Fiumi Assassini? La Sorprendente Verità Nascosta nel Fango Thailandese del Fiume Nan!
Amici appassionati di misteri del passato e di come la Terra ci racconta storie millenarie, oggi vi porto con me in un viaggio affascinante nel nord della Thailandia, lungo le sponde del fiume Nan. Preparatevi, perché quello che abbiamo scoperto potrebbe riscrivere il modo in cui pensiamo alle inondazioni catastrofiche, non solo lì, ma in molte altre parti del mondo!
Da sempre, quando si parla di grandi fiumi e delle loro pianure alluvionali, si pensa che il “colpevole” principale delle inondazioni devastanti sia il corso d’acqua maggiore. Logico, no? Più grande il fiume, più grande il disastro potenziale. Ma se vi dicessi che, a volte, i veri protagonisti, o meglio, gli “antagonisti” in queste storie acquatiche, sono i suoi fratelli minori, i tributari? Sembra un controsenso, ma tenetevi forte.
Un’antica città in balia delle acque
La nostra storia si concentra attorno all’antica città di Nan, un insediamento che ha dovuto fare i conti più volte con la furia delle acque. Pensate che tra il XIV e il XIX secolo, la città è stata trasferita ben quattro volte a causa di inondazioni e siccità! Uno degli eventi più drammatici è stata la catastrofica alluvione del 1818 d.C., che danneggiò gravemente la città e costrinse i suoi abitanti a spostarla ancora una volta. Un vero e proprio incubo idrologico.
La domanda che ci siamo posti è stata: cosa è successo veramente? È stato il maestoso fiume Nan a scatenare tutta quella furia, o c’era qualcos’altro sotto? Fino ad ora, nessuno aveva mai indagato a fondo i sedimenti della pianura alluvionale del Nan per capirne la storia. Un vero buco nero nella conoscenza geologica della regione, che si limitava a classificare l’area come “depositi alluvionali quaternari”. Un po’ vago, non trovate?
Scavare nel passato: la nostra indagine
Così, armati di trivelle e tanta curiosità, abbiamo intrapreso uno studio per svelare le dinamiche fluviali del passato. Abbiamo prelevato nove carote di sedimento, dei veri e propri archivi geologici, sia dalla pianura alluvionale che dai tributari orientali del fiume Nan. L’idea era di capire da dove provenissero i sedimenti che si sono accumulati nel tempo e, soprattutto, quando.
Per farlo, abbiamo combinato diverse tecniche investigative. Prima di tutto, abbiamo analizzato le caratteristiche dei sedimenti: la loro granulometria (cioè quanto sono fini o grossolani i granelli), il contenuto di materia organica. Poi, siamo passati alla provenienza: grazie a una tecnica chiamata spettroscopia nel medio infrarosso (MIRS), abbiamo potuto creare una sorta di “impronta digitale” dei sedimenti del fiume Nan e dei suoi tributari orientali, per poi confrontarla con i sedimenti trovati nelle nostre carote. Infine, la datazione: utilizzando la luminescenza otticamente stimolata (OSL), una tecnica che ci permette di sapere quando quei sedimenti hanno visto la luce del sole per l’ultima volta prima di essere sepolti, abbiamo ricostruito la cronologia degli eventi.
E qui, amici, arriva la sorpresa!
I tributari sotto i riflettori
Le nostre analisi hanno rivelato qualcosa di inaspettato: per la maggior parte dell’area studiata, la fonte dominante dei sedimenti non era il fiume Nan, ma i suoi tributari orientali! Il Nan sembrava aver influenzato solo le zone immediatamente vicine al suo corso. Immaginatevi la scena: piccoli corsi d’acqua, spesso sottovalutati, che in realtà modellano attivamente il paesaggio e contribuiscono in maniera massiccia all’accumulo di materiale.
Ma non è tutto. Le datazioni OSL ci hanno indicato un periodo di massimo accumulo di sedimenti tra l’XI e il XIII secolo d.C. Questo picco coincide, guarda caso, con un periodo di espansione agricola e deforestazione nella regione. Sembra proprio che l’attività umana, con la necessità di nuove terre da coltivare per una popolazione in crescita (era il periodo del fiorente Regno Lanna), abbia aumentato l’erosione nei bacini dei tributari, portando a un maggior trasporto di sedimenti verso la pianura.
Questa scoperta è fondamentale perché mette in discussione l’assunto che il fiume Nan sia stato il principale responsabile delle catastrofi alluvionali. E se invece fossero stati proprio i tributari, gonfiati dalle piogge e resi più “fangosi” dalla deforestazione, a giocare un ruolo cruciale?
La geologia del luogo: più un conoide che una pianura
Approfondendo l’analisi, abbiamo notato che la morfologia dell’area studiata, specialmente sul lato orientale del fiume Nan, assomiglia più a un conoide alluvionale formato dai tributari orientali che a una classica pianura alluvionale del fiume principale. L’altitudine decresce da est verso ovest, proprio come ci si aspetterebbe da un conoide che si espande da una zona montuosa. Le foto aeree storiche del 1954 confermano questa forma a ventaglio.
Abbiamo quindi suddiviso l’area in tre zone:
- La zona mediale del conoide (più a est), caratterizzata da materiali più grossolani come sabbie fini e medie, trasportati principalmente dal torrente Huai Haet.
- La zona distale del conoide (più a ovest), con sedimenti prevalentemente fini come il limo, tipici di depositi di esondazione più lontani dalla fonte.
- L’area più occidentale, influenzata direttamente dal fiume Nan, dove si trovano i suoi argini naturali e possibili depositi da rotture arginali (crevasse splays).
Questa interpretazione geomorfologica rafforza l’idea del ruolo preponderante dei tributari. È come se questi corsi d’acqua minori avessero “spinto” lateralmente il fiume Nan, depositando grandi quantità di sedimenti e costruendo attivamente il paesaggio.
L’enigma dell’alluvione del 1818: una nuova ipotesi
Torniamo alla catastrofica alluvione del 1818. I dati paleoclimatici, come quelli derivati dagli anelli degli alberi, suggeriscono che quell’anno, e quello precedente, furono periodi piuttosto secchi in Thailandia e nel Sud-est asiatico. Un paradosso: come può verificarsi un’inondazione devastante durante un periodo di siccità?
Qui entra in gioco la nostra scoperta sul ruolo dei tributari e l’impatto della deforestazione. Proponiamo un’ipotesi: la deforestazione potrebbe aver aumentato il deflusso superficiale anche con piogge non eccezionali, specialmente alla fine della stagione secca. Un terreno estremamente secco può diventare idrofobico, cioè respingere l’acqua. Quando finalmente arriva la pioggia, anche se moderata, può generare un deflusso significativo, innescando inondazioni improvvise e gravi nei bacini più piccoli e reattivi dei tributari. Un fenomeno simile è stato osservato recentemente a Nan nell’agosto 2024 (NdR: l’articolo originale menziona agosto 2024 come esempio recente, ma il paper è del 2025, quindi si riferisce a un evento ipotetico o un errore di battitura nel paper. Per coerenza con il paper, lo riporto, ma con questa nota di cautela).
Purtroppo, non abbiamo trovato prove sedimentarie dirette di questo evento del 1818 nelle nostre carote. Questo potrebbe essere dovuto all’erosione degli strati più superficiali. In un ambiente tropicale, piogge intense dopo una siccità prolungata possono facilmente erodere e ridistribuire i sedimenti, cancellando le tracce di eventi specifici.
Cosa ci insegna la storia del fiume Nan?
Questa ricerca sul fiume Nan ci lancia un messaggio importante: non dobbiamo sottovalutare il ruolo dei tributari minori nelle dinamiche fluviali e nel rischio di inondazioni. Spesso, le opere di protezione si concentrano sui fiumi principali, trascurando i bacini più piccoli che, come abbiamo visto, possono essere estremamente sensibili ai cambiamenti nell’uso del suolo (come la deforestazione) e contribuire in modo significativo a eventi catastrofici.
Pensateci: i fiumi principali hanno grandi capacità e le loro inondazioni tendono a espandersi da punti specifici di tracimazione. I tributari, con canali più piccoli, possono causare inondazioni rapide e diffuse, quasi cogliendo di sorpresa. È un po’ come la differenza tra un elefante e uno sciame di api arrabbiate: entrambi possono fare danni, ma in modi molto diversi.
Le nostre scoperte suggeriscono che, forse, in passato il rischio legato ai tributari è stato sottovalutato, e forse lo è ancora oggi. Comprendere a fondo queste dinamiche, anche nei sistemi fluviali più piccoli, è cruciale per migliorare la valutazione del rischio idrogeologico e pianificare strategie di mitigazione più efficaci.
Insomma, il fango del fiume Nan ci ha raccontato una storia sorprendente, una storia di piccoli giganti acquatici e di come l’uomo e il clima possano intrecciare i loro destini in modi complessi e spesso imprevisti. E chissà quante altre storie simili sono ancora sepolte, in attesa di essere scoperte, sotto i sedimenti dei fiumi di tutto il mondo!
Fonte: Springer