Foto realistica di una mano guantata da chirurgo che tiene delicatamente una vite ortopedica in titanio lucido sopra un vassoio sterile blu pieno di vari altri impianti metallici (placche, viti di diverse dimensioni) in una sala operatoria luminosa. Obiettivo prime 50mm, profondità di campo ridotta che sfoca lo sfondo della sala operatoria, mettendo a fuoco la mano e la vite, simbolo di precisione chirurgica e del valore del materiale potenzialmente sprecato.

Lo Spreco Nascosto in Sala Operatoria: Quanto Ci Costano Davvero gli Impianti Ortopedici Inutilizzati?

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che forse non immaginate accada così di frequente nelle nostre sale operatorie, ma che ha un impatto enorme, sia sulle nostre tasche (come sistema sanitario, s’intende) sia sull’ambiente: lo spreco di impianti ortopedici. Sì, avete capito bene. Parliamo di quelle viti, placche, chiodi che sono fondamentali per rimetterci in sesto dopo una brutta frattura o per sostituire un’articolazione usurata, ma che a volte, per vari motivi, vengono aperti e poi… non utilizzati. Finiscono nel cestino, un piccolo pezzo di metallo prezioso che diventa un costo e un rifiuto.

Magari state pensando: “Sarà una cosa rara, no?”. Beh, i dati dicono altro. La chirurgia ortopedica e traumatologica è un settore in crescita esponenziale. Pensateci: la popolazione invecchia, l’osteoporosi aumenta, e con essa le fratture, come quelle di femore che si prevede raggiungeranno i 4,5 milioni di casi all’anno nel mondo entro il 2050! Solo nel Regno Unito si fanno oltre 200.000 interventi di sostituzione articolare all’anno, e negli USA si stima che le protesi di ginocchio arriveranno a 3,5 milioni l’anno entro il 2030. Numeri da capogiro, che si traducono in circa 22,3 milioni di interventi ortopedici globali nel 2017, con una crescita annua prevista del 4,9%. Un mercato, quello degli impianti ortopedici, che valeva 45,19 miliardi di dollari nel 2023 e si prevede superi i 71 miliardi entro il 2032.

Il Cuore del Problema: Lo Spreco Silenzioso

In questo scenario di grande attività e innovazione, si nasconde però un’inefficienza significativa. Gli impianti sono indispensabili, certo, ma il loro utilizzo porta con sé sfide economiche e ambientali non trascurabili. Lo smaltimento degli impianti aperti ma non utilizzati contribuisce ai costi sanitari e alle emissioni di carbonio. Studi precedenti, anche nel Regno Unito, avevano già acceso un faro sul problema, evidenziando come lo spreco di viti potesse aumentare i costi operativi anche del 15%, o come avvenisse nel 12% o addirittura nel 25% delle procedure traumatologiche.

Le cause? Possono essere diverse:

  • Componenti difettosi (raro, ma succede).
  • Errori durante l’intervento.
  • Gestione non ottimale del materiale.
  • Difficoltà nel misurare con precisione la vite o la placca giusta prima di aprire la confezione.

Tutto questo mette a dura prova le finanze degli ospedali e l’ambiente. Ridurre questo spreco non è solo una questione di risparmio, ma anche di responsabilità.

La Nostra Indagine: Numeri che Fanno Riflettere

Proprio per capire meglio la portata del fenomeno, abbiamo condotto uno studio osservazionale in un grande Centro Traumatologico di Londra, uno di quelli di primo livello. Per circa due mesi (tra il 1° dicembre 2023 e il 31 gennaio 2024), abbiamo analizzato meticolosamente tutte le procedure ortopediche e traumatologiche eseguite nei giorni feriali.

Come abbiamo fatto? Abbiamo spulciato i registri degli impianti utilizzati in sala operatoria, confrontando le etichette dei prodotti aperti con le radiografie post-operatorie per vedere cosa era stato effettivamente impiantato. Un lavoro da detective, ve lo assicuro! Abbiamo raccolto dati sui pazienti, sul tipo di intervento, sulla sede anatomica e, ovviamente, sugli impianti usati e sprecati. Poi, con i dati degli acquisti alla mano, abbiamo calcolato il costo di questo spreco.

Foto realistica di una sala operatoria moderna, focus su un vassoio sterile contenente vari tipi di impianti ortopedici come viti e placche di titanio, alcune confezioni aperte e vuote accanto. Obiettivo macro 100mm, alta definizione, illuminazione controllata da sala operatoria, che enfatizza la precisione e il valore dei materiali.

E i risultati? Preparatevi. Su 184 interventi analizzati, 131 (il 71,2%) hanno richiesto l’uso di impianti metallici. Ebbene, in ben 108 di questi casi (l’82,4%!) si è verificato uno spreco di impianti. Un tasso altissimo, molto più di quanto riportato in alcuni studi precedenti.

Viti, Viti e Ancora Viti: Le Protagoniste dello Spreco

In totale, abbiamo contato 141 impianti sprecati. E chi sono le “regine” dello spreco? Le viti, senza dubbio. Ben 131 su 141 impianti buttati erano viti (il 92,9%). Tra queste, le più gettonate nel cestino sono state le viti bloccate (65 viti, pari al 46,1% dello spreco totale di viti), seguite dalle viti corticali (37, il 26,2%) e da quelle cannulate (12, l’8,5%).

Facendo due conti, abbiamo visto che negli interventi di riduzione aperta e fissazione interna (ORIF) e nell’inchiodamento endomidollare, il tasso di spreco complessivo di viti si aggira intorno al 20%. In pratica, per ogni intervento traumatologico che richiedeva metallo, in media venivano sprecate 2,4 viti. Un numero che fa impressione se moltiplicato per le migliaia di interventi eseguiti ogni anno.

Certo, sono state sprecate anche alcune placche (6, pari al 4,3%) e chiodi endomidollari (4, il 2,8%), ma le viti la fanno davvero da padrone. Gli interventi con il maggior tasso di spreco sono risultati quelli più complessi, come l’inchiodamento endomidollare di femore, tibia e caviglia.

Un Costo Salato per il Sistema Sanitario

Parliamo di soldi. Quanto ci è costato questo spreco nel periodo dello studio (44 giorni)? La bellezza di £14.744. Significa circa £335 al giorno, o £136 per ogni caso in cui c’è stato spreco. Le viti bloccate, essendo le più sprecate, sono anche quelle che hanno inciso di più sul costo totale: £7.475, più della metà della spesa complessiva per lo spreco!

Se proiettiamo questi dati su base annua solo per il nostro centro, parliamo di una stima di £86.561 buttati via. E se pensiamo che ci sono 27 grandi centri traumatologici come il nostro nella rete del NHS inglese, la cifra potenziale a livello nazionale diventa spaventosa: circa 2,4 milioni di sterline all’anno. Soldi che potrebbero essere investiti in cure, personale, tecnologie.

Perché Succede? Le Ragioni Dietro lo Spreco

Come mai sprechiamo così tanto, soprattutto viti? Le ragioni sono un mix di fattori tecnici, anatomici e umani.

  • Problemi tecnici: A volte misurare la profondità giusta per una vite non è facile. I tessuti molli possono interferire con il misuratore, le immagini radiografiche possono avere errori di parallasse o una risoluzione non perfetta. Basta un millimetro di errore nella stima e la vite aperta non va più bene.
  • Complessità anatomica: Ogni osso è diverso, ogni paziente ha la sua specifica geometria ossea. Questo rende difficile standardizzare le misurazioni.
  • Fattori umani e di sistema: L’esperienza del team chirurgico conta, così come la comunicazione tra i membri dello staff. È stato riportato che fino al 95% dello spreco potrebbe essere attribuito a questi fattori! A volte si aprono più opzioni “per sicurezza”, altre volte manca un piano pre-operatorio super dettagliato.

È interessante notare che, sebbene il *tasso* di spreco fosse più alto negli interventi di inchiodamento (31%) rispetto alle placche e viti (ORIF, 17%), il numero totale di viti usate (e quindi potenzialmente sprecate) è molto maggiore negli ORIF. Quindi, l’impatto cumulativo è significativo in entrambi i tipi di procedura.

Foto realistica close-up di diverse viti ortopediche in titanio, nuove ma scartate, che giacciono in un contenitore per rifiuti speciali medici all'interno di una sala operatoria. Obiettivo macro 60mm, alta definizione, illuminazione drammatica controllata per evidenziare lo spreco di materiale prezioso.

Non Solo Soldi: L’Impronta Ambientale

Oltre all’impatto economico, c’è quello ambientale. Produrre questi impianti, specialmente viti e placche, richiede molta energia e contribuisce alle emissioni di gas serra. L’acciaio inossidabile e il titanio, i materiali più usati, hanno un’impronta di carbonio notevole. Pensate che produrre 1 kg di acciaio inossidabile emette circa 6,15 kg di CO2 equivalente, e il titanio ancora di più, senza contare lo spreco di materiale durante la lavorazione.

Cosa Possiamo Fare? Verso una Chirurgia più Sostenibile

Questo studio ci dice chiaramente che dobbiamo agire. Non possiamo permetterci questo spreco, né economicamente né ambientalmente. La buona notizia è che le soluzioni ci sono. Bisogna puntare su:

  • Migliore pianificazione pre-operatoria: Utilizzare software avanzati e imaging 3D per pianificare l’intervento nei minimi dettagli e prevedere con più precisione le misure degli impianti necessari.
  • Tecnologie di precisione: Sviluppare e adottare strumenti che aiutino nella misurazione intra-operatoria o sistemi di selezione degli impianti più accurati.
  • Decisioni intra-operatorie più consapevoli: Migliorare la comunicazione nel team e creare protocolli per ridurre l’apertura “preventiva” di troppi impianti.
  • Formazione e sensibilizzazione: Rendere tutto il personale consapevole del problema e delle strategie per ridurlo.

Certo, il nostro studio ha dei limiti: è stato fatto in un solo centro e su un campione relativamente piccolo. Serviranno ricerche più ampie, magari multicentriche, per confermare questi dati e capire meglio le cause profonde dello spreco, che possono variare da ospedale a ospedale. Bisognerebbe anche considerare altri fattori di inefficienza, come il tempo perso in sala operatoria.

Ma il messaggio è forte e chiaro: lo spreco di impianti in chirurgia ortopedica e traumatologica è un problema serio, con le viti (soprattutto quelle bloccate) come principali imputate. Affrontarlo non significa solo risparmiare denaro prezioso per il nostro sistema sanitario, ma anche fare un passo importante verso una chirurgia più sostenibile e responsabile. Ottimizzare le risorse e ridurre la nostra impronta ambientale è un dovere che abbiamo verso i pazienti e verso il pianeta.

Fonte: Springer

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