Fotografia stile reportage di un veterinario che esamina con cura un cane randagio dall'aspetto mite su un tavolo da visita in una clinica da campo improvvisata in India. Luce naturale filtrata, obiettivo 50mm, profondità di campo media che mostra l'ambiente circostante ma mantiene il focus sull'interazione uomo-animale.

Sterilizzazione dei Cani Randagi: La Soluzione Definitiva o un Buco nell’Acqua? Cosa Dice la Scienza

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento che mi sta molto a cuore e che, ne sono sicuro, tocca le corde di molti: i cani randagi. Chi non si è mai intenerito vedendone uno per strada, o magari preoccupato per i potenziali problemi che possono creare? Ecco, una delle soluzioni più discusse per gestire queste popolazioni è la sterilizzazione chirurgica. Sembra logico, no? Meno nascite, meno cani randagi. Ma funziona davvero così bene come pensiamo? Recentemente mi sono imbattuto in uno studio scientifico super interessante, un vero e proprio esperimento sul campo, che ha cercato di dare una risposta seria a questa domanda. E i risultati, ve lo dico subito, mi hanno fatto riflettere parecchio.

L’Esperimento: Mettere alla Prova la Sterilizzazione sul Campo

Immaginatevi la scena: siamo in India, precisamente nello stato di Goa, un luogo bellissimo ma con una popolazione significativa di cani che vivono liberi, i cosiddetti Free-Roaming Domestic dogs (FRDs). Qui, come in molte parti del mondo, i cani randagi sono parte del paesaggio, ma portano con sé anche sfide non indifferenti:

  • Rischi per la salute pubblica (morsi, trasmissione di malattie come la rabbia – che fa ancora migliaia di vittime ogni anno!)
  • Problemi ambientali (inquinamento, rumore – chi non è mai stato svegliato dall’abbaiare notturno?)
  • Impatto sulla fauna selvatica locale.

Insomma, la gestione di questi animali è una necessità. Per anni si è discusso sull’efficacia dei vari metodi. L’abbattimento (culling) è spesso culturalmente inaccettabile e, diciamocelo, poco etico, oltre che a volte controproducente. La sterilizzazione, con la tecnica “Cattura-Sterilizza-Rilascia” (CNR), sembra la via più umana e accettata. Ma quanto è davvero efficace nel ridurre numericamente la popolazione? Le prove scientifiche finora erano un po’ scarse o contraddittorie.

Ecco che entra in gioco questo studio. I ricercatori hanno fatto le cose in grande: hanno selezionato 10 aree a Goa, simili tra loro per caratteristiche. Poi, in modo casuale, ne hanno scelte 5 dove intervenire massicciamente con campagne di sterilizzazione, mentre le altre 5 sono servite da “controllo”, cioè non è stato fatto nulla di specifico. Hanno contato i cani prima dell’intervento, durante e per ben due anni dopo. Un lavoro enorme! L’obiettivo era chiaro: vedere se, sterilizzando una buona fetta di cagne (sono riusciti a coprire tra il 58% e il 66% delle femmine adulte nelle aree di intervento), il numero totale di cani sarebbe diminuito rispetto alle aree di controllo.

I Risultati: Luci e Ombre della Sterilizzazione

Allora, cosa è successo? Beh, alcune cose sono andate come previsto. Nelle aree dove hanno sterilizzato, si è vista una riduzione significativa del numero di cuccioli e di femmine in allattamento. Questo è un dato importante: significa che l’intervento ha effettivamente ridotto le nascite. E non solo! I residenti di quelle zone hanno anche riportato una diminuzione del fastidioso abbaiare, uno dei problemi più lamentati legati ai cani randagi. Quindi, meno cuccioli abbandonati a un destino incerto e forse un po’ più di pace per le orecchie degli abitanti. Questi sono sicuramente aspetti positivi, anche in termini di benessere animale: meno gravidanze e parti a rischio per le femmine.

Fotografia realistica di un gruppo di cani randagi di varie taglie in una strada polverosa di una città indiana, alcuni sdraiati all'ombra, altri che curiosano. Obiettivo 35mm, luce naturale del tardo pomeriggio, profondità di campo che sfoca leggermente lo sfondo urbano.

Ma ecco la sorpresa, il dato che fa riflettere: nonostante la riduzione delle nascite, il numero totale di cani adulti non è diminuito significativamente nelle aree sterilizzate rispetto a quelle di controllo durante i due anni di osservazione. Com’è possibile? Se nascono meno cuccioli, non dovrebbero esserci meno cani adulti nel tempo?

Perché i Conti Non Tornano? Il Fattore “Migrazione”

Qui le cose si complicano e ci fanno capire quanto sia complesso gestire una popolazione animale “aperta”. La spiegazione più probabile, secondo i ricercatori (e anche secondo me ha molto senso), è legata ai movimenti dei cani: l’immigrazione e l’emigrazione. Le aree dello studio non erano isole chiuse; i cani potevano entrare e uscire.

Cosa potrebbe essere successo? Una teoria affascinante è che la sterilizzazione, togliendo gli ormoni sessuali, possa rendere i cani (soprattutto i maschi, ma forse anche le femmine) meno territoriali e aggressivi. Ricordate la diminuzione dell’abbaiare riportata dai residenti? L’abbaiare è spesso un segnale di difesa del territorio. Se i cani sterilizzati “difendono” meno il loro spazio, questo potrebbe aver reso più facile per altri cani, provenienti da aree vicine e non sterilizzati, entrare e stabilirsi lì. Infatti, lo studio ha notato un trend interessante: dopo l’intervento, nelle aree sterilizzate si è visto un aumento nel numero di cani adulti non sterilizzati rispetto alle aree di controllo. Questo suggerisce proprio l’arrivo di nuovi individui dall’esterno, che vanno a “riempire” i posti lasciati liberi o resi più accessibili.

È un po’ come cercare di svuotare una vasca da bagno con il rubinetto aperto! Sterilizzi i cani presenti, ma se ne arrivano continuamente di nuovi, l’effetto sul numero totale si annulla o si riduce molto. Questo fenomeno è stato osservato anche in studi su altri animali, come gatti randagi e volpi, dove il controllo della fertilità in un’area limitata veniva vanificato dai movimenti degli animali.

Macro fotografia di una piccola cicatrice triangolare sull'orecchio di un cane randagio dal pelo corto color crema (segno di sterilizzazione), messa a fuoco precisa sulla cicatrice, luce naturale morbida che evidenzia la texture del pelo. Obiettivo macro 100mm, alta definizione.

Altri Dettagli Interessanti dallo Studio

Lo studio ha rivelato anche altri aspetti curiosi:

  • Salute generale buona: Sorprendentemente, la maggior parte dei cani osservati a Goa era in buone condizioni fisiche, senza particolari problemi di pelle o di magrezza. Questo potrebbe essere dovuto a fattori locali (Goa è una meta turistica, forse c’è più disponibilità di cibo?) o ai programmi di vaccinazione antirabbica già attivi. Cani più sani potrebbero avere tassi di sopravvivenza e fertilità più alti, rendendo la popolazione più “resistente” agli interventi di controllo.
  • Stagionalità: Le osservazioni dei cani variavano con le stagioni, con più cuccioli visti in certi periodi e più adulti in altri. Questo ci ricorda che le popolazioni animali non sono statiche.
  • Percezione della comunità: La maggior parte delle persone intervistate era favorevole alla sterilizzazione. Tuttavia, nelle aree di intervento, nonostante la riduzione dell’abbaiare, le persone si sono dichiarate leggermente *più* spaventate dai cani dopo la campagna. Forse l’intervento stesso ha aumentato la consapevolezza e l’attenzione verso i cani randagi? È un aspetto psicologico interessante.
  • Cani “di quartiere”: Molti cani randagi erano in realtà accuditi in qualche modo dalle persone del posto, spesso adottati dalla strada da cuccioli. Questo legame uomo-animale è fondamentale.

Cosa Impariamo da Tutto Questo?

Questo studio, con il suo disegno sperimentale rigoroso (il primo del suo genere su così larga scala per i cani randagi), ci lascia un messaggio importante. Una campagna di sterilizzazione “una tantum”, anche se intensa e ben fatta come questa (raggiungere il 60% di copertura non è uno scherzo!), probabilmente non basta da sola a ridurre significativamente il numero di cani randagi adulti, almeno nel medio termine (due anni) e in popolazioni aperte dove gli animali possono spostarsi.

La sterilizzazione ha i suoi benefici, sia chiaro:

  • Migliora il benessere animale (meno gravidanze a rischio, meno cuccioli che muoiono giovani).
  • Può ridurre alcuni comportamenti problematici come l’abbaiare eccessivo.
  • È fondamentale per il controllo della rabbia, perché cani sterilizzati e vaccinati vivono più a lungo e riducono il ricambio della popolazione con nuovi cuccioli non vaccinati.

Tuttavia, se l’obiettivo primario è ridurre il numero totale di cani, bisogna essere realistici. La migrazione è un ostacolo enorme. Forse servirebbero interventi ancora più massicci, coprendo aree geografiche molto più vaste e contigue, e soprattutto mantenuti nel tempo, non solo campagne isolate.

Fotografia grandangolare di una strada semi-rurale in India al tramonto, con un singolo cane randagio che trotta lungo il bordo della strada, leggermente sfuocato dal movimento. Lunga esposizione per catturare il movimento e le calde luci del crepuscolo, obiettivo grandangolare 18mm, messa a fuoco nitida sulla strada e sul paesaggio circostante.

Ma soprattutto, questo studio rafforza l’idea che la gestione dei cani randagi richiede un approccio integrato. Non basta agire sulla riproduzione. Bisogna lavorare su più fronti, come raccomanda anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità Animale (WOAH):

  • Promuovere la proprietà responsabile degli animali (evitare abbandoni).
  • Controllare i movimenti e l’allevamento non regolamentato.
  • Gestire correttamente i rifiuti urbani (che sono una fonte di cibo).
  • Garantire l’accesso alle cure veterinarie.
  • Fare educazione e sensibilizzazione nelle comunità.

Insomma, la sterilizzazione è uno strumento utile, a volte indispensabile, ma non è la bacchetta magica. Pensare di risolvere il problema del randagismo solo sterilizzando i cani che vediamo per strada potrebbe essere un’illusione costosa. Serve una visione più ampia e un impegno collettivo. E studi come questo sono fondamentali per aiutarci a capire come usare al meglio le nostre risorse per il bene degli animali e delle nostre comunità. Voi cosa ne pensate?

Fonte: Springer

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