Pancione Sotto Esame: Quando l’Aumento di Peso in Gravidanza Diventa un Bersaglio
Ciao a tuttə! Oggi voglio parlarvi di un tema che mi sta particolarmente a cuore e che, ahimè, tocca tantissime donne: lo stigma legato all’aumento di peso durante la gravidanza. Sappiamo bene che la gravidanza è un periodo di trasformazioni incredibili, un vero e proprio miracolo della natura. Eppure, troppo spesso, questo momento magico viene offuscato da commenti non richiesti, giudizi velati e una pressione sociale che può diventare davvero pesante. Ho letto una revisione esplorativa (una “scoping review”, per dirla all’inglese) che ha analizzato proprio le percezioni e le esperienze delle donne riguardo a questo stigma, e i risultati, ve lo dico subito, fanno riflettere.
La ricerca, basata sull’analisi di ben 85 studi, ha messo in luce come lo stigma del peso in gravidanza non sia un’esperienza isolata, ma un fenomeno diffuso che proviene da più fronti. Immaginatevi al centro di un bersaglio, con frecciatine che arrivano dagli operatori sanitari, dalla famiglia, dagli amici, dalla società in generale e persino dai media. Non proprio il clima ideale per vivere serenamente uno dei periodi più delicati della vita, vero?
Lo Stigma nel Contesto Sanitario: Quando Chi Dovrebbe Curare, Ferisce
Partiamo da un punto dolente: gli operatori sanitari. Sembra un paradosso, ma lo studio evidenzia come molte donne si sentano giudicate proprio da medici, ostetriche e infermieri. Invece di ricevere supporto e informazioni chiare su come gestire un sano aumento di peso, si trovano spesso di fronte a commenti negativi, atteggiamenti sbrigativi o addirittura a una vera e propria de-personalizzazione. Pensate che più della metà degli studi analizzati (65 su 85!) ha trovato prove di stigmatizzazione da parte del personale sanitario.
Alcune donne hanno raccontato di sentirsi in colpa per i potenziali rischi per sé e per il bambino, paure spesso amplificate da un approccio medico poco empatico. C’è chi si è sentita trattare senza rispetto, cura o comprensione, attribuendo questo trattamento proprio alla propria taglia. E la cosa più grave? Questa stigmatizzazione può portare le donne a evitare le visite mediche necessarie, compromettendo la qualità delle cure e mettendo a rischio la salute di mamma e bambino. Addirittura, uno studio svedese ha rivelato che per un terzo degli operatori sanitari intervistati, l’obesità è un argomento più sensibile del fumo o dell’alcol, e il 17% ha ammesso di evitare a volte di parlare di peso per non mettere a disagio la donna. Ma evitare il problema non è la soluzione, anzi! Si parla anche di “struggling to fit in”, ovvero la difficoltà fisica di adattarsi a sedie, camici, bracciali per la pressione, lettini da visita, esperienze che generano tristezza e ulteriore disagio.
Il Giudizio di Familiari e Amici: L’Affetto che Diventa Pressione
Passiamo ora alla sfera più intima: famiglia e amici. Proprio le persone da cui ci aspetteremmo più sostegno possono, a volte involontariamente, diventare fonte di stress. Commenti sul cibo (“Stai mangiando troppo?”, “Dovresti stare attenta alla linea anche ora”), paragoni con altre gravidanze (“Mia cugina ha preso solo X chili”), o l’aspettativa irrealistica di tornare in forma subito dopo il parto, magari prendendo a modello celebrità che sembrano perdere peso magicamente.
Lo studio ha rilevato che gli atteggiamenti negativi dei familiari verso l’aumento di peso in gravidanza sono direttamente collegati all’insoddisfazione per l’immagine corporea nelle donne incinte. Alcune partecipanti hanno riferito di sentirsi dire dalle proprie madri di “controllare cosa mangiano” o dai mariti di “mangiare sano e fare più esercizio”. Altre hanno notato come amici e parenti avessero idee preconcette su come dovrebbe apparire una donna incinta, soprattutto se già in sovrappeso prima della gravidanza. Queste pressioni, spesso mascherate da preoccupazione, non fanno altro che intensificare sentimenti di vergogna e isolamento. Pensate che uno studio ha riportato che il 64.9% delle donne incinte ha sperimentato stigma legato al peso da almeno una fonte, e il 21% di questo stigma era attribuibile alla famiglia più stretta.

La Società e il Peso della Bilancia: Sguardi e Parole che Pesano
E poi c’è la società nel suo complesso. Viviamo in un mondo che, diciamocelo chiaramente, idolatra la magrezza. L’aumento di peso, anche quando fisiologico e necessario come in gravidanza, viene spesso visto con sospetto. La revisione ha incluso 18 studi che si sono concentrati proprio sullo stigma sociale. Le donne in sovrappeso o obese, in particolare, si sentono costantemente sotto esame, etichettate con nomignoli poco lusinghieri o giudicate pigre e senza forza di volontà.
Una donna ha condiviso il pensiero che la gente probabilmente credeva stesse usando la gravidanza come scusa per mangiare di più e indulgere, sottolineando come la gravidanza sia socialmente accettabile, ma essere grassa no. Questa percezione crea una dissonanza dolorosa. Alcune partecipanti a studi hanno riferito di essersi auto-limitate nella vita sociale, evitando di andare al parco o in altri luoghi pubblici per paura degli sguardi o dei commenti. In uno studio, donne con BMI elevato hanno raccontato di essere state fissate da adulti e bambini e di aver sentito conversazioni denigratorie sul loro conto. Lo stigma sociale è pervasivo e ha un impatto significativo anche in contesti lavorativi e nelle relazioni tra pari. È emerso anche come fattori di privilegio e oppressione, come razza e classe sociale, possano modellare queste esperienze, con donne a basso reddito frustrate per non potersi permettere stili di vita “raccomandati” o donne di colore che sentono il peso di razzismo e politiche eugenetiche di lunga data.
I Media e l’Immagine Corporea Irreale: Il Confronto Impossibile
Infine, non possiamo dimenticare il ruolo dei media. Riviste, televisione, social network: siamo bombardati da immagini di donne incinte perfette, con pancioni rotondi e sodi su corpi altrimenti snelli, che sembrano tornare in forma smagliante a tempo di record dopo il parto. Queste rappresentazioni, spesso irrealistiche, creano una pressione enorme. Undici degli studi analizzati hanno identificato i media come fonte di stigma.
Uno studio ha scoperto che il 72% delle immagini di persone in sovrappeso o obese negli articoli di notizie online erano stigmatizzanti. Le donne hanno riferito di sentirsi brutte o inadeguate a causa dei contenuti mediatici, sentendosi stigmatizzate dall’ideale di corpo incinto presentato e attraverso i confronti con altre donne incinte o neomamme, specialmente celebrità. Questa pressione porta molte a cercare di limitare l’aumento di peso o a “rimbalzare” al peso pre-gravidanza il più velocemente possibile, comportamenti che possono anche essere rischiosi. I messaggi mediatici spesso dipingono le neomamme che mantengono peso dopo il parto come pigre o come se si fossero “lasciate andare”. È interessante notare che lo stigma mediatico è percepito non solo da donne in sovrappeso o obese, ma da donne di tutte le categorie di BMI pre-gravidanza.

Cosa Possiamo Imparare e Come Possiamo Cambiare?
Questa revisione esplorativa, seguendo il rigoroso metodo di Arksey e O’Malley, ci sbatte in faccia una realtà scomoda: lo stigma legato al peso in gravidanza è un problema serio e multiforme. Colpisce le donne a livello emotivo, minando la loro autostima e il loro benessere mentale, ma ha anche conseguenze concrete sulla loro salute fisica e su quella dei loro bambini, portando, come abbiamo visto, anche all’evitamento di cure mediche essenziali.
È interessante notare come la maggior parte degli studi provenga da paesi ad alto reddito, il che evidenzia una carenza di ricerca in contesti a basso e medio reddito, dove le dinamiche culturali potrebbero essere diverse ma non per questo meno impattanti.
Cosa fare, dunque? Innanzitutto, è fondamentale una maggiore consapevolezza. Gli operatori sanitari necessitano di formazione specifica per comunicare in modo efficace e sensibile, offrendo consigli personalizzati e creando un ambiente di supporto, non giudicante. Devono capire che le loro parole hanno un peso enorme.
Anche familiari e amici hanno un ruolo cruciale: informarsi sugli effetti dannosi dello stigma può aiutarli a evitare commenti che, seppur mossi da buone intenzioni, possono ferire profondamente. Il supporto sociale è fondamentale durante la gravidanza.
A livello sociale più ampio, servono campagne di sensibilizzazione che mettano in luce gli effetti nocivi dello stigma e promuovano una visione più inclusiva e realistica della gravidanza e dei corpi delle donne. I media, da parte loro, dovrebbero impegnarsi a presentare una gamma più diversificata di corpi e a smettere di veicolare ideali irraggiungibili.
Come suggerisce il “Health Stigma and Discrimination Framework” citato nello studio, dobbiamo capire i motori dello stigma (stereotipi, norme culturali) per poter intervenire efficacemente. Si tratta di ricondizionare le norme sociali, trasformare i messaggi comuni relativi al peso in prospettive più neutre e positive.
Insomma, la strada è ancora lunga, ma iniziare a parlarne, a condividere esperienze e a chiedere un cambiamento è il primo passo. Ogni donna merita di vivere la propria gravidanza con gioia e serenità, libera dal peso del giudizio altrui. Perché il vero peso, quello che fa male, non è quello sulla bilancia, ma quello dello stigma.
Fonte: Springer
