Fotografia grandangolare di una lussureggiante foresta tropicale montana nella Serra do Mar, Brasile, avvolta nella nebbia mattutina. La luce del sole filtra debolmente tra le chiome fitte. Obiettivo grandangolare 18mm, lunga esposizione per ammorbidire la nebbia, messa a fuoco nitida sulla vegetazione in primo piano, colori verdi intensi.

Mappare la Vita Nascosta: La Mia Avventura nella Stima della Biomassa nella Foresta Atlantica

Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante nel cuore pulsante delle foreste tropicali montane, luoghi magici e vitali per il nostro pianeta. Avete mai pensato a quanta vita, quanta *materia*, è racchiusa tra quegli alberi imponenti? Parliamo di biomassa fuori terra (AGB), un termine un po’ tecnico che indica semplicemente tutta la parte “viva” degli alberi sopra il suolo: tronchi, rami, foglie. Misurarla con precisione è fondamentale, perché ci dice quanto carbonio queste foreste riescono a “catturare” dall’atmosfera, aiutandoci a combattere il riscaldamento globale. Sembra semplice, no? Beh, non proprio, specialmente quando ci si avventura in posti come la Foresta Atlantica della Serra do Mar, nel sud-est del Brasile.

Immaginatevi un paesaggio mozzafiato, montagne che si tuffano nel mare, una biodiversità incredibile… ma anche un terreno accidentato, pendenze vertiginose e microclimi che cambiano nel giro di pochi metri. Qui, capire come si distribuisce la biomassa diventa una vera sfida!

La Sfida: Perché Misurare la Biomassa Qui è Così Complicato?

Tradizionalmente, per stimare la biomassa si va sul campo, si misurano alberi in piccole aree campione (le cosiddette “plots”) e poi si cerca di estendere i risultati a zone più vaste. Faticoso, costoso e spesso poco preciso, soprattutto in ambienti difficili da raggiungere come la Serra do Mar. Allora, ci viene in aiuto la tecnologia: il telerilevamento, ovvero l’analisi di immagini satellitari.

Usiamo spesso gli Indici di Vegetazione (VI), calcolati da queste immagini, che ci danno un’idea di quanto “verde” e “sano” sia un bosco. C’è una buona correlazione con la biomassa, è vero. Ma c’è un “ma”: quando la foresta è molto fitta e matura, questi indici vanno un po’ in “saturazione”. È come se il sensore dicesse: “Ok, qui è tutto verdissimo, ma non riesco più a distinguere le sfumature, non capisco se c’è *tanta* biomassa o *tantissima*”. E nelle foreste mature, la differenza è enorme!

In più, in montagna, fattori come l’altitudine, la pendenza e l’esposizione al sole (la cosiddetta radiazione solare diretta – DSR) giocano un ruolo cruciale. Influenzano quanta luce arriva, la temperatura, l’umidità… insomma, creano condizioni uniche che determinano dove e come gli alberi crescono meglio. Gli indici di vegetazione da soli non bastano a catturare tutta questa complessità.

Entra in Gioco la Geostatistica: Il Potere del “Dove”

Ed è qui che entra in scena la mia passione: la geostatistica! È un ramo della statistica che si occupa proprio di dati legati a una posizione geografica. Il principio base è semplice e intuitivo: le cose vicine nello spazio tendono ad essere più simili tra loro rispetto a quelle lontane. Pensateci: è probabile che due alberi a pochi metri di distanza crescano in condizioni simili (stesso suolo, stessa luce), no?

Tra i vari metodi geostatistici, uno molto potente è il Regression Kriging (RK). L’idea geniale dell’RK è “spezzare” la variazione della biomassa in due parti:

  • Una componente deterministica: è la tendenza generale, la parte che possiamo *spiegare* e prevedere usando altre variabili ambientali (come gli indici di vegetazione o la radiazione solare). È come disegnare la “linea di tendenza” della biomassa sulla mappa.
  • Una componente stocastica: sono i “residui”, cioè la differenza tra la biomassa reale misurata sul campo e quella prevista dal modello deterministico. Questa parte non è puro caso! Spesso nasconde processi ecologici locali (competizione tra alberi, piccole perturbazioni, micro-variazioni del suolo) che creano dei pattern spaziali. Il Kriging “classico” (Ordinary Kriging) è bravissimo a interpolare questi residui, tenendo conto della loro correlazione spaziale.

La Nostra Svolta: Il Regression Kriging *Simulation* (RKS)

Nel nostro studio, abbiamo voluto fare un passo avanti. Invece di usare il Kriging classico per interpolare i residui (che tende a “lisciare” un po’ le mappe, perdendo dettaglio), abbiamo usato la simulazione Gaussiana condizionale. Lo so, suona complicato, ma l’idea è rivoluzionaria! Invece di calcolare *un solo* valore stimato per ogni punto della mappa non campionato, la simulazione ne genera *tanti* possibili, tutti coerenti con i dati misurati e con la struttura spaziale dei residui.

Il risultato? Non una mappa “liscia” e un po’ astratta, ma una serie di mappe molto più realistiche, che catturano meglio l’eterogeneità reale della foresta, le “chiazze” di alta e bassa biomassa che vediamo sul campo. E, cosa importantissima, questo approccio ci permette anche di quantificare l’incertezza della nostra stima in ogni singolo punto! È come avere non solo la previsione del tempo, ma anche la probabilità che piova.

Per la parte deterministica, abbiamo usato modelli statistici flessibili (i GAM, Generalized Additive Models) combinando l’indice di vegetazione EVI2 (una versione migliorata del classico NDVI, più sensibile alla biomassa elevata) e, per la prima volta in questo contesto, la Radiazione Solare Diretta (DSR). La nostra scommessa era che la DSR, essendo legata all’energia che effettivamente arriva sotto la chioma, potesse aiutarci a stimare meglio la biomassa anche negli strati inferiori della foresta, cosa che i soli indici di vegetazione faticano a fare.

Fotografia macro di una mappa topografica 3D stilizzata della Serra do Mar brasiliana, con sovrapposte nuvole di punti colorati che rappresentano la simulazione geostatistica della biomassa. Obiettivo macro 100mm, alta definizione, illuminazione controllata per evidenziare la texture della mappa e la dispersione dei punti.

Sul Campo: Piedi nel Fango (Metaforicamente!) nella Serra do Mar

Il nostro “laboratorio” è stata un’area specifica della Serra do Mar, la Penisola di Juatinga nell’Area di Protezione Ambientale di Cairuçu (Paraty, Rio de Janeiro). Un posto selvaggio e meraviglioso, con altitudini che vanno dal livello del mare a oltre 1000 metri. Qui, tra il 2016 e il 2017, abbiamo definito 84 piccole aree di campionamento (plots) di soli 10×10 metri (0.01 ettari).

Perché così piccole? Perché volevamo catturare proprio le dinamiche su scala locale. In un’area così eterogenea, le condizioni possono cambiare drasticamente in pochi metri. Inoltre, studi precedenti hanno mostrato che lavorare con plot piccole, tenendo conto della loro dipendenza spaziale (come fa la geostatistica!), può dare risultati più accurati per la biomassa rispetto a plot molto grandi.

Abbiamo distribuito queste plots lungo tutto il gradiente altitudinale, su diversi versanti (nord, sud, est, ovest) e in aree con diversi stadi di sviluppo della foresta (dalle più giovani alle più mature), cercando di coprire l’intera area di studio (quasi 8800 ettari!) e di avere distanze variabili tra le plots, un requisito fondamentale per poter applicare bene la geostatistica. In ogni plot, abbiamo misurato diametro e altezza di tutti gli alberi con diametro superiore a 5 cm (ben 2041 alberi in totale!) e abbiamo stimato la loro biomassa usando formule specifiche (equazioni allometriche) sviluppate proprio per questa regione.

Macinare Numeri: Modelli e Validazioni

Una volta raccolti i dati sul campo e ottenute le variabili dal satellite (EVI2 da immagini RapidEye a 5m di risoluzione e DSR da un modello digitale di elevazione a 12.5m, entrambi riscalati a 10m), è iniziato il lavoro “dietro le quinte”.

Abbiamo costruito quattro diversi modelli di Regression Kriging, testando combinazioni di indici (EVI2 o NDVI) con la DSR e diverse impostazioni dei modelli GAM. Abbiamo valutato quale modello spiegasse meglio la tendenza generale della biomassa (la parte deterministica) usando criteri statistici come l’R² (quanto il modello spiega la variabilità dei dati) e l’RMSE (l’errore medio di stima). Il Modello 3, che usava EVI2 e DSR con specifiche funzioni di “lisciatura” (smoothing) nei GAM, è risultato il migliore, spiegando già da solo un buon 55% della variabilità della biomassa.

Poi siamo passati alla parte stocastica: l’analisi dei residui di questo modello. Abbiamo calcolato il variogramma, uno strumento geostatistico che descrive come la somiglianza tra i residui diminuisce all’aumentare della distanza tra le plots. Questo ci ha permesso di misurare la dipendenza spaziale: fino a che distanza la biomassa in un punto “influenza” quella dei punti circostanti?

Infine, abbiamo fatto dei test di validazione incrociata (cross-validation) e abbiamo diviso i nostri dati in sottoinsiemi per verificare quanto bene il modello fosse in grado di prevedere la biomassa in punti che non aveva “visto” durante la sua costruzione. Ancora una volta, il Modello 3 si è confermato il più robusto.

Fotografia grandangolare di ricercatori che installano una piccola plot di campionamento (10x10m) in una fitta foresta tropicale montana della Serra do Mar, Brasile. Si vede la ripida pendenza e la vegetazione lussureggiante. Obiettivo grandangolare 20mm, messa a fuoco nitida, luce naturale filtrata dalla chioma degli alberi.

La Differenza RKS: Vedere la Foresta *e* gli Alberi

Ed eccoci al cuore della nostra innovazione: abbiamo preso il Modello 3 (con la sua parte deterministica e la struttura spaziale dei suoi residui descritta dal variogramma) e abbiamo applicato la simulazione Gaussiana ai residui. Abbiamo generato ben 900 possibili mappe dei residui, e sommando a ciascuna di esse la mappa della tendenza deterministica, abbiamo ottenuto 900 possibili mappe di biomassa per l’intera area di studio.

Facendo la media di queste 900 simulazioni, abbiamo ottenuto la nostra stima finale della distribuzione della biomassa con il metodo Regression Kriging Simulation (RKS). E i risultati sono stati entusiasmanti! L’R² finale tra la biomassa osservata nelle plots e quella stimata dal modello RKS è salito al 77%, con un errore (RMSE) sceso a 1.333 Mg per plot (0.01 ha). Un bel miglioramento rispetto al solo modello deterministico!

L’analisi del variogramma dei residui ci ha detto cose interessanti: abbiamo trovato una forte dipendenza spaziale fino a circa 280 metri, che poi diminuiva gradualmente fino a scomparire oltre i 960 metri. Questo significa che i processi ecologici locali che non catturiamo con le variabili ambientali su larga scala hanno un’influenza misurabile per centinaia di metri! Il nostro approccio RKS è riuscito a tener conto di questa struttura.

La stima totale di biomassa per l’intera area forestale studiata (8777 ha) è risultata di circa 2.98 milioni di tonnellate, che equivalgono a una media di circa 363 Mg/ha (tonnellate per ettaro). Questo è un valore significativamente più alto della media globale delle foreste tropicali (attorno ai 147 Mg/ha), ma è in linea con stime per altre foreste tropicali molto dense e produttive, come quelle africane, e anche con alcuni studi precedenti nella stessa Serra do Mar che però usavano metodi diversi (spesso basati solo sulla media dei plot, senza telerilevamento né geostatistica). Il nostro metodo sembra catturare meglio la reale capacità di accumulo di carbonio di questa specifica foresta, forse anche grazie all’inclusione della DSR e alla capacità della simulazione di non sottostimare le aree a biomassa molto alta (spesso legate alla presenza di grandi alberi, fondamentali in questo ecosistema).

Fotografia aerea, stile landscape, che mostra un confronto affiancato: a sinistra una mappa di biomassa 'liscia' (RK tradizionale), a destra una mappa 'granulosa' e più dettagliata (RKS) della stessa area di foresta montana tropicale. Obiettivo grandangolare 15mm, lunga esposizione per accentuare i dettagli, colori vividi.

Perché Tutto Questo è Importante? Mappe per l’Azione

Ma al di là dei numeri e dei tecnicismi, perché questo approccio RKS è così utile? Perché non ci dà solo una mappa “media” della biomassa, ma molto di più. Dalle 900 simulazioni possiamo calcolare, per ogni pixel della mappa:

  • La deviazione standard: una misura diretta dell’incertezza della nostra stima in quel punto. Ci dice dove le nostre previsioni sono più solide e dove invece servirebbero più dati.
  • La probabilità che la biomassa superi una certa soglia: ad esempio, possiamo creare una mappa che mostri le aree con alta probabilità di avere biomassa superiore a 6 Mg/0.01 ha (un valore elevato).

Queste “mappe dinamiche” sono strumenti potentissimi per chi si occupa di gestione ambientale e conservazione. Permettono di:

  • Identificare con maggiore precisione le aree a maggior stoccaggio di carbonio, prioritarie per la conservazione.
  • Pianificare meglio futuri campionamenti sul campo, concentrandoli nelle aree di maggiore incertezza.
  • Fornire stime più accurate per iniziative internazionali come REDD+ (Riduzione delle Emissioni da Deforestazione e Degrado forestale), che mirano a compensare economicamente la conservazione delle foreste in base al carbonio che immagazzinano.
  • Monitorare nel tempo i cambiamenti nella biomassa in modo più affidabile.

In sostanza, l’RKS ci aiuta a “leggere” la foresta in modo più dettagliato e onesto, riconoscendo non solo le tendenze generali ma anche la variabilità locale e l’incertezza intrinseca delle nostre stime. Non si tratta di eliminare l’incertezza, ma di capirla e usarla a nostro vantaggio.

Conclusioni (e Prossimi Passi)

La mia avventura con la geostatistica nella Serra do Mar mi ha confermato quanto siano complessi e affascinanti questi ecosistemi. Il nostro metodo RKS, combinando telerilevamento, dati di campo, modelli flessibili e simulazione geostatistica, si è dimostrato uno strumento efficace per mappare la biomassa in questo ambiente difficile, ottenendo stime accurate (R² del 77%) e, soprattutto, realistiche nella loro eterogeneità spaziale.

L’introduzione della radiazione solare diretta (DSR) come variabile predittiva si è rivelata una scelta vincente, e la capacità della simulazione di gestire l’incertezza e i processi stocastici locali è, a mio avviso, il vero punto di forza. Certo, ci sono margini di miglioramento: includere dati sul suolo, ad esempio, o esplorare l’integrazione con tecniche di intelligenza artificiale potrebbero affinare ulteriormente le stime.

Ma il messaggio chiave è che abbiamo a disposizione strumenti sempre più sofisticati per comprendere e quantificare il ruolo vitale che foreste come la Serra do Mar giocano nel bilancio del carbonio globale. Spero che questo lavoro possa contribuire non solo alla ricerca scientifica, ma anche a supportare decisioni concrete per la conservazione di questi tesori di biodiversità e serbatoi di carbonio.

Grazie per avermi seguito in questo viaggio!

Fonte: Springer

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