Visualizzazione concettuale della stimolazione cerebrale profonda (DBS) nel cervello umano. Un fascio di luce o energia stilizzato converge sul nucleo subtalamico (STN), circondato da reti neurali luminose che rappresentano l'attività desincronizzata. Sfondo scuro per enfatizzare la luce. Immagine grandangolare (15mm) con messa a fuoco nitida sull'area target, evocando tecnologia e speranza.

Parkinson: Come la Stimolazione Cerebrale Profonda ‘Desincronizza’ il Cervello per Migliorare il Movimento

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa di veramente affascinante che sta cambiando la vita di molte persone affette dal morbo di Parkinson: la Stimolazione Cerebrale Profonda, o DBS (Deep Brain Stimulation). È una terapia incredibile, ma sapete una cosa? Per molto tempo non abbiamo capito *esattamente* come funzionasse a livello profondo, cellulare. Recentemente, però, abbiamo fatto delle scoperte entusiasmanti, studiando dei modelli animali (topolini, in questo caso), che gettano nuova luce su questo mistero. E la chiave sembra essere… la desincronizzazione!

Il Parkinson e quel Ritmo Cerebrale “Troppo Sincrono”

Prima di tuffarci nella DBS, un piccolo passo indietro. Il Parkinson è noto per i suoi sintomi motori: lentezza nei movimenti (bradicinesia), rigidità, tremore. Sappiamo che questi problemi sono legati alla perdita di neuroni che producono dopamina in una specifica area del cervello. Ma a livello di circuiti cerebrali, cosa succede? Spesso si osserva un’attività elettrica anomala, eccessivamente sincronizzata, specialmente nelle cosiddette “bande beta”, nel circuito dei gangli della base, una rete di nuclei cerebrali fondamentale per il controllo del movimento. Immaginate un’orchestra dove tutti suonano la stessa nota allo stesso identico tempo, in modo rigido: il risultato non è una bella musica, ma un blocco. Ecco, in modo molto semplificato, quello che può succedere nel cervello parkinsoniano.

La DBS: Un “Pacemaker” per il Cervello?

La DBS funziona impiantando degli elettrodi in specifiche aree profonde del cervello, come il Nucleo Subtalamico (STN), uno snodo cruciale nei gangli della base. Questi elettrodi inviano impulsi elettrici ad alta frequenza (di solito sopra i 100 Hz, noi abbiamo usato 130 Hz). E la cosa quasi magica è che questa stimolazione ad alta frequenza (che chiameremo HFS, High-Frequency Stimulation) migliora notevolmente i sintomi motori. Ma come? Inibisce i neuroni del STN? Li eccita? O fa qualcos’altro? Il dibattito è stato acceso.

L’HFS potrebbe “zittire” l’attività eccessiva del STN, un po’ come facevano le vecchie lesioni chirurgiche. Però la DBS stimola tutto ciò che si trova vicino all’elettrodo: non solo i corpi dei neuroni del STN, ma anche le fibre nervose (assoni) che passano di lì, provenienti da altre aree come la corteccia motoria (portando segnali eccitatori, glutammato) e il Globo Pallido Esterno (GPe, portando segnali inibitori, GABA). Quindi, l’effetto netto sulla scarica dei neuroni del STN è un complesso bilancio tra stimolazione diretta e attivazione di input eccitatori e inibitori.

La Nostra Ipotesi: E se Fosse Questione di “Tempismo”?

Qui entra in gioco la nostra idea. Abbiamo pensato: e se la frequenza della stimolazione fosse la chiave non solo per l’intensità, ma per il *tipo* di risposta a livello delle sinapsi (i punti di contatto tra neuroni)? Esiste un fenomeno chiamato Rilascio Asincrono (AR) di neurotrasmettitori. Normalmente, quando un impulso elettrico (potenziale d’azione) arriva alla fine di un assone, scatena il rilascio quasi istantaneo, sincronizzato, di neurotrasmettitore (Rilascio Sincrono, SR). Ma con stimolazioni intense e ripetute, come l’HFS, alcune sinapsi iniziano a rilasciare neurotrasmettitore anche *tra* un impulso e l’altro, in modo più “disordinato” e prolungato nel tempo. Questo è il rilascio asincrono.

Studi precedenti avevano mostrato che l’AR può “desincronizzare” l’attività dei neuroni a valle. E visto che nel Parkinson c’è troppa sincronia… voilà l’ipotesi: forse l’HFS funziona perché induce un forte rilascio asincrono, specialmente di GABA (il principale neurotrasmettitore inibitorio), che “rompe” i ritmi patologici e desincronizza l’attività dei neuroni del STN?

Fotografia in primo piano di un elettrodo per la stimolazione cerebrale profonda (DBS) posizionato con precisione nel nucleo subtalamico (STN) del cervello, visualizzato tramite una scansione MRI o un modello 3D trasparente del cervello. L'immagine ha una profondità di campo ridotta per focalizzare l'attenzione sull'elettrodo e sulla struttura cerebrale circostante. Illuminazione controllata per un look scientifico ma suggestivo. Obiettivo prime 35mm.

Esperimenti sui Topolini: La Prova del Nove

Per verificare la nostra idea, abbiamo usato topolini in cui avevamo indotto una condizione simile al Parkinson, riducendo i livelli di dopamina nel cervello (modello DD, Dopamine-Depleted).

  • Elettrofisiologia in fettine di cervello: Abbiamo registrato l’attività elettrica dei neuroni del STN mentre stimolavamo elettricamente le fibre vicine. Risultato? Con l’HFS (130 Hz), vedevamo un sacco di rilascio asincrono (AR) sia di GABA che di glutammato, molto più che con la stimolazione a bassa frequenza (LFS, 20 Hz). L’AR di GABA diventava predominante dopo i primissimi secondi di stimolazione HFS.
  • Effetto sulla scarica neuronale: Registrando l’attività spontanea dei neuroni STN, abbiamo visto che l’HFS causava prima un forte silenzio (probabilmente dovuto all’iniziale, potente SR di GABA), seguito da una scarica più irregolare, desincronizzata (misurata da un aumento del coefficiente di variazione, CV, degli intervalli tra gli impulsi). L’LFS, invece, non aveva effetti significativi.
  • Test comportamentali: Nei topolini DD, l’HFS nel STN migliorava significativamente la loro capacità di muoversi (aumentava la velocità, riduceva il tempo di immobilità). L’LFS, invece, non faceva quasi nulla. Questo combaciava perfettamente con i dati elettrofisiologici: l’effetto terapeutico era legato alla frequenza che induceva forte AR.
  • Il ruolo chiave del GABA: Per confermare l’importanza del GABA, abbiamo bloccato i suoi recettori (GABAA) nel STN dei topolini DD usando un farmaco (bicucullina). Risultato? L’effetto benefico dell’HFS sul movimento spariva completamente! Questo ci dice che, anche se l’HFS attiva anche input eccitatori, sono quelli inibitori GABAergici ad essere fondamentali per la terapia.

Da Dove Viene Questo GABA Cruciale? Il Globo Pallido Esterno (GPe)

La maggior parte del GABA che arriva al STN proviene dal Globo Pallido Esterno (GPe). Quindi, ci siamo chiesti: è proprio l’attivazione delle fibre GPe-STN la responsabile dell’effetto della DBS? E quali neuroni del GPe sono coinvolti? Il GPe è eterogeneo, ma un tipo cellulare importante sono i neuroni che esprimono la proteina Parvalbumina (PV).

Abbiamo usato l’optogenetica, una tecnica fantastica che permette di attivare specifici neuroni con la luce.

  1. Abbiamo fatto esprimere una proteina sensibile alla luce (oChIEF) nei neuroni del GPe dei nostri topolini DD.
  2. Abbiamo impiantato fibre ottiche nel STN per illuminare e attivare solo gli assoni provenienti dal GPe.
  3. Stimolando questi assoni a 130 Hz con la luce, abbiamo ottenuto un miglioramento del movimento simile a quello della DBS elettrica! La stimolazione a 20 Hz non aveva effetto.
  4. Poi siamo stati più specifici: abbiamo attivato solo i neuroni PV del GPe che proiettano al STN. Bingo! L’effetto benefico c’era ancora, forte e chiaro, con l’HFS luminosa.
  5. E attivando i neuroni del GPe che non esprimono PV? Nessun effetto sul movimento, né a 130 Hz né a 20 Hz.
  6. La prova definitiva: abbiamo eliminato selettivamente i neuroni PV nel GPe (usando una tecnica genetica). In questi topi, la DBS elettrica a 130 Hz nel STN non funzionava più!

Questi esperimenti ci dicono due cose fondamentali: l’attivazione degli input GABAergici dal GPe al STN è cruciale per l’effetto della DBS, e specificamente l’attivazione degli assoni dei neuroni PV è sia necessaria che sufficiente.

Immagine macro ad alta definizione di neuroni parvalbumina (PV) nel globo pallido esterno (GPe) marcati con fluorescenza (es. mCherry o EGFP) visti al microscopio confocale. Alcuni neuroni mostrano fibre ottiche vicine per la stimolazione optogenetica. Dettagli precisi delle strutture cellulari e delle connessioni sinaptiche. Illuminazione controllata per evidenziare la fluorescenza. Obiettivo macro 100mm.

Desincronizzazione in Azione: Registrazioni In Vivo e Manipolazione dell’AR

Abbiamo anche registrato l’attività dei singoli neuroni del STN in topolini svegli e liberi di muoversi, mentre attivavamo con la luce gli assoni PV provenienti dal GPe.

  • L’HFS (130 Hz) riduceva la frequenza di scarica di circa un terzo dei neuroni registrati e, cosa importante, aumentava la variabilità temporale dei loro impulsi (aumento del CV dell’ISI e dell’ICUI, un indice di sincronia tra coppie di neuroni). Insomma, li desincronizzava. L’LFS (20 Hz) non lo faceva.
  • Analizzando l’attività elettrica di fondo (Local Field Potential, LFP), abbiamo visto che l’HFS riduceva le oscillazioni anomale nella banda beta, confermando l’effetto desincronizzante a livello di rete.

Infine, l’esperimento forse più elegante. Se l’AR è così importante, cosa succede se lo manipoliamo direttamente?

  1. Ridurre l’AR: Abbiamo usato un trucco chimico (EGTA-AM) per ridurre la disponibilità di calcio intracellulare residuo, che è importante per l’AR. Questo ha effettivamente diminuito l’AR indotto dalla stimolazione luminosa HFS degli assoni PV. E a livello comportamentale? L’effetto benefico dell’HFS luminosa sul movimento si è ridotto drasticamente.
  2. Aumentare l’AR: Esiste una proteina, la Synaptotagmin-1 (Syt1), che è il sensore del calcio principale per il rilascio sincrono. Riducendo l’espressione di Syt1 specificamente nei neuroni PV del GPe (con tecniche di ingegneria genetica), abbiamo osservato che il rilascio asincrono diventava molto più forte, anche con la stimolazione a bassa frequenza (LFS). E la sorpresa? In questi topi, anche la stimolazione luminosa a 20 Hz diventava efficace nel migliorare il movimento!

Quest’ultimo risultato è potentissimo: dimostra che non è l’alta frequenza in sé a essere magica, ma la sua capacità di indurre un forte rilascio asincrono di GABA. Se riusciamo ad ottenere un AR sufficientemente forte anche a basse frequenze, l’effetto terapeutico compare lo stesso.

Fotografia dinamica che cattura il movimento fluido di un topo modello per il Parkinson in un'arena open field durante una sessione di stimolazione cerebrale (elettrica o optogenetica). L'immagine, scattata con un teleobiettivo zoom (es. 200mm) e alta velocità dell'otturatore, congela l'azione mostrando il miglioramento della locomozione. Tracciamento del movimento per mantenere il soggetto a fuoco.

Cosa Significa Tutto Questo?

Insomma, il nostro lavoro suggerisce fortemente che un meccanismo chiave dietro l’efficacia della DBS ad alta frequenza nel STN per il Parkinson sia la sua capacità di indurre un robusto rilascio asincrono di GABA dagli assoni dei neuroni PV provenienti dal GPe. Questo rilascio “desincronizzato” aiuta a rompere i pattern di attività neuronale eccessivamente sincronizzati e patologici nel STN, permettendo un controllo motorio più fluido.

Questa scoperta apre scenari interessanti:

  • Potremmo usare la forza dell’AR come un biomarcatore per ottimizzare i parametri della DBS nei pazienti? Magari trovando la frequenza minima efficace per indurre sufficiente AR, riducendo potenziali effetti collaterali dell’alta frequenza a lungo termine.
  • Potremmo sviluppare strategie per potenziare farmacologicamente o geneticamente l’AR, rendendo la DBS efficace anche a frequenze più basse o migliorandone l’efficacia generale?

Certo, siamo ancora a livello di ricerca preclinica sui topi, ma capire i meccanismi è il primo passo fondamentale per migliorare le terapie esistenti e svilupparne di nuove. È un campo in continua evoluzione, ed è emozionante contribuire a svelare i segreti del nostro cervello e trovare modi per aiutarlo quando qualcosa non va come dovrebbe.

Fonte: Springer

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