espositivi).
  • Anche in questo caso, queste emozioni negative hanno portato a una minore efficacia della correzione, meno interazioni social e meno voglia di approfondire. Forse perché le narrative vengono percepite come un tentativo di “giocare” sulle emozioni, cosa che chi è già scettico tende a rifiutare, preferendo un approccio più diretto e fattuale, anche se contrario alle proprie idee.

Primo piano, obiettivo macro (100mm), di diverse reazioni emotive (emoji o volti stilizzati) che fluttuano attorno a un post di social media su uno schermo. Alta definizione, illuminazione controllata per evidenziare le diverse emozioni, da positive a negative.

In sintesi, lo studio ci dice che suscitare emozioni negative troppo intense, specialmente attraverso storie che calcano la mano sui pericoli, può essere controproducente. Le persone, sia scettiche che non, tendono a chiudersi o a reagire negativamente se si sentono eccessivamente spaventate o manipolate emotivamente.

Lezioni Apprese: Non Esiste una Formula Magica

Qual è la morale della favola? Che non esiste una strategia “taglia unica” per combattere la disinformazione sui vaccini online, specialmente per un pubblico sensibile come le future mamme. Bisogna essere consapevoli dell’impatto emotivo dei nostri messaggi.

Questo studio suggerisce che, forse, un approccio chiaro, diretto e basato sui fatti, che eviti un carico emotivo eccessivo (soprattutto negativo e allarmistico), potrebbe essere la scommessa più sicura ed efficace per la maggior parte delle persone. Le storie possono essere potenti, ma vanno usate con cautela, soprattutto con chi è già scettico o in un periodo di particolare vulnerabilità emotiva.

È fondamentale personalizzare la comunicazione, capire chi abbiamo di fronte e scegliere il tono e il formato più adatti, sempre nel rispetto delle preoccupazioni altrui e puntando sulla trasparenza e l’affidabilità delle informazioni. La lotta alla disinformazione è complessa, ma capire queste dinamiche emotive e psicologiche è un passo fondamentale per vincerla.

Spero che questa riflessione vi sia stata utile! Fate sempre attenzione alle fonti e, in caso di dubbi sulla salute vostra o del vostro bambino, parlatene con il vostro medico di fiducia.

Fonte: Springer

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *